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Capitolo 3

Crystal si osservò un secondo e si pulí i jeans sporchi di terra. Le dolevano i palmi delle mani e le ginocchia, per non parlare della caviglia destra, che sembrava essere sul punto di scoppiare per quanto pulsasse forte. Si mise in cammino verso casa, lentamente, e solo verso l'alba riuscì a scorgere le mura domestiche.
Entrò senza fare rumore e si diresse verso la sua camera, chiudendo poi la porta e buttandosi sul letto. Aveva voglia di dormire, ma sapeva perfettamente quello che sarebbe successo se l'avesse fatto. Era arrabbiata, frustrata e sull'orlo del pianto, come al solito, come tutti quei maledetti giorni da quando si era fatta incidere con un inchiostro maledetto quello stupido simbolo che le solcava la spalla sinistra. Sarebbe voluta uscire di lì e urlare al mondo il suo dolore e, in parte, la felicità che provava per aver conosciuto lo Slenderman ed esserne rimasta illesa. Nonostante adesso sopportasse un po' di più il tatuaggio e volesse tornare dal suo nuovo amico, voleva espellere con violenza dal suo corpo quella maledizione e scordarsi di averla mai avuta.
Sua madre bussò piano alla porta interrompendo quei pensieri.

<<Tesoro, come stai? Non ho sentito niente questa notte. Per... Per caso sei riuscita a dormire?>>

<<No, purtroppo.>>

<<Oh... Comunque ti aspetto giù per fare colazione insieme.>>

La ragazza avrebbe voluto dirle che non sarebbe scesa a mangiare, che aveva un nodo alla gola dal quale non riusciva a liberarsi e che voleva solo piangere tutte le lacrime che possedeva. Però si alzò comunque e prima di uscire dalla stanza si bloccò.
E se...
Prese velocemente le chiavi della moto e la sua borsa. Non si vestì, poiché, da quando era rientrata, era rimasta così com'era... Anche se un po' malconcia. Scese le scale e salutò la madre con un bacio sulla guancia.

<<Ci vediamo dopo!>>

Per un attimo le sembrò di scorgere l'ombra di un sorriso sul volto della donna.

<<Dove vai?>>

Crystal si voltò a guardarla.

<<A porre fine ai miei incubi.>>

Uscì di casa e si mise alla guida della moto, fermandosi nel parcheggio del tatuatore. Si tolse il casco e guardò nel punto in cui doveva esserci l'edificio.
Ma non c'era.
Sparito nel nulla.
Crystal vide un passante e gli corse incontro. Un uomo sulla cinquantina, che sicuramente viveva da molto a Beverley Hills. Lo fermò.

<<Scusi, sa per caso che fine ha fatto il tatuatore che si trovava lì?>>

Indicò la zona dove sarebbe dovuto trovarsi l'edificio.
L'uomo la guardò come si guarda un pazzo e le scoppiò a ridere in faccia.

<<Signorina, in quel punto non c'é mai stato niente, tantomeno un tatuatore.>>

Detto questo si allontanò sghignazzando e la lasciò sola, in preda alla confusione più totale.
Non.. C'era... Nulla?
E tutte quelle volte che c'era passata davanti aspettando con ansia il momento in cui si sarebbe fatta il tatuaggio? Tutte quelle volte in cui l'aveva visto riempirsi di gente?
Illusione?
Non lo sapeva.
Magia nera?
Non sapeva neanche questo.
Però ricordava, ed era sicura, dell'esistenza del posto dove aveva conosciuto George e quella stramba segretaria e dove si era fatta incidere sulla pelle un tatuaggio che adesso pulsava all'inverosimile, come se volesse portarla verso il padrone di quello strano simbolo.
Tornò a casa distrutta e non guardò nemmeno in faccia sua madre.

<<Vado in camera mia... Non voglio essere disturbata.>>

Vide di sfuggita un cenno del capo della donna. Salì le scale ed entrò in camera sua. Si diresse verso l'armadio, mise il pigiama e si buttò sul letto, provando a rilassarsi leggendo un libro. Dopo qualche minuto lo chiuse disperata e si portò le mani alla testa.
Quelle immagini, quelle orrende e sanguinolente immagini, che erano rimaste intrappolate nella sua mente, vennero fuori. Si riversarono nel suo cervello come una cascata, offuscandole la vista. Da quando era stata con lo Slender, non aveva più subito l'influenza di quegli incubi. Per tutta la notte e la mattina seguente, in effetti, sembravano come scomparsi, sostituiti dall'immagine evanescente dell'uomo smilzo. E allora si rese conto che, forse, lo Slenderman riusciva ad alleviare i suoi mali.
Il simbolo sulla spalla sembrava... Cercarlo? Era questo che doveva fare per sopravvivere? Rimanere con lui per evitare incubi?
Una cosa era certa: a lei non sarebbe dispiaciuto.
Per tutta la giornata restò in camera, scendendo solo per mangiare e, quando i genitori furono andati a dormire, Crystal si vestì con qualcosa di pesante per combattere il freddo dell'inverno ormai alle porte e uscì di casa, addentrandosi nel bosco.
Mentre camminava alzò il volto verso il cielo, che quella notte era sgombro di stelle e illuminato solo dalla pallida faccia della luna. Sospirò. Il dolore alla testa si era mostrato molto meno da quando era entrata in quel luogo dove solo l'uomo smilzo e gli alberi sembravano dominare sul resto.
Si sentiva piccola in mezzo a quei giganti. Una nana in confronto a esseri così maledettamente alti. Si guardò intorno sconsolata e lo vide, in lontananza. Quel puntino rosso lo avrebbe riconosciuto dovunque e quel volto di un bianco cadaverico spiccava al quanto quando non era nascosto tra i rami degli alberi.
Crystal sussultò ricordandosi di quanto potesse essere pericoloso, ma era anche sicura che lui non le avrebbe fatto del male. Gli si avvicinò e, quando lo ebbe raggiunto, lo osservò contenta, come una bambina.
Lo Slender dal canto suo era rimasto immobile e impassibile.

<<Ciao, Slendy!!>>

L'altro abbassò lo sguardo quasi... Sconsolato.

<<Smettila di chiamarmi così, ragazzina.>>

<<Solo quando tu la finirai di appiopparmi il soprannome "ragazzina", Slendy.>>

Continuarono a fissarsi per molti minuti, scambiandosi indirettamente emozioni e impassibilitá, allegria e calma, dolore e dolore. I due non si erano accorti del tempo che sembrava scorrere inesorabile, troppo impegnati a mantenere lo sguardo con l'altro. Lo Slenderman fu il primo a interrompere quel contatto.

<<Perché sei qui?>>

<<Per te, sciocchino.>>

L'uomo smilzo sussultò. Nessuno lo aveva mai cercato perché voleva tornare da lui. In effetti, di solito, nessuno tornava nemmeno a casa, ma quelli erano dettagli. Sta di fatto che Crystal era lì per lui. Era lì perché voleva la sua compagnia, nient'altro.
Emozioni contrastanti in quel momento gli vorticavano in testa, troppo veloci per prenderli e analizzarli tutti. Sapeva di essere legato in qualche modo alla ragazza e sentiva che, forse, riusciva a sollevarla in parte dai suoi malanni. Ma era una scambio reciproco, poiché lei lo sollevava dai suoi. Era arrivata all'improvviso, squarciando il cielo nuvoloso e grigio del suo cuore come un raggio di sole. Sapeva in qualche modo, nel profondo, di potersi fidare di quella ragazza, che sicuramente avrebbe saputo alleviare le sue sofferenze, la sua solitudine e la sua maledizione.

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