capitolo 69 - la consegna di Ermes
Nella scena successiva, Clarisse aveva posato il Vello sull'albero di Talia, guardandolo. Subito dopo, venne portata all'anfiteatro, dove ricevette la corona d'alloro e si godette i festeggiamenti attorno al fuoco.
"Spocchiosa." Borbottò Poseidone. Ade disse. "Se li è meritati..." "No. Percy se li meritava, non lei!"
Nessuno fece caso a Percy e ad Annabeth, come se non se ne fossero mai andati. Percy immaginò che fosse il ringraziamento migliore: se avessero ammesso che eravano fuggiti dal campo per compiere l'impresa, avrebbero dovuto espellerli.
"Anche questo è vero." Mormorò Poseidone. "Va bene, non ci avevo pensato." Ade e Zeus sorrisero.
Più tardi, quella sera, mentre arrostivano i marshmallows sul fuoco e ascoltavano i fratelli Stoll che raccontavano una storia dell'orrore -
quella di un re malvagio sbranato vivo da pasticcini demoniaci ("Questo sì che fa ridere!" Esclamò Ade, mentre Zeus e Poseidone ridevano immaginando Tantalo scappare inseguito da dei pasticcini)- Clarisse
tirò da dietro le spalle Percy e gli bisbigliò all'orecchio: — Solo perché sei stato in gamba una volta, Jackson, non penserai che Ares voglia lasciarti in pace. Sto ancora aspettando l'occasione giusta per polverizzarti.-
"Dolce la ragazza." Mormorò Ade. Zeus guardò Percy. "Non si arrabbia?"
Percy le rispose con un sorriso scorbutico.
— Che c'è'? — domandò la ragazza.
— Niente — risposi. — Solo che è bello essere a casa.-
"Beh. Un'uscita degna di Sassy Percy." Mormorò Ade. Zeus annuì, contento. "L'ha zittita senza nemmeno offenderla! Grande!"
L'indomani mattina Chirone fece un annuncio a sorpresa: le corse delle bighe sarebbero continuate come da programma.
Tyson non moriva dalla voglia di tornare su una biga dopo la prima esperienza e fu contento di lasciare Percy fare squadra con Annabeth: Percy si occupava della guida, Annabeth della difesa e Tyson avrebbe fatto da meccanico ai box.
"È abbastanza ingiusto." Mormorò Ade. Poseidone chiese. "Cosa?" "Le altre squadre non hanno speranze. Tu hai inventato i cavalli, e Atena il cocchio. Percy e Annabeth hanno la vittoria in tasca!" Zeus sorrise. "Non vedo l'ora."
Durante i due giorni successivi i semidei si allenarono molto. Percy e Annabeth alternavano gli allenamenti alle discussioni sulla vittoria.
-Penso che dovremmo dividere il mese di libertà dai turni di servizio tra le nostre due case.- Disse Annabeth, mentre prendeva un sorso d'acqua. Percy annuì. -Credo che abbiamo un problema di numeri.- Disse il ragazzo. -Ovvero?- -Noi siamo due e voi giusto qualcuno in più?-
Annabeth rise. -Allora la mia casa avrà più tempo libero.- Percy annuì. -Per me va bene.-
Malcolm, un fratello di Annabeth, si fermò dall'allenamento per dire. -Percy, non sei davvero in grado di condurre una trattativa, sai?- -Pensa ad allenarti Malcolm.-
Annabeth guardò Percy. -Davvero non ti importa il premio?- Percy scosse la testa. -Voglio solo vincere. L'espressione di Clarisse sarà un premio sufficiente.-
Annabeth scoppiò a ridere. -Dai muoviti!-
Ade scoppiò a ridere, mentre Poseidone annuiva. "Quello è decisamente mio figlio!"
La sera prima della corsa, Percy rimase fino a tardi nelle stalle. Stava parlando con i cavalli, strigliandoli per l'ultima volta, quando qualcuno alle sue spalle disse: — Begli animali, i cavalli. Vorrei averci pensato io.-
"Ma non ha un lavoro, quel ragazzo?" Commentò Zeus. Ade disse. "Dovresti davvero parlarci, Zeus. Non può continuare così. Percy ha delle cose da fare..."
Appoggiato alla porta c'era un tizio sulla quarantina, vestito da fattorino.
Era magro, con i capelli neri e ricci sotto il casco coloniale bianco, e aveva una borsa portalettere sulla spalla.
— Ermes? — balbettò Percy.
— Ciao, Percy. Non mi riconoscevi senza il completo da jogging?-
Ade disse. "Per me no. La tuta gli stava davvero bene, devo ammetterlo." Zeus lo guardò male. "Smettila."
Percy, pensando di aver capito il perché della sua visita, disse. — Oh, ascolti, divino Ermes, a proposito di Luke...-
"Come gli dice che per poco non si sono ammazzati?" Domandò Ade. "Noi cosa ne possiamo sapere, scusa?"
Il dio inarcò le sopracciglia.
— Ehm, l'abbiamo visto, sì, ma...-
— Non sei riuscito a farlo ragionare?-
— Be', ecco... abbiamo cercato di ucciderci in un duello mortale.-
"Beh, diretto. Davvero molto bravo, Percy. La tua capacità oratoria mi lascia sorpreso sempre più." Zeus guardò Ade. "Non ti può sentire, lo sai vero?" "Si, certo." "Ed è già successo, sai anche questo?" "Si, certo. Mica sono stupido." Poseidone mormorò. "Su quello non ci metterei la mano sul fuoco."
— Capisco. Hai provato l'approccio diplomatico.-
I tre dei scoppiarono a ridere. "Ermes ha del senso dell'umorismo, non ne avevo idea!" Poseidone guardò male Ade. "Come facevi a non averne idea? Sono quasi duemila anni che siamo insieme..." "Vi vedo una volta all'anno, forse?" Zeus abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa. "Beh... forse di quello si potrà discutere meglio... è stato ingiusto, credo..."
— Mi dispiace tanto. Cioè, lei ci aveva dato quei bellissimi regali e tutto. E so che voleva che Luke tornasse. Ma... è diventato cattivo. Parecchio cattivo. Ha detto che si sente abbandonato da lei.-
Percy attese, immaginando che Ermes lo avrebbe trasformato in un criceto o roba del genere.
"Quindi gli dei o lo fanno a pezzettini o lo trasformano in un roditore? Cavolo, non è molto ottimista, il ragazzo." "Giusto. Dioniso ha minacciato di trasformarlo in un delfino." "E di dargli fuoco."
Ma lui si limitò a sospirare. — Ti senti mai abbandonato da tuo padre, Percy?-
Poseidone abbassò lo sguardo. "Voglio sentire i suoi pensieri..."
"Oh, cavolo! Avrei voglia di rispondere: "Solo qualche centinaio di volte al giorno." Non parlavo con Poseidone dall'estate prima. Poi c'era tutta la storia di Tyson: nessun preavviso, nessuna spiegazione. Solo: bum, hai un fratello. Uno si aspetterebbe di meritarsi almeno una telefonata di avvertimento o roba del genere.
Più ci penso, più mi arrabbio. In realtà vorrei un riconoscimento per l'impresa, ma non dagli altri ragazzi del campo. Vorrei che mio padre dicesse qualcosa. Che mi notasse."
Poseidone sospirò. "Se lo sarebbe meritato. Sono un padre terribile." Ade gli mise una mano sulla spalla. "Sei un dio. Voglio dire, Percy poi ha capito, no? E poi... lui ha trasformato la figlia in un albero, è difficile battere quello." "Ma che cosa centro io adesso?"
Ermes si aggiustò la borsa portalettere sulla spalla. — Percy, la parte più
difficile dell'essere una divinità è che spesso devi agire in modo indiretto,
soprattutto quando si tratta di figli. Se dovessimo intervenire ogni volta
che hanno un problema... be', non faremmo altro che aumentare i problemi e il risentimento. Ma credo che se ci rifletti, ti accorgerai che Poseidone ti ha seguito con attenzione. Ha risposto alle tue preghiere. Posso solo sperare che un giorno Luke lo capisca e possa dire la stessa cosa di me. Anche se ti sembra di non avere ottenuto nulla, hai comunque ricordato a Luke chi era. Gli hai parlato.-
Poseidone sorrise. "Dovrò ringraziarlo per aver detto quelle cose a Percy. È stato molto gentile, da parte sua." Ade annuì. "Già."
— Ho cercato di ucciderlo.-
"Percy e le osservazioni ovvie che mi porteranno a morire giovane. A cura di Perseus Jackson, aiutato da qualcuno che riuscisse a scrivere." Ade finse di scrivere qualcosa in aria. Zeus lo guardò, impassibile. "Ti tolgo dall'eredità di papà. Dò gli Inferi a Demetra, guarda."
Ermes si strinse nelle spalle. — Le famiglie sono un disastro. E le
famiglie immortali sono un disastro eterno. A volte il meglio che possiamo fare è ricordarci l'un l'altro che siamo parenti, nel bene e nel male... e
cercare di limitare al minimo le mutilazioni e le stragi.-
"Ottimista. Davvero una bella immagine di famiglia."
"La ricetta della famiglia perfetta, certo. Forse Ermes ha ragione, però. Poseidone ha mandato gli ippocampi ad aiutarci. Mi ha conferito dei poteri sul mare che ignoravo prima di allora. E poi c'è Tyson. Possibile che ci abbia
fatto incontrare di proposito? Quante volte Tyson mi ha salvato la vita
nel corso dell'estate?"
Poseidone sorrise. "Devo davvero ringraziare Ermes! Questo si che è gentile." Ade annuì. "Io sono fermo a 'la ricetta della famiglia perfetta'. Tuo figlio ha davvero un bel senso dell'umorismo."
In lontananza, risuonò la conchiglia del coprifuoco.
— Dovresti andare a letto — mi suggerì Ermes. — Ti ho già aiutato a
cacciarti in sufficienti guai per questa estate. In realtà, sono venuto solo
per una consegna.-
"Ah, quindi fai ancora il tuo lavoro! Pensavo andassi da Percy per divertirti un po'." Ade evitò uno sbuffetto di Zeus. "Hai finito, Ade?" Gli chiese Poseidone, calmo. "Non siete curiosi di sapere chi ha mandato un pacco a Percy?" Chiese Zeus. Poseidone scosse la testa. "No, sono stato io."
— Una consegna?-
"Vedete che anche Percy è sconvolto vedendo che Ermes fa ancora il suo lavoro! Non sono il solo!"
— Sono pur sempre il messaggero degli dei, Percy. — Tirò fuori un
taccuino elettronico dalla borsa e lo passò al ragazzo. — Firma qui, per favore.-
"Davvero, molto gentile. Firma qui, per favore." Zeus commentò. Ade, dopo un momento di silenzio, disse. "Sembra una di quelle macchinette, attendere la stampa. Grazie, arrivederci."
Solo dopo aver raccolto lo stilo Percy vide i due serpentelli verdi intrecciati sopra. — Ah! — Gli cadde il taccuino dalle mani.
"Poveri serpentelli. Non dev'essere stata un'esperienza piacevole da vivere." Commentò Zeus, facendo ridere Ade di gusto.
"Ahi!" si lamentò George.
"Sul serio, Percy" rimproverò Martha il ragazzo. "A te piacerebbe cadere sul
pavimento di una stalla?"
"Non penso gli piacerebbe. Ma a lui lo trasformano in cavie peruviane, perciò..." "Hai finito, Ade? Stai commentando ogni singola frase!" Poseidone guardò male Ade. "Scusate. Non parlo più."
— Oh, ehm, scusate. — Percy, non molto contento, raccolse il taccuino e lo stilo. Martha e George si avvilupparono sotto le due dita, formando una specie di impugnatura.
"Che teneri, dico sul serio." Zeus guardò i due serpenti. Ade lo indicò a Poseidone, pur senza parlare.
"Mi hai portato un ratto?" chiese George.
— No... — rispose. — Ehm, non ne abbiamo trovati.-
"E un porcellino d'India?"
"Troppo forte, questo serpente!" Zeus scoppiò a ridere. Ade, arrabbiato, disse. "Perchè a lui non dici niente?" "Perchè ha detto solo due cose, e non parla a sproposito. Se riesci a fare lo stesso, puoi parlare anche tu. Se non riesci, taci e non stressare." "Ha trovato da poco il suo zen interiore, Ade. Comprendilo."
"George!" lo rimproverò Martha. "Non prendere in giro il ragazzo."
"Anche se riconosco che la tentazione può essere molto forte." Commentò Ade. Poseidone lo guardò, impassibile. Ade disse. "Guardalo! Cioè... non è colpa mia, ha chiaramente l'espressione di uno che sarebbe divertente prendere in giro."
Percy firmò, riconsegnando poi il taccuino a Ermes, che gli passò una busta azzurra come il mare.
A Percy, che aveva capito chi fosse il mittente, tremavano le dita mentre prendeva la busta.
Ade domandò. "Perchè è così emozionato? Voglio dire... è solo una busta..." Zeus lo guardò e disse. "Da parte di suo padre. Dimostra che gli interessa di lui, se arriva addirittura a mandargli una lettera." Ade guardò Poseidone. "Cosa gli hai scritto?" "Temo lo troverete alquanto deludente. Lui lo ha fatto."
— Buona fortuna per domani — disse Ermes. — Hai una bella coppia di
cavalli, ma mi scuserai se faccio il tifo per la casa di Ermes.-
"Sarebbe stato strano se avessi tifato per lui ed Annabeth." Commentò Zeus. Poseidone disse. "Lui e la casa di Atena." "È uguale. Lui e Annabeth faranno tutto il lavoro, è chiaro."
"E non scoraggiarti troppo quando la leggerai, caro" aggiunse Martha.
"Lui ha davvero a cuore i tuoi interessi."
"È vero, ho davvero a cuore i tuoi interessi." "Poseidone, stai parlando un po' troppo. Urti il mio sistema nervoso." "Ade, parla ancora e il tuo sistema nervoso non sarà l'unica cosa ad essere urtata." Zeus scoppiò a ridere. "Siete meglio delle comiche."
— Che vuoi dire? — chiese Percy.
"Non badare a lei" intervenne George. "E la prossima volta, ricorda: i serpenti lavorano per le mance."
"George ha riassunto tutto il significato della vita in una frase. Complimenti, George." Ade guardò il serpente. "Ne voglio uno. Mi sa che prenderò un serpente." "Persefone non vuole serpenti..." "Persefone sta da me solo un quarto di anno, non sempre. Posso tenere un serpente, senza che lei lo sappia." Poseidone sorrise. "Se mi dai ancora fastidio, le dico che hai detto così." "Questo è un colpo basso."
— Basta, voi due — sbottò Ermes. — Addio, Percy. Per ora.-
"Allora non è un addio, ma un arrivederci." Disse Ade. Poseidone annuì alle sue parole. "Parlando della grammatica sì. Ma non è davvero importante, in questo momento."
Due piccole ali bianche spuntarono ai lati del suo casco coloniale.
Cominciò a brillare, e Percy distolse lo sguardo, mentre Ermes rivelava la sua vera forma divina. Con uno scintillante lampo di luce bianca sparì, e il semidio rimase solo con i cavalli.
"Che bella compagnia, sul serio." Ade guardò i cavalli diffidente. "Lui ci può parlare." Gli fece notare Zeus. Ade sbuffò. "I segugi infernali sono più amichevoli. Basta trattarli bene." "Con te sono amichevoli perchè devono esserlo." "Chi è il migliore amico dell'uomo? Il cavallo o il cane?" "Ma cosa centra?"
Percy, dopo aver riconosciuto la grafia, energica e elegante, del padre, aprì la busta, non sapendo bene cosa aspettarsi dal contenuto.
Spiegò il foglio: due semplici parole erano stampate al centro della pagina:
Tieniti forte
Ade e Zeus guardarono male Poseidone. "TIENITI FORTE! MA CHE BELLA LETTERA! NON POTEVI METTERE ALMENO UN P.S. CON AH, COMPLIMENTI?" Ade finì di urlare rivolto a Poseidone. Zeus scosse la testa. "Cavolo, sei peggio di Ade come genitore, al momento!" "Non potevo dirgli niente..." "Scusati con lui, quando usciamo!" "Va bene, va bene..."
La scena cambiò.
Angolo autrice
Alla prossima
By rowhiteblack
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