CAPITOLO 37- Olimpo
Gli dei sentirono la storia della missione di Percy dal punto di vista dei mortali. Con tanto di commenti di Percy (Sono quelli tra parentesi in corsivo. Sono l'autrice. Addio)
Dunque.
L'esplosione di Santa Monica era stata causata da un folle, Ares, che aveva colpito un condotto del gas di un auto della polizia.
Il folle era anche colui che aveva rapito Percy e altri due ragazzi a New York, portandoli poi per tutta la nazione, in una folle odissea di dieci giorni.
(Il povero piccolo) Percy Jackson non era un criminale dopotutto. Nel New Jersey aveva causato dei disordini sull'autobus per liberarsi del suo aguzzino.
(Testimoni avevano giurato di aver visto il folle sull'autobus.)
Il folle aveva causato l'esplosione dell'arco di St Louis.
Un ragazzino non ci sarebbe mai riuscito.
Una cameriera a Denver aveva visto il folle minacciare le sue vittime.
Infine, il coraggioso Percy Jackson (il ragazzo comincia a piacermi) aveva rubato una pistola al criminale e lo aveva affrontato.
Nell'esplosione, cinque autopattuglie erano esplose, il folle era fuggito. Nessun ferito. Percy Jackson e i suoi due amici erano sani e salvi sotto la custodia della polizia.
I giornalisti fornirono tutta la storia ai Ragazzi, che annuirono , sembrando piagnucolosi ed esausti (niente di più facile) e recitarono la parte delle vittime.
Poseidone rise. "Non poteva andargli meglio."
Ma Percy, probabilmente vendicativo, fece un bello scherzetto.
Soffocando le lacrime, che gli dei capirono essere finte, disse. "Voglio soltanto rivedere il mio amato patrigno. Ogni volta che lo vedevo in tv e sentivo che mi chiamava piccolo delinquente, sapevo... in qualche modo... che le cose si sarebbero aggiustate. E so che vorrà ricompensare ogni singola persona di questa meravigliosa città con un elettrodomestico del suo negozio in omaggio. Ecco il numero di telefono..."
Poseidone scoppiò a ridere. "Bravo!"
Ade sorrise. "Non me lo aspettavo, da lui."
Sull'aereo, Percy era terrorizzato. Non staccò mai le mani dai bracciolo. Ad ogni turbolenza saltava. Appena atterrarono, si separarono al posteggio dei taxi.
Era preoccupato per, beh, per l'eventualità che gli dei non gli avessero creduto.
I tre dei lo sapevano, perché Percy lo stava pensando.
La scena successiva, Percy stava parlando con il portiere.
Aveva i vestiti laceri e la faccia scorticata. Sembrava un vagabondo.
Disse. "Seicentesimo piano."
Il tipo, disse. "Non esiste un piano del genere, giovanotto."
"Ho bisogno di un'udienza con Zeus."
"Come hai detto, prego?"
"Mi ha sentito."
Percy sembrava cominciare a pensare che il portiere forse un mortale, quando questo disse. "Ci vuole un appuntamento, giovanotto. Il Divino Zeus non riceve nessuno senza preavviso."
"Oh, io credo che farà un'eccezione."
Percy aprì lo zaino.
Zeus disse. "Però... sembra così..."
"Bad ass?" Suggerì Ade. Zeus annuì. "Calza a pennello."
Il portiere disse. "Questa non è..." "Si invece. Vuole che la tiri fuori?"
"No! No!" Gli diede una scheda d'accesso. "Inserisci questa nella serratura elettronica. Assicurati che non ci sia nessun altro in ascensore."
Percy seguì le sue istuzioni.
Percy raggiunse la sala del trono.
Gli dei, come prima avevano visto Ade dalla sua prospettiva, videro Zeus e Poseidone.
Erano giganti, ma Percy non riusciva a guardarli. Zeus indossava un completo blu scuro. Era seduto su un trono di platino massiccio. La barba era percorsa da striature grigie e nere che, la mente di Percy, paragonò a nuvole temporalesche. Il volto era fiero, bello e cupo. Gli occhi grigio carico di pioggia. Avvicinatosi, Percy avvertì un crepitio nell'aria e un forte odore di ozono.
Zeus fischiò. "Wow. L'ho impressionato."
Poi, l'attenzione di Percy scivolò sul padre. Gli ricordava un turista della Florida. Aveva dei sandali di cuoio, bermuda color kaki e una camicia hawaiana. La pelle era abbronzatissima. Le mani erano sfortunate. Aveva i capelli neri. Sul volto aveva un'espressione ombrosa, la stessa che aveva fatto bollare Percy come ribelle. Gli occhi verde mare erano circondate da rughe di espressione. Percy capii che sorrideva spesso.
Poseidone, a dimostrazione, sorrise. "Mi piace l'impressione che gli ho fatto."
"Cioè?" "Non paura."
Percy si avvicinò al trono del padre. "Padre." Si inginocchiò ai suoi piedi.
Il ragazzo percepiva l'energia di entrambi. Sapeva che, al minimo errore, lo avrebbero ucciso.
"Non dovresti rivolgerti prima al padrone di casa, ragazzo?"
Percy tenne la testa china. Finalmente Poseidone parlò. "Pace, fratello. Il ragazzo mostra deferenza a suo padre. Come è giusto che sia."
"Insisti a riconoscerlo, dunque? Riconosci questo figlio che hai generato rompendo la nostra sacra promessa?" "Ho già ammesso la mia infrazione. Ora vorrei sentirlo parlare."
Gli dei, non del ricordo, sentirono i pensieri di Percy "tutto qui? Sono soltanto questo. Un'infrazione? Il risultato dell'errore di un dio?" Poseidone abbassò lo sguardo. "Mi dispiace. Figlio perdonami."
Lo Zeus del ricordo disse. "L'ho già risparmiato una volta. Azzardarsi a volare nel mio dominio... bah! Avrei dovuto fulminarlo per la sua impudenza." Poseidone disse. "E rischiare di distruggere la tua stessa Folgore? Ascoltiamo ciò che ha da dire, fratello."
Zeus disse. "Lo ascolterò. Poi deciderò se scaraventarlo o meno giù dall'Olimpo."
Ade guardò i fratelli. "Ma dai. Zeus. Questa era cattiva." "Tu hai minacciato di farlo diventare un morto del tuo esercito." "A comando del mio esercito. È una posizione onorevole." Poseidone disse. "E io l'ho deluso."
Il Poseidone del ricordo disse. "Perseus. Guardami." Percy ubbedì.
Gli dei sentirono i suoi pensieri.
Non si è fatto un'idea precisa su di me. Non sa se è felice di avermi come figlio o meno. Sono... sollevato che sia così distaccato. La distanza riesco a sopportarla. Dopotutto, nemmeno io sono sicuro su di lui
Poseidone abbassò lo sguardo. "L'ho fatto soffrire." "Tecnicamente ha detto che.." Ade diede una gomitata al fratello. Zittendolo.
Poseidone nel ricordo disse. "Rivolgiti al Divino Zeus, ragazzo. Raccontagli la tua storia."
Percy raccontò tutto a Zeus. Poi, tirò fuori la Folgore e la posò ai piedi dello zio.
Zeus allargò la mano, e la Folgore volò da lui.
"Sento che il ragazzo dice la verità. Ma che Ares fosse capace di una cosa del genere... Non è da lui."
Ade disse. "E a te come è venuta in mente una fesseria del genere?" Poseidone ridacchiò.
"È orgoglioso e impulsivo. È un fattore ereditario."
Ade rise di gusto alla frase di Poseidone del ricordo. Zeus disse. "Mi ero dimenticato dell'insulto."
Percy intervenne. "Signore?" I due dei dissero. "Si?" "Ares non ha agito da solo. Qualcun altro... qualcos'altro.... ha avuto l'idea."
Percy descrisse i suoi sogni e la sensazione che aveva provato sulla spiaggia e che aveva fermato Ares dall'ucciderlo.
"In sogno la voce mi ordinava di portare la Folgore negli Inferi. Anche Ares ha accennato a dei sogni. Penso che sia stato usato, proprio come me, per scatenare una guerra."
Ade sorrise. "Bravo. Sveglio, il ragazzo."
Zeus, quello del ricordo, chiese. "E così accusi Ade, Dopotutto?"
"No. Divino Zeus, sono stato al cospetto di Ade. Ma la sensazione che ho avuto sulla spiaggia era diversa. Era la stessa che ho provato vicino al baratro. E quello era l'ingresso del Tartaro, non è vero? Qualcosa di potente e si malvagio si agita laggiù... qualcosa di più antico perfino degli dei."
Ade sorrise. "Mi ha difeso ed è sveglio. Lo adoro."
Poseidone e Zeus cominciarono una discussione in greco antico. Percy riuscì a capire solo una parola. Padre.
Zeus disse. "Non ne parliamo più. Devo andare a purificare personalmente la mia Folgore nelle acque di Lemno, per cancellare le tracce dell'onta mortale dal metallo."
Il dio si alzò in piedi e fissò Perseus. La sua espressione era leggermente meno aggressiva.
"Mi hai reso un servizio, ragazzo. Pochi eroi sarebbero riusciti nell'impresa."
"Sono stato aiutato, Signore. Grover Underwood e Annabeth Chase..."
Ade sbuffò. "Non può ricevere un complimento senza levarsi il merito? Per una volta..."
"Per mostrarti la mia gratitudine, ti risparmierò la vita. Non mi fido di te, Perseus Jackson. Non mi piacciono le implicazioni del tuo arrivo per il futuro dell'Olimpo. Ma per amore della pace in famiglia, ti lascerò vivere."
Ade fischiò. "Come sei caritatevole, Zeus. Davvero molto gentile. Mi sorprende non ti abbia eretto un monumento al momento." "Ma taci, Ade."
Perseus disse. "Ehm... grazie, signore."
"Ma guai a te se oserai di nuovo volare. E fa' che non ti trovi qui al mio ritorno. Altrimenti assaggerai il gusto di questa Folgore. E sarà la tua ultima sensazione."
Ade spalancò la bocca, teatralmente. "Ti ha appena ringraziato e tu lo minacci di morte? Che calo di stile, fratello."
Zeus scomparve con un lampo accecante.
Poseidone sospirò. "Tuo zio ha sempre avuto un gran talento per le uscite di scena. Avrebbe fatto un figurone come dio del teatro."
Zeus, quello non del ricordo, disse al fratello. "Seriamente?" Ade annuì. "Secondo me suona bene. Zeus, il dio del teatro." "Taci, Ade." "Comunque, Poseidone. Rimani solo con tuo figlio, e questo è quello che dici? L'ho accolto meglio io." Poseidone ignorò Ade.
"Signore. Che cosa c'era in quel baratro?"
Ade sospirò. "Sempre meglio dell'argomento di tuo figlio." Zeus sbuffò. "Ho appena detto che ho dichiarato chiusa la faccenda. Gli hai risposto, non è così?" Poseidone non rispose.
"Non l'hai intuito?" "Crono. Il re dei Titani."
Poseidone impugnò il tridente. "Nella Prima guerra, Percy, Zeus ha smembrato nostro padre Crono in migliaia di pezzi, come lui aveva fatto con suo padre, Urano. Poi ha gettato i suoi resti nell'abisso più oscuro del Tartaro. L'esercito dei Titani é stato sbaragliato, la loro fortezza sull'Etna è stata distrutta, i loro mostruosi alleati sono stati scacciati negli angoli più remoti della Terra. E tuttavia i Titani non possono morire, proprio come gli dei. In qualche orribile forma, Crono é ancora vivo, ancora cosciente nel suo eterno dolore, ancora avido di potere."
Ade disse. "Adesso ci starebbe bene un beviamo del te, figliolo." Zeus e Poseidone lo fissavano. "Scusate."
"Sta guarendo. Sta tornando."
Zeus disse. "A 12 portava sfortuna." "Aveva ragione. E questo ti da fastidio."
"Di tanto in tanto, nel corso dei secoli, Crono ha dato segni di vita. Entra negli incubi degli uomini e vi inietta pensieri malvagi. Risveglia mostri inquieti dagli abissi. Ma da qui a suggerire che stia per risorgere dal baratro..." "Ma sono queste le sue intenzioni, Padre. È quello che ha detto."
Poseidone, quello non del ricordo, disse. "Aveva ragione. E io l'ho ignorato." "Noi lo abbiamo fatto. Ed è stato un grave errore." Ade annuì.
Il Poseidone del ricordo, finalmente, disse. "Il Divino Zeus ha chiuso la discussione. Non consentirà che si parli di Crono. Hai completato la tua impresa, figliolo. Non ti si chiede altro."
Ade disse. "E il premio per padre dell'anno va a...." Zeus rise. Poseidone disse. "Vedremo tu con Nico."
"Ma..." Percy si fermò dal parlare. "Come... come volete, Padre."
"L'obbedienza non ti viene naturale, vero?" Un sorriso era apparso sulle labbra del dio.
"No... signore." "Immagino che sia un po' colpa mia. Il mare non ama essere limitato." Poi, assunse le dimensioni di un uomo normale e si ritrovò davanti a Percy.
"Devi andare, figliolo. Ma prima, sappi che tua madre è tornata." "Mia madre?" Percy era sbigottito.
Poseidone disse. "La troverai a casa. Ade l'ha restituita quando hai recuperato il suo elmo. Perfino il Signore dei Morti paga i suoi debiti."
Ade sbuffò. "Ammettilo che ti diverti a sparlare di me." "Colpevole. E Comunque, era vero." Zeus sorrise.
"Vuole... vorrebbe..." Percy smise di parlare.
Ade chiese. "Cosa voleva chiedere?" Poseidone disse. "Se volevo andare con lui a trovarla."
Il Poseidone del ricordo disse. "Quando sarai a casa, Percy, dovrai compiere una scelta importante. Troverai un pacco che ti aspetta nella tua stanza."
"Un pacco?"
"Capirai quando lo vedrai. Nessuno può scegliere la tua strada per te, Percy. Devi essere tu a decidere."
Percy annuì. Anche se la sua espressione chiariva che non aveva capito niente.
Ade disse. "Le tue frasi sono quelle dei biscotti della fortuna, vero?"
Poseidone gli diede una botta in testa. "Hai finito?" Ade, massaggiandosela, disse. "Si. Mi hai fatto male."
Poseidone proseguì. "Tua madre é una vera regina. Non incontravo una donna mortale della sua altezza da migliaia di anni. Eppure... mi dispiace che tu sia nato, figliolo. Ti ho condannato al destino di un eroe, e il destino di un eroe non è mai facile. È sempre e soltanto un destino tragico."
Ade annuì. "Non sei un padre modello. Cioè... mi dispiace che tu sia vivo? Non è molto carino..."
Percy, nei suoi pensieri, disse. "Ecco mio padre, il mio vero padre, che si dice dispiaciuto della mia nascita."
Ad alta voce, disse. "A me non dispiace, Padre."
Poseidone disse. "Non ancora. Non ancora. Ma è stato un errore imperdonabile da parte mia."
"Allora me ne vado. Non... Non vi disturberò più." Percy si inchinò, e si allontanò di pochi passi.
Poseidone disse. "Perseus."
Percy si voltò.
"Sei stato bravo, Perseus. Non fraintendermi. Qualunque altra cosa tu faccia, sappi che sei mio. Sei un vero figlio del dio del mare."
Ade disse. "Ti sei fatto perdonare per le gaffe di prima." Poseidone sbuffò. "Dai. Sono ricordi... belli questi."
Zeus disse. "Non so perché ce li fa vedere. Insomma... Non voglio vivere la sua vita!"
Angolo autrice
Al prossimo.
(Tanto Zeus sarà ignorato. Non lo sa ancora.)
By Rowhiteblack
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