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Concorso #writher

Questa è la storia che ho scritto per il concorso della campagna writherITA. Sinceramente devo ammettere che non è stato per niente facile scrivere qualcosa su un tema così delicato come la violenza. Non volevo essere troppo banale, ma nemmeno troppo fantasiosa. Volevo rendere al meglio soprattutto la condizione psicologica di una vittima di questo fenomeno, poiché troppo spesso si è superficiali, ci si ferma semplicemente alla singola azione senza sapere come si sente la vittima, i suoi pensieri e le sue emozioni. Di pari passo alla violenza fisica infatti c'è sempre la violenza psicologica, molto importante ma più sottile da scovare e capire a fondo. Spero davvero di non aver scritto pagliacciate o una storia troppo banale, perché non me lo perdonerei assolutamente. Ora la smetto di parlare ^.^' grazie per l'attenzione,

Chiara

Gocce rosse, solitarie, ricadevano sul volto come lacrime e si riunivano in un fiume sulle braccia ormai spente.

Gocce salate, amare, bagnavano quel viso devastato.

Gocce nere, a tratti bluastre, venivano fuori da ogni parte, segni indelebili di un gesto incancellabile.

Tutte le gocce sono dipinte su di te in un macabro e disordinato disegno irregolare.

Sono ore, minuti, lenti secondi che tu non esci dalla tua stanza. Sei incollata al pavimento, incapace di muoverti, incapace di riflettere, incapace di agire.

Il tuo unico pensiero è quel maledetto flashback che ti tormenta senza mai lasciarti riprendere fiato.

Lui, la tua unica certezza nella tua vita frammentata, è cambiato: ti ha cambiata. Non sei più quella bimba spensierata che correva libera sul prato con i suoi amici; non sei più quella ragazza sensibile e riservata che a scuola si nascondeva dai compagni durante l'intervallo; non sei più la donna forte e sicura di sé che credeva di avere una splendida vita perfetta.

Lui dov'è adesso? Dov'è l'autore della tua distruzione?

Non c'è.

Se ne è andato.

Non tornerà mai più.

Solo al pensiero quelle maledette gocce amare ricominciano a rigarti il volto scuro, già segnato da troppi colpi.

Continui a pensare che in realtà è colpa tua; non avresti dovuto correre in quel parco, non avresti dovuto nasconderti sempre nello stesso posto, non avresti dovuto pensare così superficialmente in quei rari attimi di effimera felicità.

Hai scelto tu di amarlo, di dargli tutto ciò che avevi e che hai di più prezioso.

Era veramente amore? Davvero quell'ossessione si poteva chiamare con un nome così bello?

Ogni volta che uscivi di casa dovevi dirgli sempre dove eri diretta, se eri sola, perché stavi lasciando la piccola tana in Via dei ciliegi 23. Dovevi sempre andare con lui dai sui amici, ma non potevi guardarli in faccia per più di due secondi. Avevi l'obbligo di telefonarlo almeno tre volte al giorno quando dovevi partire per un lungo periodo di tempo.

Tu però lo chiamavi amore nonostante tutto, memore di quei rari ed effimeri giorni di felicità trascorsi con lui e consapevole del fatto che lui non ti avrebbe mai abbandonata. Quell'ossessione... tu non l'hai mai chiamata come tale e continuavi a paragonare il suo comportamento ai gesti iperprotettivi di una madre nei confronti del proprio figlio.

Sei decisamente troppo buona, troppo testarda per permettere a qualcosa o a qualcuno di cambiare il tuo modo di pensare. Eppure alla fine ti sei arresa così facilmente... sei stata così fragile...

Forse perché è accaduto tutto all'improvviso, troppo velocemente: il disguido, il litigio, la lotta, il ricatto, l'addio.

Adesso sei lì, nascosta in quell'angolo buio pensando continuamente di non essere più la stessa. Sei frammentata, hai ferite sul tuo corpo ma per te non fanno male. Infatti il dolore più grande lo sta provando solo il tuo cuore, spaccato a metà dalla pugnalata mortale da lui inflitta.

La tua mente continua a pensare alle possibili strade da percorrere nel futuro, ingarbugliate come le sinapsi incontrollate del tuo sistema nervoso. Per te ogni via porta solo al vuoto, al buio, al nulla.

Non c'è nessun pensiero capace di svegliarti dall'incubo che hai tessuto minuziosamente con le tue mani.

D'un tratto il tuo telefono squilla, la tua canzone preferita urla imperterrita infrangendo quel tempestoso silenzio.

Non rispondi.

Pensi alle parole di quella canzone così gioiosa e piena d'amore e improvvisamente inizi a cantare tanti pezzi di canzoni, le prime che ti vengono in mente, in un collage di emozioni unico.

La musica per te è sempre stata la passione più grande, tant'è che hai ben due diplomi del conservatorio: pianoforte e percussioni. L'unico modo di sorridere per te ogni volta che ti trovavi in una situazione difficile era cominciare a suonare o a cantare. In questo modo ogni emozione negativa volava subito via, lasciando spazio alla gioia.

Finalmente, alla fine del collage, ti viene in mente la strofa decisiva:

"A te che io ti ho visto piangere nella mia mano
Fragile che potevo ucciderti stringendoti un po'
E poi ti ho vista con la forza di un aeroplano
Prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo."

Dopo aver cantato a pieni polmoni questo ultimo frammento di testo ti alzi in piedi, ma inciampi per colpa della gamba distrutta. Non ti importa: continui a trascinarti fino al tuo telefono. Ti alzi, cadi; Cadi, ti rialzi ma non molli mai. Alla fine arrivi al traguardo e sorridi per la soddisfazione mentre chiami aiuto.

Poco dopo sei in ospedale e nemmeno la morfina riesce a toglierti quel bel sorriso impresso sulle tue labbra.

Passano mesi, anni. Adesso sei lì, al Parlamento, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne ed il femminicidio, per parlare della tua esperienza. Rispetto alle altre donne tu non racconti solo gli aspetti negativi, ma trasmetti anche il messaggio più importante di tutti: non importa quante volte un uomo o, più in generale, una qualsiasi persona, vi faccia cadere. L'importante è sempre rialzarsi, dare un pugno in faccia a tutte le emozioni negative, lottare e ritrovare la felicità che nessuno potrà mai spegnere. Quel fuoco inestinguibile è la cosa più preziosa che abbiamo, perciò non lasciate mai a nessuna vestale il compito di abbandonarlo smettendo di alimentarlo.

Donne, ragazze, bambine; siete dei fiori preziosi in un grande prato pieno di ortiche, ma gli umani continuano a raccogliervi estirpando le vostre radici. Vi colgono per la vostra bellezza e farebbero di tutto pur di avervi nelle loro mani, attraverserebbero addirittura tutto l'immenso campo di ortiche pur di raggiungervi. Non fatevi abbattere, siate come le rose: belle, profumate, ma piene di irte spine che le proteggono da tutti gli uomini che non possono fare a meno di strapparle via.



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