SECONDA VOLTA
Anfitrite aveva pensato che le situazioni strane sarebbero terminate. Non aveva più motivi per cercare il figlio del marito.
Non voleva vedere la poca stima che aveva guadagnato perdersi e non voleva dargliene ancora di più, perché sapeva che non sarebbe stato per molto tempo.
Quindi, aveva evitato con decisione il Campo Mezzosangue, aveva evitato persino l'intera cittadina di New York, per timore di trovarlo intendo a salvare dei poveri krill dall'inquinamento acquatico dei fiumi della città che non dorme mai.
Quindi, Anfitrite passava le proprie giornate ad Atlantide, rifiutando di andare persino a trovare le proprie sorelle per timore di non resistere alla tentazione di scoprire il passatempo del semidio.
Come molti altri dei, anche Anfitrite ne era rimasta affascinata. Era l'unico dei figli semidei di Poseidone che amasse e rispettasse tutto il dominio del padre, forse il motivo per cui il dio gli aveva concesso di esercitare tutti i poteri legati ai suoi domini.
Anfitrite, però, aveva preso a cuore altri figli precedentemente mortali di suo marito.
Come Lamia, la povera donna che era stata maledetta da Era per avere attratto le attenzioni di Zeus in persona.
Una madre costretta a perdere i suoi figli e poi una donna costretta a una vita senza amore e figli.
Lamia non era una vera figlia di Poseidone, ma prima di essere maledetta da Era o di avere attirato le attenzioni di Zeus, Lamia aveva attirato quelle di Poseidone che l'aveva adottata, rendendola forse più interessante agli occhi degli altri dei.
Poseidone non aveva mai superato il senso di colpa per la sua parte nel destino della giovane.
Era era senza dubbio originale e crudele nelle sue vendette.
Anfitrite aveva percepito la paura della povera ragazza e era accorsa per interferire nella lotta, per salvare la figlia adottiva dal suo destino, ancora una volta, sempre crudele.
Arrivata lì, però, un'immagine la stava aspettando, sconvolgendola.
Aiutare le murene e gli ippocampi era un conto, ma alzare la propria spada contro altri semidei per difendere un mostro, era un altro.
Invece, davanti a lei, Percy Jackson aveva la spada tratta, puntandola contro alcuni romani, deciso a difendere la povera ragazza dall'essere uccisa, di nuovo.
"Percy, sii ragionevole, è un mostro!"
Una delle ragazze, dai capelli neri e un aspetto regale, aveva implorato il figlio del mare.
Anfitrite sapeva che il mare non poteva essere comprato o implorato. Aveva il suo corso e niente e nessuno gli avrebbe impedito di fare quello che voleva.
Ciononostante, si aspettava che il semidio avrebbe ascoltato le parole della ragazza, lasciando la povera Lamia alla morte.
"Nessuno tocca mia sorella."
La voce gelida del semidio era così simile a quella del marito, quando la sua rabbia raggiungeva i picchi che i mortali avevano imparato a temere ed evitare il più possibile. Nessuno voleva vedere il dio del mare perdere la pazienza, mortali inconsapevolmente, immortali consapevolmente.
Poseidone si era ammorbidito nel corso del tempo, ma era ancora il dio forte e orgoglioso delle origini, capace di profondo amore, ma di un'incredibile rabbia, una rabbia fredda che, quando lasciata esprimersi, avrebbe devastato tutto.
Anche i romani dovevano avere capito che non avrebbero potuto convincere diversamente il ragazzo. Una ragazza di colore, un sorriso dolce rivolto verso Lamia, prima di guardare il ragazzo.
"Certo, Percy. Ci dispiace, Lamia, se avessimo saputo che eri tu non saremmo accorsi per combattere. Ti lasciamo con Percy."
La figlia dell'Ade romano, comprese Anfitrite. Dolce e buona, simile a Persefone in quel senso. Sapeva che era anche la favorita di Arion, un orgoglioso e testardo figlio di suo marito. Doveva essere speciale.
Uno ad uno, i romani se ne andarono e i due protetti di Poseidone, di secoli diversi, rimasero soli.
"Non sono davvero tua sorella." Disse Lamia, come prima cosa.
"Papà ti ha adottata, quindi benvenuta in famiglia!"
Un sorriso invase le labbra di una altrimenti tormentata Lamia.
"Dovrei essere io a darti il benvenuto, in realtà, fratellino." "Stessa cosa. Comunque, sei la prima a farlo. Eccetto Tyson, almeno."
L'espressione di Lamia divenne confusa. "Chi è Tyson?" "Mio fratello. Lavora nelle fucine nel palazzo di papà, quindi non lo vedo tanto quanto vorrei."
"Un ciclope?"
Anfitrite stava sbattendo le palpebre. Aveva rivendicato un ciclope e Lamia come fratelli?
Nessun semidio, figlio del marito o di altri, aveva mai rivendicato i figli mostruosi o immortali dei genitori divini come fratelli, non con tanto orgoglio e amore nella loro voce.
"Sì, devi assolutamente conoscerlo, sai? Ti adorerebbe."
Anfitrite stava per lasciare i fratelli alla loro conversazione, per non invadere la privacy, quando la domanda di Lamia la fece attendere.
"Sono un mostro, Perseus. Per quale ragione mi avresti salvata da un destino che merito."
"Ehy! Non lo meriti. È solo Era che è una stronza."
Un tuono nel cielo.
"Sai che ho ragione, dea degli hippie senza casa!"
Il cielo rimase vuoto.
"Non dovresti parlare così della regina degli dei." Lamia glielo disse timidamente, uno sguardo al cielo.
"Era si merita tutte le offese, Lamia. Parti da quella consapevolezza. Ma no, quello che volevo dire è che... sei stata fregata, Lamia. Eri la protetta di un dio, che aveva affascinato un'altra divinità e maledetta da una terza. Sono solo gli dei che fanno gli dei e si vendicano sui mortali per dimostrare un punto. Non meriti di morire. Sei buona, e hai sopportato molto dolore, per nulla."
Lamia strinse in un abbraccio il ragazzo, non sorprendendo Anfitrite che ne conosceva la natura affettuosa. Quello che la sorprese fu vedere che Percy non la respingeva, ma anzi, la stringeva di rimando.
Sparì, senza lasciare traccia della sua precedente presenza, senza notare lo sguardo di Lamia che raggiungeva il punto dove la madre adottiva era precedentemente stata.
Angolo autrice
Che ve ne pare, fino ad ora?
Alla prossima!
By rowhiteblack
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