Strane premonizioni
Stagione 2 - Episodio 5
Non aveva più piste da seguire, se non alcune sporadiche notizie di cui non si fidava molto. La realtà era che, da quando John era morto, il suo lavoro di cacciatrice aveva preso una piega strana. Aveva cominciato a comportarsi quasi come un'automa: trovare la notizia giusta, dirigersi sul luogo, neutralizzare la creatura e ripartire. Tutta quella voglia di salvare persone, sentire l'ebrezza di sparare ad un fantasma, investigare; erano spariti, o per lo meno si erano affievoliti.
Per questo all'ennesimo buco nell'acqua, in cui aveva scoperto che quello che sembrava essere opera di un vampiro, si era rivelato l'operato uno psicopatico emulatore di Dracula, decise che doveva fermarsi; o per lo meno trovare un po' di ispirazione da qualcuno di cui si fidava.
Arrivò alla Harwelle's Roadhouse a metà pomeriggio, parcheggiando la moto vicino a tutte le altre. Il locale era alquanto pieno e dovette sgusciare un po' per arrivare al bancone.
«Un'amica potrebbe avere una birra?» domandò alla ragazza bionda che stava servendo un cliente, poco più in là.
«Kim!» esclamò lei entusiasta, facendola sorridere.
«Ciao Jo.» rispose.
«Cosa ci fai qui?» domandò, stappando una bottiglia di birra e porgendogliela.
La ragazza alzò le spalle, per poi afferrare il contenitore e berne un lungo sorso.
Man mano che il pomeriggio passava il locale si svuotò, nonostante alcuni avventori insistenti, o arrivati dopo, continuavano a chiacchierare sui tavoli o a giocare alle macchinette. La bionda, comunque, aveva molto più tempo libero e cominciò a chiacchierare con l'amica.
Loro due erano praticamente cresciute insieme, perché non appena Kim aveva rivelato a John il suo desiderio di diventare una cacciatrice, questi l'aveva portata alla Roadhouse per presentarle Ellen, rivelandole che se mai avesse avuto bisogno di aiuto, lei era la migliore. Jo, la figlia di Ellen, aveva la sua stessa età e tutte le volte in cui era andata a trovarle, da sola o con John, le due ragazze passavano ore a parlare e scherzare.
«Kim! Che bello vederti!» esclamò la donna, quando finalmente poté uscire dalla cucina, abbracciandola.
«Ciao Ellen, anche per me.» rispose lei, ricambiando l'abbraccio e sentendosi per qualche secondo di nuovo bene.
«Come stai?» domandò la donna, staccandosi da lei, ma lasciandole le mani sulle spalle ed osservandola con sguardo serio.
«Beh... Non è che vada granché...» rispose, con voce afona, mentre l'angoscia riprendeva il sopravvento.
«Immagino che sia stata dura anche per te. In fin dei conti John era il tuo mentore. – lei non rispose, ma volse solamente uno sguardo interrogativo alla donna, chiedendosi come avesse avuto la notizia – Qualche settimana fa sono venuti qui i suoi figli.» fece lei, dando una risposta a quella domanda muta, ma facilmente intuibile.
«Ehi... – fece allora Jo, e il suo tono scherzoso fece capire a Kim che era un chiaro tentativo di tirarla su di morale – Sta a vedere.» disse, per poi invitare uno degli uomini che stava giocando a un simulatore di caccia per fare una scommessa.
Kimberly seguì con talmente tanta attenzione quella sfida, decisamente impari, da scordarsi ogni suo problema. L'uomo aveva fatto circa 40000 punti, ma quando fu il turno di Jo, il contatore cominciò a schizzare ad una velocità supersonica.
«Ah... Accidenti, non potrò più pagare la camera.» si lamentò l'uomo a fine partita, consegnando alcune banconote alla biondina.
«Vorrà dire che stanotte dormirai sul camion.» rispose lei, sogghignando, e facendola ridere di gusto.
«La prossima volta controlla i punteggi più alti... Prima di puntare tutti i tuoi soldi.» intervenne Ellen, avvicinandosi all'uomo e pigiando un tasto della macchinetta.
L'uomo rimase a guardare lo schermo, esattamente come fece lei. La pagina dei record aveva solo due nomi, più o meno alternati: il suo e quello di Jo.
«Ehi, mi hai superato di nuovo!» esclamò la ragazza, notando che il suo 74300 era proprio sotto un 75050 di Jo.
«Ci ho messo un po', ma alla fine ci sono riuscita.» rispose l'altra facendole l'occhiolino e appoggiando i gomiti sul bancone.
Proprio in quel momento la porta del locale si aprì, facendo suonare il campanello e a Kim saltò il cuore in gola. Dean e Sam Winchester erano appena entrati al Roadhouse e in qualche modo la loro sola presenza sembrava permetterle di vedere una luce in fondo al tunnel in cui era sprofondata nell'ultimo periodo.
«Non riuscite a stare lontani.» li provocò Jo, con un sorrisetto.
«Credo sia il loro talento.» aggiunse lei, attirando l'attenzione.
«A quanto pare, nemmeno tu. – rispose Dean osservandola da capo a piedi e mettendola in soggezione – Come va Jo?» chiese poi, tornando dall'altra ragazza. Kimberly non seppe se essere sollevata del fatto che avesse distolto lo sguardo da lei o offesa per aver ricevuto così poche attenzioni dopo più di due mesi che non si vedevano, ma Sam fece ancor meno.
«Dov'è Ash?» chiese, prima che la bionda potesse rispondere al fratello.
«In camera sua.» dopo aver ricevuto l'informazione che voleva il fratello più piccolo ringraziò e si allontanò.
«Sì, sto bene, grazie.» gli urlò ironicamente Kim, sentendosi improvvisamente invisibile.
«Dovete scusarlo, ma purtroppo abbiamo fretta.» fece Dean.
Lei rimase zitta, assottigliando lo sguardo e seguendo i due fratelli che andavano a bussare alla camera di Ash.
«Ah, conosco quello sguardo. – la provocò Jo, notando il suo comportamento – A cosa pensi?»
Lei gli fece segno di fare silenzio dopodiché attese che i tre ragazzi si sedessero in uno dei tavoli liberi e lei si mise al bancone, dando loro le spalle, ma tendendo le orecchie.
«Che fai?» domandò Jo a bassa voce.
«Voglio ascoltare.» rispose semplicemente lei.
Seguì attentamente tutto il discorso: i fratelli volevano sapere di una casa di trasporti a Guthrie, in Oklahoma, e Sam sembrava essere convinto che ci fossero stati segni demoniaci.
«Cerca un'altra cosa per favore. – disse Sam, nel momento in cui Ash negò ogni presenza di demoni in quel luogo – Se c'è stato un incendio a Guthrie. Il fuoco dovrebbe essere partito dalla stanza di un bambino nella notte del suo sesto mese di vita.»
A quella sua richiesta sia Ash che Jo, si voltarono leggermente sconcertati, mentre lei quasi si trattenne dallo schiaffarsi la mano in fronte.
«Scusami se te lo chiedo amico, ma mi spieghi perché dovrei mettermi a cercare una cosa del genere?» domandò il ragazzo.
«Fallo Ash. – disse lei, voltandosi finalmente verso il tavolo – Se lo fai ti offro una birra.» aggiunse.
Lui emise un sospiro e poi, scuotendo la testa, si rimise al suo apparecchio, alla ricerca di una qualche notizia.
Gli ci volle più tempo del previsto e intanto il locale si era via via svuotato, lasciandoli da soli.
«Ti dò una mano a sistemare.» si propose, mentre Jo metteva una canzone al Juke Box e cominciava a ritirare i bicchieri dai tavoli.
«Che c'è?» disse la ragazza, attirando la sua attenzione e facendola voltare; Dean, seduto al bancone con un bicchiere di birra in mano, la stava guardando storto.
«Are you speedwagon...» fece lui, dicendo il titolo della canzone.
«Sì, esatto. Kevin Cronin la canta con il cuore.» ribatté allora Jo, indispettita.
«Secondo me non è così. Non ha classe.» rispose lui.
«Disse quello che invece ne ha da vendere.» commentò lei, avvicinandosi.
In realtà non avrebbe voluto intromettersi in quella conversazione, ma era abbastanza vicino da sentirli e soprattutto avrebbe fatto qualsiasi cosa per dare man forte alla sua migliore amica, contro quel concentrato di sfrontatezza che era Dean Winchester. Il discorso però si fece improvvisamente più serio, perché la bionda si guardò un attimo indietro, lanciando un'occhiata alla madre, per poi rivolgersi nuovamente al ragazzo.
«Quello che avete chiesto ad Ash di cercare... È la cosa che è successa a vostra madre, un incendio nella cameretta di Sam.»
«Decisamente la discrezione non è una caratteristica di Sam Winchester.» sospirò Kim a mezza voce, era sicura che Jo avesse capito la situazione, sin da quando il ragazzo aveva chiesto quelle informazioni ad Ash.
«Sì, beh... È una cosa di famiglia.» fece Dean leggermente imbarazzato.
«Potrei aiutarvi.»
«Sono certo di sì, ma è meglio che ce ne occupiamo noi. E poi se ti porto via con me, tua madre mi ucciderà.» disse Dean, lanciando anche lui un'occhiata alla donna dall'altro lato del bancone che puliva i bicchieri.
«Oh mio dio, ditemi che non state flirtando.» disse quasi esasperata lei, poggiando finalmente il vassoio che aveva in mano. Non sapeva se l'aveva detto solamente per prenderli in giro o perché in qualche modo la cosa sembrava irritarla, più di quanto avrebbe dovuto fare, ma i due si ammutolirono, imbarazzati. Non ebbero il tempo di dire altro, perché Sam arrivò quasi di corsa, con alcuni fogli in mano.
«Abbiamo un riscontro. Dobbiamo andare.» disse rivolto al fratello e Kim mosse i primi passi verso l'uscita.
«No, tu no.» fece Dean, puntandole contro il dito, con un tono che tentava di essere autoritario.
«Oh certo, e immagino me lo impedirai tu, vero.» rispose a tono, ricevendo un'occhiataccia di rimando. Subito dopo i due fratelli uscirono dal locale, usando la porta sul retro.
«Ciao Jo, ci vediamo.» la salutò per poi abbandonare il Roadhouse anche lei e recuperare la moto, con tutte le intenzioni di seguirli.
«Ti avevo detto che non dovevi seguirci.» fece Dean a mezza voce.
«Beh, scusa papà, ma sai sono abbastanza grande da decidere da sola.» rispose lei con tono ironico, enfatizzando il nomignolo che gli aveva attribuito. Proprio in quel momento arrivò la cameriera del bar, versando loro tre tazze di caffè.
«Mi dispiace per voi ragazzi, ma non riuscirete ad avere nulla da Andy.» disse la ragazza, probabilmente i due le avevano chiesto qualcosa prima che lei arrivasse.
«Come?» domandò Sam confuso, facendole comprendere che invece non era così.
«Siete del recupero crediti, vero? Ogni tanto ne arriva qualcuno. Non so come Andy faccia a convincerli, ma non si fanno più vedere.»
«Veramente io sarei un avvocato – intervenne allora Kim che, esattamente come gli altri due, si era vestita di tutto punto – e loro sono i miei segretari.» aggiunse e riuscì appena a percepire un verso di protesta da parte del ragazzo di fianco a lei.
«Avvocato?» domandò allora la donna.
«Sì, rappresento la prozia di Andy. Purtroppo adesso lei è morta ma, gli ha lasciato un'eredità cospicua.» rispose nuovamente la ragazza.
«Lei è una sua amica?» domandò allora Sam.
«Diciamo di sì, ma... non vedo più Andy da un sacco di tempo.» rispose, ma subito dopo fu interrotta da un ragazzo che poco prima stava pulendo i tavoli del locale.
«Andy? È uno che ci sa fare.» disse entusiasta, sedendosi al loro tavolo come se niente fosse.
«Dice davvero?» questa volta fu Dean a chiedere.
«Sì, è un fenomeno. Mi ha fatto entrare nel backstage degli Ironsmith, uno sballo, credetemi.»
La ragazza a quel punto fece una risatina nervosa, per poi rimproverarlo intimandogli di cominciare ad apparecchiare i tavoli. Dopodiché diede loro un'indirizzo.
I tre uscirono dal bar, decisi ad andare subito a fare un appostamento.
«Beh a questo punto tanto vale che vieni con noi.» fece Dean, rivolto alla ragazza.
«Preferisco seguirvi in moto grazie, e poi... Non vorrei mai intromettermi nelle cose di famiglia.» disse alzando le mani e cercando di imitare la sua voce.
Non ne sapeva il motivo, ma per qualche strana ragione in quel momento, far irritare Dean era l'unica cosa che le faceva dimenticare il dolore. Sapeva bene che era un comportamento infantile e soprattutto poco carino, considerando il fatto che non sapeva se e come i due fratelli avessero superato il lutto; ma era più forte di lei.
«Fa come vuoi.» rispose allora lui, con un gesto della mano.
Non erano lì da molto, Kim era rimasta in sella alla sua moto, mentre poco più avanti l'Impala nera era parcheggiata vicino al marciapiede. Una decina di minuti, non di più e un ragazzo in vestaglia uscì dal portone che la proprietaria del bar aveva indicato. Questi con tutta la nonchalance, come se avesse addosso capi firmati, camminava tronfio sul marciapiede. Alzò lo sguardo per salutare una bella ragazza seminuda affacciata alla finestra e poi si fece dare un caffè da un passante appena incrociato. Di sicuro qualcosa in quel ragazzo non andava. Infine lo vide stringere la mano ad un robusto uomo di colore. Non ebbe il tempo di pensare ad altro, perché subito dopo sentì il rumore di una portiera che si apriva e vide solamente Sam uscire dall'auto e seguire l'uomo.
Fu il suo istinto a decidere per lei. Mise in moto e, rimanendo a debita distanza seguì la macchina di Dean, che a sua volta stava tallonando il furgone su cui Andy era salito. Arrivati in una strada che al fondo sembrava chiusa, il furgone si fermò e così fecero anche gli altri due. Kim era molto più lontano rispetto ai due mezzi a quattro ruote, ma vide chiaramente il ragazzo scendere ed avvicinarsi all'Impala per poi parlare con Dean. Poco dopo il giovane Winchester scese dalla sua auto e fece salire lui.
«Ma che diavolo...» disse Kim confusa, vedendo Andy allontanarsi con la macchina.
Solo quando svoltò l'angolo e non sentì più il motore, rimise in moto e si avvicinò a lui.
«Mi dici che accidenti ti è saltato in testa?!» chiese la ragazza, affiancandosi a Dean, che aveva l'aria di essere alquanto confuso.
«Non sono stato io! Quel maledetto ha...» non finì la frase, perché il suo cellulare si mise a squillare.
Ovviamente non sentì le parole dell'interlocutore, ma le fu subito chiaro che fosse Sam.
«Lo so! Mi ha chiesto di provarla e io gliel'ho subito data. Ha fatto come Obi Wan Kenobi. Controllava la mia mente! Pronto? Pronto! Ah, ha chiuso!» si lamentò.
«Avanti monta!» lo incitò la ragazza.
«Cosa? Salire in moto dietro una ragazza? Scordatelo!» protestò lui e qualcosa nella sua testa ribollì; pensando che forse avrebbe potuto tranquillamente lasciare lì lui e il suo stupido ego maschilista.
«O così, o te la fai a piedi. Tieni.» disse poi, lanciandogli un casco.
Lui protestò a mezza voce qualcosa, mentre si allacciava la cinghia sotto il mento, dopodiché salì in moto e si aggrappò a lei. In un attimo tutta la rabbia che aveva provato poco prima sparì; percepì un brivido che partiva dal punto in cui le sue mani si avvolgevano attorno alla sua vita e si irradiava per tutto il corpo, ma con una gran dose di autocontrollo, girò la manopola dell'acceleratore e ripartì, dando gas.
Arrivarono in men che non si dica al luogo in cui si trovava Sam, assieme a due ambulanze. A quanto sembrava un uomo era stato investito da un autobus. Dopo aver fermato la motocicletta poco più in là, i due si avvicinarono a Sam che guardava scioccato la scena dei medici che coprivano il corpo privo di vita dell'uomo di colore.
«L'avevo allontanato dal negozio di armi. Credevo di averlo salvato. Credevo di aver risolto tutto e invece... Dovevo stare con lui.»
«Andiamo Sam. Non è colpa tua... – disse lei, nel tentativo di rassicurarlo – Piuttosto andiamo a cercare Andy e cerchiamo di capire cosa diavolo ha in mente.» propose con tono calmo.
«Bene. Noi andiamo a piedi, tu precedici in moto e se vedi la mia auto...»
«Sì, vi chiamo.» lo rassicurò lei, sogghignando.
Con passo svelto tornò verso il suo mezzo, si mise il casco e mise in la prima marcia, girando la manopola. Non fece che un paio di isolati, gli stessi che in fin dei conti avevano fatto all'andata, visto che l'Impala era stata parcheggiata vicino al bar.
Si fermò prima di svoltare l'angolo, spegnendo il motore e prendendo il cellulare dalla giacca di pelle che aveva riindossato qualche ora prima sopra la camicetta.
«Pronto?» fece la voce di Dean.
«Sono al bar, la tua macchina è qui, sana e salva.»
Passarono sì e no cinque o dieci minuti che i due fratelli la raggiunsero e lei dovette assistere alla ridicola scena di Dean che parlava con la sua auto, promettendole che non l'avrebbe mai più lasciata. Tutto avrebbe pensato tranne che Dean Winchester fosse uno di quegli uomini che amavano le auto tanto quanto le donne; anche se effettivamente, ragionandoci un po' su era proprio nel suo stile.
«Quando hai finito di amoreggiare, potremmo parlare?» disse, con ancora quel tono fin troppo antipatico.
«A quanto pare non può controllare i suoi poteri solo con il pensiero, deve usare i comandi verbali.» rispose a tono lui, dimostrandole che non era stato distratto dalla missione principale.
«Il dottore parlava al cellulare quando è finito sotto l'autobus.» spiegò Sam.
«Potrebbe avergli telefonato lui. – propose allora Kim, finalmente sembrava stesse ricominciando a provare l'ebrezza dell'investigazione – Considerato come l'ha salutato per strada si conoscevano, perciò è probabile che avesse il suo numero.»
«Non ne sarei così sicuro.» disse a mezza voce Dean.
«Come hai detto?» domandò, quasi offeso, il fratello.
«Chi ci garantisce la tua storia Sam?»
«Sul serio? Hai dei dubbi su Andy?!» sbottò l'altro, questa volta parecchio irritato.
«È che Andy non mi sembra il classico assassino a sangue freddo.» spiegò allora Dean, alzando la voce.
«Vi volete dare una calmata, tutti e due? – intervenne allora lei, bloccando quella battaglia tra testosterone fraterno – Colpevole o non colpevole, dobbiamo trovare un modo per fermarlo.»
«Di questo non c'è problema.» rispose con tono nuovamente tranquillo il fratello maggiore, dopo averle fatto l'occhiolino. Non sapeva se era stato per quel suo ammiccare, o perché quel giorno era particolarmente sensibile ad ogni suo approccio nei suoi confronti, ma la sua voce le era sembrata quasi... Scosse la testa, scacciando quei pensieri dalla sua mente e seguendo i due fratelli che, dopo aver preso quello che aveva tutta l'aria di essere un piede di porco dal portabagagli dell'Impala, si stavano dirigendo verso il furgone blu di Andy.
«Questo furgone non passa certo inosservato. Diamo un'occhiata.» disse poi, tirando fuori nuovamente l'attrezzo e aprendo il furgone.
«Bene, ho capito, prima che vi facciate beccare vado a fare da palo.» sbuffò Kim, allontanandosi da loro e piazzandosi all'angolo della strada, in modo che potesse tenere d'occhio tutto. Dopo appena qualche minuto tornarono verso di lei.
«Allora?» domandò.
«Nulla di strano, ha l'aria di essere il classico hippie da vivi e lascia vivere.» spiegò Sam, con aria corrucciata.
«Bene, e adesso che facciamo?» chiese allora lei.
«Ah, non so voi, ma io ho fame.» fece allora Dean, massaggiandosi la pancia e come per risposta a quel commento, Kim sentì il suo stomaco gorgogliare e pretendere di essere riempito.
«Ok, ci rivediamo qui tra una ventina di minuti.»
Dopo aver dato quelle raccomandazioni si diresse al locale più vicino, che non fosse il bar in cui erano andati quella mattina, e ordinò due sandwich.
Mangiò con calma, sicura di avere tutto il tempo, ma non appena uscì dal locale rimase paralizzata; la scena di Andy che si sporgeva verso l'interno dell'Impala di Dean si stava ripetendo e questa volta dentro c'erano entrambi i fratelli.
Il suo primo istinto fu quello di correre verso di loro e bloccare il ragazzo, qualsiasi cosa stesse provando a fare, ma non appena trovò un po' di raziocinio comprese che la cosa migliore era rimanere lì: non solo per osservare come sarebbero andate le cose, ma anche perché se Andy avesse continuato a non sapere del suo coinvolgimento coi due fratelli, lei avrebbe potuto agire a sua insaputa.
Li vide uscire dalla macchina e Sam sembrava in qualche modo intimorire Andy. Improvvisamente, però, il ragazzo crollò a terra e il fratello maggiore gli fu subito accanto. In quel momento non riuscì più a dar retta alla razionalità, il suo istinto le gridò di andare ad assicurarsi che Sam stesse bene e le sue gambe sembrarono quasi muoversi da sole, portandola fino al vicolo dove si trovavano i tre ragazzi.
«Sam, stai bene?» chiese, con tono preoccupato.
«Questa volta io non c'entro.» disse Andy, il suo tono di voce era leggermente sconvolto.
«Ho visto una donna... – cominciò Sam, seduto sull'asfalto, non appena si fu ripreso – Una donna arsa viva.»
«Che altro?» chiese il fratello.
«Al distributore... Una donna sta per suicidarsi.» spiegò meglio e Kim guardò la faccia dell'altro ragazzo atterrirsi.
«Che significa che sta per, di che cosa...»
«Sta zitto!» lo interruppe Dean, fra i denti.
«Verra convinta a farlo da una telefonata.» continuò a raccontare Sam.
«Quando?» domandò questa volta Kim.
«Non lo so. – rispose lui, mentre il fratello lo aiutava a rialzarsi – Basta non perderlo d'occhio e non succederà nulla.»
Proprio in quel momento le sirene dei vigili del fuoco, attirarono la sua attenzione, prima ancora che lo facessero con i tre ragazzi che invece stavano continuando a discutere.
«Ragazzi... – disse allora, interrompendo la discussione – Ho paura che non sia stato Andy.» non appena disse quella frase, un camion dei pompieri, passò proprio sulla via principale.
«Vai.» disse Sam, rivolto al fratello.
«Kim, vieni con me?» domandò allora Dean.
«No. – rispose subito, quasi istintivamente, non avrebbe retto un'altro momento da sola col maggiore dei Winchester, non nello stato in cui si trovava – Ho bisogno di riordinare le idee, vado alla biblioteca comunale e vedo se trovo qualcosa. Ci riaggiorniamo.»
Si allontanarono entrambi, mentre Sam bloccava Andy, che aveva tutte le intenzioni di filarsela.
Ritornò nel vicolo qualche minuto prima di Dean.
«Hai scoperto qualcosa?» domandò il ragazzo, che si era messo seduto su di un tronco tagliato.
«Poco, ma forse i riscontri che ti ha dato Ash erano incompleti. O magari sono dati che qualcuno non voleva fossero divulgati.» non ebbe tempo di dire altro, che anche l'altro fratello raggiunse il gruppo.
«La vittima si chiamava Holly Beckett, quarantun'anni, single.»
«Chi é?» domandò Sam al ragazzo di fianco a lui.
«Lo so io. – rispose però Kim – Holly Beckett partorì all'età di diciott'anni, nel 1983, lo stesso giorno in cui è nato Andy.»
«Andy, sei stato adottato?» chiese allora Sam, confuso.
«Sì, ma...»
«Non è tutto. – lo interruppe Kim – Ho provato a cercare il suo certificato di nascita e indovinate cos'ho scoperto?»
«Un momento... Il certificato di nascita? E da quando l'anagrafe divulga questi dati a una persona qualsiasi?» domandò Dean, guardandola storto.
«Beh, non sarò Andy, ma anche io ho i miei metodi di persuasione.» rispose, potendo finalmente ricambiare l'occhiolino ricevuto qualche ora prima e vederlo deglutire evidentemente a disagio. Così avrebbe imparato a fare lo spaccone con lei.
«Che hai scoperto?» chiese allora Sam, riportando i due al caso.
«Il medico che ha svolto la pratica di adozione era il dottor Jennins.»
«Perciò Andy ha una connessione con entrambi.» constatò nuovamente il fratello più piccolo.
«Sì, ma non li ho uccisi io.» disse subito il ragazzo, nuovamente spaventato.
«Ti crediamo.» lo rassicurò Dean.
«Non ho finito. – aggiunse però Kim, interrompendo di nuovo il discorso – Holly Beckett, partorì due gemelli: Andy e Ansen e... questa è la foto di Ansen, il tuo gemello eterozigote.» concluse, sfilando un foglio stampato dalla tasca interna della giacca e porgendolo ai tre.
«È il ragazzo del bar.» mormorò Dean, vedendo la foto.
«Webber?» fece, quasi nello stesso momento Andy.
«Ok, dobbiamo muoverci! Se è Ansen ad uccidere le persone, dobbiamo trovarlo prima che faccia un'altra vittima.» ordinò Sam.
«Bene, ma io starò alla larga.» disse subito Kim.
«Come?! Perché?» il tono di Dean sembrava quasi scocciato, in fin dei conti era stata lei ad intromettersi in quel caso.
«In realtà sarà relativamente inutile, dato che ha visto tutti e tre al bar, ma è meglio che uno di noi rimanga fuori dalla storia, che sia il meno possibile coinvolto da intervenire se lui comincia a dare ordini strani.» si spiegò la ragazza.
«Bene, ma muoviamoci, sta facendo buio.» li incitò nuovamente il fratello minore.
Era rientrata al locale dove aveva pranzato, in modo da non rimanere fuori al freddo e soprattutto al buio.
Si era proposta di rimanere indietro, ma avrebbe voluto non averlo fatto; un senso d'inquietudine si stava impossessando di lei, ogni minuto che passava. Il ricordo dell'ultima volta in cui li aveva abbandonati e John era morto la pervase nuovamente. La sola mancanza di uno qualsiasi dei Winchester la faceva risprofondare nel baratro di angoscia in cui aveva passato gli ultimi mesi.
Fu il suo cellulare a riportarla in sé, Dean le aveva mandato un messaggio con il nome di un ponte, dicendole di andare, ma stare comunque il più lontano possibile.
Senza pensarci un secondo, si ficcò il telefono in tasca, lasciò un paio di banconote sul tavolo e, dopo essersi infilata la giacca di pelle, uscì dal locale, andando a passo svelto verso la moto.
Quando arrivò, sul ponte c'era l'auto di Webber e oltre a lui c'erano Sam, Andy e la ragazza del bar, che stavano discutendo; sembrava avessero appena finito una rissa, ma non riusciva a vederli chiaramente, tra la lontananza e il buio della notte. Non c'era però nessuna traccia di Dean, probabilmente pensando che potesse essere controllato, il fratello minore l'aveva lasciato indietro.
In un attimo di distrazione lo vide; vide un fruscio strano sul lato ovest del ponte e tra l'erba alta Dean, accovacciato, che caricava un fucile da cecchino. Era a pochi metri da lei e nel momento esatto in cui si accorse della situazione, cominciò a correre. Webber l'aveva visto e dopo avergli suggerito qualcosa telepaticamente, Dean si era puntato il fucile contro il mento.
«Dean!» gridò, nel completo panico, forse un po' troppo forte, perché improvvisamente sentì una voce nella testa che le ordinava di non intromettersi e le sue gambe si fermarono.
Passarono sì e no un paio di secondi, ma parvero i più lunghi della sua vita, mentre già percepiva le lacrime rigarle il viso.
Si sentì uno sparo, ma non provenì da dov'erano loro, bensì dal ponte e in un'attimo sentì nuovamente il controllo dei suoi stessi piedi e si lanciò verso Dean, che intanto aveva abbassato il fucile, spaventato e con l'affanno. Si lanciò addosso a lui, con gli occhi ancora gonfi di lacrime, ma trattenendosi dal singhiozzare.
«Mio Dio, Dean... Per un attimo ho creduto che...»
«Sto bene. Sto bene.» disse lui, avvolgendole le braccia attorno alle spalle; il suo tono di voce era assente, quasi stanco, come se stesse in qualche modo rassicurando anche se stesso.
Poco dopo, quando ormai era l'alba, arrivò la polizia e l'ambulanza, per portare via il cadavere di Webber; Andy, avvicinandosi ai poliziotti li convinse con il suo potere, di aver visto loro stessi il gemello suicidarsi.
«Accidenti... È proprio bravo.» commentò Sam, mentre tutti e tre, appoggiati al guardrail del ponte lo stavano osservando.
Il ragazzo si avvicinò a loro, passando davanti all'ambulanza in cui stavano visitando la biondina.
«Evita persino di guardarmi. – si lamentò con un sospiro – Io non avevo mai usato i miei poteri su di lei, prima di ieri notte. Lei... Lei ha paura di me.» era evidentemente deluso da se stesso e Kim poteva benissimo capire il perché; deludere in qualche modo una persona che si ama, mentendole per un segreto mai rivelato era la paura che provava lei ogni giorno; soprattutto in certi momenti che la sua stessa solitudine le pesava come un macigno.
«Dalle del tempo. Vedrai che le passerà.» lo rassicurò, tirando un sorriso e sperando che fosse abbastanza convincente.
«Beh... Noi ora dobbiamo andare. Tieni, questo è il mio cellulare – disse Sam, passandogli un biglietto da visita tutto stropicciato – Sono sicuro che te la caverai, ma... chiamami, se avrai bisogno.»
I tre cominciarono ad allontanarsi, ma il ragazzo li chiamò, facendoli voltare nuovamente verso di lui.
«Ehi... Ma che cosa dovrei fare adesso?»
«Comportarti bene Andy, o noi torneremo.» disse con tono più severo che minaccioso, Dean.
«Visto che avevo ragione?» fece Sam, mentre si dirigevano verso i loro mezzi.
«Su che cosa?» chiese il fratello.
«Dopotutto era un'assassino.»
«No. È un eroe. Ha salvato la vita alla sua ragazza e a me.» ribatté nuovamente l'altro.
«Comunque sia lui questa notte ha ucciso qualcuno.»
«Sì, ma non puoi considerarlo un'assassino. Lui è stato... spinto a farlo.»
Kim stava seguendo in silenzio quel discorso, in cui non voleva assolutamente intromettersi, ma in quell'ultima frase di Dean, percepì nuovamente la sensazione che aveva provato nel loro primo caso assieme; come se qualcosa gravasse sulla coscienza del maggiore dei Winchester.
«Anche Webber è stato spinto a farlo. – insistette Sam, non comprendendo quella sfumatura – Così come Max Miller, o io stesso dopo la morte di Jessica.»
«Dove vuoi arrivare, Sam?» sbottò Dean, leggermente irritato, fermandosi, e lei fu quasi tentata di proseguire e allontanarsi da quella conversazione in cui era di troppo; ma proprio come quella notte, anche se per un altro motivo, le sue gambe non vollero muoversi.
«Che in determinate circostanze tutti possiamo uccidere, tutti! È questo che il demone ci sta facendo. Ci sta spingendo. Ci sta condizionando.»
«Noi non sappiamo che cosa vuole il demone. – rispose tranquillamente Dean, per poi dare una pacca sulla spalla al fratello – Non preoccuparti.»
La conversazione cadde lì, ma poco dopo, proprio davanti all'auto, Sam riprese a parlare.
«Ti ho visto ieri, quando Andy ti ha costretto a dire la verità. Eri spaventato a morte, credimi.»
«Ti dispiacerebbe parlarne in un altro momento. – lo minacciò lui, accompagnando la frase con un'occhiataccia e un cenno alla ragazza che proprio lì accanto era arrivata alla sua moto – E comunque continueremo a fare ciò che abbiamo sempre fatto: cercheremo il male e lo sconfiggeremo.»
Kim non ebbe il tempo di ridere per l'ennesimo momento di imbarazzo del ragazzo, perché in quel momento il cellulare di Dean cominciò a squillare, attirando solo la sua attenzione, visto che Sam era salito subito in auto.
«Pronto? Ellen. Che succede? – Kim lo vide afflosciarsi, e fu sicura che la notizia, qualunque essa fosse, non era buona – Sì, arriviamo subito.» disse, per poi chiudere la chiamata e salire in macchina, lanciando un'ultima occhiata alla ragazza. Lei rispose a quello sguardo con un cenno di testa e dopo essersi infilata il casco mise in moto.
Erano arrivati da poco al Roadhouse e, sia Sam che Dean si erano già messi comodi.
«Jo, Kim, andate a prendere delle casse di birra sul retro.» ordinò Ellen e a Kim fu subito chiaro che volesse parlare da sola coi due ragazzi, senza coinvolgerle.
«Ma mamma...» tentò di protestare la bionda.
«Muovetevi!» disse con tono più deciso.
Quando tornarono dalla cantina però, la conversazione era praticamente finita, anche se Kim sapeva bene di cosa avessero parlato.
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