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SPECIAL - Best Seller

Stagione 4 - Episodio 18 "Il mostro alla fine del libro"
​Questo è il secondo capitolo speciale della storia, capirete in fretta perché. Nonostante tutto la narrazione, non sarà molto diversa dalla solita, questo perché comparirà l'OC che mi rappresenta come autrice e quindi sarò sempre io a raccontarvi che succede.

Erano giorni che non aveva neanche un indizio, una minima traccia di qualcosa a cui dare la caccia. Ripresasi dalla convalescenza in ospedale, si era di nuovo separata da Dean e Sam, non perché non volesse stare con loro, ma perché entrambi avevano cominciato ad essere fin troppo apprensivi e lei non riusciva a sopportare quella sensazione di dover essere una ragazzina da proteggere. Una notte, semplicemente se ne andò, mentre i due fratelli russavano alla grande immersi in un qualche sonno che sembrava quasi anormale. Si assicurò che stessero bene, lasciò loro un messaggio e prese la sua moto, allontanandosi da loro; sapeva benissimo che prima o poi il destino l'avrebbe riportata da loro, come aveva sempre fatto.

In quelle due settimane e mezzo, però, aveva sì e no cacciato due spettri e si domandava come fosse possibile che tutto si fosse quietato così all'improvviso, con una guerra tra angeli e demoni in corso e un'apocalisse imminente. Oppure forse era lei che non aveva incontrato di quei problemi, forse Dean e Sam stavano affrontando altri demoni, forse Castiel aveva accettato la proposta di Dean e l'aveva lasciata fuori da quella guerra.

Una cosa che non voleva accettare. Essere messa in disparte in quel modo, quando per anni aveva dedicato la sua intera vita a diventare una cacciatrice la faceva diventare matta; forse anche per quello non appena sentì una semplice voce di luci tremolanti, ci si aggrappò con tutta se stessa, senza pensare minimante che potesse essere un semplice calo di tensione.

Decise di fare domande al negozio che si trovava all'angolo della strada, una libreria.

Entrò con la solita tranquillità e disinvoltura, mostrando il distintivo falso e cominciando a fare le solite domande. La commessa però non sembrava prenderla sul serio e ad un certo punto disse qualcosa che la lasciò interdetta.

«Per caso devi partecipare al GRV di Shadow Hunter?» domandò.

«Come scusi?!» fece lei, leggermente confusa.

«Il GRV, Gioco....»

«No, no... So cos'è un gioco di ruolo dal vivo, ma io... Aspetti Shadow Hunters? Parla di quello Shadow Hunters?! Quello di Cassandra Clare?!» Kim spalancò gli occhi sconvolta dal pensiero che lei potesse essere scambiata per Clary Fairchild, la protagonista dei famosi libri.

La donna scoppiò a ridere, divertita, sembrava che ogni cosa che uscisse dalla sua bocca la mettesse di buon umore.

«Ma no! Figurati, a quella lì piacerebbe avere la fama che la Clare ha avuto con soli tre libri. Non ho detto Shadowhunters, ma Shadow Hunter, la cacciatrice d'ombre, di Kaily Prinkle.»

«Chi?!» chiese Kim, sempre più confusa.

«Aspetta, forse ne ho una copia.» disse la donna cercando nel database del computer e poi alzandosi e dirigendosi verso uno scaffale. Quando tornò aveva in mano un paio di piccoli libri dall'aria di romanzi a serie poco conosciuti. In copertina c'era una ragazza in moto che assomigliava in modo assurdo a lei e in cima capeggiava la scritta Shadow Hunter, a caratteri argentati, e subito sotto un sottotitolo "A Supernatural Story".

Rigirò il libro tra le mani, confusa, ma rimase quasi scioccata quando sul retro lèsse la sinossi: "Kimberly Forst è una cacciatrice dell'occulto, istruita da John Winchester. Lei conosce tutto della sua vita, del suo passato e soprattutto dei suoi figli, di cui non smette mai di parlare. La sua vita però si troverà a incrociare quella dei due giovani cacciatori Dean e Sam, ma un grosso segreto la separa da loro, nonostante siano un ottima squadra."

«Ne... ne sono usciti altri?» chiese, costringendola ad alzare lo sguardo da quel volumetto che aveva tutta l'aria di essere la classica serie commerciale che esce col settimanale.

«Ora come ora? Se non sbaglio ne sono usciti diciassette volumi.» rispose la commessa.

A quella rivelazione la ragazza acquistò tutte le copie disponibili in quel negozio, rinchiudendosi nella prima stanza disponibile al motel in città e divorando uno dopo l'altro i libri. Non lesse tutto, si limitò a zompare da pagina a pagina, da volume a volume, rivivendo ogni suo momento passato con Dean e Sam. Da quando li aveva conosciuti e salvati quella notte a Chicago, fino agli episodi insieme a Jo. L'ultimo volume riguardava il momento in cui aveva rivelato a Dean di essere sua sorella e la sua morte; cercando su internet aveva scoperto che, visto lo scarso successo la casa editoriale aveva deciso di sospendere la pubblicazione dei libri. Rimaneva comunque il fatto che la particolarità dei dettagli in quei libri le metteva i brividi; tutti i suoi sentimenti verso Dean erano completamente messi a nudo e inspiegabilmente era una sensazione che la metteva ancora a disagio.

Rilesse il sottotitolo della saga, all'inizio pensava fosse semplicemente il titolo del primo volume, ma quella scritta c'era in ogni numero: "A Supernatural Story". Cercò quelle parole su internet, scoprendo che sembrava esserci un'altra collana di libri, scritta da un certo Carver Edlund, che però sembrava avere protagonisti Dean e Sam e aveva un po' più di volumi rispetto a Shadow Hunter.

Chiuse il portatile, decidendo che non avrebbe rischiato in nessun modo di leggere cose che non avrebbe voluto leggere; sapeva perfettamente cosa si scatenava in un fandom impazzito e tra haters, fans e magari qualche ship improponibile si sarebbe pentita di aver cercato. Una cosa era certa doveva trovare l'autrice o gli autori di quelle due saghe e scoprire cosa stava succedendo.

Si passò una mano sul volto, esasperata, lanciando un occhiata fuori dalla finestra, per vedere se era ancora in tempo per uscire, quando la vide. Nel parcheggio del motel in cui alloggiava, faceva la sua bella figura un Impala nera e lei sapeva benissimo a chi appartenesse quell'auto. Dean e Sam erano lì e probabilmente anche loro avevano tra le mani lo stesso incredibile e sconvolgente caso.

I tre cacciatori si riunirono per l'ennesima volta, in una nuova avventura che li avrebbe portati letteralmente ai confini della loro realtà. Dopo essersi raccontati a vicenda le loro assurde esperienze con le due collane di romanzi, andarono dall'editrice, colei che aveva accettato di pubblicare entrambe le saghe.

La conversazione più imbarazzante che ebbero in vita loro. Si finsero giornalisti, o meglio critici letterari, che volevano scrivere un articolo sulle due storie e la donna espresse in modo fin troppo commosso e preso la sua passione per quei libri, di cui aveva due scaffali interi perfettamente in ordine. Definì Dean e Sam uomini veri e sensibili e Kim una ragazza tosta e tormentata; per concludere con il commento peggiore di tutti: "Avrei dato di tutto per vedere Dean e Kim baciarsi all'Incrocio del Diavolo, non potevo immaginare che fossero fratelli".

Dopo quello sproloquio di fangirl, la donna li mise alla prova, chiedendo loro dettagli che probabilmente erano scritti nei libri, ma che loro che avevano vissuto, anche se non potevano rivelarlo, sapevano perfettamente. Risposero a tutto, Dean e Sam alle loro, Kim alle sue. Eppure dovettero mostrare molto di più per convincere la donna a farsi dire dove vivevano i due autori; mostrando i bracciali che Kim aveva regalato ai ragazzi il loro primo Natale assieme. Per incentivare il tutto Sam si sbottonò leggermente la camicia facendo vedere il tatuaggio rappresentate un piccolo Cerchio di Salomone, che aveva sul pettorale e con una certa riluttanza anche Dean si abbassò la maglia. Kimberly fu l'unica a rifiutarsi di scoprirsi, non solo perché il suo tatuaggio era all'altezza dell'inguine, ma perché sapeva benissimo che l'editrice non aspettava altro che vedere i due bei maschioni davanti a lei esporsi. A conferma di quella sua intuizione, si alzò con gli occhi illuminati di una luce maledettamente maliziosa e rivelando loro che lo aveva fatto anche lei, mostró la natica bianca su cui svettava il simbolo.

«Wow...» fu il commento di Dean, mentre un sorrisetto da ebete gli si dipingeva in volto, smorfia che si tramutò in una dolorante, non appena Kimberly gli pestò un piede.

Quell'ultima dimostrazione, però, permise loro di avere finalmente l'indirizzo e i veri nomi dei due autori.


Bevve l'ultimo sorso rimasto dalla tazza e si risedette alla scrivania. La sua aria trasandata, la barba incolta, l'accappatoio usato come fosse una vestaglia, tutto nel suo aspetto rispecchiava il disordine di quella casa. Un disordine che però non dipendeva solo da lui.

«Cosa ne pensi? – domandò, schiarendosi la voce – Sam e Dean con trepida...»

«Ti dimentichi sempre di Kimberly.»

«E tu dimentichi sempre che quella è la tua versione di storia. – sospirò lui, ma poi qualcosa di ciò che aveva scritto sembrò non andargli bene e con la matita corresse un appunto sul foglio, per poi riprendere a leggere – ...si avvicinarono a quella fatiscente casa con una certa trepidazione. Volevano davvero conoscere i segreti che si celavano dietro quella porta? Sam e Dean si scambiarono occhiate intense...»

«...a prendere però l'iniziativa di premere il campanello, fu l'unica ragazza del gruppo.» aggiunsi, interrompendolo di nuovo. Quel mio intervento sembrò infastidire Chuck, che tolse gli occhiali e li lanciò sulla scrivania disordinata assieme ai fogli, portandosi una mano al volto.

Proprio in quel momento suonò il campanello. Sollevammo contemporaneamente il volto, i nostri  sguardi si incrociarono e se il suo trasmetteva confusione e forse un leggero timore, io ero sicura di non stare più nella pelle da ciò che sarebbe accaduto di lì a poco.

«Sono loro...» sussurrai con un leggero entusiasmo.

«Andiamo Claire smettila, è solo un racconto.» sbuffò lui.

«Già, un racconto che sogniamo sistematicamente ogni notte ognuno in versione diversa, ma con elementi comuni. Tutto molto normale mi dicono.»

«Claire tu lavori troppo di fantasia...» il campanello suonò di nuovo.

«Vuoi aprire o no?» lo invitai, estendendo il mio sorriso e seguendolo per vedere chi sarebbe apparso alla nostra porta.

Rimasi col fiato sospeso quando vidi tre ragazzi alla porta, due maschi e una femmina.

«Chuck Shurley?» domandò uno dei due.

«Il Chuck Shurley che ha scritto Supernatural?» chiese l'altro, mentre Chuck apriva di più la porta permettendomi di vederli meglio e permettendo a loro di vedere me.

«E lei deve essere Claire Parks...» concluse la ragazza, guardando proprio nella mia direzione. Fu difficile trattenere le emozioni, mentre il mio coinquilino e collega, ancora diffidente, non permetteva loro di entrare e sostava davanti alla porta cercando di capire chi fossero.

«Può darsi... Perché?»

«Io sono Dean, lui è Sam... mentre questa è Kim... i personaggi di cui stavate...» non resistetti, non lo feci nemmeno finire di presentarsi che lanciai un grido e mi avvicinai a loro.

«Lo sapevo! Lo sapevo! Te l'avevo detto che sarebbero arrivati! Che esistevano davvero!» ma nonostante tutto Chuck non sembrava convinto.

«Andiamo Claire... Non lo vedi che ci stanno prendendo in giro? – disse sollevando gli occhi al cielo, per poi rivolgersi nuovamente ai due – Sentite, io apprezzo il vostro entusiasmo, davvero è così... È sempre piacevole parlare con i fan. Ma per il vostro bene vi suggerisco caldamente di farvi una vita.» tentò di chiudere loro la porta in faccia, ma colui che si era presentato come Dean la bloccò.

«È questo il punto... Abbiamo una vita e voi due la state usando per scrivere i vostri libri.» il tono di Dean era alquanto alterato e gli bastò poco per farsi strada dentro casa, visto il fisico mingherlino e smunto del mio coinquilino.

«Ascoltate non è divertente.» piagnucolò Chuck, mentre Sam chiudeva la porta alle sue spalle, ora eravamo tutti e cinque nella stessa abitazione, la nostra abitazione.

«Proprio così non è divertente!»

«Dite? Io lo trovo meraviglioso.» se la mia espressione avesse potuto assumere le forme di una emoticon, probabilmente sarebbe stata quella con gli occhi a cuore.

«Sentite, vogliamo solo sapere come fate.»

«Ma io non faccio niente... Ho solo creato due personaggi inventati come Dean e Sam e ci ho scritto sopra una storia e poi Claire ha deciso di ampliarla con l'arrivo di Kimberly, ma li abbiamo inventati noi.»

«Ok Chuck, basta. – lo interruppi – C'è solo un modo per capire se sono dei fan oppure sono quelli veri.» 

«Ah sì? Sentiamo genio.» mi provocò lui, eppure doveva saperlo che in quelle scommesse io vincevo sempre. Sorrisi, per poi rivolgermi al ragazzo più grande dei due.

«Dean... Cos'è Kim per te?» chiesi, sperando di leggere l'imbarazzo nei suoi occhi e venendo accontenta.

«Oh andiamo Claire... Lo sappiamo tutti che tra loro...» alzai la mano, bloccando il mio collega.

«Non ho finito. Allora Dean, vuoi rispondere? Oppure il ricordo di quella notte di fuoco nella tua auto ti mette ancora in imbarazzo?» a quell'ultima domanda sia lui che la ragazza sbiancarono per poi arrossire.

«Voi cosa?!» chiese invece l'unico al di fuori del discorso.

«Beh, direi che sono loro. – conclusi con un secco battito di mani – Dubito che se fossero stati dei fan potevano essere a conoscenza di qualcosa che non è mai stata pubblicata. Inoltre vorrei ricordarti che pur essendo in fase di correzione, tutta questa scena l'abbiamo già scritta... Anche se effettivamente non ricordo fosse andata proprio così...» aggiunsi l'ultima frase a mezza voce, portandomi una mano al mento e andando a controllare i fogli.

«Ok, va bene... Ho bisogno di bere.» commentò invece Chuck, evidentemente turbato. Lo osservammo tutti mentre si riempiva mezzo bicchiere di scotch e se lo trangugiava in un solo sorso.

«Piano Chuck, o dovrò portarti di nuovo al pronto soccorso.» ironizzai, ricordando l'ultima volta che l'alcol gli aveva dato alla testa.

«Perciò cosa siamo? Dei? Che prevedono il futuro? O che creano vite?»

«Non siete dei...» fece Dean.

«E come altro lo spiegate? Scrivo... Scriviamo delle cose che poi si avverano... Ma insomma Claire ti rendi conto delle cose che abbiamo fatto passare a questi poveracci?»

«Effettivamente non vi abbiamo affatto reso vita facile... Potevamo essere meno crudeli...» commentai, ripensando a tutte le volte in cui avevo torturato psicologicamente la mia adorata protagonista.

«Sentite, non ci avete inventato voi, ma in qualche modo siete focalizzati sulle nostre vite. Ora la cosa più importante è... State scrivendo qualcosa adesso?»

Bastò uno sguardo tra me e Chuck, per comprendere che era giunto il momento. Pur se sembrava assurdo, quelli erano davvero i suoi Dean e Sam, quella era davvero la mia Kim; noi avevamo scritto di quell'incontro, sapevamo già come andava a finire e forse, se l'avessero saputo anche loro, avrebbero potuto cambiare le cose. Decidemmo di comune accordo, senza bisogno di parole, di consegnare loro le ultime pagine dell'ultimo manoscritto che stavamo scrivendo, dopodiché li salutammo e li vedemmo lasciare casa nostra.


Era stata Kimberly a chiedere ai due ragazzi di passare alla lavanderia a gettoni, visto che le erano rimasti pochi cambi puliti di quelli che si portava in viaggio; e i due avevano subito accettato, approfittandone per lavare qualcosa anche loro. Eppure tutti e tre sapevano che quella era solo una palese distrazione per non pensare che le loro vite potessero essere viste da altre persone, almeno speravano che fossero solo viste e non in qualche modo controllate.

Dean se ne stava seduto sulla panca al centro della lavanderia, il manoscritto in mano, mentre Sam e Kim caricavano due lavatrici diverse.

«Sto seduto in una lavanderia... Leggo di me stesso seduto in una lavanderia che leggo di me stesso.»

«Bello scioglilingua...» commentò la ragazza ironica, ma Sam fu di tutt'altra reazione.

«Quei due non ci stanno dicendo tutto.» commentò, per poi voltarsi verso la lavatrice.

«Sam mise i suoi enormi vestiti nella lavatrice, stava iniziando ad avere dei dubbi sui due autori, se stessero dicendo o meno tutta la verità.» continuò a leggere Dean.

«La vuoi smettere?!»

«"La vuoi smettere?!" disse Sam...»

«Ok, lo ammetto questa cosa sta diventando inquietante.»

«Commentò Kimberly tirando fuori un... – Dean alzò gli occhi dal manoscritto per posarli sulla borsa della ragazza – Wow... e questo?» esclamò, prendendo con uno scatto più rapido della ragazza un reggiseno di pizzo nero.

«E mollalo!» esclamò lei, in imbarazzo, strappandoglielo dalle mani e ficcandolo in lavatrice.

Dean tornò a leggere le pagine.

«Oh bene... Una pensa che sono un maiale e l'altro che sono uno stronzo. Grazie tante.» si lamentò, ma il suo tono era alquanto tranquillo, come se non fosse davvero offeso.

«Beh, una cosa è certa... Quei due sono bravi.» concluse Kim, azionando finalmente la sua lavatrice.


Nonostante l'ora tarda ero rimasta sveglia, nel tentativo di correggere le ultime bozze che proprio non mi convincevano. È vero non pubblicavamo più da un po', ma l'istinto di scrivere questa storia al meglio era diventata quasi una vocazione, a maggior ragione adesso che sembrava avessimo dato vita ai nostri personaggi, o per lo meno li avevamo incontrati. Chuck si era addormentato, e sapevo perfettamente cosa voleva dire; solitamente le idee per le nostre storie ci venivano in sogno, come delle specie di visioni. Ovviamente non facevamo gli stessi sogni, anche se ogni tanto qualche scena corrispondeva. Principalmente lui sognava entrambi i punti di vista dei fratelli Winchester, mentre la mia mente era completamente dedicata a Kimberly. In poche parole se Kim non era coi fratelli io non sognavo ciò che sognava lui, viceversa lui non poteva sapere che accadeva a Kimberly se io prima non gli raccontavo i miei sogni.

Si svegliò di soprassalto e ci misi un po' a tranquillizzarlo. Aveva il respiro affannato e sembrava non riuscire ad esprimersi appieno, eppure due parole le compresi subito, o meglio due nomi: "Lilith e Sam".

Passammo tutta la notte a scrivere quel capitolo, io tentati anche di dormire, ma inspiegabilmente i miei sogni erano confusi, come se ci fosse una qualche interferenza che mi impedisse di capire cosa avrebbe fatto Kimberly in quel lasso di tempo. In ogni caso fu facile per me, adattare il personaggio alla situazione.

La mattina dopo avevamo un nuovo, terribile, capitolo da rivelare ai nostri tre protagonisti.

«Allora?» domandò Kimberly, quando ci ritrovammo tutti nel soggiorno del nostro appartamento.

«Era tutto più facile prima che foste reali...» sospirò Chuck  nervoso, continuando a torturare i fogli che teneva tra le mani.

«Avanti, sputa il rospo!» lo incitò Dean.

«Soprattutto a te non piacerà...» continuò a dire il mio collega e mai come in quel momento ero stata più d'accordo con lui.

«Peggio dell'Inferno?!»

«Sì tratta di Lilith... – sospirai io, visto che Chuck non riusciva a spiccicare parola – Sta venendo per Sam...» quelle mie parole ebbero l'effetto di una scossa elettrica per i nostri tre personaggi, i loro sguardi mutarono da nervosi a terrorizzati e Dean diede voce alla loro paura peggiore.

«Sta venendo per ucciderlo?»

«Quando?» aggiunse Sam.

«Stanotte...» rispose il mio coinquilino che sembrava aver ritrovato la voce.

«Volete dirci cosa farà o dobbiamo immaginarlo?» sbottò Kim nervosa.

«Avanti, leggilo.» mi rivolsi con tono perentorio a Chuck che non uno sbuffo si sedette sul divano e cominciò a enunciare la scena clou del nostro operato di quella notte; il momento in cui Lilith e Sam si sarebbero fatti travolgere da una malata e demoniaca passione.

Le reazioni furono prevedibili e disparate, Kimberly rimase atterrita e confusa, Sam prima rise credendo fosse una specie di scherzo, poi con molto scetticismo smentì un suo possibile coinvolgimento amoroso con Lilith, mentre Dean sbottò di rabbia, probabilmente perché si rendeva conto che se ciò che avevamo scritto si fosse avverato sarebbe accaduta una catastrofe.

Ci fecero parecchie domande: su come continuava la vicenda, su che aspetto avesse ora Lilith, su come funzionava il nostro fantomatico "processo creativo". Tutte domande a cui demmo una risposta, ma in ogni caso non bastavano per trovare una soluzione.

Dean volle la bozza di Chuck e poi decise di comune accordo con gli altri due che si sarebbero separati, per cercare soluzioni diverse; una cosa che a detta sua non avevamo previsto. Fu in quel momento che compresi il motivo per cui gli eventi di Kimberly mi apparivano sfocati e confusi, la mia protagonista non si trovava coi due fratelli Winchester, non nella gran parte della giornata che stava per avverarsi e, ogni tanto, questa separazione era vista nella mia versione come un momento transitorio di appena qualche riga o paragrafo. Insomma, dopo averci raccomandato di rimanere in casa e cercare di scrivere dell'altro, Dean e Sam presero l'Impala nel tentativo di allontanarsi dalla cittadina; mentre Kim salì in sella alla sua moto con l'intenzione di scoprire cosa si celava dietro ai nostri sogni premonitori. Nessuno di loro tre poteva sapere che noi avevamo già previsto tutto. Anche la chiamata di Sam nel primo pomeriggio che chiedeva a Chuck di raggiungerlo al Motel in cui lui è Dean avevano preso una camera; o la visita di Kim a casa nostra prima che lui rientrasse.

«Immagino tu non possa dire di essere sorpresa di vedermi.» mi disse, quando le aprii la porta. Diavolo, era esattamente come me l'ero immaginata nella mia testa, non solo fisicamente, ma anche come si comportava. Non sapevo ancora con certezza assoluta se io predicessi la sua vita o se lei fosse una mia specie di creazione, o meglio immaginavo fosse più plausibile la prima, ma in ogni caso era una sensazione a dir poco incredibile poter incontrare il proprio personaggio e finalmente avevamo un momento solo per noi.

In realtà durò davvero poco, perché non avevamo nemmeno fatto in tempo ad accomodarci nel disordinato soggiorno dell'appartamento che condividevo con Chuck e cominciare a cercare di capire come fosse possibile quell'incontro assurdo, che qualcuno entrò.

All'inizio credetti fosse Chuck che tornava, ma poi quando vidi il profilo del maggiore dei Winchester ricordai il manoscritto e il suo arrivo. Alla sua comparsa Kimberly sollevò gli occhi, come esasperata.

«Perderai il vizio di scassinare le porte?» lo rimproverò, ma lui le rivolse solo un sorriso ironico e di circostanza, per poi rivolgersi a me.

«Tu che sai di questa storia? Esiste un modo per evitare ciò che accadrà stasera?» mi chiese, ma io non avevo alcuna risposta per lui. Scossi la testa e cercai di spiegare il mio diniego.

«Non siamo riusciti a scrivere molto altro, ma in ogni caso io purtroppo non faccio i suoi stessi sogni, non sempre. Io descrivo i momenti di Kimberly, non quelli tuoi o di tuo fratello, a meno che voi non siate insieme.» risposi, ma la diretta interessata mi corresse.

«Non è vero... Ricordo che ieri mattina ho letto alcuni pezzi della tua collana e c'era una storia completamente incentrata su Dean e sul suo punto di vista.»

Confermai con la testa, ricordando quel particolare momento, rimbembrando anche quanto fossi stata confusa, ma allo stesso tempo entusiasta di poter scrivere qualcosa di così diverso dai miei standard.

«L'avventura del Jiin. Ma in quel caso eri sempre tu il fulcro dei miei sogni. Era il modo in cui Dean vedeva te, il modo in cui sognava una vita normale con te.» dissi, rendendomi conto di essere andata un po' troppo oltre. A quella mia affermazione infatti, i due diretti interessati si zittirono, in un forte imbarazzo. Fu Chuck a romperlo, rientrando a casa proprio in quel momento, carico di birra e bibite energetiche per continuare a scrivere anche di notte.

Quando ci vide lì, nel nostro soggiorno, a parlare come se nulla fosse, fece un sospiro e si rivolse a me.

«Li hai fatti entrare.»

«Sapevi che sarebbero venuti di nuovo a chiedere di ciò che scriviamo.» spiegai, con una certa tranquillità.

«Già...» rispose a mezza voce lui, scatenando una certa avversione in Dean, che alzò la voce.

«Tutto qui? – domandò, sporgendosi dalla poltrona su cui si era seduto non appena era arrivato – Ogni maledetta cosa che scrivete si avvera e tutto quello che hai da dire è "Già"?»

«Non urlare così per favore...» lo supplicò Chuck, evidentemente a disagio, poggiando le birra sul primo ripiano libero.

«Perché ho la costante sensazione... – continuò, alzandosi dalla poltrona – che voi due stiate continuando a nasconderci qualcosa.» il suo tono stava diventando minaccioso e nonostante i suoi occhi erano puntati sul mio collega, quel suo usare il plurale mise i brividi anche a me.

«Dean...» cercò di calmarlo Kimberly afferrandolo per la giacca, ma il ragazzo si liberò subito dalla sua presa con uno strattone e continuò ad avanzare verso Chuck.

«Cosa staremmo nascondendo...» chiese lui, evidentemente agitato.

«Come sapete quello che sapete, per esempio!» sbraitò lui a pochi centimetri dal suo viso.

«Dean – tentai di intervenire io, cercando mi mettermi tra i due – vi abbiamo detto tutto quello che sappiamo di questa faccenda.»

«Già, beh... Per me non è sufficiente...» fece lui, spostandomi con uno strattone e afferrando Chuck per il bavero della giacca, spingendolo contro lo stipite della porta del soggiorno.

«Dean!» tentò di richiamarlo con più convinzione Kim, ma lui sembrò ignorarla completamente.

«Dimmi come fai a saperlo!»

«Dean, lascialo stare!» questa volta non fu né la mia voce, né tanto meno quella del mio personaggio a parlare. Ci voltammo tutti e quattro, fissando lo sguardo sull'uomo con l'impermeabile che aveva appena parlato e che fece cadere il silenzio assoluto nella stanza.

Era impossibile per me non riconoscere quel volto e mi sentii quasi più entusiasta di quando vidi alla nostra soglia Kimberly, Dean e Sam. Lui era Castiel, l'angelo annunciatore della nascita della mia Kim, colui che l'aveva protetta. La cosa che disse dopo, mi lasciò ancora più esterrefatta.

«Loro due devono essere protetti.» aggiunse, con voce seria e profonda.

«Perché?» domandò Dean, nonostante la sua voce continuasse ad essere dure ed alterata, sembrava mantenere un certo controllo con l'angelo.

«Sono profeti del Signore.»

A quella rivelazione rimanemmo tutti scioccati, o meglio, qualche cosa i Chuck ed io avevamo sognato, ma avevamo di comune accordo deciso che definirci profeti nei nostri stessi libri sarebbe stato un tantino da egocentrici, perciò avevamo bellamente eclissato la cosa.

Ne uscì un discorso fuori da ogni logica, in cui intervenivano solamente Dean e ogni tanto un titubante Chuck, mentre Kim ed io rimanemmo ammutolite, forse entrambe troppo scosse. Castiel parlò addirittura di un Vangelo dei Winchester, tanto che Dean si preoccupò di specificare che Kimberly non era una Winchester e che era stato proprio lui a rivelarlo.

«Nemmeno nel Vangelo di Gesù si parla solamente di lui. A quanto pare anche Kimberly è un elemento fondamentale per le strade del Signore.» il tono di Castiel era calmo e serio, nonostante Dean lo stesse aggredendo vocalmente.

Anche quando gli fece notare che solo qualche mese prima aveva tentato di ucciderla o quando alla sua richiesta di risolvere o aggirare il problema Sam e Lilith, la risposta fu che ciò che era scritto non poteva essere cambiato.

Fu la stessa Kimberly ad intervenire, quando ormai era evidente che non c'era nessuna possibilità d'impedire ciò che Chuck ed io avevamo sognato; anche se, ad essere del tutto sinceri non ero stata io a vedere quelle strane effusioni tra Sam e Lilith.

«Dean, possiamo ancora trovare una soluzione.» disse, cercando di mantenere un tono calmo, mentre lo tirava per la giacca di pelle.

«E quale, eh? A quanto pare mio fratello farà sesso non con un demone qualsiasi, ma col peggiore di tutti, con colei mi ha spedito all'Inferno... Ed io non potrò fare nulla!» il nervosismo del ragazzo si stava riversando fuori dalla sua bocca in uno sfogo che sembrava non bastare.

«In ogni caso è inutile stare qui a rimuginarci.» insistette la mia Kim, forse non avrei più dovuto chiamarla così, dopo quello che avevamo scoperto allora, ma è tuttora più forte di me.

Nonostante fosse restio ad abbandonare casa nostra, alla fine Dean si convinse e, mentre Castiel spariva, loro varcarono la soglia, dirigendosi verso i loro veicoli e lasciando me e Chuck di nuovo soli.

«Ascolta, non ho un piano vero e proprio, ma forse se riesci a convincere Sam ad abbandonare il motel o ancora meglio la città...» propose Kimberly, quando furono davanti alla sua moto.

«Sì, forse sarebbe meglio. Abbiamo alloggiato al "Toreador", mentre il racconto di Chuck parlava di "Red Motel", ma è meglio essere ancora più prudenti. – il ragazzo si passò una mano sul viso evidentemente esasperato – La cosa che davvero non capisco è, perché Sam...» a quella constatazione Kim prese un grosso respiro, decisa a rivelare tutto al compagno. Solitamente evitava d'impicciarsi troppo nelle vicende personali dei due fratelli, ma era davvero il caso che Dean sapesse cosa stava accadendo a suo fratello minore.

«Ascolta Dean... La notte al cimitero di Alcova, quando tu sei rimasto svenuto per qualche minuto, Sam...»

«Sì lo so. – la interruppe lui – Avevo capito che i suoi poteri di esorcismo erano stranamente cresciuti.»

«Non è stato solo quello. Sono sicura che anche quando... quando siamo venuti a salvarti da Alaster sia stato Sam a ucciderlo.» continuò imperterrita.

«Come fai a dirlo?»

«Sono svenuta poco dopo di te, ma ricordo perfettamente Sam arrivare e attaccare coi suoi poteri psichici Alaster, Castiel era stato quasi espulso dal suo corpo, era troppo debole per poter fare qualcosa.» spiegò meglio lei.

«Cosa devo fare, quindi?» il volto del ragazzo mutò, sembrava stanco, distrutto, schiacciato dall'evidenza che qualcosa di oscuro stava minacciando suo fratello.

«Convincilo. Convinci Sam ad abbandonare la città. Io ti seguirò fino al motel e vi aspetterò fuori. Non appena saremo via da qui e dalla possibilità d'incontrare Lilith capiremo cosa fare.»

Fecero come aveva proposto Kim, si diressero al motel in cui i due fratelli Winchester avevano prenotato una camera e quando Kim si accorse dell'insegna mezza fulminata entrambi capirono che tutto si stava malauguratamente allineando. Le uniche lettere rimaste accese dell'insegna "Toreador" erano la "R", la "E" ed infine la "D".

Ancora più deludente fu il momento in cui, dopo vari minuti di attesa, Kimberly vide uscire solamente Dean dalla porta dell'appartamento e, senza rivolgerle nemmeno la parola era andato alla macchinetta delle lattine, inserendovi una moneta.

Non ritirò la lattina che aveva selezionato, ma rimase a fissare la macchinetta per qualche secondo, poi parlò e Kimberly capì subito che non si stava rivolgendo a lei. Stava chiedendo aiuto, Dean Winchester stava chiedendo aiuto a coloro che lui avrebbe definito "i piani alti".

La ragazza rimase in silenzio ad osservare, anche quando Castiel ascoltata la sua preghiera gli comparve alle spalle, persino quando mandò letteralmente a fanculo l'angelo alla sua ennesima negazione di aiuto. In quel momento Castiel sollevò lo sguardo su di lei, come se l'avesse notata solo in quel momento e anche Kimberly lo pregò, con un semplice sguardo.

«Dean...» disse allora Catiel a mezza voce, per poi chiamarlo nuovamente a voce più alta e farsi sentire dal giovane Winchester che si stava già allontanando da lì.

«Che c'è?» fece lui voltandosi, ma Castiel continuava a guardare Kimberly.

«Io voglio che voi capiate il perché, non posso interferire. I profeti sono speciali, sono protetti.» spiegò Castiel, il suo tono sembrava essersi addolcito, come se stesse facendo una lezione di religione, o stesse dando un consiglio.

«Sì, l'ho capito!» sbottò Dean e solo allora l'angelo si voltò anche verso di lui.

«Se qualcosa... minacciasse un profeta, qualunque cosa... Apparirebbe un arcangelo per annientare la minaccia. Gli arcangeli sono feroci. Sono potentissimi. Sono l'arma più terribile del paradiso.»

«Aspetta... – intervenne Kim – Stai dicendo che questi arcangeli sono legati ai profeti?»

«Sì.» rispose semplicemente l'angelo.

«Quindi se un profeta, fosse in una stanza assieme a un demone...» Kimberly espose la sua intuizione e Castiel le concluse la frase.

«...l'ira più terrificante del paradiso si abbatterebbe sul demone.»

La ragazza sorrise a Dean, sperando che avesse intuito il suggerimento dato loro dall'angelo.

«Grazie Castiel...» fece lui.

«Buona fortuna.» auguró prima di volare via.


Ciò che stavo scrivendo, il suggerimento di Castiel e l'intuizione di Kimberly, lei e Dean che salivano sull'Impala diretti a casa nostra, era qualcosa che sapevo solo io. L'avevo sognato solo la sera prima, ma non l'avevo detto a nessuno, nemmeno a Chuck. Per questo motivo quando arrivarono lui ne rimase stupito, ma io sapevo perfettamente cosa dovevo fare, mi offrii volontaria per andare con loro al motel, non sapevo perfettamente cosa sarebbe successo, non potevo prevedere il mio futuro, ma avevo fiducia in loro e poi il pensiero di avere un'arcangelo che mi proteggeva mi faceva sentire speciale. Decisi che se fossi sopravvissuta e tornata casa, avrei raccontato tutto a Chuck.

Nel tragitto di ritorno rimanemmo in assoluto silenzio, troppo tesi e nervosi per riuscire a dire anche una singola parola. Solamente Kimberly, mentre chiudevamo gli sportelli dell'Impala appena parcheggiata, mi fece un veloce ringraziamento per essermi subito offerta a quella cosa, due parole che mi fecero tirare un sorriso d'incoraggiamento, nonostante fossi maledettamente in ansia. Da quel momento in poi non avevo la più pallida idea di che cosa sarebbe successo e il terrore di morire in quel momento mi attanagliava le viscere. In fin dei conti bastava un profeta e Chuck era rimasto a casa.

Irrompemmo nella camera d'hotel, appena in tempo. Sam stava combattendo contro Lilith, o meglio lei lo stava sovrastando sul letto, con il coltello anti-demoni in mano; probabilmente lui aveva tentato di usarlo per ucciderla.

Dean mi spinse quasi brutalmente al centro della stanza, chiudendo la porta alle spalle.

«Io... Io sono Claire Parks e sono un profeta...» dissi, indietreggiando leggermente, quando l'attraente bionda che stava possedendo Lilith si alzò dal letto e venne verso di me, col coltello ancora in mano.

In quell'esatto momento la stanza cominciò a tremare talmente violentemente, da far cadere i quadri dalle pareti.

«Ti conviene andartene... – intervenne allora Kimberly – La mia amica qui ha un'arcangelo sulla spalla...»

La stanza cominciò anche ad illuminarsi, nonostante fuori fosse già notte, era come se una fortissima ed intensissima luce al neon si stesse diffondendo dalla finestre, dando un'aria bianca e quasi paradisiaca a quella bettola.

«Hai dieci secondi prima che la stanza si riempia di ira divina!» continuò la minaccia Dean, mentre il tremore si faceva sempre più forte, come un terrificante terremoto.

«Te la senti di rischiare, brutta stronza?» il tono ironico di Kim, mi fece sorridere, quella era la mia ragazza, me l'ero sempre immaginata così; sensibile e maldestra quando si trattava di sentimenti, ma una vera dura nel momento della caccia.

Lilith cedette alle minacce. In un momento di esitazione, la bionda aprì la bocca e la nube nera del demone uscì dalla finestra, facendo svenire la povera posseduta, il tutto mentre l'ambiente attorno si quietava.


Non starò qui a riportarvi i soliti convenevoli. I tre cacciatori mi riportarono a casa, dopodiché decisero di proseguire per un po' assieme, visto che Kimberly aveva lasciato in manutenzione la sua moto.

Non starò nemmeno a dirvi cosa sognammo io e Chuck quella notte e perché Zaccaria ci venne a fare visita impedendoci di avvisare i nostri ragazzi. Perché? Ma è ovvio, no? Perché sarebbe spoiler.

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