Senza uscita
Stagione 2 - Episodio 6
Fu il giorno dopo però, quando Dean e Sam decidettero di ripartire, che le cose al Roadhouse si fecero leggermente ingestibili. Essendo mattina il locale ovviamente era ancora vuoto e, mentre i due fratelli stavano caricando l'auto; Kim, che aveva deciso di rimanere lì per un po', stava facendo colazione in un tavolo, nel tentativo di farsi piccola e invisibile, mentre madre e figlia litigavano.
«Almeno una volta nella vita, cerca di essere ragionevole!» urlò Jo.
«Sono tua madre, non devo essere ragionevole!»
«Non puoi trattenermi qui!»
«Non ci scommetterei se fossi in te!»
«Che cosa vuoi fare? Incatenarmi in cantina? Perché Kim può fare quel che vuole e io no?»
La ragazza incassò la testa tra le spalle, voleva davvero poter sparire; il tutto mentre Dean e Sam stavano rientrando nel locale, probabilmente attirati dalle grida.
«Lei non è mia figlia! Hai avuto idee peggiori di questa! Se non vuoi restare, non restare! E torna all'Università!» le rispose a tono la madre, mentre cominciava a sistemare le sedie.
«Non fa per me! Ero quella strana con la collezione di coltelli!»
«Meglio farti ammazzare in una stradina secondaria? È questo che fa per te?»
Le due finalmente si accorsero che gli altri tre le stavano guardando e si zittirono.
«Ragazzi, è il momento sbagliato.» fece Ellen.
«Non ti preoccupare.» ribatté subito Sam.
«Aspettate. – esordì allora Jo, andando verso di loro – Voglio sapere che ne pensano loro.» disse, e Kim quasi tirò un sospiro di sollievo nel rassicurarsi che non avrebbe dovuto litigare con una o con l'altra. In quell'esatto momento, però, entrarono dei clienti: una coppia di turisti con due figli piccoli in braccio.
«Scusate siete aperti?» domandò l'uomo, facendo voltare tutti.
Madre e figlia risposero in contemporanea con due risposte diverse; Ellen non voleva deludere i clienti perciò aveva detto di sì, ma Jo, non volendo intromissioni aveva risposto di no. I due, imbarazzati dalla situazione, dissero che non importava e che avrebbero cercato un'altro locale, dopodiché uscirono dalla porta. Di nuovo però qualcosa non volle far continuare quella conversazione, perché il telefono fisso cominciò a trillare insistentemente ed Ellen dovette andare a rispondere.
Jo allora si rivolse a Dean e Sam, chiedendo il loro parere senza l'intralcio della madre. Presa dalla curiosità, Kim tese le orecchie nel tentativo di sentire anche lei la conversazione.
«Tre settimane fa una ragazza è scomparsa da un'appartamento. A Philadelphia. – cominciò, porgendo loro un plico di fogli che lei riconobbe subito, era da parecchio tempo che Jo investigava su quel caso, una volta l'aveva anche aiutata – Prendilo non morde.» insistette, visto che Dean sembrava non muoversi.
«No, ma tua madre sì.» rispose lui, facendo scappare a Kim una mezza risata che attirò per un attimo l'attenzione di tutti e tre.
Il ragazzo emise un sospiro e afferrò l'insieme di carte che racchiudevano la sua ricerca.
«E non è stata la prima. – continuò a raccontare la biondina – Negli ultimi ottant'anni sono scomparse sei donne. Tutte dallo stesso edificio, tutte giovani e bionde. Ogni dieci o vent'anni. È impossibile individuare uno schema. O abbiamo a che fare con un serial killer molto vecchio, oppure...»
«E questo chi l'ha fatto? – chiese Dean che stava sfogliando la documentazione – Ash?»
«No, l'ho fatto io.» disse lei, quasi offesa.
«Devo ammetterlo... – intervenne Sam, che fino a quel momento era rimasto zitto – Noi ci muoviamo per molto meno.»
«Bene! – fece Ellen, che aveva finito la chiamata – Vi piace questo caso? È vostro.»
«Mamma!» protestò di nuovo Jo e Kim fu sicura che era pronta a ripartire alla carica.
«Johannabett, la nostra famiglia ha già perso abbastanza. – disse allora la madre e il suo tono non era più arrabbiato ma severo – Non voglio perdere anche te. Non te ne andrai.» aggiunse.
Per qualche minuto regnò il silenzio e l'assoluto imbarazzo. Kimberly che aveva finito la colazione era indecisa se alzarsi e tornare nella sua camera, onde evitare di essere coinvolta, ma questa volta Dean e Sam non sembravano avere l'intenzione di proporle di andare con loro, forse troppo saturi dalla permanenza col sesso opposto.
Erano usciti ormai da più di un'ora, quando Jo si avvicinò a lei, mentre Ellen cominciava a servire i primi avventori.
«Kim, ho bisogno di un favore.» disse a bassa voce.
«Perché ho paura?» commentò lei, che stava giocando alla macchinetta dello spara-tutto, nel tentativo di riguadagnare il suo record.
«Devi coprirmi con mia madre.» aggiunse la bionda, non calcolando nemmeno ciò che aveva detto. A quelle parole nella sua testa sembrò attivarsi un sensore d'allarme, con tanto di sirena.
«Lo sai che nel momento in cui se ne accorgerà, e fidati se ne accorgerà, farà la pelle a entrambe?» fece, mancando un bersaglio e perdendo la partita, ad ancora un centinaio di punti sotto quelli dell'amica.
«Ti prego. Sono stufa di stare rinchiusa qui dentro. In fin dei conti tu le hai avute le tue avventure no? Non posso divertirmi un po' anche io?» la supplicò lei.
«Se lo chiami divertimento, allora forse ha ragione tua madre: dovresti rimanere qui.» disse e questa volta credeva davvero a ciò che aveva detto; in fondo non era la prima volta che notava la differenza che c'era tra lei e l'amica, non solo di esperienza, ma anche di approccio con quel lavoro.
«Andiamo, ti prego.» insistette lei.
«E va bene... – sospirò – Ma promettimi che troverai Dean e Sam e rimarrai tutto il tempo con loro.»
«Te lo prometto. Sei la migliore.» disse con un sorriso a trentadue denti, stampandole poi un bacio sulla guancia. Dopodiché la vide allontanarsi in modo furtivo e uscire dalla porta sul retro, mentre sua madre era concentrata da un'altra parte del locale.
Nonostante la promessa, non fu assolutamente facile per Kim coprire l'assenza dell'amica. Dopo nemmeno tre ore Ellen venne a cercarla.
«Kimberly! – non aveva mai usato il suo nome completo, e questo le fece capire che era parecchio nervosa – Dov'è Jo?»
«Era arrabbiata e così è andata a farsi un giro ai casinò di Las Vegas.» la fortuna di essere una cacciatrice era che ormai era parecchio brava con le bugie e quella scusa se l'era studiata non appena aveva visto l'amica uscire dal locale.
«La verità Kim.» disse seria la donna.
«È la verità.» rispose prontamente lei, ma Ellen sembrò non crederle, perché dopo averle lanciato uno sguardo furente, andò al telefono del locale e compose un numero; mentre lei si avvicinò lentamente al bancone, nel tentativo di sentire chi aveva chiamato e soprattutto se era il caso di filarsela.
«Jo è con voi? Ha detto a Kim che andava a Las Vegas, ma non ci credo. – era chiaro che avesse chiamato Sam o Dean e la lunga pausa che ne venne dopo la mise in ansia – Sei sicuro? Beh, per favore, se si fa viva riportamela subito qui.»
Prima che potesse staccare la chiamata, Kim si dileguò andando a servire alcuni tavoli.
Passò un giorno e dei tre ragazzi nessuna notizia, Ellen sembrava particolarmente irritata e scaricava tutta la sua frustrazione su Kim che subiva in silenzio. Non era tipa da farsi mettere i piedi in testa, ma sapeva bene cosa poteva fare una madre arrabbiata e preoccupata per la sua unica figlia. Sua madre era uguale e anche loro avevano avuto una litigata molto simile, anni prima, quando aveva deciso di diventare una cacciatrice e seguire John; con l'unica differenza che lei aveva molta più esperienza di Jo, che invece non era mai stata sul campo.
A metà di quella seconda mattinata però, le squillò il cellulare e riconobbe il numero dell'amica.
«Ancora niente?» domandò, come a volerle chiedere quando sarebbero tornati.
«No, ma ho bisogno di un'informazione da Ash.» rispose Jo, dall'altro capo del telefono.
«E perché chiami me?» fece lei, abbassando leggermente la voce quando Ellen si fermò a dei tavoli poco più in là rispetto a dove si trovava.
«Perché se glielo chiedi tu non c'è rischio che faccia la spia.»
«Faccia la spia. Ma ti senti? Parli come una sedicenne.» sbuffò.
«Mi aiuterai o no?»
«Va bene, parla.»
Jo le chiese che aveva bisogno di informazioni riguardanti una prigione che una volta era costruita affianco al palazzo in cui si trovavano in quel momento.
«Va bene. Appena so qualcosa ti richiamo, ma voi vedete di muovervi.» rispose lei, poi chiuse la chiamata senza attendere nemmeno che l'amica rispondesse. Prese una bottiglia di birra dal bancone e, dopo averla stappata e aver lasciato due dollari vicino alla cassa, si diresse verso camera del ragazzo.
«Ash! – disse bussando – Ash, sono io, aprimi... E vedi di farlo vestito.» aggiunse, conoscendo le abitudini libertine del ragazzo. Si sentì un fracasso assurdo, come se qualcuno fosse caduto su qualcosa, dopodiché aprì la porta.
«Cosa c'è?» domandò.
«Ho bisogno di informazioni.» fece lei, porgendogli la bottiglia.
Ash ci mise praticamente niente a trovare tutto ciò che sarebbe potuto servire a Jo e quando lei fu soddisfatta delle informazioni, chiamò l'amica dicendole che gliel'avrebbe mandate per mail di lì a qualche minuto.
«Grazie sei...»
«Sì, sono la migliore... Ma vedi di tornare, oppure la migliore finisce mangiata dalla mamma cattiva.» fece lei.
«Non succederà, ho fiducia in te.» rispose l'amica.
«Ah... ehm... Jo.» la chiamò, prima di salutarla, come se all'improvviso si fosse ricordata qualcosa.
«Sì?»
«Vedi di non flirtare troppo con Dean.» disse con tono ironico.
«Che c'è? Non sarai mica gelosa.» la provocò lei e, per qualche strano motivo, percepì una scarica che le percorse tutto il corpo.
«Ma figurati.» sbottò lei, per poi chiudere la chiamata, pregando di non essere diventata rossa come un peperone.
Mandò subito la mail con i dati all'amica, ma il pensiero che qualcuno da fuori potesse pensare che lei provasse davvero qualcosa per Dean la mise a disagio per parecchio tempo. Possibile che i suoi sentimenti fossero così profondi da essere evidenti? Come avrebbe fatto nel momento un cui non avrebbe potuto più negare la realtà che le attanagliava la gola, lo stomaco e il cuore?
Passarono un'altro paio d'ore ed Ellen tornò alla carica. Ash aveva cantato, o per lo meno la donna si era accorta che lei era andata a chiedergli qualcosa e nel momento un cui ebbe un attimo libero dal servire i clienti era andata a metterlo sotto torchio, per chiedergli che informazioni le avesse dato.
«Mi hai mentito Kim!» gridò, facendo voltare alcuni avventori lì vicino.
«Su cosa?» domandò lei, cercando di essere il più vaga possibile.
«Jo non è a Las Vegas vero? È a Philadelphia con Dean e Sam per quello stupido caso.»
«No, io...»
«Basta con le stronzate, Kim! Ash mi ha detto che gli hai chiesto informazioni su un carcere a Philadelphia.» la minacciò la donna, alzando il dito.
«Sì, ma... Sono stati Dean e Sam a chiamarmi non Jo.» cercò ancora di difendersi lei, ma ormai sapeva che sarebbe stato impossibile convincerla.
«Voglio la verità Kim. Jo è lì o no.» il volto di Ellen era mutato, ora la sua espressione mostrava solamente dolore e apprensione materna, qualcosa a cui lei non poteva assolutamente resistere.
«Sì...» disse con un sospiro e la donna si allontanò da lei, senza più degnarla di qualsivoglia attenzione, dirigendosi verso il telefono.
Kim si buttò su una sedia, passandosi una mano sul viso. Come le era saltato in mente di assecondare Jo in quella follia. Come aveva potuto accettare che si mettesse in pericolo da sola. L'unica cosa che sperava in quel momento era che Dean e Sam avrebbero saputo proteggerla da qualsiasi mostro avrebbero incontrato in quella maledetta caccia. Altrimenti sarebbe stata lei a scuoiare vivi quei due. Improvvisamente fu riscossa dai suoi pensieri, o meglio la voce di Ellen lo fece.
«Ti ho chiesto dov'è! – urlò e il terrore prese Kim alla gola – La riporterete? La riporterete da dove?»
«Dov'è?» chiese allora lei, alzandosi di colpo e avvicinandosi alla donna, ma questa non la degnò di una parola, fu solo capace di sussurrare qualcosa che lei non comprese con il caos che c'era a quell'ora nel locale.
«Me lo prometti... Non è la prima volta che lo sento dire da un Winchester. Se succede qualcosa a mia figlia... Prendo il primo volo, sarò lì fra poche ore.» concluse la donna, chiudendo la chiamata.
«Ellen vuoi che vengo con te?» si propose subito lei, ma se ne pentì immediatamente, vedendo lo sguardo di fuoco della donna.
«Hai già fatto abbastanza danni. Resta qui e bada al locale. Non voglio perdere clienti per il gioco di due ragazzine incoscienti.» le ordinò e lei non provò nemmeno a controbattere, promettendo che ci avrebbe pensato lei.
Quella sera, dopo che anche l'ultimo cliente se ne fu andato, Kim pulì tutti i tavoli e le stoviglie, risistemò gli alcolici, fece un dettagliato resoconto dei guadagni. Insomma trovò da fare per quasi tutta la notte, non volendo assolutamente andare in camera sua. Era troppo preoccupata per farlo e quella preoccupazione le attanagliava le viscere. Aveva già perso John, non poteva perdere un'altra persona cara, se fosse successo avrebbe rischiato di impazzire.
Quando non ebbe più nulla da fare si sedette a un tavolo, con una birra in mano, e attese. Attese a lungo; talmente a lungo che la stanchezza prese il sopravvento e lei si addormentò sul tavolo.
Solo quando, praticamente all'alba, sentì la porta del locale aprirsi, socchiuse gli occhi e cercò di mettere a fuoco le quattro persone che erano appena entrate nel locale. Nella nebbia dei suoi occhi appannati vide Ellen tenere qualcuno per il braccio e trascinarlo all'interno del locale con furia. Quando finalmente riuscì a vedere chiaramente si alzò di colpo dal tavolo e corse verso di loro.
«Jo! – esclamò, arrivando dall'amica e stringendola in un'abbraccio – Ti prego non chiedermi mai più una cosa simile.» le sussurrò poi.
«Ellen, – esordì Dean, attirando l'attenzione di tutti – è stata colpa mia.»
«No, non è vero. – ribatté lei, lasciando andare la biondina – Sono stata io a coprirla. Io sapevo fin dall'inizio che sarebbe venuta da voi e non gliel'ho impedito.»
«Sì beh... Ti abbiamo mentito tutti – aggiunse ancora il maggiore dei Winchester – ma Jo se l'è cavata benissimo. Suo padre sarebbe orgoglioso di lei.» Kimberly serro la mascella, sicura della bufera che quel commento di Dean avrebbe scatenato.
«Non ti permettere di nominare suo padre. Specialmente tu. – fece la donna con tono duro – Voglio parlare con mia figlia. Da sola.» aggiunse guardando tutti e tre.
Nell'assoluto silenzio lei e i fratelli uscirono dal locale.
«Non avresti dovuto dirle una cosa simile.» sussurrò Kim, non appena fu sicura di essere fuori dalla portata dell'interno del Roadhouse.
«Non capisco.» fece Sam confuso.
«Io... Non so tutta la storia, a quel tempo andavo ancora a scuola ma... William, il padre di Jo, ha sempre lavorato da solo. Un giorno John gli chiese di fare da esca e... beh, non è riuscito a salvarlo.» spiegò.
«Merda.» fece Dean a mezza voce, passandosi una mano sulla faccia.
Poco dopo Jo uscì furiosa dal locale, lanciando un'occhiata disperata ai tre e allontanandosi verso il campo lì a fianco. Kim si avvicinò a lei, mettendole una mano sulla spalla.
«Jo, tutto ok?»
«Come può essere tutto ok? Finalmente ho capito. Ecco perché John non è mai tornato qui e non vi ha mai parlato di noi – fece, rivolgendo uno sguardo a Dean e Sam che si erano avvicinati, nonostante fossero rimasti a debita distanza – Perché non poteva più guardare mia madre negli occhi.»
«Jo, noi...» tentò di dire il ragazzo.
«No Dean... Per favore vattene. – gli chiese lei, con un tono deluso – Andatevene tutti.» aggiunse, per poi allontanarsi.
Quella stessa mattina i tre ragazzi partirono, prendendo strade diverse.
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