Quando si rompe la diga
Stagione 4 - Episodio 21
Questo capitolo avrà un pezzettino dell'episodio precedente.
Non era tornata da molto a lavorare da sola, erano passate appena un paio di settimane, ma doveva ammettere che si era data da fare. Quelle ultime avventure con i ragazzi l'avevano risvegliata, soprattutto lo scoprire dell'esistenza di Adam. Che lei fosse stata figlia o no di un angelo, per più di vent'anni aveva creduto di essere stata uno sbaglio, l'unico momento di debolezza di John Winchester, ma dopo aver scoperto di Adam aveva capito che non era così. Inoltre il pensiero che John avesse scelto lei, forse anche sotto effetto delle sue insistenze, e non uno come l'altro suo figlio illegittimo, per l'addestramento da cacciatore, la rendeva particolarmente orgogliosa.
Quella sera si stava rilassando in un hotel un po' più ricco del solito, in una meritata pausa dal lavoro, quando ricevette una telefonata di Dean. Fu una conversazione alquanto bizzarra e allo stesso tempo preoccupante. Il ragazzo le raccontò la loro ultima avventura, parlando del fatto che Castiel aveva rischiato di essere cacciato dal cielo per la disobbedienza e che dopo essere ritornato in possesso del corpo con cui l'avevano conosciuto, un certo Jimmy, aveva detto che non avrebbe più fatto lo stesso errore e che lui faceva il volere di Dio e non quello dell'uomo. Ma ciò che la lasciò più preoccupata fu quello che Dean raccontò del fratello. L'aveva visto, letteralmente, succhiare il sangue di un demone, come fosse un vampiro e cibarsene in modo vorace prima di ucciderlo.
«Quindi è così che riesce ad aumentare i suoi poteri demoniaci, bevendo sangue di demone...» fu il commento della ragazza, dopo quella lunga spiegazione.
«Esatto, e scommetto che sotto c'è lo zampino di quella stronza della tua amica.» la risposta di Dean fu parecchio tagliente, ma non turbò affatto Kim. Era vero, Ruby era stata sua amica e anche negli ultimi tempi, più di una volta l'aveva aiutata; ma lei non aveva mai scordato la sua natura. Era un demone e dei demoni non ci si può mai fidare, nemmeno al trenta per cento, l'aveva esorcizzata già una volta, era stato il suo primo esorcismo, e l'avrebbe rifatto se fosse stato necessario.
«Come pensi di fermarlo?» gli chiese, ignorando completamente la frecciata e preoccupandosi solamente di Sam.
«La stanza anti-panico di Bobby.» fu la risposta immediata di Dean.
«Bene, – disse alzandosi dal letto, conscia che se avesse voluto essere alla rimessa in tempo sarebbe dovuta partire immediatamente – allora ci vediamo lì?»
«Solo una cosa. Quando sei a metà strada chiama, in modo che Sam non s'insospettisca. Inventati una scusa quello che vuoi, che Bobby ha chiamato anche te perché ha scoperto qualcosa sull'apocalisse o che tu hai sognato un nuovo sigillo.»
«Ok ok, ci penserò. Ci vediamo tra un paio d'ore.» rispose lei, poi chiuse la chiamata.
Il piano funzionò perfettamente, si ritrovarono tutti e quattro alla rimessa di Bobby e Sam non sospettò di nulla fino a quando non lo chiusero dentro la stanza rivestita di ferro e sale.
«Come pensate che stia?» fu il commento di Kim dopo un paio d'ore. Se ne stava seduta sul divano di casa di Bobby, a fissare il muro, sembrava quasi fosse stata lei quella messa in gabbia.
«Non lo so, ma non credo basteranno due ore perché migliori... Tu non l'hai visto Kim, lui era...» il ragazzo, seduto di fianco a lei, sembrava non riuscire nemmeno a trovare le parole. Lei gli strinse la spalla, un gesto di conforto che lui accetto ben volentieri, sollevando la sua e stringendogliela a sua volta.
Kimberly ebbe appena il tempo di sentire il suo tocco ruvido, che Dean si alzò dirigendosi verso il seminterrato.
«Dove vai?!» gli urlò dietro Bobby.
«Tranquillo, non lo libero! – fu la risposta del Winchester, mentre lei si alzava e lo seguiva – Fossi matto...» lo sentì sussurrare, mentre scendeva le scale.
Aprì la postierla della pesante porta di ferro, in modo che potesse vedere il fratello, Kimberly sempre dietro di lui, a un metro di distanza; lo sguardo serio e il volto teso.
«Avanti... Fammi uscire, non è divertente...» cominciò subito Sam dall'interno.
«Sì come no.» fu la risposta dura del fratello maggiore.
«Dean, adiamo. È da pazzi!»
«No. Devi purificarti.» era già successo che Kimberly vedesse Dean così serio, ma mai come in quel momento comprendeva il suo astio e il suo dolore insieme; nemmeno quando aveva creduto fossero fratello e sorella aveva percepito quella sua pragmatica freddezza.
«Senti... Mi dispiace non avrei dovuto mentirti... – cercò di giustificarsi Sam – Ma adesso apri la porta.»
«Non devi scusarti. Non è colpa tua, se mi hai mentito molte volte, moltissime volte. Non potevi fare altro lo capisco.»
«Non sono un criminale!» protestò ancora Sam.
«Sì... Non mi sono accorto di quanto fossi nervoso negli ultimi tempi...» quell'ultima frase di Dean provocò una mezza risata ironica nel fratello.
«Stai davvero cercando di trasformare questo in una ridicola terapia antidroga?» Kim non poteva vederlo, nonostante lo sentisse distintamente, mentre passeggiava nervoso nella stanza, quasi riusciva a immaginarlo.
«Certo mi pare ovvio...»
«Dean! Io non bevo sangue di demone per divertimento, ora sono abbastanza forte per uccidere Lilith!» a quelle parole Kimberly percepì un brivido lungo la schiena; perciò era quello il suo piano, uccidere la regina indiscussa dei demoni con i suoi stessi poteri.
«Forte?» la domanda di Dean non era né ironica, né dubbiosa, sembrava piuttosto un disperato tentativo di far aprire gli occhi al fratello.
«Sì!»
«Tu non sai neanche che vuol dire essere forte. Prova debole o disperato o patetico!» Kim avrebbe voluto avvicinarsi a Dean, afferrargli la mano che aveva appena stretto a pugno per evitare che tremasse ulteriormente, ma rimase dov'era; sapeva che se Sam avesse visto anche lei avrebbe pensato male del fratello, ancora di più di quanto già stava facendo.
«Uccidere Lilith... è quello che conta per me. – fu la sua risposta – O sei così occupato a comportarti bene che ti sei dimenticato di lei?» era una provocazione e nonostante questo Dean rispose a tono.
«Oh, Lilith morirà... Kim ed io la uccideremo – disse, allungando lui il braccio verso di lei e riaprendo la mano – ma non con te.»
«Stai scherzando?» domandò Sam, quando comparve nel suo campo visivo, dall'altra parte della porta.
«Complimenti Sammy, ti sei comprato un posto al coperto per lo spettacolo dell'apocalisse.» disse per poi chiudere la postierla, sotto nuove proteste di Sam.
Dean tornò su, senza lasciarle la mano, sentiva i suoi muscoli tesi, mentre entrambi udivano le suppliche, ormai furiose più che disperate dell'altro Winchester.
In una sola mezz'ora le urla di protesta di Sam si trasformarono in urla di dolore o terrore; gli altri tre al piano superiore fecero una fatica immensa ad ignorarle. Kimberly si stava contorcendo le dita con fare nervoso, nel tentativo di trattenere le mani che avrebbero voluto schizzare verso le orecchie per non sentire più nulla. Non riuscì nemmeno a rispondere con la voce quando Bobby le chiese se voleva anche lei da bere, negò solo col capo e l'uomo versò in due soli bicchieri invece che tre, porgendone uno a Dean.
«Quanto durerà tutto questo?» chiese con un sospiro Dean , dopo aver buttato giù tutto il liquore in un solo sorso.
«Guardo sul manuale di disintossicazione da demoni... Oh aspetta, non è ancora stato scritto. – nonostante la battuta, Bobby non era stato affatto ironico nel pronunciare quelle parole, anche il suo tono era grave e preoccupato – Non so dirti quanto tempo ci vorrà e nemmeno se poi Sam ne uscirà vivo.»
In quel momento il telefono di casa cominciò a squillare, o almeno fu quello che sentì Kim, che alzò lo sguardo vedendo però che gli altri due non sembravano affatto intenzionati ad alzare la cornetta.
«Bobby non rispondi?» gli chiese e lui la guardò stranito.
«Rispondere a cosa?»
«A Rufus...» disse indicando il telefono, non sapeva nemmeno come conosceva quel nome, semplicemente le era balenato nella mente, come un flash.
Solo in quel momento il telefono squillò veramente e sotto gli sguardi perplessi dei due uomini, Bobby alzò la cornetta.
«Sono occupato, è meglio per te che sia importante... – fu l'immediata risposta di Bobby, ma poi si zittì, sgranando gli occhi – D'accordo, mandami tutto per fax.»
Nella stanza calò nuovamente il silenzio, Sam sembrava aver smesso di urlare e l'unico rumore era quello del fax che riportava una serie di fogli.
«Le notizie non sono affatto buone...» fu il commento dell'uomo, mentre passava i fogli a Dean, che cominciò a leggere.
«Per questo Rufus ha chiamato? A Key West estinte dieci specie animali?»
«Sì, – confermò l'uomo – poi in Alaska...»
«...quindici pescatori sono diventati cechi. – completò la frase Kimberly, nonostante non avesse letto nemmeno uno di quei fogli. Pian piano cominciava a ricordare qualche sogno – A New York un professore impazzito, chiude le porte e uccide sessantasei studenti.»
«Sigilli...» fu l'unica parola che uscì dalla bocca di Dean.
«Purtroppo ho paura di sì. – confermò Bobby – Li ho studiati tutti e ultimamente si stanno spezzando sempre più velocemente.»
«Quanti ne saranno rimasti?» domandò il ragazzo, rivolto a Kim.
«Non me lo chiedere, non lo so. Sai che non comprendo come funzionano quei sogni.» fu la sua risposta.
«Non molti credo. – aggiunse Bobby – I vostri amici angeli dove sono?»
«Lo sapessimo.» fu l'unico commento di Dean.
«Stavo pensando... – continuò l'uomo – Con l'apocalisse ormai alle porte, sarebbe il momento giusto per... affrontare il nostro piccolo dramma familiare.»
«Che vuoi dire?» fu Kim a fare quella domanda, non capendo più a cosa si stesse riferendo, ma quando ricevette la risposta, quasi preferì non aver capito.
«Certo, non mi fa piacere dirlo, ma... Sam può uccidere i demoni.»
«Stai scherzando vero?!» la voce della ragazza assunse un suono acuto.
«Ha la capacità di fermare l'Armageddon.»
«Che facciamo? – lo interruppe Dean, la sua voce al contrario era bassa, quel classico tono che assumeva quando stava per esplodere – Sacrifichiamo la vita di Sam, la sua anima, per un fine più grande?»
«Lo so che mi odi per quello che ho detto. Io mi odio per quello che ho detto. – Bobby, sembrò volersi scusare in qualche modo – Amo quel ragazzo come un figlio. Dico solo, che forse lui è qui adesso, invece che sul campo di battaglia, proprio perché lo amiamo troppo...»
«Dean. Posso parlarti?» la voce di Kimberly era tornata calma e fredda, mentre afferrava la camicia del ragazzo che la seguì in silenzio verso la cucina, lasciando Bobby da solo.
«Che c'è?» domandò lui, quando furono soli.
«Non dirmi che ci stai seriamente pensando.» fu il suo primo commento.
«Per chi diavolo mi hai preso?»
«Dean, è inutile che ci rigiriamo intorno. Ero in un letto di ospedale, ma ero abbastanza lucida da capire perfettamente quello che ti diceva Castiel. Siamo noi due. Noi due metteremo fine all'Apocalisse, non Sam.» disse con tono risoluto.
«Credi che non lo sappia? Eppure tu non sai come fare esattamente come me. Sai Castiel non ci ha certo lasciato un libretto d'istruzioni su come farlo.» sbottò lui.
«Forse ci basta chiederlo. So che non vuoi... Ho paura anche io, ma io credo che se restiamo uniti se riusciamo a capire cosa sta accadendo a Sam, ai sigilli, agli angeli, forse capiremo anche come fermare tutto questo.»
Dean scosse solo la testa, in un gesto di rassegnazione e di dubbio, dopodiché si diresse fuori dalla casa, nel tentativo di prendere una boccata d'aria e schiarirsi le idee. Kim lo seguì, rimanendo a debita distanza per lasciarlo vagare nella rimessa, coi suoi pensieri. Fino a quando lo sbattere di un paio di ali non attirò l'attenzione di entrambi.
«Finalmente!» fu il commento di Dean, non appena l'angelo si palesò a loro.
«Che cosa volete?» fu la semplice risposta che ricevette.
«Comincia a dirmi cos'è successo nell'Illinois?» continuò il ragazzo, ignorando il fatto che Castiel si era rivolto ad entrambi; ma non ricevette nessuna risposta soddisfacente. Kimberly rimase per parecchio tempo in silenzio, ad osservarli battibeccare. Dean continuava a cercare di capire se ciò che voleva dirgli Castiel a suo tempo riguardasse l'Apocalisse, mentre l'angelo dal canto suo, insisteva col dire che non poteva dirgli nulla.
«Veniamo alla vera ragione per cui mi avete chiamato...» fece Castiel, interrompendo quella discussione che sembrava non interessargli affatto.
«Io non ti ho chiamato affatto in realtà...» Dean s'interruppe, l'angelo stava guardando Kim e il suo volto scattò verso di lei che aveva un evidente sguardo colpevole in volto; forse aveva lanciato un paio di preghiere a chiunque l'ascoltasse, mentre cercavano una soluzione.
«...È per Sam, vero?» le chiese Catiel.
«Può farlo? – fu Dean a fare quella fatidica domanda, quella stessa domanda che si era insinuata nelle loro menti dopo che Bobby l'aveva proposta – Uccidere Lilith, fermare l'apocalisse.»
«È possibile sì... Ma, dovrebbe fare determinati passi.»
«Una bella dieta di sangue demoniaco...» fu il commento, ormai davvero poco ironico, di Dean.
«Ma se assumesse il sangue necessario per sconfiggere Lilith, Sam non potrebbe...?» Kimberly non dovette nemmeno finire la domanda che ebbe subito la sua risposta.
«Sì, lo cambierebbe per sempre. Con molta probabilità diventerebbe la prossima creatura che dovreste uccidere.»
Il silenzio cadde per un minuto buono tra di loro, assieme alla consapevolezza che non potevano fare questo a Sam. L'avrebbero condannato a morte, ma Castiel fece quello che gli angeli sanno fare meglio, diede loro speranza. Se per speranza si possa intendere una soluzione alternativa che loro conoscevano bene, ma che non erano sicuri avrebbe funzionato.
«Ma non c'è ragione per cui questo debba accadere... Secondo noi, siete voi, non Sam. La sola questione per noi è se siete disposti ad accettarlo. – il suo tono calmo e rassicurante si fece improvvisamente più serio e si rivolse solamente a Dean, sapendo che era lui quello restio tra i due – Fatti avanti e accetta il tuo ruolo. Nessuno di voi due può fermare Lilith da solo, ma insieme...»
Kim guardava il volto teso e a disagio di Dean, leggeva nei suoi occhi la paura che aveva notato quando era rimasto al suo capezzale il giorno in cui Castiel gli aveva fatto un discorso simile; la paura di morire di nuovo, la paura di perderla, la paura di condannare Sam. La ragazza allungò la mano e gliel'afferrò, stringendola.
«Se io lo faccio... Se noi lo facciamo, Sam può starne fuori?» domandò.
«Se ti dà conforto vederla in questo modo.» la risposta di Castiel fu alquanto criptica, tanto che a Kimberly sembrò di sentire uno "stronzo" detto tra le labbra, da parte di Dean. Lei però gli strinse maggiormente la mano, attirando il suo sguardo su di lei e incitandolo con un cenno del capo.
«Va bene, ci sto.» disse che non sospiro.
«Vi metterete completamente al servizio di Dio e dei suoi angeli?» fu la domanda perentoria di Castiel, ma se il sì di Kim sembrò alquanto deciso, quello del ragazzo era ancora titubante.
«Ditelo... Deve essere un giuramento.»
Senza lasciarsi le mani i due ragazzi giurarono di mettersi completamente al servizio delle forze celesti.
«Giurate di seguire la sua volontà e la sua parola con obbedienza come avete fatto con vostro padre?» Kim sentì un brivido a quella domanda, comprendeva che Castiel l'aveva scelta apposta, invece di usare il nome di John, perché nonostante non fosse mai stato suo padre lei l'aveva ritenuto tale per tanto tempo.
«Sì, lo giuro.» dissero quasi all'unisono.
«E adesso?» domandò Dean, allentando la presa dalla mano di Kim.
«E adesso aspettate. Vi chiameremo quando sarà il momento.» fu la sua unica risposta, per poi volare via.
Si fece mattina e ancora, Sam urlava e si lamentava, supplicando chiunque lo sentisse di farlo uscire; li aveva tenuti svegli praticamente tutta la notte, o quasi. Dean e Kim avevano provato, nei momenti in cui il più giovane dei Winchester non si faceva sentire, per stanchezza o per uno sporadico momento di tranquillità; ma in ogni caso erano tutti e tre provati e le ramanzine paternali di Bobby non aiutavano certo la situazione.
«Correggetemi se sbaglio, ma... Avete seriamente accettato di fare un patto con gli angeli? Volontariamente?» fu il suo commento, come se volesse attaccare bottone per distrarre i ragazzi dalle urla di Sam, ma facendolo nel peggiore dei modi. Lo sguardo tagliente di Dean fu la perfetta risposta a quella domanda, ma l'uomo continuò ad insistere. «Oh scusami, ma è un po' da stupidi. Dopo tutto quello che hanno detto e fatto vi fidate ancora di loro? Insomma, hanno cercato di ucciderti, Kim.»
«Andiamo, dammi un po' di sostegno Bobby! – esclamò Dean, esasperato. Ormai aveva i nervi a fior di pelle – Lo sai che io di loro non mi sono mai fidato. Arrivano come dei foschi politici dal pianeta Vulcano!»
«Beh allora perché hai...?»
«Perché quale altra scelta posso fare?!» Kim dovette poggiare una mano sulla spalla del ragazzo, per calmarlo, dopodiché rispose al posto suo.
«Bobby o ci fidiamo di loro o lasciamo che Sam si fidi dei demoni. Per quanto nella mia vita sono sempre stata un'incurabile credente, anche io ho cominciato ad avere i miei dubbi sul comportamento degli angeli, ma credo ancora che non sono comunque il male peggiore.»
L'uomo ebbe appena il tempo di dire che aveva compreso, quando Dean notò che c'era un po' troppo silenzio da un po' troppo tempo. Scesero di corsa le scale, uno di fila all'altro e non appena arrivarono al bunker Dean aprì la finestrella che si affacciava verso l'interno. Sam era a terra che si dimenava, sembrava stesse combattendo contro una forza invisibile.
«Se stesse fingendo?» chiese il ragazzo, osservando il fratello.
«Può davvero fingere in questo modo?» fu la domanda preoccupata di Kim.
«Credo che farebbe di tutto...» ma la risposta arrivò ad entrambi, quando quella stessa forza invisibile trascinò Sam contro la parete in ferro del bunker.
«Questo non è fingere! Apri!» gli intimò la ragazza.
Non appena Dean riuscì ad aprire la porta, lui e Bobby si lanciarono dentro afferrando subito Sam e bloccandolo a terra; dopodiché Kimberly si slacciò la cintura dei jeans e gliela mise tra i denti in modo da evitare che si mordesse in qualche modo la lingua.
«Dovremmo legarlo per la sua sicurezza. – suggerì Bobby, ma solo Kim rispose con un cenno della testa, il ragazzo invece sembrava come in trance – Dean! Mi senti?» tentò di chiamarlo l'uomo. Kim si voltò verso di lui, continuando a fare pressione con la cintura sulla bocca dell'altro fratello. Dean era completamente assorbito da ciò che stava vedendo e la ragazza riusciva a percepire il terrore nel suo sguardo verde.
«Dean!» gridò lei, riportandolo alla realtà.
«Potrebbe avere un altro attacco.» fece Bobby.
Quando Sam si fu leggermente calmato, si adoperarono per legarlo al letto. Gli misero manette a gambe e piedi, assicurandosi che avesse della stoffa attorno ai polsi e alle caviglie in modo che non si ferisse cercando di liberarsi.
Ritornarono tutti al piano superiore prima ancora che si fosse ripreso e di nuovo si trovarono a parlare di quella situazione. Secondo Bobby quell'astinenza forzata non stava funzionando e stavano solamente rischiando di uccidere Sam; Kimberly cominciava a pensare che l'uomo avesse ragione, ma Dean non voleva in nessun modo permettere a Sam di bere altro sangue di demone.
«No... Non gli darò sangue di demone, non lo farò.» il suo tono di voce era dolore allo stato puro.
«E se muore?» fu la domanda schietta di Bobby.
«Almeno morirà da umano! Sono morto già una volta per lui. Morirei per lui anche adesso, ma non lascerò che faccia questo a se stesso. Non posso. Ho preso la mia decisione e non lascerò che Sam diventi un mostro.» disse quelle ultime parole con gli occhi lucidi e Kimberly sentì nuovamente l'istinto di prendergli la mano per dargli il suo sostegno.
Passò un altra giornata senza venire a capo di una soluzione. Quando ormai era sera inoltrata Dean e Bobby crollarono dal sonno. In realtà anche Kimberly era particolarmente stanca ed era sicura di essersi abbioccata un paio di volte, fu proprio in uno di quei momenti che lo sentì. Non era come uno dei suoi sogni, piuttosto come una voce nella sua testa. "Kimbely, svegliati. Devi seguirlo."
Si svegliò di soprassalto, ritrovandosi ancora seduta sul pavimento, ma sentì subito dei rumori provenire dal piano inferiore; sembrava che qualcuno stesse aprendo la porta blindata e poi si sentiva la voce di Sam che chiedeva chi fosse. Qualcuno lo aveva liberato. Quando percepì i passi del ragazzo risalire le scale, chiuse gli occhi fingendosi anche lei addormentata, ma fu quando uscì da casa di Bobby che ebbe la conferma che non erano soli, perché solo in quel momento si sentì nuovamente il cigolare della porta nello scantinato.
Non fa in tempo a riaprire gli occhi che subito sente di nuovo quella voce nella testa: "Il molo. Ti aspetto al molo." Riconosceva perfettamente quella voce, ora che era più lucida riusciva a distinguerla perfettamente; era la voce di Leuviah, suo padre.
Si alzò, cercando di fare meno rumore possibile anche lei. Le dispiaceva abbandonare Dean in un momento così difficile per lui, soprattutto perché quando si sarebbe svegliato non avrebbe trovato né lei né tantomeno il fratello, ma se voleva capirci qualcosa di tutta quella storia, doveva innanzitutto seguire l'istinto e questo le stava sussurrando, attraverso la voce di suo padre, di andare al molo.
Non ci mise molto a raggiungerlo, d'altronde non era molto distante dalla rimessa di auto in cui viveva Bobby. Quando arrivò notò subito l'inconfondibile impermeabile beige di Castiel. Se ne stava appoggiato al parapetto, a fissare le acque nere per via della luce notturna. Si nascose dietro uno dei grossi silos, non aveva nessuna intenzione di parlare con l'angelo; più passava il tempo e meno riusciva a fidarsi di lui e forse faceva bene.
Con un battito d'ali vide Leuviah arrivare alle spalle di Castiel e attendere che si girasse.
«Che cos'hai fatto?» gli chiese, con voce delusa.
«Perché sei venuto?» fu, invece, la domanda di Castiel.
«E tu perché hai liberato Sam Winchester?» a quanto pareva nessuno dei due voleva dare una risposta all'altro.
«Erano questi gli ordini.» disse semplicemente Castiel, con un tono freddo come il ghiaccio.
«Ordini? – seguì un silenzio carico di tensione, poi Leuviah continuò – Ma lo hai visto? Lui si nutre di sangue demoniaco. È molto peggio di come pensassimo. Dean e Kimberly stavano cercando fermarlo.»
«Non saresti dovuto venire Leuviah.» fu l'unica risposta dell'altro angelo. Subito dopo altre due creature celesti li affiancarono e presero l'angelo ribelle per le braccia.
Kimberly dovette voltarsi e chiudere gli occhi al bagliore che emanarono i tre, scomparendo. Rimase lì, dietro al silos, impotente, mentre gli angeli portavano via suo padre, probabilmente per punirlo una volta per tutte. Percepì una lacrima, una singola lacrima rigarle il viso. Poi, quando sentì anche il battito delle ali di Castiel, scivolò verso il basso sedendosi sulla fredda grata del molo e ritrovandosi a piangere per un altro padre perso.
Fu difficile riprendersi del tutto, ma sapeva che piangersi addosso non serviva a nulla e soprattutto avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche e capire cosa accidenti stava succedendo. I sigilli stavano crollando l'uno dopo l'altro, talmente tanto velocemente che nemmeno lei era riuscita a star loro dietro e vederli tutti, ma gli angeli sembravano preoccuparsi solo di catturare Leuviah e punirlo per qualcosa che era accaduta ormai ventisei anni prima; senza considerare il fatto che avevano liberato Sam, che in quel momento era letteralmente una mina vagante.
Valutò tutte le sue opzioni, mentre il sole cominciava a fare capolino all'orizzonte. Andare a cercare Sam sarebbe stato inutile, di sicuro era andato da Ruby e molto probabilmente se ne sarebbe occupato Dean non appena se ne fosse accorto. Ma se c'era una cosa che il ragazzo non sapeva era ciò che aveva visto lei quella notte, quindi era di quello che doveva preoccuparsi. Quando si fu decisa mandò un messaggio sbrigativo a Dean, dicendogli che avrebbe continuato ad indagare da sola sui sigilli e che doveva farle sapere se e quando ritrovava Sam; non gli rivelò come fosse uscito, anzi mentì dicendogli che quando si era svegliata il bunker era già aperto, ma non aveva voluto svegliare lui o Bobby.
Non riuscì a scoprire molto, almeno non con le sue capacità investigative. A quanto sembrava gli angeli se ne stavano ben attenti ad intervenire, anzi sembrava quasi che più sigilli si spezzavano più cercavano d'ignorare la faccenda. L'unica cosa che riuscì a fare, fu rimettersi a studiare la Bibbia e tutto ciò che concerneva l'apocalisse. Fu durante quegli studi che qualcosa attirò la sua attenzione. Il sigillo numero 66, l'ultimo che serviva per aprire le porte a Lucifero, non poteva essere spezzato da un demone o una persona comune; doveva farlo il Primo Lucifero. Eppure non sapeva che significato avesse quell'appellativo e nessun testo che avesse consultato fino a quel momento sembrava rivelarglielo. Era forse Lilith? D'altronde Lilith era stata la prima donna di Adamo che lo abbandonò per Lucifero. Oppure era un umano devoto al Diavolo?
Mentre rimuginava sulle varie possibilità, ricevette un messaggio da Dean. Era passato già un giorno intero da quando Sam era scappato, ma a quanto pare il fratello era riuscito a seguirne le tracce e lo stava raggiungendo in quello che sembrava un motel di lusso, dicendo che molto probabilmente aveva preso la suite per sviarli.
Kimberly decise di mettere in pausa i suoi inutili studi, almeno per un po', e tornare a dar man forte al ragazzo; anzi, quando arrivò al luogo indicato, fu sollevata di aver preso quella decisione. Quando arrivò nel corridoio, i rumori proveniente dalla suite erano evidenti: grugniti, oggetti che si rompevano, colpi secchi contro corpi duri.
Kim tirò fuori la pistola, accelerando il passo e quando arrivò davanti alla porta l'aprì con un calcio, puntando la pistola sui due corpi distesi a terra.
«Mollalo!» ordinò con tono duro. Sam era sopra il fratello, le mani attorno al suo collo, sembrava avere tutte le intenzioni di strozzarlo, completamente fuori controllo.
Dean tentò di biascicare qualcosa, ma era impossibile capirlo.
«Non te lo ripeto più Sam, mollalo!» ribadì Kimberly. A quell'ennesimo richiamo, il ragazzo ubbidì digrignando i denti, e permettendo a Dean di riprende fiato con qualche colpo di tosse.
«Tu non mi conosci! – fu la protesta furiosa di Sam, rivolta unicamente al fratello, quasi come se lei non esistesse – Non mi hai mai conosciuto! E non lo farai mai!» concluse, dandogli le spalle.
«Se esci da quella porta... – cominciò a dire Dean, la voce ancora rotta dal fiato corto – Non tornare... mai più...»
Per tutta risposta, Sam gli lanciò un ultimo sguardo, prima di colpire Kim con una spallata ed uscire sul serio dalla camera distrutta. La ragazza rimase pietrificata per una decina di secondi, la pistola ancora in mano e il cuore a mille; dopodiché aiutò Dean a rialzarsi.
«Andiamo. Ti riporto da Bobby.» furono le sue uniche parole, mentre lo aiutava a camminare fuori dalla camera.
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