Non c'è pace per il maligno
Stagione 3 - Episodio 16
Era passato quasi un mese da quando aveva sentito, o meglio visto, i fratelli Winchester per l'ultima volta. Spesso in quelle settimane aveva cercato anche lei le tracce di Bela, nel tentativo di aiutarli ma, più di una soffiata che aveva avuto anche Bobby, non aveva trovato nulla e anzi da più di una settimana la trafficante di manufatti sembrava essere sparita nel nulla.
Quella mattina si era svegliata di buon ora nella speranza di risolvere in fretta un problema con un banalissimo Poltergeist e la chiamata di Dean la sorprese non poco.
«Dean!» esclamò lei, felice di sentirlo di nuovo.
«Ehi...» rispose questi con un tono stanco e decisamente non da lui.
Quel semplice verso le parve talmente strano da instillare in lei paura e dubbio. Per quale motivo sembrava così distrutto, cosa era accaduto? Quelle domande e altre ancora cominciarono a ronzarle per la testa e presa dalla preoccupazione ne sputò fuori solo alcune.
«Dean, che succede? Tutto ok? Avete trovato la Colt?»
«No. Bela l'ha venduta prima ancora che potessimo rintracciarla e ora... Beh è troppo tardi.» rispose il ragazzo e il suo tono continuava ad essere stanco e terribilmente piatto, come se non volesse più provare alcuna emozione.
«Dean mi dici che...?»
«Potresti raggiungerci da Bobby?» chiese, interrompendo la sua domanda.
«Certo. – rispose subito, magari vedendosi avrebbe compreso meglio cosa stava succedendo – Non sono nemmeno tanto lontana. Il tempo che finisco una questione e parto; sarò lì domani mattina.»
«Perfetto.» fece lui, la voce continuava ad essere atona.
«Dean, sicuro di stare bene?» disse, tentando un'ultima volta di farsi spiegare la situazione.
«Ho solo bisogno di vederti. A domani.» rispose lui, per poi chiudere la telefonata e impedirle qualsiasi altra domanda.
Rimase un paio di minuti stranita, a fissare il cellulare che aveva ancora in mano. Era più che sicura che anche Dean Winchester avesse i suoi momenti bui, ma sentirlo in quello stato le faceva letteralmente male al cuore. Chiuse gli occhi, ripensando a quando finalmente era riuscita, in qualche modo, a metabolizzare la morte di John; si era ripromessa che nel massimo delle sue capacità sarebbe stata vicino ai due fratelli, ma non sempre le era stato possibile, forse quella era l'occasione per dimostrare loro la vera Kimberly che aveva celato fino a quel momento.
Nonostante tutti i buoni propositi e le promesse che si era fatta per risollevare il morale al ragazzo, quando il giorno seguente arrivò alla riserva di Bobby, trovò una situazione alquanto strana che la mise subito all'erta. Il proprietario non c'era, ma in compenso i fratelli sembravano aver appena intrappolato un demone; una ragazza bionda che in quel preciso momento li stava guardando in cagnesco, minacciandoli.
«Cosa sta succedendo?» chiese confusa lei, trovandosi nel bel mezzo di una situazione che aveva tutta l'aria di non essersi affatto risolta.
«Kim... – sorrise Dean con il labbro spaccato, mentre s'infilava un coltello nella tasca dei jeans – Sapevo che saresti venuta.»
«Oh, certo... Bel tempismo Kimmy!» sbottò il demone. Si voltò di scatto verso di lei, sentendo una scarica elettrica percorrerle tutta la colonna vertebrale. In tutta la sua vita, solo una persona le aveva dato quel nomignolo.
«Ruby...?» chiese, quasi sperando che non fosse lei, ma il suo sguardo azzurro si assottigliò in un evidente espressione di conferma.
«Un momento, voi due vi conoscete?» chiese Sam, altrettanto stupito, mentre si risollevava da terra.
«Sì, sì, non ce ne importa. – chiuse il discorso il fratello maggiore, prima ancora che iniziasse – Kim dobbiamo parlare di ciò che è successo tra noi.» quel suo tono improvvisamente serio e che non ammetteva repliche la spaventò per un attimo.
«Tra noi? Ma Dean tra non c'è mai stato...» di nuovo non la fece finire di parlare, sembrava quasi che avesse fretta.
«Sai di cosa parlo. So che era una situazione estrema, ma ti ho detto delle cose durante il tuo sogno e ora ne dobbiamo parlare.»
«Oh mio Dio, Dean!» sospirò lei scocciata dall'ennesimo evidente tentativo del ragazzo di approcciarsi con lei.
Sam e Ruby erano lì, in silenzio: il primo in completo disagio, come se avesse voluto essere in un qualsiasi posto eccetto quello e l'altra quasi divertita dalla situazione, visto che molto probabilmente sapeva tutto.
«Ma mi vuoi dire qual è il tuo problema?» fece il ragazzo alzando la voce.
«Il problema è che tra noi non può funzionare, ok?» rispose lei, imitandolo e allontanandosi leggermente, puntando verso le scale che portavano al piano superiore. Lui però fu più veloce di lei e la afferrò per le spalle, voltandola verso di sé.
«Allora rispondi a questo, perché una persona con una mira incredibile come la tua, non è riuscita a sparare a un maledetto medaglione, quando eravamo a Hollywood?» Kim sapeva benissimo che quella domanda era una di quelle a trabocchetto in cui riusciva sempre a tirarle fuori ciò che non voleva dire, e nemmeno quella volta fu differente.
«Perché ero nervosa...» rispose con voce bassa e quasi tremante. Non sapeva se la spaventava di più ripensare a quel momento, oppure vedere Dean per l'ennesima volta così vicino a lei.
«Da cosa?» insistette il ragazzo, non lasciandola, e abbassando il tono di voce.
«Da te... Dalla tua...» rispose, trattenendosi dall'aggiungere altro, mentre ogni fibra del suo corpo avrebbe voluto buttarsi tra le sue braccia, ma il suo cervello continuava a ripeterle che non poteva, che era sbagliato oltre ogni misura. Non riuscì più a tenere le lacrime, quando lui le porse l'ennesima domanda.
«E perché mai ti dà così fastidio che io vada a letto con altre se dici di non provare nulla per me?» chiese, non curandosi affatto del suo stato.
«Non ho mai detto che non pro...»
«Hai capito cosa intendo.» la bloccò lui, prima che potesse finire la frase, stringendo con più forza le mani sulle sue spalle.
«Perché non possiamo, Dean!» insistette lei, il suo tono era esasperato, ma anche disperato; non riusciva più a capire cosa stava realmente provando, il suo cuore e la sua mente erano in subbuglio. Non ce la faceva più a mantenere quel segreto, ogni giorno che passava stava diventando sempre più fastidioso e pesante.
«Dimmi il motivo.» fece lui, quasi ordinandoglielo.
Lei lanciò un occhiata a Sam, poco più in là, in completo imbarazzo dalla situazione e poi a Ruby, il suo sguardo era diventato serio e leggermente cupo, entrambi erano abbastanza vicini da aver sentito tutta la conversazione.
In un attimo decise di dirlo, poco importava cosa avrebbe provocato; alle conseguenze ci avrebbe pensato in seguito. In quel momento aveva seriamente bisogno di levarsi quell'enorme macigno dal petto.
«Perché siamo fratelli.» disse tutto d'un fiato e subito vide entrambi i giovani Winchester sgranare gli occhi, ma solo Sam riuscì a parlare, mentre le braccia di Dean scivolarono verso il basso lasciando la presa su di lei.
«Co-come fratelli?» chiese il più piccolo confuso.
Lei si asciugò le lacrime dagli occhi e cominciò a raccontare.
«Dopo il lutto di vostra madre, John era spesso incapace di reagire. Una di quelle sere ha incontrato mia madre ed è successo. – la sua voce era calma, come se tutta l'importanza di quel discorso le pesasse sulle spalle – Si pentì subito di ciò che successe quella sera, ma da uomo qual'era ha spiegato le sue ragioni a mia madre, che comprese. Quando scoprì che aveva avuto una figlia da lui, cercò di sostenerci economicamente come poteva. Poi, quando avevo appena tre anni quello Shtriga venne a casa mia e di mia madre e lei mi disse la verità su lei e vostro padre. Così a dodici anni, contro ogni volere di mia madre, ho deciso che sarei diventata una cacciatrice e non appena finii il liceo, John mi venne a prendere.»
Per tutto il racconto i due fratelli rimasero in assoluto silenzio, chiaramente ancora scioccati da quella rivelazione. Dean si passò una mano sul viso, per poi emettere un sospiro e rivolgersi al fratello minore.
«Sam... Andiamo, o sarà troppo tardi.» disse, superandola e cominciando prendere la via per le scale.
Il fratello minore tentò di dire qualcosa, ma anche lui era talmente sconvolto che non riuscì a proferire parola e seguì Dean al piano di sopra in assoluto silenzio.
«Ehi! Non vorrete lasciarmi qui! Lo sapete che senza di me, vi farete ammazzare!» gridò adirata Ruby, riportando Kim alla realtà. I ragazzi però non calcolarono minimamente il demone e ben presto loro due rimasero sole.
«Dove... Dove stanno andando?» chiese Kimberly, tirando sul col naso e continuando ad osservare la cima delle scale da cui erano spariti i due cacciatori.
Ruby però sembrò non voler rispondere, anzi se la prese con lei.
«Ma brava Kimmy! Come sempre hai un ottimo tempismo! Sappi che se quei due cretini faranno qualche stronzata stanotte sarà anche per colpa tua!» sputò quelle parole velenose sapendo perfettamente che le avrebbero fatto male, d'altronde era un demone e la capacità migliore dei demoni era dilaniare lo spirito delle persone. Kim, però, era ancora troppo carica di nervoso e adrenalina per soffrirne. O meglio, stava già troppo male per ciò che aveva appena fatto a Sam e Dean per riuscire a percepire qualcos'altro se non quello; sapeva che nulla le avrebbe fatto più male del vedere il volto deluso e sconvolto di entrambi. Si voltò verso la bionda, serrando la mascella e guardandola in cagnesco.
«Dove stanno andando?» domandò di nuovo e il tono della sua voce le suonò talmente duro da mettersi, lei stessa, i brividi.
«Non è il momento. Dobbiamo andar loro dietro, liberami piuttosto.»
«Dimmi dove stanno andando o giuro che ti spedisco all'Inferno una volta per tutte.» quella minaccia la fece tremare di nuovo, sapeva che non avrebbe avuto davvero il coraggio di farlo eppure l'aveva detto con così tanta spontaneità che quasi non si riconobbe. Ruby, invece, tirò le labbra in un ghigno.
«Certo. D'altronde è questa la soluzione a tutto, no? Esorcizziamo Ruby, tanto lei cos'ha da perdere? In fin dei conti non hai fatto la stessa cosa nove anni fa?» In un attimo, nuovi sensi di colpa riaffiorarono nella sua mente. Eppure il pensiero che la sua interlocutrice avesse ragione e che Dean e Sam fossero davvero in pericolo, cominciava farsi concreta e ad intaccare ogni fibra del suo essere.
«Sai che non volevo farlo, ho solo...»
«Sì, sì, lo so. Hai solo fatto ciò che dovevi per non deludere il tuo paparino. Rimane il fatto che credevo fossimo amiche.» a quelle parole i ricordi dei due anni d'infanzia vissuti assieme alla sua vicina di casa coi capelli rossi dello stesso colore dei rubini la invasero per un attimo.
«Avevi ingannato delle persone Ruby; le avevi uccise e poi possedute. Siamo ancora amiche, ma rimane il fatto che io sono una cacciatrice e tu un demone.» rispose, il tono si era affievolito e la sua voce ora suonava stanca. Anche Ruby sembrò spossata da quella conversazione e si afflosciò, lasciando ciondolare le braccia lungo i fianchi.
«Ho provato a cambiare, da quando sono tornata. Volevo fare la differenza pur essendo un demone ma... Ma poi Sam... – sospirò – Senti Kim, ci sono cose, cose dell'Inferno, che non ti posso spiegare; ma credimi devi liberarmi. Se non facciamo qualcosa quei due si faranno ammazzare prima del previsto.»
Kim credette di non aver mai provato un malessere del genere in vita sua. Ruby le aveva snocciolato in poche e dure parole cosa stava per accadere e man mano che quel breve racconto si faceva strada nel suo cervello le parve che il mondo le potesse cadere addosso da un momento all'altro. Il dolore più grande di tutti, però, fu quello alla bocca dello stomaco; come un bruciore che non voleva andarsene e che anzi si alimentava con la consapevolezza che ormai c'era ben poco da fare.
Come aveva potuto essere così stupida? Come aveva potuto non accorgersi del comportamento di Dean nell'ultimo anno? Era stata talmente presa dai suoi sentimenti e dal suo dolore da non accorgersi che lui le stava letteralmente scivolando dalle dita. Il pensiero di perderlo per sempre le attanagliò la gola, provocandole un conato di vomito che trattenne a stento. Nello stesso momento, Ruby la chiamò con rabbia, riportandola alla realtà.
«Ti decidi a liberarmi, sì o no?!»
Kimberly dovette raccogliere tutta la razionalità e l'auto controllo che le era rimasto per riuscire anche solo a muovere le braccia. Prese la pistola che portava alla cintura e la puntò verso il soffitto; dopodiché con un colpo preciso ruppe il Cerchio di Salomone che era stato disegnato sulle assi di legno.
«Muoviamoci!» insistette la bionda, prendendola per il braccio e trascinandola su per le scale.
Non seppe nemmeno con che forza mentale, ma anche fisica, riuscì a salire sulla moto e guidare fino a destinazione. Sapeva bene che sarebbe dovuta rimanere lucida, soprattutto in quel momento, ma la sua mente era completamente annebbiata dalla paura e dal dolore. Persino il vento gelido che le sferzava i capelli e la porzione di viso libera dalla visiera del casco, non sembrò bastare a farla tornare completamente in se. Anzi, quando arrivarono a destinazione dovette letteralmente costringersi a cercare uno spiraglio di raziocinio in quella sfilza di scenari orrendi che le si stavano parando davanti uno dietro l'altro da ormai un paio d'ore. Doveva tornare la Kimberly cacciatrice, quella tosta e cauta che era sempre stata durante il lavoro e la vita che si era scelta, altrimenti sarebbe stata solamente una zavorra e già la situazione era abbastanza disperata.
Quando arrivarono non fecero affatto fatica a trovare la casa in cui stava Lilith, il demone che a detta di Ruby aveva il contratto di Dean; l'aria in quel luogo era tesa ed elettrica, nel vero senso della parola, il tutto incentivato dal fatto che sembrava incutere ancora più timore.
Kimberly non ebbe nemmeno il tempo di notare il maggiore dei Winchester da lontano, vicino ad una recinzione, che si muoveva con fare sospetto, forse posizionando trappole o cercando un modo per entrare; che il demone che l'aveva accompagnata gli saltò letteralmente addosso facendolo scontrare con il fil di ferro del cancello.
«Ridammi subito il mio coltello o ti tiro il collo come ad una gallina.» lo minacciò.
«Ruby!» la rimproverò quasi contemporaneamente lei, ma non ebbe modo di dire di nuovo nient'altro, perché l'altro fratello fu subito alle spalle della bionda e le punto il coltello insanguinato alla gola.
«Non ce l'ha lui, lascialo.» disse, minacciandola, anche il se il suo tono era particolarmente calmo. La tirò via in modo che lasciasse Dean e l'allontanò.
«Come hai fatto a liberarti?»
«Ho avuto un aiutino.» rispose allora Ruby facendo un cenno della testa a Kim, eppure Dean non la degnò nemmeno di uno sguardo, anzi fece un'affermazione del tutto fuori luogo sul vero aspetto del demone, confessandole quanto la trovasse brutta. Questa volta fu lei ad ignorarlo, chiedendo all'altro fratello il coltello.
«Solo quando sarà finita.» rispose duro lui.
«Ma lo volete capire tutti e tre? È già finita! Ho dato a Sam la possibilità di salvare Dean, ma tu... – si rivolse nuovamente a lui – mi hai scaricata. Fatevene una ragione lui è morto ed è assolutamente inutile che uno solo di voi si sacrifichi.»
«Prova a fermarmi, puttana!»
Improvvisamente Kimberly sentì un fruscio, poi un'altro e un'altro ancora; il tutto mentre quei due continuavano a discutere e Dean li guardava come fosse in trance. Si chiese solo per qualche secondo cosa gli potesse passare per la mente in quel tremendo momento, ma l'ennesimo rumore la fece tornare in sé.
«Basta ragazzi! – li zittì nervosa – Non è il momento.»
All'uscio di ogni casa del lungo viale vi erano occhi neri come la pece che li fissavano. Lilith aveva richiamato tutti i demoni possibili e li aveva fatti convergere in quel luogo, ed ora stavano possedendo ogni inquilino delle belle ville del quartiere.
Corsero tutti verso una delle case, l'unica con la porta chiusa, i demoni fecero altrettanto, raggiungendoli in poco tempo, ma proprio mentre Sam scassinava la serratura dell'ingresso ecco che partirono gli irrigatori del giardino. Le persone colpite dall'acqua cominciarono a fumare e contorcersi dal dolore e Kim intuì subito che si trattava di acqua santa, probabilmente i ragazzi e Bobby avevano precedentemente riempito i tubi d'irrigazione.
«Andate, io li trattengo nel caso finisse l'acqua.» li incitò Kimberly, tirando fuori la pistola e facendo un grosso respiro. Non si voltò, se l'avesse fatto sapeva che le avrebbe fatto ancora più male non seguirli, soprattutto col pensiero persistente e insopportabile che sarebbe potuta essere l'ultima volta che vedeva Dean.
La scelta fu comunque pessima; stare ferma lì, senza fare niente la innervosiva e soprattutto dava modo alle sue angosce di prendere sempre più forma e torturarla come non avessero mai fatto. Quella mattina si era alzata con tutte le intenzioni di rivedere finalmente i fratelli, di risollevare di morale Dean, di illudersi ancora per un po' dei sentimenti che c'erano tra loro due, anche se sbagliati, ma invece era andato tutto a rotoli e lei non era pronta. Per quanto ogni giorno e ad ogni avventura si ripetesse che aveva scelto lei, di sua spontanea volontà, quella vita sanguinaria, non era pronta a dire addio ad un'altra persona cara.
Gli irrigatori sembravano non voler cessare di spruzzare acqua sul giardino e Kimberly comprese che il suo rimanere lì era solo un modo per fuggire alla realtà. Già una volta l'aveva fatto, se ne rendeva conto solo in quel momento. Quando aveva abbandonato Dean e Sam assieme al falso John, la notte in cui lui morì, non l'aveva fatto solo perché lui gliel'aveva ordinato, l'aveva fatto perché aveva paura di affrontare le conseguenze terribili di dover perdere uno qualsiasi dei tre e non poter fare nulla per impedirlo. Per questo motivo quando aveva compreso che quello non era il vero John Winchester e che ci avrebbe messo troppo tempo a tornare indietro, aveva proseguito per la sua strada, sperando con tutta se stessa che riuscissero a cavarsela e non accadesse l'irreparabile. Purtroppo però era successo, e lei non era nemmeno riuscita a dire addio a colui che era a tutti gli effetti suo padre e suo mentore.
Non avrebbe commesso lo stesso errore con Dean, gli sarebbe rimasta al fianco fino alla fine, anche se questo avrebbe voluto dire non riuscire a salvarlo e vederlo morire. Si morse le labbra fino a farsi male, per convincersi che quella fosse la decisione giusta, dopodiché diede le spalle al viale ed entrò anche lei in casa.
Subito la investì una puzza nauseante, proveniente da un cadavere già attorniato da mosche proprio all'ingresso. Lo scavalcò, coprendosi il naso e trovò subito gli altri tre nella stanza affianco, adibita a soggiorno, perché i toni accesi di Dean e Sam che litigavano attirarono subito la sua attenzione. Entrò nell'enorme open space e si gelò, con la tremenda sensazione di essersi nuovamente intromessa in una situazione familiare, di cui lei, assurdamente, ancora non faceva parte.
«Non lascerò che tu vada all'Inferno!»
«Sì, invece! – gli gridò contro Dean – Sì, invece. Mi dispiace, ma è una scelta che ho fatto io... e tu lo sai, ma quello che vuoi fare, non servirà a salvarmi, ti ucciderà e basta.» il tono del fratello maggiore tornò calmo, quasi stesse cercando di rassicurare Sam.
Kimberly ingoiò a vuoto, tentando di sciogliere quel maledetto nodo alla gola che la stava tormentando, una sensazione che probabilmente stava provando anche l'altro fratello, perché la sua voce suonò tremante alle orecchie di tutti.
«Che cosa vuoi che faccia...» disse, gli occhi lucidi dal dolore. Dean gli rivolse un sorriso mesto e completamente sincero.
«Continua a lottare. Abbi cura di Kim... e della mia auto. – la ragazza sentì le lacrime cominciare a rigarle le guance, mentre lui continuava a parlare, senza distogliere lo sguardo da quello del fratello – Ricorda quello che ti ha insegnato papà e ricorda quello che ti ho insegnato io...» non ebbe il tempo di dire altro, perché il rintocco dell'orologio a pendolo fece gravare su di loro solo un enorme peso; quello era il rintocco della morte, l'ultimo per Dean Winchester.
Quando tornò nuovamente il silenzio, fu proprio lui a voltarsi lentamente dal lato opposto in cui si trovava lei.
«Eccolo.» il tono era talmente carico di tensione che le mise i brividi, quasi le sembrò di sentire anche lei il fiato infernale di quel maledetto segugio. Scapparono tutti e quattro, una precauzione praticamente inutile; un tentativo di fuggire dall'inevitabile, ma finché il cane infernale non avesse raggiunto Dean, c'era ancora un briciolo di speranza.
Si chiusero dentro quella che sembrava una sala da pranzo e dovettero mettersi in tre a tenere la porta che tremava e si scuoteva sotto la furia dell'animale invisibile ai loro occhi, il tutto mentre il maggiore dei Winchester spargeva la polvere hoodoo a terra e sul davanzale in modo da bloccargli l'ingresso.
Improvvisamente calò la calma, una calma quasi irreale. Kim percepì un brivido lungo la schiena quando Ruby le passo affianco per chiedere di nuovo il suo coltello a Sam.
Nei quattro mesi successivi Kimberly lottò con tutte le sue forze per cercare di soffocare i ricordi e il dolore, ma quasi ogni notte l'incubo di ciò che era accaduto in quella casa la travolgeva. Dean che diceva a Sam che quella non era Ruby. Lilith che attraverso il suo potere demoniaco bloccava tutti e tre i fratelli per poi baciare Sam contro la sua volontà e poi il peggio le porte della sala da pranzo che si aprivano e il corpo di Dean che veniva squarciato da artigli invisibili, mentre lei e Sam supplicavano di farlo smettere.
L'ultima volta che vide Sam, fu al funerale. Non si parlarono, ma i loro sguardi si dissero tanto, molto. Nel periodo successivo a quella notte, capitò che si sentissero per telefono, erano diventati l'uno il contatto dell'altra e se non c'era Bobby si aiutavano a vicenda, ma difficilmente affrontavano un caso assieme come facevano una volta quando erano tutti e tre. I Winchester avevano fatto la fine delle band pop di quel periodo, si erano sciolti; ma il loro esito era stato decisamente più tragico.
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