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Destino crudele

Stagione 2 - Episodio 10

Continuava ad osservare la bottiglia di birra che aveva davanti, facendola rigirare tra le mani, completamente soprappensiero. In quegli ultimi giorni aveva avuto solo un caso che le aveva tenuto la mente occupata per un po', ma poi tutto il resto del tempo il suo pensiero ritornava a quella notte all'Incrocio del Diavolo e a come Dean stava per baciarla.

Si avvicinò l'anello della bottiglia alla bocca e si scolò l'intero contenuto, quasi metà, in un sol sorso, per poi sbatterla sul bancone.

«Kim, che succede?» le domandò Ellen, mentre puliva alcuni bicchieri.

Da quando Jo era partita per cercare la sua strada e intraprendere la carriera di suo padre e della sua migliore amica, la donna si era in qualche modo messa l'anima in pace, accettando di ricevere qualche chiamata ogni tanto. Nonostante tutto, però, il suo fare materno nei confronti di entrambe le ragazze, anche di colei che non era sua figlia, sembrava essersi triplicato.

«Ti capita mai di voler fare qualcosa che sai essere sbagliata?» biascicò la ragazza, guardando la bottiglia vuota, senza riuscire ad alzare lo sguardo su di lei.

«Succede a tutti, soprattutto in questo lavoro.» spiegò lei, ma la ragazza negò con la testa.

«Non parlo di uccidere demoni o dare la caccia a qualcosa...»

«E allora di cosa?» la donna ora sembrava confusa e forse anche preoccupata.

«Tre giorni fa io... Io e Dean ci siamo quasi baciati.» disse afona e non si stupì affatto della risposta di Ellen, visto che ormai era una delle uniche due persone a sapere la verità.

«Tu cosa?!»

La ragazza lasciò la presa sulla bottiglia e si portò le mani alla testa.

«È stato lui ad avvicinarsi e non so nemmeno come ho fatto ad allontanarmi in tempo... Io... Ho paura mi stia innamorando di lui...» spiegò, cominciando a sentire quella sensazione di nausea in gola che la prendeva quando pensava al ragazzo.

Sentì la donna sospirare e posare un'altro bicchiere che aveva appena finito di asciugare con lo straccio, per poi mettersi quest'ultimo sulla spalla.

«Ascolta, forse dovresti dirgli la verità. – le suggerì e lei scosse la testa spaventata, come se fosse stato chiesto a una bambina di rimanere da sola al buio – Kim, hai visto cosa è successo con Jo: le ho tenuto segreta la morte di suo padre e lei se n'è andata via. Loro hanno lo stesso diritto di conoscere la verità.»

«No... Non ancora, non ci riesco. Se dicessi loro ciò che so, li farei solamente soffrire, non lo meritano... Dean non lo merita.» rispose lei, mordendosi l'interno della guancia e percependo una fitta al cuore.

«Però nemmeno tu meriti di soffrire così.»

«Dovrò solo cercare di evitarli per un po'.» si auto convinse la ragazza, alzando finalmente lo sguardo, che però non incrociò quello di Ellen, perché lei stava guardando in un punto alle sue spalle.

«Ho paura non sarà così facile.» disse, facendola voltare. Proprio in quel momento Dean Winchester stava entrando nel locale.

Prima ancora di riuscire a preoccuparsi per se stessa e per ciò che avrebbe potuto dire al ragazzo riguardo al loro ultimo incontro, si accorse della preoccupazione nei suoi occhi e del suo passo svelto nell'andare verso di loro.

«Ellen, hai visto Sam? È passato di qui?» domandò, poggiando una mano sul bancone.

«No, non l'ho visto. Come mai vi siete separati?» chiese di rimando la donna e Kim notò la stessa espressione che aveva assunto quando Jo aveva deciso di andarsene.

«Ho paura che voglia cercare il demone da solo. – rispose il ragazzo, lasciando entrambe leggermente scioccate – Se si fa vivo, puoi chiamarmi?» aggiunse.

«Certo.» fu la risposta decisa di Ellen.

Subito dopo la mano di Dean che fino a poco prima era sul bancone le afferrò il polso, facendola sussultare.

«Ho bisogno di parlarti.» fece, e la ragazza ebbe appena il tempo di lanciare un'occhiata alla proprietaria del Roadhouse e leggere sulle sue labbra la parola "verità", prima di venire trascinata fuori dal locale.

Cos'avrebbe fatto se lui avesse cominciato a chiederle spiegazioni sull'altra sera? Avrebbe davvero dovuto dirgli la verità? La sua mente stava continuando ad arrovellarsi in cerca di una soluzione plausibile, ma il suo cuore sembrava fregarsene, continuando a pulsare frenetico alla sola sensazione delle dita del ragazzo ancora avvolte al suo polso.

Furono i dieci passi più lunghi della sua vita e quando entrambi attraversarono le ante dell'ingresso facendole oscillare, il sole bagnò i loro volti, scaldando l'aria, più di quanto potesse fare il calore delle persone dentro il locale.

«Ho bisogno che tu venga con me.» disse Dean con tono risoluto; non sembrava nemmeno una richiesta, ma quasi un ordine.

«Veramente... io...» cercò di dire lei, sfilando finalmente la mano dalla sua presa; ma le parole le si bloccarono in gola.

«Per favore.» aggiunse il ragazzo, assumendo di nuovo quell'aria preoccupata. Le era davvero impossibile resistergli: in fin dei conti, volente o nolente, tra loro due c'era un legame, un legame indissolubile che nessuno poteva spezzare, nemmeno lei. Finché avrebbe potuto, finché lui avrebbe avuto bisogno di lei, era sicura che l'avrebbe seguito fino in capo al mondo.

«Va bene. – sospirò, regalandogli un sorriso nel tentativo di rassicurarlo – Prendo la moto e...»

«No. Vieni in auto con me.» fece lui, di nuovo con quel tono categorico.

«Cosa?! Ma...»

«Hai la mia parola che quando recuperiamo Sam ti riporto qui.» ribatté subito.

Acconsentì solamente con un cenno di testa, rimanendo in assoluto silenzio fino a che non salirono in auto e anche dopo.

Lo stare in macchina con lui le provocò non poco imbarazzo, almeno per l'inizio del tragitto; perché nel momento in cui il ragazzo mise una delle sue audiocassette nel mangianastri dell'auto, sparando il volume a palla, a lei scappò un sorriso divertito e poco dopo si ritrovò a cantare a squarciagola con lui.

«Dove pensi possa essere andato?» chiese, quando la canzone scemò, lasciando il posto a un'altra.

«Non ne ho idea. Insomma, non ci siamo separati da molto: ieri pomeriggio era ancora con me.» spiegò lui, girando la rotella sull'autoradio e abbassando il volume della musica.

«E poi?»

«Poi ha detto di aver bisogno di un po' d'aria e se n'è uscito, ma non è più tornato. – aggiunse, sollevando per un attimo entrambe le mani dal volante, come in un gesto di esasperazione; dopodiché fece uno sbuffo divertito – Cos'è che dicevi l'altra sera?»

A quella domanda il sussulto al cuore fu talmente forte che per un secondo credette si fosse potuto sentire anche da fuori, mentre l'agitazione cominciava di nuovo a pervaderla.

«A cosa ti riferisci?» tentò di chiedere.

«Dicevi che ero il fratello maggiore... Che dovevo badare a Sam. Beh, a quanto pare non so fare nemmeno questo.» fece lui e Kim notò subito che il suo tono di voce si era in qualche modo afflosciato.

«Non dire così...» tentò di rassicurarlo, ma il ragazzo rialzò il volume della musica, dando segno che non ne voleva più parlare.


Era ormai notte inoltrata quando, mentre stavano percorrendo l'ennesima statale, qualcuno chiamò al cellulare di Dean.

«Pronto? – Kim intuì subito che fosse Ellen, anche se ovattata e a distanza, riconobbe la voce, pur non riuscendo a decifrare ciò che dicesse – Hai parlato con Sam? Andiamo Ellen, ti prego. Ho paura che gli possa accadere qualcosa, giuro che non mi farò vedere da lui. Grazie.» concluse chiudendo la chiamata.

«Allora?»

«Lafayette, Indiana.» rispose prontamente lui, accelerando.

«Quanto dista da qui?» chiese ancora la ragazza, osservando i cartelli stradali nel tentativo di trovare una qualche indicazione.

«Se tutto va bene possiamo arrivare lì in mattinata.» disse, dopodiché calò nuovamente il silenzio nell'abitacolo. Un silenzio che, colmato solo dal rombo soffuso del motore e accompagnato dal buio assoluto della notte, fece scivolare Kimberly tra le braccia di Morfeo.

Quando si risvegliò, probabilmente molto tempo dopo, la luce del giorno già entrava dai finestrini dell'auto ferma. La prima cosa di cui si accorse fu il peso della giacca di jeans di Dean addosso; facendole salire subito il sangue alle guance per l'imbarazzo al solo pensiero che il ragazzo l'avesse vista addormentata sul sedile di fianco a lui e avesse deciso di togliersi la giacca per coprirla.

«Buongiorno principessa.» la prese in giro lui non appena notò che era sveglia, facendo aumentare il suo disagio.

Si stropicciò gli occhi, mettendosi seduta meglio, poi si rivolse a Dean, cercando di ritrovare un certo contegno.

«L'hai trovato?» chiese e, per tutta risposta lui indicò qualcosa oltre il finestrino: da una delle finestre del motel che stava proprio di fronte si vedeva Sam che parlava con una ragazza.

Kim tirò un respiro di sollievo, ma durò davvero poco; mentre il ragazzo di fianco a lei stava continuando ad osservare il fratello dentro la camera d'albergo, lei si guardò intorno. Ebbe appena il tempo di notare un'uomo, sul tetto, con un fucile da cecchino, che sentì i vetri della camera infrangersi.

«Ma cosa cazzo?!» gridò Dean.

«Lassù. – gli indicò lei, ma se ne pentì subito, perché nel momento esatto in cui lo disse, il ragazzo scese dall'auto e andò verso l'edificio su cui stava l'uomo di colore che aveva sparato – Dean, aspetta!» ma lui era già lontano, mentre un'altra serie di spari attirò la sua attenzione.

Quando nella camera del motel tornò a regnare la pace, Kim si sporse nuovamente fuori dal finestrino, cercando di vedere cosa succedesse nel tetto.

Dean aveva raggiunto il cecchino e lo stava colpendo al viso a suon di pugni; ma dopo due colpi ben assestati del calcio del fucile, questi riuscì a farlo svenire.

«No!» gridò lei, ma fu tutto inutile, da lì non l'avrebbe sentita nessuno.

Ragionò in fretta, nel tentativo di capire cosa potesse fare, ma il panico le aveva già preso la gola e il petto. Strinse i pugni, non poteva assolutamente perdere la sua lucidità ogni qual volta uno di quei due era in pericolo; doveva costringersi a rimanere fredda e calcolatrice. Lo sguardo le cadde sulla giacca di Dean, ancora sul suo grembo e quasi le venne da piangere per la rabbia. Con la coda dell'occhio vide l'uomo di colore portarsi via il ragazzo e lei prese la sua decisione: quasi istintivamente si infilò la giacca e si spostò dal lato del guidatore.

«Perdonami Dean.» sussurrò, sapendo che in una situazione normale il ragazzo si sarebbe arrabbiato parecchio al pensiero che qualcuno avesse toccato la sua macchina; ma lo fece solo per parcheggiarla e scendere.

«Lo sai che sei un vero idiota?!» esclamò, vedendo Sam e l'altra ragazza uscire dall'edificio.

«Kim... cosa? – stava per domandare, ma qualcosa lo distrasse, come se fosse uscito per fare altro e ciò non poteva aspettare – Dammi un attimo, ok?» fece lui, per poi prendere la stessa strada che aveva preso il fratello e salire sul tetto dell'edificio di fronte.

La ragazza fece un sospiro esasperato, seguendo i due. Prima o poi si sarebbe fatta pagare per fare da baby-sitter ai fratelli Winchester, pensò, dannando per un attimo John.

Arrivò sul luogo, che Sam aveva già trovato i bossoli del fucile e stava campando una scusa idiota alla ragazza, riguardo alla sua conoscenza un po' troppo erudita in fatto d'armi. Subito dopo lo vide prendere il cellulare.

«Chi stai chiamando?» domandò la ragazza, mentre lei li raggiungeva.

«Mio fratello. A questo punto ho bisogno del suo aiuto...»

«Sam, non ti risponderà, lui...» non finì la frase, perché contro ogni sua aspettativa, lui rispose.

«Dean! – fece Sam al suo interlocutore – Lo so, senti sono in Indiana a Lafayette. Lo sai?» domandò, per poi volgere lo sguardo verso Kim, non appena ebbe la risposta dal fratello, avendo la conferma che loro due l'avevano trovato.

«Sì, mi dispiace... Ascolta, c'è qualcuno che ce l'ha con me. Non lo so, è quello che vorrei scoprire. Dove sei? Sì, certo.» concluse, per poi chiudere la telefonata.

«Sam, Dean è...» cercò di dire Kim, ma fu interrotta di nuovo.

«...nei guai.» confermò lui.

«Cosa?» domandò l'altra ragazza confusa.

«Abbiamo un codice segreto. Ha una pistola puntata contro.» spiegò, scrivendo qualcosa su un taccuino.

«Questa mi mancava.» commentò la cacciatrice.

«Città da paura. Lo diciamo in caso di guai.»

«Hai un'indirizzo?» chiese nuovamente la ragazza, cambiando discorso.

«Sì, infatti ora vado...»

«Non ci pensare nemmeno! – lo minacciò lei, con sguardo più che severo – Non sono riuscita a impedire le stronzate di tuo fratello, te lo scordi che ne faccio fare altre a te. Ora andiamo in macchina e organizziamo un piano, nei minimi dettagli.»

«Bene... – sospirò lui – Andiamo.» fece e tutti e tre scesero dal tetto.

Non appena furono di nuovo in strada, Sam scortò la ragazza fino alla sua auto, mentre lei rimase in disparte e a debita distanza. Solo quando la macchina si allontanò e il ragazzo con passo lento e misurato la raggiunse, si permise di rimproverarlo.

«Mi dici come ti è saltato in mente di andartene in giro da solo?!» sbottò, sfogando tutta la frustrazione che aveva accumulato fino a quel momento.

«Ti sembra forse che abbia sedici anni per caso? Non è certo una tragedia se qualche volta viaggio da solo.» si lamentò lui, superandola e dirigendosi nuovamente verso il parcheggio del motel.

«Certo, e guarda cos'è successo?» ribatté lei con un ampio gesto della mano, come a indicare tutto il casino che si era creato.

«Non sarebbe successo se mi aveste lasciato fare.»

«Saresti morto se non fossimo intervenuti! – si inalberò lei, serrando i pugni – Ora per favore possiamo ordinare qualcosa per pranzo e metterci ad escogitare un piano?»


Dopo aver ordinato un paio di hamburger e due bibite, i ragazzi si misero dentro l'auto di Dean e cominciarono a parlare. Sam le raccontò di come la ragazza, che a quanto pareva si chiamava Ava, era come lui e di come attraverso una visione l'avesse visto morire in un'esplosione. Kimberly si fece raccontare ogni minimo dettaglio di ciò che gli aveva detto la ragazza, mentre il suo cervello già ragionava su come entrare in azione una volta sul luogo in cui si trovava Dean. Non fu facile pensare a una strategia che prevedesse ogni tipo di alternativa, soprattutto perché entrambi avevano compreso di non avere a che fare con la forza bruta di un demone o di uno spettro, bensì della furbizia di un cacciatore come loro. Comunque misero entrambi del loro, creando un piano a prova di bomba, quando si accorsero che stava arrivando il crepuscolo.

«Dobbiamo andare.» fece Kim, vedendo la luce del sole assumere i colori rosati dell'inizio di un tramonto.

Il giovane Winchester fece solo un cenno di testa, dopodiché mise in moto l'auto del fratello e partì.


Arrivarono sul posto che era già calato il buio da una manciata di minuti. Parcheggiarono l'auto a qualche chilometro dall'edificio abbandonato, come avevano prestabilito, dirigendosi verso la catapecchia a piedi.

«Sicuro che l'indirizzo sia questo?» sussurrò Kim, caricando la pistola.

«Sicuro.» rispose il ragazzo, lanciando un'ultima occhiata al foglietto che aveva in mano e accartocciandolo.

Si avvicinarono di soppiatto, stando attenti a non calpestare la miriade di spazzatura che c'era tutto intorno, per non fare alcun rumore. Arrivati alla parte frontale della casa si chinarono per vedere tra le travi di legno che coprivano una finestra.

I battiti nel petto di Kim accelerarono, nel vedere Dean legato a una sedia e imbavagliato; grazie a Dio stava bene. Poco più in là, il cacciatore di colore se ne stava seduto, con sguardo serio, mentre imbracciava il fucile.

Distolsero lo sguardo dall'interno della casa, scambiandosi un'occhiata complice, dopodiché con un paio di gesti decisi, la ragazza fece segno a lui di tornare indietro e passare dal retro, ricordandogli con lo sguardo di fare attenzione; mentre lei, andò ad appostarsi dietro la porta principale, pronta a irrompere non appena avrebbe sentito l'esplosione.

Le sembrò quasi un'eternità. Sentiva tutti i muscoli tesi e all'erta, la salivazione quasi inesistente, per non parlare del ritmo frenetico del suo cuore che sembrava pulsare fin sopra le orecchie. Di appostamenti e irruzioni per la caccia ne aveva fatti tanti, ma mai si era sentita così in ansia per l'incolumità di qualcuno: forse perché sapeva che se avrebbe perso loro, allora avrebbe perso tutto.

All'improvviso un boato, proveniente dal lato opposto dell'edificio le diede il segnale per agire e con un calcio aprì la porta, nello stesso momento dell'esplosione, in modo che nessuno si accorgesse di lei.

Sentì il grido soffocato di Dean e improvvisamente percepì quella maledetta stilettata al cuore, ma rimanendo fredda e concentrata serrò entrambe le mani sulla pistola e si fermò, nel momento esatto in cui l'altro uomo disse che non era ancora il momento.

Una seconda esplosione li sorprese, o meglio a lei la sorprese in parte. Con Sam avevano ipotizzato che l'uomo avrebbe potuto avere un piano B e per questo motivo si erano preparati anche in quel caso. Chiuse gli occhi, pregando che il ragazzo avesse seguito il piano alla lettera e soprattutto che l'aguzzino si allontanasse in modo da permetterle di intervenire.

«Scusa Dean.» lo sentì dire, mentre la polvere e le schegge sollevate dall'esplosione si depositavano nuovamente sul pavimento lurido e il ragazzo cominciava ad agitarsi sulla sedia.

Si sporse leggermente verso l'interno della stanza, continuando però a non farsi vedere. Dean stava bene, non fosse per il fatto che aveva l'aria disperata, forse preoccupato che il fratello fosse davvero morto in una delle due esplosioni. Lei comunque, anche se l'altro cacciatore si era allontanato, non poteva ancora uscire allo scoperto, non fino a quando l'unico rumore nell'abitazione fosse stato il lamentarsi del ragazzo ed il suo muovere la sedia freneticamente.

«Mettilo giù adesso.» la voce di Sam rimbombò da un lato all'altro delle pareti di quella casa fatiscente e, mentre il fratello si voltava indietro, lei entrò nella stanza.

«Dean.» sussurrò, togliendogli per prima cosa il bavaglio.

«Kim... Cosa?» domandò, ma non ebbe il tempo di dire altro. I rumori dall'altro lato della stanza si fecero più intensi e chiassosi ed entrambi furono sicuri che Sam e l'altro se le stessero dando di santa ragione.

«Stai tranquillo. – disse a mezza voce lei, cominciando a slegargli i polsi dai braccioli della sedia; il tutto mentre lui cercava di voltarsi indietro, per vedere cosa stesse accadendo – Se la sa cavare, stai tranquillo.» ribadì lei, mentre passava alle gambe, vedendolo sempre più nervoso.

In un attimo calò di nuovo il silenzio, proprio mentre aveva sciolto l'ultimo nodo che teneva il maggiore dei Winchester legato alla sedia. Il ragazzo era già pronto ad andare ad aiutare il fratello, ma lei lo afferrò per il polso, bloccandolo.

«Cosa fai? Devo andare a...»

«Sam, ci siamo!» esclamò lei, alzando il tono di voce. Si sentì un forte colpo e poco dopo il ragazzo apparve dalla porta che dava sulla stanza. Aveva alcune ferite al viso, segno di una degna scazzottata, ma nulla di grave. Questo però non fece di certo piacere a Dean che con uno strattone fece mollare la presa alla ragazza, pronto ad andare a prendersela con chi aveva fatto del male al suo fratellino.

«Figlio di puttana!» disse tra i denti.

«Dean, no.» lo fermò Sam, solo con un richiamo.

«L'ho lasciato vivo una volta, non farò lo stesso errore.» disse lui, in preda alla rabbia.

«Fidati di noi, Dean. – insistette lei – Andiamo via.» aggiunse, cominciando a tendere le orecchie. Se la polizia, che avevano astutamente chiamato prima di arrivare sul luogo, li avesse trovati lì assieme all'uomo, sarebbero sicuramente stati arrestati anche loro e, visti i precedenti dei fratelli, non era affatto conveniente.

Non ebbero però nemmeno il tempo di lasciare il giardino pieno di spazzatura e rovi della casa che un colpo di pistola fendette l'aria. I tre cominciarono a correre, scappando dal cacciatore che, folle di rabbia, stava sparando ripetutamente con due pistole. Attraversarono la strada, tuffandosi dietro una siepe, mentre i colpi continuavano a mancarli di poco.

«Ho fatto male a darvi retta.» protestò il ragazzo, innervosito.

«Fidati di noi stavolta.» insistette Sam e in quell'esatto momento le auto della polizia arrivarono, accerchiando l'uomo proprio in mezzo alla strada.

«Getta le pistole e mettiti in ginocchio, subito!» esclamò un poliziotto non appena scese dalla volante, puntandogli a sua volta l'arma di servizio contro.

«Com'è possibile?» domandò allora Dean, osservando attraverso il fogliame Gordon che veniva arrestato e i poliziotti che trovavano tutto il suo armamentario.

«È stata un'idea di Sam.» sorrise lei divertita.

«Una soffiata anonima.» puntualizzò il ragazzo.

«Davvero un cittadino responsabile il mio fratellino.» commentò allora lui.

Rimasero dietro la siepe, ben nascosti per parecchi minuti, fino a quando anche l'ultima volante della polizia non si fu allontanata. Dopodiché si tirarono su, scotolandosi un po' di terra dai vestiti, cosa praticamente impossibile.

«Ti sei messa la mia giacca?» commentò il maggiore, notando com'era vestita. In un attimo si sentì nuovamente avvampare e in un gesto veloce fece per togliersela di dosso, ma lui la fermò.

«Tienila. – disse con un tono indecifrabile, dopodiché tornò il Dean di sempre – Non so voi ragazzi, ma io ho una fame da lupi.» e mise le braccia attorno alle spalle di entrambi, cominciando a camminare verso l'auto che si notava più avanti.

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