17 - Scappare dai maniaci o dalle visioni? ✔
Individuai l'albero più vicino e mi ci misi dietro.
Rilasciai l'aria dai polmoni e mi accorsi solo in quel momento del fiato trattenuto che formò un pizzicorio fastidioso nella gola, per poi espandersi nel resto delle vie respiratorie.
Feci lunghi respiri e iniziai a contare i numeri primi. Era una cosa molto bizzarra, ma quando ero particolarmente in ansia dovevo farlo per farmi stare un pochino meglio.
2, 3, 5, Respiro più profondamente per poi rilasciare l'aria dalla bocca e chiudere gli occhi.
7, 11, 13, 17, 19.
Il rimbombo si fece molto più vicino e vidi da dietro gli alberi una figura che agilmente sfrecciava tra di loro.
Iniziai a contare più velocemente: 23, 29, 31, 37, 41, 43, 47, 53.
Calmati.
Espira, inspira. Espira, inspira.
Una volta che mi calmai vidi che da dietro l'albero in cui stavo, la visuale non era un granché così mi spostai in quello affianco.
Era già meglio.
Vidi una persona che frenò bruscamente per poi portare la bellissima moto dietro la casa.
Scese e mi sembrò un uomo.
Aveva gli occhi bassi e metteva apposto il casco nella vettura scura notte.
Alzò il capo e si diresse verso l'entrata della porta.
Contro ordine, sembrava più un ragazzo con capelli neri o marrone scuro, non si distinguevano da questa distanza e dalla poca luce, scompigliati per via del casco, ricci, mentre per l'altezza era alto, anche se chiunque può essere più alto di me, e le spalle non erano incurvate verso il basso.
Una volta avevo accompagnato mio fratello ad una lezione di fisioterapia, visto che si era slogato una spalla e non riusciva più a muovere il braccio, o per lo meno non riusciva più ad alzarlo e fare delle mosse che per noi risultano estremamente semplici.
In quell'ora ci avevano insegnato cose importanti che legavano il comportamento e la forma delle spalle. Di solito una persona timida non ha spalle rivolte verso gli altri ma principalmente chiuse, incurvate verso se stesso, mentre é il contrario per le persone estroverse.
Lui non aveva le spalle incurvate.
Non riuscivo a vedergli gli occhi. Però aveva un viso stranamente famigliare. Perchè mi sembrava di averlo già visto? In realtà non mi sforzai neanche di ricordare chi fosse visto che la mia memoria in quel momento si era resettata.
Cercai di mettermi in una posizione dove lui si potesse vedere meglio e io possa anche, un minimo, essere comoda.
Mi abbassai e misi le gambe vicino petto, seduta contro la corteccia dell'albero con la schiena rivolta verso la superficie rigida e irregolare. Mi sporsi un po' ma non riuscii a vedere più nessuno. Era entrato in casa, credevo e speravo.
Mi guardai un po' intorno per analizzare meglio la situazione. Sentivo solo il rumore del mio cuore che velocemente si scagliava contro le ossa che lo proteggono. Un rumore sordo che si faceva sentire già da dentro le orecchie. La sensazione era la stessa che abbiamo provato almeno una volta da piccoli: siamo ad una festa e ci stiamo scatenando a più non posso ridendo come bambini davvero felici e ignari di ciò che li circonda. Poi per un attimo ti sdrai sfinito accanto alla vasca di palline che fino a poco prima era occupato da te e i tuoi amichetti che giocavate a lanciarvele a dosso, senza violenza e guardi in alto la rete che ti protegge e che continua ad espandersi anche lungo al tuo fianco e tutto intorno a te, per proteggervi dalla serietà che emanano i genitori.
Senti tutte le gocce di sudore impregnate di divertimento che si spargono e cadono sulla superficie plastificata lucida che ti sorregge, una raggiunge perfino una pallina di plastica colorata tracciando metà della sua circonferenza per poi cadere sporca nella vasca e chissà dove andando a finire. Il cuore ti scoppia e ti senti stanco ma sei felice e mentre qualcuno ti raggiunge, si sdraia accanto a te, facendoti compagnia e spronandoti ad andare con lui sui gonfiabili, allora lì, ti asciughi velocemente il sudore dalla faccia e con i vestiti bagnati di sorrisi ricominci a correre verso la tua prossima avventura.
In quell'attimo che ti riposi senti il cuore pompare il sangue ad un ritmo veloce ed irregolare, come il tuo respiro, ma con un sorriso.
Mi concedo qualche secondo per rinfrescarmi la mente con un ricordo un po' sfocato, pieno di contorni neri e particolari non colorati, per poi ritornare alla misera realtà che ci annoia forse da troppo tempo e ricordare che in quel momento, non stavo affatto sorridendo.
Ricomincia a guadare a destra e a sinistra, ma non vedevo più nessuno, ancora. Accidenti.
Dopo aver controllato l'ora decisi di alzarmi dal terreno, rassegnata, con del fango, ormai asciutto, sul fondo schiena, quando una porta sbattuta con violenza e dei passi mi immobilizzarono all'istante.
Sgranai gli occhi dallo sgomento improvviso e drizzai le orecchie per cercare, in modo insolito, di sapere dove si trovasse. A grandi falcate il ragazzo da gli occhi misteriosi, si diresse in questa direzione, o così almeno credevo dal rumore delle foglie secche.
Merda.
"C'è qualcuno?" Voce profonda ma in questo momento si sentiva la traccia di paura presente nella voce. Non mi stupii che fosse preoccupato, la cosa mi sembra leggermente ovvia visto che poteva essere stato chiunque ad entrare in casa sua e aver rubato chissà cosa. Il mio battito cardiaco aumentò e se non mi fossi ritrovata in ospedale per un infarto forse, ci sarei andata per frattura della cassa toracica, stupido cuore.
"Ho detto: c'è qualcuno?" Continuò sempre urlando con quel pizzico di angoscia presente.
Devo imparare che se mi ritroverò mai in una situazione di pericolo e sarò da sola, se come una cretina mi mettessi ad urlare chi c'è? o c'è qualcuno? in un bosco o in una cantina, il serial killer non potrà mai rispondermi con:
si ci sono io, sono un assassino e sto cercando un modo efficace per ucciderti, grazie dell'interesse e buona morte.
Sospirai; si trovava a tre piedi di distanza dall'albero in cui mi ero nascosta e dovevo trovare in pochissimi secondi una tattica funzionale per scappare e non essere uccisa, anche se l'idea che fosse un maniaco pedofilo si era dissolta nei rivoli di sudore che scendevano sulla pelle.
Piano piano i suoi passi incerti si allontanarono sempre di più e io ne approfittai per scappare.
Il piano consisteva nel passare da un albero all'altro senza essere vista e una volta di fronte al fiumiciattolo, ed essere finalmente libera, scappare per poi non tornare mai più, ma ovviamente non andò tutto per il verso giusto...
Nel mentre che mi dirigevo nell'albero affianco a quello in cui stavo, un ramoscello si posizionò sotto la suola della mia scarpa destra così da essere spezzato e fare rumore nell'attimo in cui neanche il vento c'era.
Questo mi costerà caro.
Sperai che non avesse sentito niente e visto che si trovava lontano da qui, speravo pensasse si fosse trattato solo di un animale selvatico che gironzola a da queste parti.
Nel mentre che pregavo e qualcuno da lassù rideva di me, il rumore delle foglie calpestate raggiunse le mie orecchie, anche se con un suono ovattato e distante.
Imprecai a bassa voce e lanciai le peggio parolacce, ma poi capii ciò che dovevo fare per non rischiare di andare in riformatorio:
correre più veloce che potevo.
***
Sbattei infuriata la porta in legno massiccio di casa e quasi volai per le scale, no non avevo ancora bevuto la RedBull.
Presi velocemente una banconota da 20$ dollari e cercando di non cadere per le scale e rompermi l'osso del collo, riaprii il portone e violentemente lo richiusi proprio dietro le mie spalle.
Ero arrabbiata, no, infuriata, no meglio ancora, ero diventata la reincarnazione di Hitler.
Poi avevo una fame che l'avevo fatto sentire fino all'Australia per quanto la mia pancia emetteva borbotii.
E poi, Lui.
Mio Dio, quel maledetto ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome, mi aveva fatta trasformare in una bestia.
Per lui ero quasi morta di infarto, di fame, avevo rischiato di finire in riformatorio e poi mi creò anche un danno emotivo. Però non ero morta, in quel momento mi stavo incamminando al fast food che distava venti minuti dalla mia scuola, per fortuna non c'era la polizia che mi cercava ma, il buco nel petto rimaneva a farmi compagnia.
Avevo dovuto per forza correre e ora sto rimpiangendo la mia azione.
Sentivo i passi che aumentavano sempre di più, intuii che mi aveva sentita e mentre lanciavo parolacce l'unica soluzione che dovetti escogitare in qualche secondo fu quella di correre.
Presi un respiro profondo mentre dei brividi mi percorsero dalle gambe alla schiena e altri ancora si espansero dalle mie estremità verso il centro del mio corpo.
Socchiusi gli occhi e le scariche di adrenalina si fecero potenti, ero pronta, tranne emotivamente.
Ma decisi di accantonare i sentimenti e dopo che urlò, "Chi sei? Voltati!" quello fu il mio via.
Le mie gambe si muovevano in perfetta sincronia con gli occhi per individuare gli alberi e schivarli prontamente. Sentivo i suoi passi dietro di me e la presi come una sfida visto che anche lui stava correndo, ma era lento per me. Anche se non correvo più come una volta non significava che non sapessi più farlo.
Nel mentre delle sue urla e dei rumorosi respiri affannati in me ci fu un attimo di debolezza, rividi il mio eroe, la mia spalla destra, accanto a me.
Correva anche lui sorridendomi nel mentre che i suoi capelli biondi cenere, sempre scompigliati, si muovevano in tutte le direzioni, schivava insieme a me gli ostacoli marroni che ci ritrovavamo davanti.
E Sapevo che lui non era reale, ma per un momento avevo avuto voglia di sfruttare l'occasione di averlo lì accanto a me.
"Piccoletta non riesci ancora a raggiungermi guarda un po'."
Sorrideva teneramente e quelle sue fossette mi catturarono ancora. Aumentai la velocità e lui iniziò a ridere. E' sempre stato il ragazzo allegro e amico di tutti, scherzoso quando serviva e serio e educato al momento giusto. Lui non aveva mai provato la sensazione di essere fuori luogo, quella ero io.
Si posizionò avanti a me e intravidi di nuovo dopo tanti sogni il suo bel culetto. Andava spesso in palestra ma non era un pompato, era un normale palestrato.
Sorrisi al ricordo, gli dicevo sempre che le ragazze si inchinavano ai suoi piedi per la bellezza disarmante che aveva, ma anche per il suo fisico, in particolare il fondoschiena descritto da me con gli aggettivi 'rotondo' e 'sodo'.
In quell'istante mi dimenticai del fatto che c'era un ragazzo che mi inseguiva, del fatto che sentivo delle cose bagnate e calde, che quasi mi pungevano la pelle, scendere dirette sulle guance, mi dimenticai del fatto che vedevo mio fratello, ma che era solo nella mia immaginazione e mi dimenticai del vuoto e del pienezza che mi svuotava e che mi riempiva, per il miscuglio di emozioni che provavo continuamente e che come un loop cambiavano.
Sentii solo le sue risate annebbiarmi la mente e i miei piedi che stavano per volare per la troppa velocità, per poi ritrovarmi all'improvviso catapultata fuori dalla alta vegetazione, di nuovo nel solito parco ma non c'era più nessuno con me, ne il tizio inseguitore e nemmeno il mio fratellone Dylan dalle magliette solo con gli stemmi delle rock band, famose o meno che siano. Mi ritrovai anche senza i piedi e un polmone, ed ero sola, ma come sempre d'altronde.
Con gli occhi che tentavano di far uscire quel liquido da me tante volte maledetto, ma come sempre gli impedì di strabordare fuori, spinsi non delicatamente la porta di vetro del Mc ed entrai.
Alla fine non mi andava di fare tanta strada visto che poi Spring Flowers era sempre piena di persone che girano da una parte ad un altra soprattutto al centro del mio quartiere, in cui dovevo inizialmente arrivare.
Ordinai velocemente, anche se c'era un massa enorme di teste di qualsiasi colore, però la fila alle ordinazione era stranamente vuota.
Aspettai quei pochi minuti che preparassero il tutto e finalmente avevo il piatto stracolmo di cose dannose per la salute, ma buone per la gola. Osservai il cibo con gli occhi a cuoricino, almeno questi mi risolleveranno il morale.
Innamorata continuavo a fissare quelle squisitezze per poi vedere inaspettatamente me e subito dopo delle patatine volare.
"Noooo, le mie bambine." Urlai esasperata, piagnucolando alla visione di quello scempio che avevo formato sul pavimento.
Alcune persone guardarono la scena divertiti, ma cosa c'era di divertente se le patatine non posso essere più commestibili.
Mi girai e mi abbassai per raccogliere alcune delle mie piccole gialle contenitrici di buon umore quando una voce familiare mi distrasse.
"Dedde?"
Solo una persona mi aveva da sempre chiamata così.
"Demon."
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