Capitolo 5
È buio, fa freddo, ho paura. Sono coricata di nuovo sul lettino dell'ospedale della volta scorsa. Come la volta precedente non vedo e posso solo ascoltare quello che viene detto. Sento delle voci. Stesso uomo e stessa donna della volta passata.
"Perfetto. Un ottimo lavoro. Devo dire un ottimo lavoro."
"Signore... a me tutta questa storia non convince per niente. Come fa quell'oggetto a funzionare?"
"Sfrutta la rabbia della ragazza. Quando ci daranno l'ordine di attivare il microchip noi lo faremo. La prima volta che la ragazza si arrabbierà l'oggetto si attiverà. Non si preoccupi signorina. Abbiamo fatto un ottimo lavoro. Già, proprio un ottimo lavoro."
"Questo oggetto la renderà migliore?"
"Ovvio. Migliorerà tutto in lei. La renderà l'essere perfetto. Così perfetto da poter combattere le malattie. Se il soggetto sopravvive potremo salvarci tutti."
"Ne dubito. La ragazza non è proprio delle migliori. Perché la C.A.T.T.I.V.O. ha scelto proprio lei?"
Drizzo le orecchie. La C.A.T.T.I.V.O. Questo mi interessa molto più che da vicino.
"Semplice. Non se lo ricorda più?"
"Oh, già. Ovvio. Mi era passato di mente."
Tra i due cala il silenzio finché la donna non accenna nuovamente a cominciare un nuovo discorso.
"Quando la porteranno via?"
"Domani suppongo. Non abbiamo tempo da perdere. Prima tutto questo finisce, meglio è."
Sento che i due continuano il discorso, ma inizio a percepire qualcosa che mi risucchia all'indietro. Mi sto svegliando, sto tornando nella Radura in mezzo a quei ragazzi.
"Non voglio! Lasciatemi qui!" Cerco di aggrapparmi con tutte le forze al sogno. Poi sento nuovamente quella voce che mi aveva parlato prima che io svenissi.
"Andrà tutto bene. Devi solo stare zitta. Loro ti faranno delle domande, tu dovrai tacere. Ricordati quello che ti accadrà se non lo farai. Ora lascia che ti risvegliamo. Andrà tutto bene."
Quelle parole sono molto convincenti e la voce suadente non mi lascia scelta. Mi arrendo a quei pensieri scivolando nel buio.
***
Mi sveglio di scatto aprendo gli occhi, mi drizzo a sedere e riprendo a respirare. È già la seconda volta che mi capita di smettere di respirare. È come se andassi in pausa, come i computer. È giorno e mi accorgo di essere seduta su un letto in una stanza in legno. Attorno a me non c'è nessuno, ma subito fuori dalla porta sento passi di persone che stanno salendo le scale. Ecco di nuovo in un attimo tornare la paura, impetuosa come le onde del mare. La porta si apre di scatto. Due ragazzi grandi e grossi entrano nella piccola stanza. La mia vista se ne va di nuovo, lasciandomi in un mondo pieno di colori senza senso. Le immagini sono deformate e i due ragazzi, che un attimo mi parevano normali, ora sono diventati mostruosi e orribili. Retrocedo all'indietro strascicandomi sulle coperte.
"Andate via, andate via! Non ho fatto niente, sono stata zitta, andate via!"
La mia vista deve essere peggiorata ancora perché ora vedo i ragazzi trasformarsi sotto i miei occhi, assumendo forme stravaganti e insensate.
I due fanno un passo indietro uscendo dalla stanza, li sento allontanarsi scendendo le scale di corsa. Rimango paralizzata dalla paura con la schiena premuta contro il muro della camera e le ginocchia strette al petto. Inizio a tremare esattamente come la volta scorsa. La mia vista non accenna a migliorare, anzi ora oltre a vederci strano vedo pure sfocato. Devono aver avviato l'esperimento. Diventerò un mostro e verrò lasciata da sola a marcire.
Chiudo gli occhi proprio nel momento in cui sento aprirsi nuovamente la porta. Questa volta i ragazzi che entrano mi sembrano famigliari. Mi pare di distinguere Newt, Minho, Alby e forse anche Gally. Riapro gli occhi di scatto e inizio a tremare ancora più forte.
"Lasciatemi stare. Non posso parlare, devo stare zitta. Andate via, andate via..."
La mia voce è ridotta ad un sussurro, ma i ragazzi hanno sentito.
Vedo avvicinarsi quello che credo sia Newt.
"Stai tranquilla... te l'ho già detto... andrà tutto bene... non devi parlare se non vuoi... non ti chiederemo niente..."
La sua voce è calma e mi sento leggermente meglio, quel momento di calma però dura poco.
Vedo il ragazzo avvicinarsi a me e afferrarmi le braccia con delicatezza. La paura cresce ancora di più dentro di me. Ho paura di far male a quelle persone che non possono farci niente se io sto male.
"Lasciami andare. Sono un mostro, lasciami andare... rischio di farti del male. Lasciami andare."
Parlo piano per paura che quelli della C.A.T.T.I.V.O. possano sentirmi. Sono consapevole del fatto che quelle persone sono dentro la mia testa e che ormai non c'è più niente da fare per me. Vedo che gli altri tre ragazzi si sono mossi leggermente verso di me. Hanno le braccia - o quelle che credo siano braccia, la mia vista è ancora molto precaria - tese verso di me, quasi dovessero afferrarmi. Quella gente vuole aiutarmi e io non posso essere loro d'aiuto.
Newt si è avvicinato ancora a me e ormai riesco a sentire il suo respiro e vedere il suo petto alzarsi e abbassarsi regolarmente. Decido di parlare anche se so che non devo farlo.
"Newt, ho poco tempo. Hanno avviato il microchip. Mi faranno diventare l'esperimento, quello che dovrei essere."
Sento un forte dolore alla testa, urlo, poi tutto si fa buio e io svengo di nuovo.
***
Mentre sono svenuta non sogno niente. Attorno a me c'è solo oscurità e l'unica cosa che sento è la stessa voce suadente che da due giorni mi parla nella testa. Continua a ripetermi le stesse cose quasi salmodiando una cantilena.
"Sta zitta. Andrà tutto bene. La C.A.T.T.I.V.O. è buona. Sta zitta. Andrà tutto bene. La C.A.T.T.I.V.O. è buona. Sta zitta. Andrà tutto bene. La C.A.T.T.I.V.O. è buona."
La voce non si ferma mai, nemmeno per riprendere fiato. Continua a ripetere e ripetere questa frase. Stupidamente provo a tenere il conto di quante volte sento quelle parole, ovviamente non riesco nel mio intento. Se non mi risveglio impazzirò di sicuro. Come fare però? Provo a pensare al mondo esterno cercando di aprire gli occhi, ma non funziona. Poi mi viene in mente una cosa: quando fai un incubo di solito ti svegli. Provo a ricordare quei sogni che ho fatto. La paura inizia ad arrivare zitta zitta. Cerco di pensare a cose orribili e di aprire gli occhi: dopo infiniti tentativi di spaventarmi da sola e di fare incubi riesco nel mio intento. La voce per tutto questo tempo ha sempre ripetuto le stesse cose, senza mai fermarsi. La sento diminuire sempre più, fino a quando rimane solo più un sibilo lontano a infastidirmi. Faccio un ultimo sforzo e finalmente, dopo quelle che mi erano parse ore, riesco ad aprire gli occhi.
***
Mi ritrovo nuovamente nella stanza di legno, ma questa volta è notte fonda. Mi tiro su e scendo dal letto. Stranamente mi sento bene, quasi fossi stata ricaricata. Appena mi ritrovo in piedi cerco di trovare un posto in cui andare. La stanza in cui mi trovo mi incute paura, forse perché ho passato dei brutti momenti chiusa qui dentro. Mi incammino verso la porta aprendola piano. Mi affaccio per vedere se c'è qualcuno di guardia. Corridoio vuoto. Perfetto. Esco definitivamente dalla stanza e mi incammino verso le scale che vedo a poca distanza da me.
Il pavimento è in legno e le assi non sono delle migliori. A ogni passo che faccio sento scricchiolii che spaccano il silenzio in modo assordante. Pian piano, senza cercare di far troppo rumore, riesco ad arrivare alle scale. Quest'ultime non sono in uno stato più decente del pavimento, così mi tocca far piano. Passo dopo passo scendo le scale e mi ritrovo in un grande salone dove ci sono diversi corpi dormienti ammucchiati uno accanto all'altro. Passare lì in mezzo sarebbe una follia, così mi metto a cercare una finestra da dove poter uscire. Ne vedo una a poca distanza da me. A separare l'oggetto da me ci sono tre ragazzi addormentati.
Faccio un bel respiro profondo e poi raggiungo il primo ragazzo.
Tra quello che ho davanti e il secondo più in là, c'è un piccolo spazio dove, con fortuna, riesco ad appoggiare un piede. Tenendomi sempre in equilibrio poggio un altro piede davanti a me, fra il secondo e il terzo ragazzo. Quest'ultimo grugnisce rumorosamente per poi voltarsi dalla parte opposta. Tiro un sospiro di sollievo. Faccio ancora un passo avanti e mi ritrovo finalmente davanti alla finestra. Stranamente è una delle poche che può aprirsi. Le altre sono tutte fisse ai muri. Con calma senza far rumore spingo la maniglia verso l'esterno e magicamente la finestra si apre.
L'aria notturna mi travolge; inspiro a pieni polmoni, dopodiché attraverso lo spazio che mi separa dall'esterno.
I miei piedi toccano l'erba soffice del prato facendomi sentire decisamente meglio. Chiudo la finestra alle mie spalle e mi incammino il più lontano possibile dal Casolare. Davanti a me ci sono alcuni campi coltivati, un grosso silo e una costruzione simile a una stalla. Mi dirigo verso quella zona. Stranamente sento una grande energia dentro di me, e non una grande stanchezza. Altra cosa strana: non sono andata verso la foresta questa volta. Non sento il bisogno di recarmi in quella zona per poi aspettare che arrivi il giorno. Sento di dover tenermi occupata facendo qualcosa di utile.
Non sono sicura di quello che mi sta accadendo, ma di sicuro centra qualcosa con le persone che mi hanno fatto tutti quegli esperimenti. Forse era questo che intendevano con perfetta: mi hanno reso utile a qualcosa, proprio come dovrebbe essere una persona.
Smetto di fare pensieri strani e noto qualcosa di particolare, il cielo: vedo le stelle, puntini bianchi in mezzo al cielo blu notte, ma non riesco a vedere la luna. Non ci bado più di tanto, però: questo posto è tutto un po' strano così come la gente che ci abita, compresa me. Continuo a camminare finché non raggiungo la stalla.
Dentro ci sono diversi animali come mucche, pecore e maiali. C'è anche un cane, per la precisione credo sia un Labrador. Come faccio a saperlo? "Uff..." Sbuffo infastidita.
Cerco di scacciare quella domanda e torno a guardare il cane. È tutto nero e appena mi vede mi corre incontro scodinzolando. Lo accarezzo sulla testa; lui tutto felice mi lecca la mano.
Dopo aver coccolato il cane per un altro po' mi dirigo verso l'uscita della stalla. Ci sono diversi attrezzi da lavoro nei campi. Più in là c'è persino un pollaio. Tutti questi animali e le costruzioni che ci sono qui attorno dovevano già esserci quando i ragazzi sono arrivati nella Radura. Come avrebbero fatto a costruire tutto altrimenti? Mi ritrovo a pensare che chiunque ci abbia segregati qui, deve aver reso questo posto strano apposta.
Dopo aver gironzolato per i campi e vicino al silo mi metto all'opera. Non ho la più pallida idea del perché ho tutta questa voglia di rendermi utile, però mi fa sentire bene. Vedo che ci sono diverse cose, come strumenti da lavoro, sistemate male, così le rimetto a posto. Noto che gli animali non hanno cibo a sufficienza nelle loro mangiatoie, così ci metto del foraggio e roba simile, all'interno di ognuna. Il cane continua a seguirmi dovunque io vada e questo mi fa sentire meno sola.
Mentre sto finendo di mettere il mangime delle galline al suo posto vedo che il cielo si sta schiarendo preannunciando un'altra giornata. Accanto a me c'è una tinozza con dentro dell'acqua; mi ci sciacquo le mani, poi sporgo la testa fuori dalla stalla. In giro non c'è ancora nessuno, così mi appresto ad andarmene di lì. Il cane si ferma sull'uscio; gli faccio un'ultima carezza sul muso ricambiata da una leccata, poi mi dirigo verso la foresta.
Sono quasi arrivata a destinazione quando sento un forte rumore. Sto passando rasente ai muri così mi accorgo di quello che sta accadendo. L'imponente barriera di cemento si sta aprendo scoprendo un lungo corridoio che si dirama in diverse direzioni. Rimango sorpresa da quello che sta accadendo. Vedere quel gigantesco muro dividersi in due è veramente spettacolare. I ragazzi che abitano qui da più tempo di me pensano che sia orribile vivere nel Labirinto, io lo trovo, sì orribile e strano, però non è poi così male. Lo trovo quasi piacevole...
Mi riscuoto dai miei pensieri; come posso pensare una cosa del genere? Quella voce nella testa deve avermi fuso il cervello e cambiato le idee.
I miei pensieri strani, confusi e senza senso, vengono interrotti da una voce. "Ehi carcerata, cosa ci fai qui?"
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