Capitolo 4
La lucertola schizza via correndo giù dall'albero. La vedo sparire nel folto sottobosco della foresta. Ma che razza di posto è questo? Lucertole metalliche, mostri assassini, un immenso labirinto... Per la centesima volta mi domando come posso essere finita qui. Provo a dare una risposta ai miei dubbi, ma soprattutto ripenso al sogno che ho fatto questa mattina. Non riesco a collegare quelle voci e ciò che ho sentito con un ricordo. Sembra che la mia testa sia bloccata e che tutti i ricordi siano nascosti da una password che io non ho. È la sensazione più fastidiosa che io abbia mai provato. Persino peggiore di sentire Gally parlare. Non riuscire a ricordare mi pare insensato e mi fa arrabbiare un sacco. Immersa nella frustrazione, appollaiata su quell'albero, non mi rendo conto che la giornata sta passando velocemente. In un attimo mi ritrovo immersa nel crepuscolo che precede la sera, così decido di scendere dal mio nuovo nascondiglio per dirigermi verso il Casolare.
Vedo che i ragazzi si stanno già avviando da Frypan. Tutto si ripete esattamente come a pranzo. Mantengo un passo lento arrivando per ultima, mi metto in coda e dopo aver preso da mangiare mi incammino verso il solito tavolo vuoto. Questa sera a cena c'è una brodaglia: zuppa di verdure. Mangio tutto lentamente fino a quando sento qualcuno sedersi davanti a me. Smetto immediatamente di mangiare e alzo lo sguardo.
Il mio caro complice e il suo amichetto Minho sono davanti a me. Non ho per niente voglia di parlare, così mi limito a salutarli con un cenno del capo. Evidentemente non sono soddisfatti.
"Alby a forza di parlare ti ha tolto le parole di bocca?" Domanda Minho con voce scherzosa.
"Diciamo che non sono in vena di chiacchierare stasera." Rispondo secca.
"Problemi con il galletto?" Domanda Newt voltandosi verso Gally. L'Intendente sta guardando verso di me insieme a un gruppo di compari. Sembra alquanto arrabbiato.
"No. Sarebbe il minimo."
Distolgo lo sguardo dal ragazzo e torno a mangiare la zuppa. Passa nemmeno un minuto da che ho finito e tornano le domande.
"Ehi pive, se c'è qualcosa che non va ne possiamo parlare..." Inizia Newt.
Il germe della rabbia si insidia dentro di me e sboccia con violenza.
"Certo che non va bene! Mi risveglio in un ascensore, arrivo in un labirinto circondato da mostri assassini, non mi ricordo niente della mia vita, faccio sogni strani e voi mi chiedete come va, come se niente fosse?!"
Dico tutto in un sussurro per non farmi sentire dagli altri. Mi accorgo di aver parlato fin troppo. Poi mi alzo dal tavolo molto presto rispetto al solito, poso la ciotola accanto alle poche altre e mi incammino verso la foresta.
Ora non sono solo infuriata, di più. Come pensano di comportarsi in questo modo?!
"Stupidi, rozzi, idioti, certo che gli hanno segregati qui! Nessuno vorrebbe stare con gente così insensibile." Dico tra me e me arrabbiata nera.
Sento che mi stanno seguendo, così mi ritrovo a camminare velocemente. Sento che le persone dietro di me si stanno avvicinando. Ho già una mezza idea di chi siano. Ma sì, che mi dicano tutto quello che vogliono, li ignorerò finché non si stuferanno.
"Ehi fermati! Pive fermati!"
Di nuovo quella parola, pive. Se sta per pivello, cosa molto probabile, spacco la faccia a chi mi ha chiamato così. Mi giro di scatto. Come avevo sospettato sono quei due. Minho e Newt. Possibile che non mi lascino stare? A parlare è stato Minho.
"Smettila di fare la bambina e abbi il coraggio di parlare con gli altri dei tuoi problemi. Magari sono cose importanti."
Il ragazzo orientale deve essere un osso duro.
"Già perché a voi non frega niente della gente che c'è qui. So come sono quelli come voi: siete tutti 'ti aiuteremo, non ti preoccupare' poi, appena avete ottenuto quello che volete, vi lasciate tutti alle spalle a morire! Smettetela di dire che vi frega qualcosa di quello che penso! È una bugia. Abbiate voi il coraggio di ammetterlo."
Mi giro nuovamente ancora più arrabbiata di prima. Questa volta è Newt ad avvicinarsi a me.
"Kim ti possiamo aiutare. Non lo dico solo per me, ma anche per te. Anche tu hai interesse ad andartene di qui. Tu non conosci niente del Labirinto, noi sì. Tu magari nei tuoi sogni hai ricordato qualcosa di importante. Qualcosa che può aiutarci."
Mi accorgo che la sua mano mi sta tenendo il polso. Con un gesto brusco mi libero dalla stretta.
"Ti interessa veramente saperlo? Lo so che appena avrò finito di parlare mi lascerete a marcire da qualche parte. Saranno solo fatti vostri. Non accetterò la vostra compassione e me ne andrò di qui appena succederà. Di questo non dubitate."
Lo guardo dritto negli occhi. Lui rimane calmo mentre Minho si avvicina a noi.
"Era un sì?" Domanda l'orientale.
Non parlo e continuo a fissare Newt finché lui non abbassa lo sguardo.
"Sì" Rispondo secca.
Mi incammino verso la foresta seguita da quei due. Attraverso il cimitero e arrivo nel mio solito angolo ormai diventato la mia "casa". Mi siedo a terra e aspetto che anche i ragazzi lo facciano. Appena ci troviamo tutti seduti cala il silenzio. Quei due mi stanno guardando con il loro solito sguardo indagatore. Insopportabile. Devo veramente fidarmi di loro? Non posso permettere che vadano in giro a spifferare tutto ai loro amichetti.
"Mettiamo in chiaro una cosa: parlate con qualcuno di quello che vi sto per dire e non rimarrete in vita a lungo." Cerco di usare una voce seria e convincente.
"Concetto afferrato." Risponde Minho.
Faccio un respiro profondo e poi inizio a parlare.
***
Dico tutto d'un fiato per paura che se mi fermassi non riuscirei più a continuare. Le loro facce durante il racconto diventano sempre più sorprese. Appena finisco di parlare poggio la testa contro il muro del Labirinto e prendo un respiro profondo.
"Quindi tu mi stai dicendo che prima di venire qui ti hanno fatto qualcosa e che tu sei una specie di... esperimento?" Domanda Minho.
"Già" Rispondo.
"Non ricordi nient'altro?" Domanda Newt.
"Sì. Mi ha fatto male la mano. Come se mi stessero conficcando qualcosa dentro. Poi sono svenuta."
Cerco di apparire sicura di me stessa, ma la verità e che sono più spaventata che mai.
"Fammi controllare."
Newt si avvicina insieme a Minho. Gli porgo la mano sinistra. Newt osserva la superficie dell'arto molto attentamente. Poi, d'improvviso, arriva il dolore.
Vedo le facce dei due ragazzi iniziare a diventare più sorprese di prima. Mi porto la mano al petto quasi come se questo potesse far passare il male. Sono i minuti peggiori della mia vita. Inizio a dimenarmi tenendo sempre la mano ferma. Muovo le gambe a scatti e inizio a sudare come se fossi sotto il sole cocente.
"Prendile le gambe!" Ordina Minho a Newt.
Il ragazzo obbedisce mentre Minho mi tiene ferma per le spalle.
"Lasciatemi, lasciatemi!" Urlo più spaventata che mai.
Inizio a vedere in modo strano. Il mondo attorno a me assume colori stravaganti. Le facce dei due Velocisti diventano rosse e arancioni, mentre le piante diventano di colore azzurrognolo. Sento freddo e caldo allo stesso tempo. Continuo a dimenarmi sempre più forte, poi il dolore e tutti quei colori vanno via pian piano, come erano venuti. Il mio respiro si calma e il mio corpo smette di tremare. Alzo la mano sinistra per vedere cosa mi sta succedendo. Sulla pelle perlacea ora giace una scritta.
Le lettere sono stampate a caratteri grandi, ma proporzionati per lo spazio della mia mano. Sono tutte maiuscole e la scritta che compongono mi fa gelare il sangue nelle vene.
"APPARTIENI ALLA C.A.T.T.I.V.O." più in basso, in caratteri molto più piccoli c'è scritto: "La C.A.T.T.I.V.O. è buona."
Faccio ricadere la mano sul fianco. Accanto a me, quasi come in un sogno, si materializza il volto di Newt. Sembra molto preoccupato, più di quanto lo si deve essere per una sconosciuta. Mi alza la mano e appena legge cosa c'è scritto fa vedere la scritta anche a Minho.
"Non vogliono. Devo stare zitta. Non posso dire niente. Se lo faccio mi fanno fuori." Dico tutto in un sussurro. I due Velocisti sentono tutto.
"Minho vai a chiamare i Medicali."
Mi alzo di scatto. Una paura innata si materializza dentro di me. Poi mi ricordo qualcosa. Come il freddo che si infila all'interno di una fessura, un ricordo raggiunge la mia mente. Mi appoggio all'albero dove questa mattina mi ero arrampicata.
Sto camminando in un ospedale, avrò circa cinque anni. Non so come ci sono arrivata, so solo che ho tanta paura. Mi accorgo solo in quel momento che sto stringendo la mano a qualcuno. Mi volto e vedo una donna giovane che mi sorride stancamente. Non ricordo bene il suo viso perché è assai sfuocato. Con la donna mi sento al sicuro, poi la paura torna ad accanirsi su di me. Vengo strappata dalla donna da degli uomini le cui facce sono invisibili, nascoste da mascherine. Probabilmente sono medici. La paura mi assale e tutto diventa nero.
Il ricordo finisce e faccio scorrere la schiena contro il tronco della pianta. Mi porto le gambe al petto mentre il mio respiro si fa affannoso. Inizio a tremare.
"Minho corri come non hai mai corso prima!" Ordina Newt.
Vedo il ragazzo correre via.
"No... non puoi... non voglio..." Inizio a balbettare.
Vedo Newt avvicinarsi piano a me. "Stai tranquilla... Non ti succederà niente."
Mi guarda dritto negli occhi. Lo fisso anche io poi sento che il collo torcersi involontariamente. Come se mi stessero parlando nella testa sento dire: Taci. Non parlare più. Altrimenti avvieremo prima l'esperimento. Parla ancora e diventerai un mostro. Nessuno ti vorrà. Ti lasceranno a morire. Non parlare più. Rimani zitta.
La voce se ne va. Newt non capisce, io non capisco.
"Non voglio... Devo stare zitta... L'esperimento... Lo avvieranno prima... Non posso più parlare. Devo stare zitta, devo stare zitta..."
Vedo il mondo scivolare via. Poi tutto diventa buio. Rimango sola insieme alla paura, proprio come nel sogno.
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