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- 37 - I piani del principe



Tayri irruppe in un pianto lamentoso quando Velkam la strinse a sé, e vergognandosi del suo stupido comportamento si sciolse dall'abbraccio e si precipitò in giardino. Il re la lasciò andare. Poteva benissimo comprendere il suo stato d'animo e lui stesso sentiva gli occhi pizzicargli per qualche lacrima repressa.

Salì agli appartamenti reali attraversando a capo chino il lungo corridoio. Una piccola folla di servi e guardie si era radunata sulla porta. Singhiozzi sommessi e lamenti irrompevano di tanto in tanto nel silenzio.

Velkam si fece largo tra la folla e non appena i servi notarono la sua presenza si inchinarono ad uno ad uno al suo cospetto, riconoscendo lui come loro re a tutti gli effetti.

Oltrepassata la calca il ragazzo lo vide. Kassin sembrava che stesse dormendo. Un'espressione pacifica in viso e la testa adagiata sul cuscino gli regalavano un aria serena. Era stato vestito con i suoi migliori abiti ma non portava più la corona perché l'aveva ceduta a lui.

Come un automa Velkam se la tolse dal capo e la adagiò sulla testa di Kassin.

"È così che devi essere ricordato", disse mentre una lacrima gli rigava la guancia. Non la asciugò, o il pesante trucco blu sugli occhi si sarebbe sbiadito.

I servi guardarono attoniti la scena attendendo un ordine. Ad un certo punto Velkam fece segno a uno di loro di avvicinarsi.

"Potete andare...", disse, "è necessario avviare i preparativi per il suo funerale...", fece una pausa fissando ancora il volto sereno di Kassin, "deve essere il più sontuoso che ci sia mai stato alla corte di Lumos! Se lo merita".

Il servo chinò il capo mormorando: "Ai vostri ordini maestà", in maniera appena percettibile poi uscì dalla stanza aspettando che gli altri lo seguissero e si richiuse la porta alle spalle.

Velkam si sedette sulla poltrona dove era sempre stato quando si consultava con Kassin e rimase in silenzio fissando la sua pelle bianca, le mani posate sul petto, la corona... avrebbe dovuto preparare un discorso per il funerale imminente. Ma che dire?

Si decise che avrebbe pensato tutto sul momento. Rifletté sulle parole riferite dal messaggero che era corso ad avvertirlo. Aveva parlato di una congiura, un traditore. Ma chi? Come poteva sapere se Kassin non gli aveva mai detto nulla in proposito? Credeva forse che sarebbe vissuto il tempo necessario per informarlo e non l'aveva ancora aggiornato sui fatti?

Scese dalla sedia e si inginocchiò di fianco al letto.

"Mi mancherai Kassin...", sussurrò stringendo le labbra per trattenere le lacrime, ma queste scesero ugualmente al pensiero che il re a cui era tanto affezionato se ne fosse andato per sempre.

"Se solo avessi saputo prima... se avessi capito quello che stava succedendo... io...", fece una pausa guardando fuori dalla finestra il buio. Di tanto in tanto solo la luce di una mezza luna, che a tratti veniva nascosta dalle nubi, illuminava le punte degli abeti alti e secolari della tenuta.

"Brancolo nel buio Kassin, ma ti giuro...", continuò con le mani tremanti premute al mento, "ti giuro...", si inginocchiò sul pavimento stringendo le nocche bianche e sibilò: "Giuro che troverò tua figlia!". Si fermò per riprendere fiato e abbassò le palpebre in segno di raccoglimento.

"Io prometto davanti al tuo cadavere, che morirò, se necessario... cercando Roxane".

Detto questo rimase in silenzio per alcuni minuti, mentre lontano da lui, come fosse quasi remoto, poteva udire il lieve ululato del vento. Nel silenzio della camera ardente si sollevò in piedi e ripensò solo in quell'istante a Tayri e all'espressione sconvolta della serva. In quel momento fu preso da una preoccupazione molto più grande.

Spalancò la porta facendo sobbalzare le guardie ai due lati e si precipitò giù per le scale, dritto verso il giardino. Doveva arrivare prima che...

Si guardò intorno per vedere se fosse nei dintorni, ma come aveva immaginato non c'era nessuno nei paragi, e di Tayri neanche l'ombra...

Velkam corse fino alla stalla imprecando. "Stalliere, il mio cavallo!", ordinò.

Il ragazzo che aveva sostituito nel compito il primo stalliere, Lyron, sistemò la sella in un batter d'occhio e il principe si arrampicò al cavallo sfrecciando al galoppo in direzione del lago della tenuta. Era sicuro che Tayri fosse andata proprio lì. Lei era a piedi, lui a cavallo. Aveva un vantaggio.

Fortunatamente il principe sopraggiunse proprio nel momento in cui lei indugiava sulle rive del laghetto.

"Tayri!", la chiamò a squarciagola. La ragazza si voltò incredula, le sue labbra si mossero, ma Velkam non capì cosa avessesero pronunciato.

Il principe scese da cavallo e corse verso di lei afferrandola per un braccio cercando di allontanarla dal margine dell'acqua. "Cosa fai?", le disse abbracciandola.

La ragazza irruppe in un altro singhiozzo lamentoso e si lasciò andare contro di lui. Velkam dovette sorreggerla di peso per evitare che cascassero entrambi.

"Vieni, sei sconvolta, hai bisogno di sederti".

Si sedettero all'ombra di un grande albero. I raggi della mezzaluna filtravano dai rami e illuminavano di quel poco che bastasse il viso di lei bagnato dalle lacrime. Quando la vide l'istinto di Velkam fu quello di asciugarle la guancia con la mano ricoperta dal guanto.

"Che ti prende Tayri? Sai...? Penso che da quando ti ho conosciuta non ti ho mai vista sorridere, è possibile?".

Tayri intanto continuava a tenere lo sguardo fisso a terra, troppo imbarazzata per parlare.

"Non pensare che tu sia l'unica a stare male, anche io non sono al massimo della mia forma in questi giorni...", continuò cauto il nuovo re. Si tolse i guanti e le sollevò il viso con un dito caldo. "E poi mi chiedo per quale motivo tieni sempre gli occhi bassi, se li hai così belli".

Una brezza leggera scosse un ciuffo dei capelli della ragazza e questi le finirono sugli occhi. Con estrema delicatezza Velkam li spostò.

"Dovete scusarmi principe, è che... non è solo questo, io...", la ragazza si bloccò per un attimo poi sospirò e la sua espressione parve rasserenarsi, "è troppo lungo da spiegare...".

Velkam la strinse al suo petto ma stranamente questa volta lei non scoppiò a piangere, si limitò piuttosto a lasciarsi confortare dal calore di quell'abbraccio. " Credo...", squittì lei, "credo che sia bello ogni tanto, avere una spalla su cui piangere...", accennò un sorriso, "ma voi così mi state viziando!".

Velkam sghignazzò, contento di averla distratta per un po'. "E io invece credo...", disse con tono fermo, "che è bello offrire la tua spalla a qualcuno, ogni tanto... sai, è bene rendersi utile. Anche se sono un principe devo ammettere che a volte preferirei la vita spontanea e genuina di voi sudditi... è più... reale... meno finta, ecco. E ti dirò un'altra cosa... pensò che i re dovrebbero essere i primi a offrire la loro spalla a qualcuno...".

Il suo volto era così vicino che Tayri poteva sentire il respiro caldo del principe sul suo viso. La ragazza ridacchiò e si rivolse nuovamente a lui.

"Mi sono sempre chiesta... il perché di questo trucco, se posso...", fece la ragazza incuriosita passandogli un dito sull'occhio. "Scommetto che stareste meglio senza".

Velkam rise. "È un'usanza, per noi di Nublia. Ma non avere paura, anche se sono diventato sovrano di Lumos non imporrò questo tipo di tradizione anche qui".

Tayri allungò la mano per sfiorargli la palpebra, quando la ritrasse del colore blu rimase sul suo dito. "Mi è sempre piaciuto il colore del cielo, immagino che sia il simbolo del vostro regno...".

Velkam rispose più tranquillo, l'umore della ragazza era migliorato ed era felice di questo. "Sì certo, credo che qualche giorno ti offrirò una gita gratuita nella mia corte. Se ancora non l'avessi notato ti sei ingraziata le mie simpatie. Scommetto che là ti piacerà".

Lei annuì pensierosa, nella sua mente si affollavano tanti pensieri, ma uno dei più ricorrenti era che Kassin aveva portato lei e il principe Velkam a incontrarsi... e ora era curioso che si stessero consolando a vicenda. Da quanto tempo non sorrideva? Beh, Tayri non sapeva neanche dirlo. Sentì qualcosa agitarsi nello stomaco, ma la ignorò. Era troppo bello abbandonare per un attimo tutti i problemi, e Velkam riusciva sempre a farla stare meglio. Bastava una sua parola per farle riprendere un po' di forza.

"Principe io...".

Velkam le premette due dita sulle labbra per zittirla: "Shhhh...", sussurrò, "ti stavo raccontando della corte di Nublia, non puoi interrompermi, sono pur sempre il tuo principe...", scherzò.

"Allora...", cominciò poi, "puoi bene immaginare. Là è tutto azzurro, non per niente siamo a Nublia! La sala del trono è bellissima al mattino col sole che la illumina, e poi le tende dorate...", si fermò ad osservarla da vicino.

"Sembra di essere in una favola", esclamò la ragazza sognante, a bassa voce, come se non volesse rompere l'incanto di quell'attimo.

"Bellissimo...", mormorò lui.

"Bellissimo...", gli fece eco lei avvicinandosi di più.

Le loro labbra si incontrarono delicate, Velkam la strinse a sé premendole una mano tra i capelli e il loro respiro acquistò un ritmo concitato. Tayri allora si lasciò andare sul tappeto morbido d'erba, il peso di lui la schiacciava leggermente mentre il respiro caldo del principe le invadeva la bocca. Sentiva il cuore batterle all'impazzata. Senza neanche pensare, per istinto, le mani della ragazza corsero alla camicia larga di Velkam, sbottonandone i bottoni, desiderosa di poterne accarezzare il petto liscio. Il re scese sul collo della ragazza e lo sfiorò con le labbra per poi tornare alla sua bocca. Con le mani stringeva forte i suoi fianchi e a ciò Tayri reagì aggrappandosi alla sua schiena e tornando a premere le sue piccole labbra su quelle del principe. Il suo cuore ormai esultava. Gli mise le mani tra i capelli e lo attirò a sé maggiormente.

Al tocco delle dita di lei Velkam sospirò al suo orecchio e lo sfiorò con le labbra. Sentiva la sua mente come annebbiata, confusa...

La camicia giaceva ormai a fianco a loro quando un soffio di vento più freddo risvegliò il re da quel sogno, piacevole sì, ma che non avrebbe portato a niente. Si fermò di colpo e abbandonò le labbra di lei.

"Ma che cosa mi salta in mente?!", si lamentò con se stesso. Scosse la testa con un sospiro e si spostò per permettere a Tayri di alzarsi. Con una mano premuta alle labbra si scusò. "Perdonami Tayri non...".

La ragazza tornò a sedersi, e appoggiatasi all'albero chinò la testa nell'intenzione di nascondere la faccia con i capelli.

"Tayri ti prego... non fartene una colpa, tu non c'entri", disse Velkam quasi a voler mettere in chiaro che non era necessario tentare di nuovo di uccidersi. Raccolse la camicia da terra e se la abbottonò in fretta. La voglia a forma di nuvola risaltava chiara illuminata dalla luce della luna e lui non voleva che lei la notasse. Si alzò in piedi con sguardo umiliato e allo stesso tempo adirato. Come aveva potuto essersi lasciato andare in quel modo?

Tayri scosse la testa e senza l'ombra di imbarazzo, ma soltanto con un tono che lasciava trasparire tanta amarezza, parlò: "Mi sto illudendo, mi illudo sempre di più ogni giorno che passa, e faccio del male agli altri. Io non merito di essere qui, per me ormai è finita!". Le tremolò la voce alle ultime due parole e quando strinse le palpebre due lacrime le scorsero sulla guancia.

Si alzò in fretta anche lei. "Devo andare", disse.

Velkam la prese per un polso. Voleva chiederle se sapeva qualcosa a riguardo del traditore. Se avesse notato nulla di strano.

"Tayri, dimentica tutto, va bene? Non è successo... niente, non ce l'ho e non ce l'avrò mai con te...". In realtà ce l'aveva con se stesso per quello che aveva appena combinato.

"Sento... che c'è qualcosa che devi dirmi...", terminò incerto.

Tayri strattonò la presa per andare via. E in quel momento Velkam ne fu sicuro. Lei sapeva qualcosa.

"Tayri", la implorò il principe.

La ragazza tentò un finto sorriso. "Non c'è niente... davvero". Il sorriso era troppo falso perché Velkam potesse crederle, ma la lasciò andare lo stesso.

"Abbi cura di te...", le disse, " e ti imploro di non fare stupidaggini. Se hai qualcosa da dirmi sai dove trovarmi".



Da quando Kornelius era arrivato alla corte di Nox era filato tutto liscio. Al di là di tutto non era riuscito a scoprire nulla di nuovo. I biglietti che faceva recapitare alla tana dicevano sempre le stesse cose, o a volte non dicevano completamente niente. Era una sera come tante, e proprio mentre Kornelius smontava di guardia dallo studio di Ghernò sentì provenire un rumore dal suo interno. Probabilmente era ora che lui si ritirasse nelle sue stanze. E infatti poco dopo lo vide uscire dalla porta. Questo lo liquidò con un: "Per oggi hai terminato, soldato", prima di inoltrarsi nel corridoio buio.

Kornelius assentì e corse a togliersi l'armatura. Ormai aveva deciso. Doveva agire il prima possibile. Intrufolarsi nelle stanze reali era l'unico modo per impossessarsi di quella maledetta chiave. Per farlo decise di attendere il momento del bagno del re. Si camuffò da servo e si recò nelle cucine nascondendo la chioma argentea sotto un grande berretto. Dai discorsi dei servi dedusse che Ghernò era già andato nelle sue stanze. L'uomo doveva lavorare a dei documenti e poi, una volta terminato, avrebbe fatto un bagno ristoratore. Il ragazzo si propose che magari, se ci fosse riuscito, avrebbe dato una sbirciatina anche a quei documenti. Ma la tappa principale erano le segrete.

Si recò al di fuori della fortezza per scorgere le luci dello studio privato di Ghernò ancora accese. Nel momento in cui si fossero spente questo gli avrebbe dato il via libera. Dai controlli precedenti si era accorto che Ghernò posava sempre la piccola chiave sul comodino. Non sarebbe stato difficile prenderla, ma doveva evitare la guardia del corridoio. Pensò che neanche questo sarebbe stato un problema. Kaharan preferiva tenere le sue stanze in più stretta sorveglianza, Ghernò invece non se ne curava.

Attese per qualche ora, poi la luce si spense. Fu allora che sempre col suo travestimento da servo prese qualcosa dalle cucine e imbrogliò la prima guardia con una stupida scusa. Quella non fece obiezioni.

Il giovane proseguì fino alla camera del re, si nascose dietro un'armatura bronzea e da lì lo vide uscire in vestaglia per recarsi al bagno. Si ricompose appena in tempo quando la guardia che faceva il giro di perlustrazione lo incontrò.

"Tu, dove vai?", lo apostrofò.

"Signore, il re ha chiesto di ricevere una tazza di the per il bagno, sto andando da lui".

"D'accordo, vai", grugnì la guardia senza neppure guardarlo in faccia. Fortuna che Ghernò aveva l'abitudine del the durante il bagno si disse Kornelius compiaciuto ma con le gambe che ancora gli tremavano.

Finse di recarsi al posto annunciato, ma quando vide la guardia svoltare l'angolo tornò di nuovo sui suoi passi. La porta della stanza da letto era a poca distanza. La aprì senza fare rumore e si intrufolò all'interno. Eccola là, proprio sul comodino c'era la piccola chiave tanto bramata. La raccolse e se la mise nelle tasche consapevole che avrebbe dovuto fare in fretta perchè il bagno non sarebbe durato più di mezz'ora.

Incrociò di nuovo la guardia, che lo osservò passare a mani vuote. Astutamente Kornelius aveva lasciato the e tazza nella camera reale.

"Di ritorno?", grugnì l'uomo.

"Sì signore, tutto fatto", rispose educatamente il ragazzo. Quando fu fuori dalla vista della guardia si precipitò dalle scale e si mosse deciso fino alla sala del trono. Attraversò l'immenso portone aperto puntando dritto al primo arazzo accanto alla poltrona reale. A quell'ora la sala era buia e deserta.

Cavata la chiave di tasca aprì la porticina e se la richiuse alle spalle facendosi luce con una torcia accesa che aveva raccolto proprio nel corridoio della sala del trono.

Mentre proseguiva lento, proprio come Sulheyda aveva annunciato, si trovò ad attraversare uno stretto cunicolo fino a un secondo arazzo che celava una porta identica alla prima.

Infilò la chiave nella serratura e fece ingresso in un'immensa libreria. Ne perlustrò ogni angolo ma fu un rotolo di pergamena su un tavolo ad attirare la sua attenzione. Era abbastanza vecchio e su di esso con dell'inchiostro nero erano vergate dal pugno stesso di Kaharan alcune frasi che dicevano:

"Non passeranno venti inverni che il servo ritornerà alla padrona, che il bene e il male si incontreranno nella solitudine per sostenere allora l'ultima battaglia. Con un cuore puro di una giovane di sangue reale, e un'arma affilata tutto scompare. Il drago furente sprofonderà nel sonno e da esso non farà più ritorno... lasciando libero il prigioniero".

Quelle parole lo stupirono. Tutti i pezzi del puzzle dunque tornavano al loro posto. Kaharan era vittima di una maledizione, e Roxane... Roxane doveva essere immolata per quello scopo. Un'offerta al drago in cambio dell'ingresso al suo antro. Era astuto il principe! Ma quale fosse la sua maledizione, questo non poteva saperlo. Doveva avvertire immediatamente gli altri. Doveva farlo! Tutto ora era spiegato. Il perché dell'impossibilità di attraversare le selva, la cattura di Roxane, il fatto che il principe non si fosse mai sposato... forse quello era un fatto conseguente agli effetti della maledizione, chissà.

Diede una sbirciatina alla seconda stanza e si accorse che c'erano solo veleni e pozioni, nulla più. Sulheyda si sbagliava. Era la prima stanza quella in cui avrebbe trovato tutte le risposte necessarie. Rilesse in fretta le parole cercando di imprimerle nella memoria e uscì dalla stanza in fretta, ma ad attenderlo fuori trovò una brutta sorpresa. Ghernò in vestaglia lo scrutava con un ghigno malvagio dipinto sul volto e dall'espressione sembrava essere addirittura divertito.

"Ma tu guarda, un traditore nel castello...", fece una pausa mentre due guardie mastodontiche immobilizzarono Kornelius.

"Molto bene ragazzo, dovevo aspettarmelo. Mi eri sembrato parecchio strano in questi ultimi giorni". Si rivolse alle due guardie, "Alla tortura...", disse, "Kornelius avrà molte cose da raccontarci stasera, vero?", si rivolse a lui guardandolo con disgusto e sorrise ironico.

"Ovviamente, immagino che tu già sappia qual è il destino che tocca a un traditore, mio caro amico".

"La morte", ruggì Kornelius per niente pentito del suo gesto.

Ghernò gli infilò la mano in tasca e ne tirò fuori la chiave. "Mi raccomando, non uccidetelo, una chiacchierata lunga con lui è degna di buoni ascoltatori. Magari chiedete anche se aveva un'amichetta di nome Sulheyda. Sono sempre in tempo a ricacciarla in prigione, nel caso la rincontri...", rise beffardo e voltò loro le spalle come se stesse per tornare da dove era venuto ma si fermò.

"A dopo Kornelius. Sai una cosa? Voglio farti un'ultima confidenza... mi vien da ridere se penso che non i soldati non hanno nemmeno fatto la fatica di portarti fino alla stanza delle torture. Ci sei venuto da solo!", riprese a ridere beffardo e mentre prolungava la risata deliziato gli voltò completamente le spalle allontanandosi a passi svelti nella sua vestaglia color porpora.

Kornelius sentì le risate del re riecheggiare nell'umido corridoio del cunicolo e rabbrividì quando con uno strattone le guardie lo riportavano dentro. "Muoviti!", disse una di loro.


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