Capitolo 2
Disturbato dalla luce solare che filtrava attraverso i vetri appannati dovuto al gelo di fuori, Xavier si ritrovò a rigirarsi nel proprio letto per cercar di scappar da quel naturale lume, accecante anche attraverso le palpebre chiuse. Ma il cambiar posizione, non giovò per nulla, pertanto egli decise a quel punto di aprir gli occhi e sbattendoli più volte per poter adattare la vista alla luminosità circostante, nonostante esso fosse flebile. Quando finalmente si riprese dal sonno, i ricordi di ciò che era accaduto ad Anastasia pervasero Xavier come un fiume in piena, mozzandogli anche il respiro e portando il suo cuore a battere freneticamente contro il torace con una tale forza che egli credette che tra poco esso avrebbe perforato il suo petto, ma anche se ciò non fosse successo, l'uomo sentiva comunque di avere il cuore squartato in due. Frustato, addolorato si ritrovò a buttar il capo sulle sue mani con cui iniziò a stringer con leggera forza alcune delle ciocche della sua chioma. Presto gli apparì quasi come se anche l'ossigeno gli mancasse dai polmoni, le sue membra sembravano esser improvvisamente divenuti di piombo. Egli iniziò a ripetere a se stesso più volte che la sua vita era modesta e felice al punto giusto e che nulla lo aveva rovinato. Dopo non molto egli si disse che ciò che era successo ad Anastasia era solo un terribile incubo, la sua immaginazione gli aveva semplicemente fatto un brutto scherzo durante le ore di sonno. Tra poco sarebbe andato a incontrarla come di consueto e l'avrebbe trovata ad accoglierlo come ella aveva sempre fatto. Nulla era mutato, nulla era successo. Quando finalmente si calmò, decise di togliere il capo dalle sue mani, prendendo anche dei profondi respiri per aiutarlo a tranquillizzarsi, quando notò improvvisamente qualcosa di strano. Tra le sue mani aveva un suo capello, ma ciò che rendeva la cosa strana era il colore. Non era ramato, ma nero corvino. Nuovamente in panico, Xavier si affrettò a scendere dal letto per dirigersi verso il lungo specchio che possedeva accanto al suo guardaroba. Ciò che vide riflesso, lo fece sbiancare, pietrificandolo sul posto, incapace sia di azione motorie che di quelle vocali. C'era un uomo riflesso in quello specchio, ma non era l'uomo che lui conosceva, egli aveva dei corti capelli corvini, un viso scarno, delle labbra sottili, una barba incolta di vari giorni, una statura più alta e magra del suo corpo originale. Tutto era diverso di quella persona che non riusciva a considerarlo come se stesso, tutto era mutato tranne per le sue iridi d'oro colato, che avevano adesso perso un po' della sua usuale luce. Egli iniziò a questo punto a tastarsi il viso ancora incredulo di esser lui e al medesimo tempo di non esser lui. Chi era questo impostore che aveva rubato il suo corpo, sostituendolo con questo rottame? Chi era questo riflesso allo specchio? Lui non era Xavier, allora perché aveva i suoi pensieri e i suoi ricordi? Questo doveva esser davvero un terribile incubo.
"Ehilà! Straniero, come va la vita?" Chiese una voce sconosciuta dietro le spalle dell'uomo, portandolo a pietrificarsi sul posto. Qualcuno aveva fatto irruzione nella sua dimora, ma come? Quando? Ma sopratutto come aveva fatto Xavier a non sentire la presenza di alcuno fino a pochi attimi fa? Pian piano egli iniziò a girarsi in direzione di quella sconosciuta fonte di voce, timoroso di qualcosa di ancor più terrificante di tutto ciò che gli stava già accadendo. Quando finalmente egli fu di fronte l'estraneo, vide che si trattava di un uomo un più alto di quel suo attuale corpo, più imponente, con una muscolatura ben evidente nonostante l'elegante abbigliamento in tinta blu che fasciava su misura il suo corpo slanciato. Aveva anche una chioma corvina, però essa era più folta. Ma ciò che lo atterrì di quello straniero, erano le iridi rosse come il sangue, inusuale, innaturali, inespressivi, nonostante il sardonico sorriso che lo accompagnava. Poi l'espressione di quell'uomo, se così egli poteva esser definito, dato che appariva esser tutta un'altra entità, quel suo viso sembrava aver il peso di secoli addietro, nonostante la figura che gli si era presentato di fronte era quello di una persona di non più di 25 anni.
"Chi siete?" Domandò Xavier, mentre chiuse le proprie mani in due stretti pugni per alleviare il tremore che si stava insinuando in quel corpo non suo.
"Quanta formalità. Apprezzo il rispetto che mi hai rivolto, ma puoi anche riferirti a me con il 'tu'. Per quanto riguarda la tua domanda, io sono il tuo demone custode." Rispose con un ampio sorriso il suo interlocutore, agghiacciando Xavier, facendolo impallidire ancor di più di quanto già non fosse. Di cosa stava blaterando questa persona? Demone custode? Ma esistevano? Che fosse tutto solo frutto della sua immaginazione? Era possibile? "Mi chiamo Neberius." Si presentò lo sconosciuto come se tutto ciò fosse la cosa più normale di questo mondo.
"Cosa sta succedendo?" Chiese Xavier più a se stesso che ad altri, mentre sentiva che da un momento all'altro le sue gambe avrebbero ceduto.
"Domanda interessante. Vediamo come potrei rispondere in modo esaustivo." Con un'espressione pensierosa il demone iniziò a camminare a grandi falcate la lunghezza della stanza. "Trovato!" Esclamò improvvisamente quella bizzarra figura. "Sei stato maledetto dalla tua amata prima che quest'ultima lasciasse questo mondo, ma credo che questa parte tu già lo sappia. Io sono qui per vegliarti nella tua nuova esistenza da dannato." Tutto ciò continuava a non rassicurare nemmeno minimamente l'uomo che sentiva che tutto ciò che aveva costruito attorno a sé per una vita stabile, si stava sbriciolando in mille pezzi e prima che essi toccassero il terreno, venivano già portati lontano dal soffio del vento. Non reggendo più il peso di tutta quella situazione, Xavier crollò per terra, dove ora era seduto, osservando il vuoto.
"La mia esistenza è rovinata." Sussurrò il condannato, adesso consapevole di tutto ciò che gli stava accadendo attorno, nonostante non potesse ancora accettare il tutto.
"Orsù! Non fare così. La tua esistenza non è esattamente rovinata, diciamo solamente che ha preso un'altra direzione. Se inizi a mormorare già adesso, ti sarà davvero difficile convivere il resto dell'eternità con la tua condanna e il tutto sarà anche più noioso per me. Quindi tirati su di morale che non è tutto finito, al contrario potresti dire che siamo solo all'inizio." Constatò quello che si era presentato come demone custode, ma se possibile le parole di quest'ultimo avevano peggiorato ancor di più lo stato d'animo del maledetto, facendolo sentire come se la propria anima fosse stata risucchiata via nel vuoto.
"Cosa intendete per l'eternità? Io morirò di vecchiaia." Disse tremante Xavier, intimorito nell'udire le imminenti parole del suo interlocutore che già presagiva non sarebbero state buone notizie.
"Ma certo che no, adesso che sei maledetto, sei condannato a pagare le tue pene e la smetti con questo voi? Passeremo davvero molto tempo assieme. È meglio che inizi ad abituarti a entrare in una certa confidenza con me. Suvvia! Non fare quell'espressione da cane bastonato. Le cose ti sarebbero potuti andare peggio." Constatò con una sorta di noncuranza il demone, le cui iridi brillavano ilari di uno splendente cremisi.
"In che modo questa situazione sarebbe potuta esser peggiore di quanto già non sia?" Chiese dubbioso ed esitante Xavier. Un sorriso diabolico si aprì sul volto di Neberius che fece subito pentire l'umano per aver chiesto, se umano si poteva ancor considerare dato che appariva che egli non fosse più mortale.
"Ti sarebbe potuto capitare un demone custode che non fossi io. Quello sì che sarebbe stato una tragedia. Io sono abbastanza magnanimo rispetto a certi altri, finché il mio temperamento non viene spezzato." Avvertí palesemente il demone. Questo era tutto un incubo, se lo sentiva, tutto ciò non poteva esser vero. Era tutto un brutto scherzo. Se lo sentiva, era tutto troppo assurdo per esser reale. Stava forse impazzando e creando tutte queste visioni?
***
La mattina Xavier si svegliò di colpo come se avesse appena ricevuto un attacco al cuore, sedendosi rigido nel letto e guardandosi attorno per controllare che tutto fosse al suo posto. Con suo sollievo nulla della sua camera appariva esser mutato. Allora tutto era stato davvero soltanto un brutto sogno. Un sospiro di sollievo trasparì dalle labbra dell'uomo che sentiva che tutti i blocchi della sua vita stessero nuovamente ritornando al proprio posto.
"Ohilá! Bello addormentato, appare che quest'oggi te sia un po' più tranquillo." L'udire quella voce portò il condannato a irrigidirsi immediatamente e a impallidire al contempo, mentre con una lentezza straziante si rivolse in direzione di quella maledetta fonte di voce e ciò che si ritrovò era proprio ciò che non voleva vedere. Neberius con un agro sorriso ampio lo stava salutando con la mano, seduto in una sedia di legno che avrà sicuramente preso dal soggiorno. Quelle sue iridi cremisi brillavano divertiti sotto lo sguardo terrorizzato di Xavier. "Magari non sei del tutto sereno, ho errato a cantar vittoria troppo presto. Dimentico spesso che voi umani tendete a esser abbastanza fragili di fronte a fatti a voi sconosciuti. Ops! Perdonatemi, voi non siete più umano nel vero termine della parola, lo siete solo ancora mentalmente e metaforicamente." L'ex umano si stava iniziando a chiedere se il demone lo facesse apposta e ci godesse a torturalo così mettendo sale proprio sopra ogni ferita fresca. Se così fosse stato e lui era condannato a passare l'eternità con quest'ultimo, avrebbe dovuto cercar di spezzare la sua maledizione il più presto possibile se ci teneva alla sua sanità mentale. "Uh! Guarda! Oggi sei riccioli d'oro." Constatò il custode con vivace ilarità, puntando un dito verso la chioma di Xavier al quale come reazione naturale venne subito da correre in direzione di uno specchio per controllare di persona che ciò che il demone stesse dicendo non fosse qualche fandonia senza senso e senza fondo. Di fronte la superficie riflettente, egli si ritrovò ad osservare un uomo carne ed ossa che appariva più esser un ragazzino agli inizi della sua pubertà con quel viso così liscio e paffuto che trasudava innocenza da ogni poro, accompagnato da una chioma bionda riccia che metteva in risalto quelli suoi naturali occhi dorati che anche questa volta erano rimasti immutati. Aveva una carnagione più chiara del suo colorito originale e il fatto che stesse impallidendo a ogni notizia che gli veniva dato riguardo la sua condanna, non aiutava di certo a far apparire sano quel ragazzino, il quale appariva sempre un po' più malaticcio con quel suo colorito sempre più latteo. "Guarda che nonostante tu appaia esser un embrione, quella persona ha la tua stessa età anche se probabilmente ti caccerebbero da ogni bar per come appari. Quindi spero che per quest'oggi tu non abbia alcun piano che avesse a che fare con un pub." Fece notare Neberius, mentre stava sgranocchiando rumorosamente una mela rossa sangue che aveva preso da chissà dove e chissà quando. Ma poi la vera domanda era se i demoni avessero bisogno di nutrirsi come gli umani o se lo facessero solamente per puro piacere. A questo punto a Xavier non restava altro che accettare il suo fato, la sua condanna, perché tutto ciò non sembrava né esser frutto della sua immaginazione, né esser un brutto sogno, purtroppo era tutto vero e reale ed era successo a lui che fino a poco tempo fa possedeva una vita normale e perfetta nella sua modestia. Tutto era cambiato solo perché aveva scelto la donna sbagliata, se solo avesse saputo in precedenza che la sua amata era in realtà una strega. Adesso nulla sembrava poter esser più mutato.
"Credevo che esistessero soltanto gli angeli custodi." Rivelò Xavier, mentre si spostava dallo specchio, poiché non sopportava più quella miserabile visione. Ogni figura riflessa che non fosse la sua originale figura sarebbe per lui sempre stato infelice da adesso in poi.
"Così non è. Esistiamo anche noi." Rivelò il custode con una smorfia infastidita, dando un altro morso a quella mela che il maledetto stava iniziando a credere che fosse avvelenata come la mela di Biancaneve o forse stava sperando che fosse avvelenando. "Noi demoni siamo immuni al veleno, se è ciò a cui stai pensando." Asserì Neberius svelando i pensieri del suo interlocutore che sbiancò a tale constatazione.
"Tu... tu... come hai fatto?..." Chiese balbettando il temporaneo riccio.
"Non crederai mica che sei il mio primo umano? Ho esperienza a trattare con quelli della vostra specie. Che ci credi o meno siete più simili di quanto crediate. Vedo che finalmente mi stai iniziando a dare del tu, questo è un buon segno. Almeno non ci hai messo un secolo." A tale affermazione seguì una risata da parte del demone che non venne seguita dall'ex umano il quale aveva come il presentimento che il custode non stesse scherzando.
"Come mai ho ricevuto un demone custode invece di un angelo custode?" Era una domanda che stava pressando da un po' il retro del capo di Xavier.
"Non è ovvio? Tu sei stato maledetto, non benedetto e sicuramente non sei un'anima pia, da quanto ho visto. Egocentrismo è un peccato, sappilo." Spiegò Neberius, finendo la mela e buttando il torso della mela in un cestino lì accanto. Un sospiro di rassegnazione trasparì dalle labbra dell'uomo.
***
"Dove andremo questa volta?" Chiese un uomo dalla lunga chioma nera, lungo fino all'altezza delle sue robuste spalle in quel suo possente e muscoloso corpo, accompagnato da un paio di iridi dorati come l'oro, gelidi come il ghiaccio, duri come la roccia, che sembravano aver sopportato il peso di un'eternità di sofferenza. Il suo interlocutore si presentò di fronte a lui con un sombrero in testa che copriva la sua corta chioma corvina, con anche un paio di neri baffi finti che coprivano il suo labbro superiore, un poncho giallo zenzero con colorati disegni aztechi che aveva indossato sopra i suoi eleganti abiti che andavo in contrasto con tutti gli accessori che aveva addosso, compreso le maracas che aveva alle mani.
"Andremo in Messico! Arriba! Arriba! Prepara la tua lingua per del cibo super piccante!" Esclamò Neberius con gli occhi color cremisi che brillavano di un'eccitazione che Xavier non riusciva a comprendere. Erano passati vari secoli da quel suo primo incontro con il demone. Anni che avevano portato con sé sia guerre che innovazioni che l'uomo non avrebbe nemmeno potuto mai sognarsi ai suoi tempi. Ma purtroppo il passare dei secoli non aveva portato alcun progresso riguardo i suoi sforzi nel cercare di spezzare la sua maledizione. Infatti appariva che a ogni rincarnazione di Anastasia quest'ultima fosse sempre più propensa a odiarlo a prescindere e ogni volta che finalmente si avvicinava abbastanza a lei, la notte giungeva con un nuovo giorno alle sue spalle, portandolo a divenire nuovamente uno sconosciuto agli occhi della fanciulla. Il tutto così ripartiva da zero. Non sapeva nemmeno cosa lo portasse a continuare di cercar di spezzare la sua condanna dopo tutto quel tempo. C'era stato anche un tempo in cui era rimasto inorridito dalla nuova moda in cui le donne indossavano gonne che raggiungevano a malapena le loro ginocchia e quando aveva visto Anastasia in quella veste, non si poté trattenere dal constatare il fatto che apparisse come una donna dai facili costumi. Tale commento lo portò a ricevere uno schiaffo in pieno viso dalla diretta interessata, sotto le risa di Neberius che era sempre presente, ma allo stesso tempo anche assente, poiché apparte Xavier, nessuno riusciva a vedere il demone custode, se quest'ultimo non voleva esser visto. Ma oramai l'uomo si era iniziato ad abituare a questo rapido cambio del mondo, infatti sotto il suo sguardo allibito, di questi tempi le donne indossavano anche vestiari maschili, tipo i cosiddetti 'jeans'.
"Puoi smetterla di godertela così a mie spese?" Chiese l'uomo palesemente infastidito dall'entusiasmo del custode.
"Se sono costretto a passare il resto della mia eternità con una persona noiosa come te, lascia che sia almeno io a formare il mio divertimento per intrattenermi." Affermò con semplicità il suo interlocutore, scuotendo poco dopo le maracas. Secondo Xavier la vera condanna era la propria, non la possibile noia del custode.
"Va bene, fai come più ti aggrada, non che ti serva il mio permesso per ciò. Passami il mio smartpony." Chiese il dannato e poco dopo il demone gli passò in mano il telefono richiesto.
"Solo per tua informazione, si chiama smartphone, non smartpony. Sarebbe anche ora che ti iniziassi ad adattare a tutta questa modernità, sopratutto perché questa è la vita a cui la tua Anastasia é abituata." Constatò Neberius, muovendo un'altra volta le maracas in mano.
"Smettila con queste maracas e mettiti qualcosa di più appropriato che con quegli abiti attiri soltanto occhi indiscreti e fallo in fretta che tra non molto dobbiamo prendere il meccanico uccello voltante ." Xavier si avvicinò al custode coll'intenzione di prendergli quei maledetti maracas, ma quest'ultimo gli negò la cosa.
"Si chiama aeroplano, non meccanico uccello volante." Corresse il demone, facendo sbuffare il suo interlocutore.
Alla fine dopo vari battibecchi i due salirono nell'aereo, ma Neberius andò a bordo con quei vistosi abiti messicani.
"Andalè, andalè! Messico, stiamo arrivando!" Esclamò Neberius una volta che l'aereo era pronto per decollare e tutti i passeggeri si girarono a guardarlo.
"Io la prossima volta prenderò un posto lontano da te." Mormorò tra sé Xavier.
"Hai detto qualcosa?" Urlò il demone per farsi sentire sopra il rumore del motore dell'aereo in decollo. Il condannato negò con il capo. Per lo meno nessuno oltre lui poteva vedere le iridi color cremisi del demone, altrimenti quest'ultimo avrebbe attirato ancor di più occhi indiscreti, come se già non fosse una calamita che attirasse l'attenzione altrui. Alla vista degli umani gli occhi del custode apparivano di un semplice e comune color nero.
***
Giunti in Messico come le precedenti innumerevoli volte i due si misero alla ricerca di Anastasia o più che altro, Xavier cercava e Neberius si fermava nei vari negozi di bigiotteria per comprarsi delle cianfrusaglie con cui infastidire il condannato.
"Da dove si parte questa volta?" Chiese l'uomo riferendosi alla ricerca di Anastasia, senza aspettarsi però una vera e propria risposta.
"Da dove abbiamo sempre fatto. Dal tuo istinto. Guarda, un vecchietto mi ha porto questo peperoncino rosso. Lo potresti assaggiare per me e dirmi se il suo livello di piccante è insopportabile o mortale?" Domandò Neberius, porgendo il peperoncino in questione in direzione dell'uomo.
"Butta via quel veleno e aiutami nelle ricerche." Disse frustato Xavier, ma sapeva già che il demone non gli avrebbe dato ascolto. Egli non era lì per aiutarlo, era lì solo per sorvegliarlo.
"Così ferisci i miei sentimenti." Il custode enfatizzò la frase, portandosi anche una mano al cuore. Quando i suoi occhi vermigli si irradiarono di una luce che li fecero apparire come lava incandescente, dovuto a una figura particolare non molto distante da loro, che aveva catturato la sua attenzione, portò Xavier a girarsi per vedere a cosa egli stesse osservando e all'istante riconobbe quegli occhi, quelle iridi plumbee, rappresentante un cielo grigio senza pioggia. Quando realizzò a chi appartenessero quegli occhi, sentì di essersi buttato una zappa sui piedi. Si trattava di una donna portante una canottiera nera, una corta gonna blu mezzanotte, seguito da calze a rete e un paio di stivali col tacco, anch'essi neri, i capelli erano sciolti ed erano di un'omogeneo color marrone scuro, con due ciocche color viola, ai due lati del capo. Ella aveva un viso pesantemente truccato con ombretto di colori scuri e labbra dipinte di color mogano. Aveva anche un piercing al sopracciglio e uno all'orecchio. Xavier sentiva che stava per svenire di fronte tale visione.
"Quella non appare per niente esser Anastasia." Affermò inorridito l'uomo sotto lo sguardo divertito del suo custode.
"Su, non fare il timidone e presentati a questa dolce fanciulla." Che di dolce in realtà non possedeva nulla, nemmeno la voce. Eppure gli occhi erano quelli.
"Ehi! Tu!" Urlò la donna in direzione di un passante il quale arrestò il proprio passo al richiamo. "Hai una cicca?" Chiese con quella sua espressione così severa che incuteva puro timore.
"N...o..." Rispose balbettante il povero passante, per cui Xavier provava una sorta di pena e forse anche un po' d'empatia.
"Allora cosa fai lì impalato? Vammi immediatamente a prendere un pacco di cicche." Ordinò con fermezza la donna dai modi tenebrosi.
"Ma..." Stava cercando di protestare il suo miserabile interlocutore, già tremante di una possibile reazione violenta da parte sua, la quale aveva inarcato un sopracciglio scuro come a sfidarlo a continuare la frase.
"UNO.... DUE... TRE..." Nel momento esatto in cui la donna aveva iniziato la lenta conta in un cui scandiva ogni lettera di ogni numero, il povero passante si ritrovò a correre per cercare di sbrigare al più presto la commissione affidatogli, tenendo giustamente alla propria vita.
"Lei non può esser la mia Anastasia." Ripeté il condannato ancora incredulo e allibito di fronte una donzella che di fanciullesco non aveva assolutamente nulla. Non riusciva a immaginare che un qualsiasi uomo sano di mente potesse mai voler stare assieme a quest'ultima.
"Eppure a me appare che sia proprio lei." Commentò divertito il demone che sembrava aver appena trovato qualcosa che valeva la pena della sua attenzione.
"A me non sembra." Ribatté a sua volta Xavier, non poteva esser lei, si rifiutava di accettar la cosa. Per lui era impossibile amare una creatura così dittatoriale come la donna qui presente. Tale pensiero lo arrestò un attimo sul posto, scosse la testa con un sorriso amaro che gli si dipinse sulle labbra. Era proprio ironico tutta questa situazione, un vero e proprio scherzo della natura. Solo in quel preciso instante Xavier aveva realizzato che lui non era stato molto più diverso dalla figura femminile poco più lontano dalla sua posizione. Solo in quel momento si era reso conto quanto in realtà Anastasia avesse dovuto amarlo per sopportare quel suo atteggiamento tirannico. Quindi adesso era giusto che lui ci provasse con questa possibile reincarnazione di lei, sarebbe stato lui l'uomo pazzo abbastanza da voler stare assieme a questa dispotica donna. Fece per fare un passo in direzione di lei che stava continuando ancora a contare, quando una figura maschile aveva richiamato l'attenzione della donna prima di lui.
"Ehi! Anastasia, tesoro, cosa fai?" Gli chiese un uomo alto dalla muscolatura asciutta in un corpo slanciato, dalla chioma castana corta, seguito da iridi color nocciola.
"Conto il tempo che ci impiegherà quel povero idiota a portarmi un pacco di cicche. Giuro che se quel mingherlino non si presenta di fronte a me entro 30 secondi, io lo brucio vivo. Se mi fosse possibile, io gli sparerei in testa e poi manderei indietro il nastro della vita solamente per rifarlo e ridermela della situazione, poi metterei il tutto in continuo playback finché non sarò abbastanza soddisfatta." Rivelò con palese irritazione, emanando un'aura così negativa che se ci fossero stati degli animali attorno, anch'essi sarebbero scappati via.
"Adesso sai che è Anastasia. L'uomo l'ha chiamata per nome." Sussurrò Neberius, sempre più divertito da tutta questa situazione.
"Su, calmati. Se vuoi una cicca, te lo posso sempre procurare io." Disse l'uomo, iniziando a massaggiarle spalle, gesto che fu presto seguito da una scia di baci lungo il collo di lei da parte sua. A quanto pare c'era davvero qualche uomo pazzo abbastanza da voler stare con un donna del genere. "Sono il tuo uomo e se non riesco a farti felice io, chi altro lo dovrebbe fare?" Continuò, lasciando a quel punto un bacio sulla guancia di lei. Proprio in quel preciso istante il povero passante di prima ritornò.
"Ecco a te il pacco di cicche." Porse con una mano tremante il pacchetto in questione.
"Sparisci! Non vedi che sono occupata adesso?!" Anastasia scandì ogni parola con volume di tono sempre più accrescente accompagnato da uno sguardo fulminante che fece correre quello sciagurato passante a gambe levate. Ella era una vera e propria vipera velenosa. Il fatto che quest'oggi Xavier apparisse come un barbone uscito da una scatola in strada non aiutava per niente la situazione, con quella sua lunga barba rossiccia che avrebbe fatto invidia anche a quello di Babbo Natale, accompagnata da una ruvida chioma lunga in cui si continuavano a formare nodi. Aveva addirittura rotoli di grasso! Nella sua vita originale non se li era mai nemmeno sognati.
"Su, non ti innervosire così." Disse il suo compare, continuando il suo massaggio. "Noto che oggi hai nuovamente indossato le lenti a contatto, sai che a me piacciono i tuoi occhi naturali." Rivelò, lasciandole un altro bacio sul collo.
"Io invece li odio, sono verdi come la natura, rappresentano vita e altre baggianate di positività." Si lamentò con tono di poca grazia Anastasia.
"Dato che è ovvio che adesso sei nervosa, che ne dici se ci ritiriamo nel mio appartamento dove ho un bel mazzo di fiori per te che potrai presto distruggere a tuo piacimento." Propose l'uomo, facendo compare sul viso della compagnia un sorriso sbilenco. "E c'è anche un barbone non molto lontano da noi che ci sta fissando come un ossesso e vorrei pertanto evitare di dilungarmi a stare qui." Le sussurrò lui, facendo subito spostare lo sguardo di Xavier verso altrove, mentre Neberius scoppiava in una rumorosa risata udita solo dal maledetto. La coppia a quel punto si dileguò poco dopo dalla loro vista e il condannato si ritrovò a sospirare rassegnato. Era troppo bello per esser vero il fatto che avesse incontrato Anastasia così in velocemente nella sua ennesima reincarnazione, ma da un lato era in un certo senso contento che la donna di poco fa non fosse colei che stesse in realtà cercando, poiché era evidente che ella non fosse una figura per niente gradevole. Era il solito buco nell'acqua, ma questa volta in un certo senso gli fece riflettere riguardo cosa avesse fatto di sbagliato con l'Anastasia della sua epoca.
"Mi chiedo perché abbiano inventato quei dannati aggeggi che cambiano il colore degli occhi. Come se già non fosse difficile abbastanza trovarla." Si lamentò Xavier, prima di rimettersi in marcia verso chissà dove senza attendere che le risa di Neberius terminassero. Del resto quest'ultimo era consapevole che la donna di poco fa non era la sua Anastasia, il demone lo sapeva sempre, ma non lo diceva mai, preferiva torturarlo nei modi più bizzarri come passatempo.
"Per tua informazione essi si chiamano lenti a contatto." Corresse poco dopo il custode un volta che raggiunse il condannato.
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