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2.2

Un successo meritato   (Oliver)

La ragazza che stava di fronte a Omar non c'entrava per niente con quel luogo: portava jeans chiari e larghi, una maglietta a righe annodata sul fianco che sottolineava la curva del seno, il collo lungo e aggraziato, lunghi capelli castani, grandi occhi marroni con folte ciglia, un naso dritto, zigomi alti e una bocca piccola ma carnosa.
Fatto insolito non aveva un filo di trucco.
La vedeva giocherellare con il bordo del cd comprato; Oliver non seppe spiegarsi cosa lo indusse ad offrirle una delle bibite della sua scorta personale.
Lo stile di vita che era un'icona per il genere musicale da lui abbracciato era particolare, non in molti lo osservavano pur amando il ritmo e il sound; era diventato uno "straight edge", quello stile, nella fattispecie, prevedeva l'astinenza da tabacco, alcool, droghe e sesso occasionale, era etica di matrice delle band hardcore. Molti gruppi cui si era ispirato ne erano ferventi sostenitori e promotori: gli  Slapshot; gli Ssd; i Gorilla biscuits e persino i Maroon.
Pertanto lui si portava appresso sempre una borsa termica con i rifornimenti idrici per la serata per non incorrere nell'ovvia risposta che Omar, quasi sbeffeggiandola, aveva dato alla ragazza.
Era rimasto a guardarla mentre lucidava con il polsino della maglietta il bordo metallico della lattina prima che il disastro si compiesse.

-Porca Troia Dado-

Si era scusato con lei, sapeva che il batterista adorava giocargli tiri mancini e sicuramente quella doccia immeritata e zuccherina era rivolta a lui, non certo a lei.
Oliver aveva fissato ipnotizzato le ciglia di lei battere convulse, imperlate da minuscole goccioline.
La maglietta le stava aderendo come una seconda pelle, rivelando un fisico con curve apprezzabili.
Aveva deglutito imbarazzato alla comica visione e quando nello sguardo di lei aveva visto tracce di un pianto imminente si era sentito un mostro, responsabile, pur non essendolo.
Aveva intuito la ragazza stesse per scappare e aveva quindi allungato il braccio circondandole la vita minuta, sembrava, lei, quasi sotto shock. Si era lasciata guidare allora sul retro dello stand mentre lui provava a scusarsi in tutti i modi possibili e inimmaginabili.
Erano giunti nei pressi del pulmino, sfidando il buio e la sterpaglia, e solo quanto aveva sbloccato la sicura di chiusura, lei aveva sussultato ridestansosi da una sorta di trance.
Benché le avesse sorriso invitandola a seguirlo sul furgone lei era rimasta inamovibile a terra.
Oliver aveva frugato nel suo zaino verde militare, trovando la felpa ragalatagli da mamma e Tamara, e una confezione di salviettine rinfrescanti.
Era statuaria la ragazza di fronte alla sua insolita sollecitudine; chi lo conosceva bene sapeva che in un altro frangente avrebbe girato i tacchi e se ne sarebbe andato, lasciandola sola a cavarsela, nonostante il guaio del quale in parte si sentiva responsabile.
Eppure quegli occhi profondi lo avevano inchiodato a una morale, una responsabilità riparatoria.
La sconosciuta aveva preteso le chiavi prima di salire sul mezzo per cambiarsi. Aveva alluso lui potesse essere un malintenzionato e questa assurda ipotesi lo aveva estremamente divertito, ma aveva acconsentito senza ridere, non voleva credesse si prendesse gioco di lei. Voleva la sua fiducia.
Nonostante lei gli avesse intimato di non spiarla, Oliver aveva guardato attraverso lo specchietto retrovisore il riflesso di lei sul vetro mentre si spogliava rivelando davvero sotto quei comodi vestiti un corpo notevole, dalle proporzioni perfette.
Aveva deglutito più volte nell'attesa.
Quella ragazza aveva acceso un barlume di interesse nella sua giornata: qualcosa di alieno a lui, estraneo perché non appartenente al suo mondo fatto di sola musica.

Era scesa rivestita, aveva indossato la sua felpa che le era anch'essa enorme, sopra il suo giacchetto che non aveva subito danni. Tratteneva in una mano gli indumenti bagnati.
Lo aveva ringraziato con una voce timida, esile, diversa da quella forte di prima che beffarda lo aveva esortato a darle le chiavi.
Oliver aveva anticipato il movimento della sua fuga, avvolgendo con le sue dita il polso sottile di lei, chiedendole se fosse sola. Quel contatto però gli aveva azzerato la saliva mentre i loro occhi si allacciavano non perdendo nulla dell'altro, tuffandosi in quel cupo scontro di due iridi scure calde e avvolgenti.
La risposta della ragazza si era persa nel silenzio della notte o nel rumore del sangue che sentiva scorrergli con impeto nelle vene.

Il ruggito di "Desperation", la suoneria che Tamara gli aveva impostato, ruppe l'incanto del momento, Oliver  si augurava non fosse a senso unico.
Senza lasciarle il polso che irradiava un confortevole calore al braccio e tenendo gli occhi fissi nei suoi aveva risposto.
Dado.
Cazzo
Il concerto.

Si era estraniato in una realtà parallela per quanto?

Lasciò a malincuore il polso della sconosciuta e visibilmente in imbarazzo per aver dimenticato le priorità della sua serata fu lui a darsi alla fuga.

Non aveva avuto il tempo di spostare il pulmino o chiedere se potesse sostare dietro il palco. Aveva tolto in fretta la camicia legandosela in vita e correndo si era diretto dietro il palchetto, arrivando trafelato dai componenti della band.

《MA DOVE CAZZO ERI?》 Aveva sbraitato Brando.
Oliver aveva grugnito in risposta. Dado gli si era avvicinato con cipiglio interrogativo.
《Ho conosciuto una.》Aveva ammesso emozionato.
Dado lo aveva guardato stralunato.
《Cat ti cerca da un'ora.》
Era bastata la frase dell'amico a cancellargli l'ebete sorriso che la sconosciuta gli aveva lasciato stampato in faccia.
La folla pestava i piedi.
Salirono in formazione sul palco: Oliver al centro; Dado alle sue spalle, posizionato alla batteria; Alex e Brando ai lati.
Tutti rigorosamente voltando le spalle al pubblico per richiamare l'immagine suggestiva che era impressa sulla demo.
Poi il buio era stato spazzato via da un fascio di luce accecante e loro si erano girati pronti a scatenare l'inferno, il delirio a suon di bassi, armonica, rullo di tamburi e iperbole acustiche.
Oliver era certo l'emozione gli serrasse le labbra e mandasse in corto il cervello, invece come l'animale da palcoscenico che era, si sentì invadere da quella scarica di adrenalina che solo la musica riusciva a dargli.

《Buonasera gente; siete pronti a scatenarvi con noi?》Urlò nel microfono.
Lo sguardo furbo di Oliver divorava gli astanti, una scintilla di speranza di poter rivedere la ragazza della coca cola gli faceva scrutare avido i volti sottostanti.
Ed eccola. Le regalò un sorriso complice e sperò lei capisse che era un gesto di riconoscimento.
Solo in un secondo momento notò un dettaglio che lo disturbò oltre misura:
la sconosciuta stringeva la mano di Caterina.
Continuò per quasi due brani a intrigare la platea con acuti, vocalizzi ma soffermandosi sempre sul quel dettaglio.
Se era amica di Cat perché non l'aveva mai vista prima?
Si concentrò in un assolo difficile confidando nelle sue doti e nel pregio di Sabrina, la sua chitarra acustica. Prima che un boato lo sommergesse di vivido apprezzamento.
Compiaciuto per la performance di quel pezzo Oliver tornò a cercare la ragazza nella folla, rischiando di perdere una nota non trovandola più, al fianco di Caterina.
Avido percorse i presenti: un ammasso di corpi che ballava, saltava e si scatenava sotto la maestria dei loro accordi.
Si illuminò trovandola a margine di quella pista arrangiata, aveva notato come lei non ballasse, restava ferma nonostante l'ondeggiare dei corpi vicino a lei: reclinava piano il capo, seguendo le note melodiche.

Caterina era splendida sotto il palco; urlava il suo nome incitandolo e cantando a squarciagola ogni singolo pezzo del repertorio; Elisa, l'amica buffa di lei, le stava appresso.
Un guizzo di fastidio lo aveva colto quando quasi alla fine dell'arrangiamento di un pezzo particolarmente scatenato aveva visto Elisa porgere alla sconosciuta un bicchiere caratteristico di birra alla spina.
Fu con un cipiglio quasi di astio che si era chiesto se avesse recitato prima: la ragazza aveva detto di essere astemia.
Alla settima canzone la vide versare il contenuto sull'erba alle sue spalle attenta alla reazione di Cat o Elisa, troppo prese dal ballo per curarsi di quel sotterfugio.
E Oliver, lui, aveva riso in cuore suo per quel gesto.
Si era morso con forza il labbro giocherellando con i piercing per non scoppiare a ridere durante la performance di Dado.
Eseguirono anche l'ultimo brano, poi vennero richiesti un paio di bis cui la band si prestò sollecita.
Era sudato, scarmigliato e assetato ma in parte ebbro di emozioni.
Lei ora sedeva su un masso sempre attenta alla musica e cercando spesso nella folla le movenze feline di Caterina e quelle meno aggraziate di Elisa.
Al silenzio dell'ultima nota un boato li gratificò. Si inchinarono tutti al pubblico e mentre scendevano dal palchetto vide Leo farglisi incontro:
in una mano una lattina di cola nell'altra una felpa asciutta.
Sfilò la maglietta zuppa e si rivestì celere mentre un tipo alto e allampanato mano protesa in avanti e sorriso intrigante si avvicinava.
I ragazzi si stavano tutti asciugando il sudore e Marzia aveva dispensato pinte di birra in inguardabili bicchieri di plastica rossi.
Il proprietario del Bloom di Mezzago gli parlò entusiasta.
《Che successo ragazzi. Riviera diventerai qualcuno.》
《Solo Ollie per favore.》
《Vi voglio mercoledì per Halloween al locale, e poi ogni quindici giorni giorni. Non tenermi sulle spine. Allora Ollie?!》
Era bastato uno scambio furtivo di sguardi con gli altri membri della band per accettare.
《Andata.》 Accettò Oliver serrando la sua mano in quella dell'adulto.
《Cristo Ollie suonerete anche ad Hallowen.》Leo era raggiante.
《Ragazzi mancano quattro giorni.》Sottolineò Marzia.
《Saremo pronti Marzia.》 Confermò Ollie posandole una mano sulla spalla.
La band girò attorno al palchetto trovandosi delle fan in fila per scattare selfie o ricevere firme e autografi.
Una punk, dai capelli verde mela, pretese le autografasse l'ombelico e nonostante l'istinto di ribrezzo la accontentò.
《A questo punto Ollie devi parlare con Cat.》Gli aveva ricordato Leo a un soffio dall'orecchio.
Annuì grave alle parole di Leo.
Cat si era seduta paziente a gambe incrociate vicino alla sconosciuta, Elisa reggeva fra le mani un bicchiere di birra e ne ingollava lunghe sorsate.
Sorrise vedendole lì; in gruppo si portarono dalle ragazze.
Caterina si era alzata in piedi eccitata e fiera, scambiò una parola con ciascun membro che la riteneva una mascotte di tutto pregio.

《Ragazzi lei è Viola Gardini!》
Oliver si era fermato a quel nome, mentre Caterina elencava i membri della band con relativi soprannomi e strumento.
Nonostante non volesse smettere di spiarla di nascosto continuava a studiarne ogni gesto. Quando Cat aveva fatto le presentazioni, Viola aveva fatto un cenno circolare di saluto. E non era parsa stupita di sapere chi lui fosse.
Era restata in disparte non tendendo la mano a nessuno.
Leo gli diede una piccola spinta verso Caterina ricordandogli cosa dovesse fare quella sera.
Frustrato decise di portare la ragazza a parlare a qualche metro.
A Caterina brillarono gli occhi quando Oliver le chiese di fare due passi.
Nonostante avesse altro da chiederle Oliver voleva solo sapere da quanto conoscesse Viola.
《Grazie di esserci stata stasera.》 Invece si ritrovò a dire.
《Non mancherei mai. Sono la vostra fan numero uno.》
《Senti Cat avrei davvero bisogno di chiederti un favore.》
《Qualsiasi cosa Ollie!》
《Voglio scrivere dei testi in inglese e in quella lingua sono negato.》
《Certo che sìììì.》 Caterina, non aveva neanche fatto finire di parlare Oliver, aveva già accettato, come prevedibile.
《Fra alcuni giorni verremo a Milano per registrare una nuova demo in studio. Potresti venire e aiutarci con le parole tra una lezione e l'altra, magari.》
《Sarebbe fantastico. Posso portarmi dietro Viola? Frequentiamo entrambe lingue e il tempo tra una lezione e l'altra lo spendiamo assieme, non voglio lasciarla sola.》
Al suono del nome di lei e di quelle poche e scarne informazioni il cervello di Oliver era già partito per la tangente.
《No, certo, anzi devi.》 Aveva aggiunto con un'enfasi sospetta.
《Devo?》Aveva chiesto Cat perplessa.
《Beh...Ecco, se studia lingue con te potrebbe aiutarci anche lei.》
Cat aveva riso.
《Glieli chiederò ma non credo. Non so se questo sia propriamente il suo genere musicale.》
《No?》
《Noooo.》.
《Qual è il suo genere?》 Aveva chiesto allora Ollie divorato dalla curiosità.
《Oddio non lo so. Non lo so proprio.》
《Rimedieremo.》
Sapendo di poter rivedere ancora Viola e che questa non si sarebbe volatilizzata nell'immediato futuro regalò un abbraccio sincero a Caterina che si appese entusiasta al suo braccio mentre tornavano dal gruppo.
Viola gli volgeva le spalle e parlava sommessamente con Leo.
Al loro arrivo in un attimo le ragazze sotto insistenza di Elisa si accomiatarono.
Loro dovevano smontare gli strumenti, caricarli sul pulmino, ricevere il compenso per la serata e poi, solo poi, fare ritorno a casa.
Restò a fissare la schiena di Viola che si allontanava al fianco di Caterina che gesticolava eccitata parlando alle due ragazze.
Sperò che si voltasse un'ultima volta, solo una volta.
E in quel momento la ragazza, accolse la sua muta preghiera, girò il volto e lo guardò negli occhi.
Oliver vide le sue dita affusolate indicare il cappuccio della felpa che le aveva dato, per un istante fu geloso di quel tessuto che avvolgeva quel caldo corpicino. Avrebbe voluto risentirne il calore.
-Tienila!- Mimò con le labbra, consapevole lei non lo avrebbe sentito.
Scosse allora il capo come se la faccenda fosse di poco conto.
Lei piegò le labbra in un dolce sorriso prima di voltare nuovamente il volto e l'attenzione alle parole di Caterina.

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