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11.11

Esserci o non Esserci? (Oliver)

Dado aveva provato a parlargli ma Oliver dopo l'ennesima serata disastrosa, iniziava davvero a perdere la speranza di avvicinarsi a Viola.

Era rientrato a casa sperando quasi di trovarvi il padre e fare quattro chiacchiere, ma il genitore non era in cucina quella notte. Oliver stette a guardare la tazza nel lavello: chiaro segnale l'adulto fosse già andato a letto e restò a contemplare quell'evidenza impotente, le mani strette attorno alla vasca in acciaio.
Voleva essere confortato: come da bambino quando i tuoni lo facevano scappare dal suo letto per cercare rifugio in quello dei genitori, ma lui non era più piccolo, si sentiva combattuto su cosa dovesse fare: lottare per quell'interesse che lo stava abitando nel profondo o lasciare che la vita facesse il suo corso. Da quando aveva conosciuto Viola nulla era stato semplice: fraintendimenti, occasioni mancate, incomprensioni a pioggia si erano riversati su loro.

Stette in camera a rivedere il pezzo che portava il nome di lei, con la consapevolezza che solo la musica riusciva a dargli; dopo ore capì di volere Viola nella sua vita, anche solo come amico, pur vedendola innamorarsi di un altro, credette di poterselo far bastare.

Il genitore che tanto aveva bramato, trovò il figlio a terra con la fidata chitarra Sabrina fra le braccia, il volto sereno, nonostante tutto.
《Oliver?》
《Oi pa'.》
《Notte intensa?》
《Vita complicata, oserei dire.》
Accarezzò la stoffa della sciarpa di Viola, negli ultimi giorni era diventata un talismano.
《Come sta la ragazza che ti fa tirare l'alba?》La voce dell'adulto provò a essere noncurante.
《Pa'...Io non so cosa fare. Come ti confronti con un fantasma?》 Chiese il ragazzo ripiegato sullo strumento musicale.
《Oliver che intendi?》
《Il suo ex non l'ha lasciata. È morto.》 Affermò il giovane inchiodando il suo sguardo febbrile in quello dell'adulto.
Il padre aggrottò la fronte, alla rivelazione del ragazzo, si sedette sul letto, cercando di assimilare le parole.
《Non devi confrontarti, non devi cercare di vincere, ciò che lui è stato lo sarà comunque, ma lei dovrà andare avanti perché per quanto la vita sia ingiusta non potrà piegarsi nel suo lutto per sempre. Forse non sarai tu a ridarle fiducia nell'amore o forse sarai quello che le serve per tornare a crederci. Sta a te starle accanto con pazienza infinita se è quello che vuoi e credi sia giusto. "È il tempo che hai speso per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante." Saint-Exupéry. Il piccolo principe.》
Fece una smorfia alla citazione del padre.
《Caffè?》Chiese l'uomo al figlio dal volto corrucciato.
《No, esco.》
《Ma hai dormito un poco?》
《No. Ho bisogno di fare quattro passi.》

Era uscito Oliver sotto il cielo sereno di Monza, i passi gli fecero fare il solito percorso, quello conosciuto, girò l'isolato, superò casa di Dado, il panettiere di famiglia, l'edicola degli zii di Brando.
Camminando sul viale fuori dal Cactus, il locale in cui lavorava Maddalena, la vide, in pausa, fumarsi una sigaretta, appoggiata al muro, tormentare le pellicine delle unghie, tra una boccata e l'altra. Sorrise fra sé Ollie.

Forse era il destino, o forse no, ma era ora di smettere di girargli intorno.

《Hey stai bene?》
Annuì la ragazza emettendo uno sbuffo di fumo e abbassando lo sguardo.
《Ollie mi spiace per ieri sera ero ubriaca, io...Temo di aver detto cose pesanti. Forse che non penso davvero.》
《Non ti preoccupare Mad: acqua passata.》 Mentire per farla stare bene non gli avrebbe cambiato la giornata, ma sentiva il disagio della ragazza e credette fosse giusto rassicurarla.
《Hai tempo di un caffè? È una giornata piatta oggi al bar!》 Propose Maddalena.
《Certo.》Accettò controvoglia.
Lei annuì e lo precedette all'interno del locale.
《Lungo e senza zucchero giusto?》
《Esatto. Comunque il mio colore preferito è il rosso.》Confessò Oliver.
Sorrise Maddalena tendendogli la tazzina, il bancone a dividerli.
《Non l'avrei mai detto.》Ammise lei.
《Non ci conosciamo molto in effetti.》
《Io...non sono sempre stata così sai?》
A memoria invece Oliver non aveva altre immagini di lei: una ragazza spesso astiosa con il mondo, cipiglio perennemente polemico e sulla difensiva nel modo di parlare, sfrontata nel vestire e truccarsi.

《Posso raccontarti come ho conosciuto Paolo? Non devo giustificarmi lo so, ma voglio tu capisca perché il suo ricordo per me è importante.》
《Ne eri segretamente innamorata?》Azzardò il ragazzo.
《Oddio nooooo.》Smentì Maddalena con enfasi.

《Sai che frequentavo il Castaldi?》
Scosse il capo Oliver.
《Beh dopo le medie mi ero iscritta lì, ero un tipo un po' come Viola: ingenua e fiduciosa; conobbi Tancredi, aveva tre anni più di me e credetti di essermene innamorata. Ci andai a letto non sapendo che aveva la fidanzata, a scuola mi presero in giro tutti, e lui più degli altri.
Iniziai a essere incazzata con il mondo quando lo scoprii.
Divenni un bersaglio. Ero quella facile: potevi trovare il mio numero nei bagni dei maschi per un servizietto.》
Parlava a voce bassa Maddalena torcendosi le mani dove uno smalto nero sbeccato risaltava.
《I maschi sanno essere crudeli!》 Confermò Oliver.
《Già. Perché se un tipo si scopa una è un figo, se lo fa lei è una puttana.
Siccome iniziai a vestirmi come una poco di buono, tanto quelle erano le voci sul mio conto, i miei pensarono, anche a seguito di un incontro scolastico, che in quell'istituto ci stessi male. Perspicaci no?
A metà anno cambiai; andai al Manzoni a Milano. Arrivai a febbraio, non conoscevo nessuno o così credetti. Sai speravo di lasciarmi la storia di Tancredi alle spalle.
Entrai in aula e sfiga volle mi ci trovai la sorella di lui.
Mentre un insegnante mi invitava a scegliere un banco libero, vidi le persone occupare i posti vuoti con i loro zaini, scacciarmi come una mosca fastidiosa, risatine di scherno, bisbigli sommessi.
Paolo spostò la sua sacca e mi fece cenno di sedermi accanto a lui.
Iniziò così una strana amicizia: lui privo di pregiudizi sempre gentile...》
《Il tipo perfetto!》Oliver dette voce quasi con fastidio al pensiero, Maddalena non colse la velata nota ironica.
《Già. Anche se mi confidò quel primo giorno di vivere nell'ombra del fratello: bello, popolare, talentuoso, mi disse mi capiva.
Gli credetti anche quando scoprii chi fosse suo fratello. Aveva un gemello Paolo: stessi voti, prestanti, carismatici, erano popolari e brillanti entrambi, due assi nello sport, uno nel calcio, l'altro nel tennis, figli della Milano per bene.
Stargli accanto però mi stimolò a fare di meglio, almeno in campo scolastico. Quando non facevo i compiti me li passava lui.
Non uscivano insieme ma ci sentivamo spesso per tesine o lavori di gruppo, finché non conobbe Viola e forse sapendo che ero disincantata e non alla ricerca del principe azzurro, mi coinvolse nella sua storia, per farmi capire che esisteva l'amore puro, disinteressato, diverso da quello che avevo vissuto e credevo di meritare.》
《Fantastico!》 Il sarcasmo in Oliver esplose non trattenuto.
《Ollie no! Era davvero buono, un bravo ragazzo.》
《Scusa.》 Chinò il volto Oliver mortificato.
《Come è morto?》Chiese.
Emise un lungo sospiro Maddalena, puntò lo sguardo sul tavolo prima di iniziare a parlare.
《Era estate, stava in villeggiatura da sua nonna ad Amalfi, fine agosto. Mi aveva chiamato perché non avevo ancora fatto nulla per l'elaborato di storia che ci voleva coinvolti.
Mi raccontò quel giorno di aver sentito Viola e averla confusa per me, siccome si aspettava mi facessi viva.
Mi aveva poi spiegato che si sentiva un po' a disagio per la telefonata sperava lei non se ne fosse risentita.
Minimizzai, fugando i suoi dubbi; erano così innamorati che una sciocchezza simile non avrebbe intaccato il loro rapporto schifosamente perfetto. Mi divertivo a prenderlo in giro a riguardo, sotto sotto era un ragazzo insicuro.
Comunque dopo un po' di tempo al telefono mi disse che doveva uscire con la compagnia del mare, quanto avrebbe voluto Viola lì con lui; quella sera per festeggiare un compleanno avrebbero bevuto, Paolo era astemio.
Non lo sentii per una settimana.
Quando chiamai casa sua a Milano ipotizzandone il ritorno, suo fratello mi disse che quella sera, quella della telefonata, Paolo aveva bevuto e si era tuffato con dei ragazzi da una scogliera: complice la notte, le birre e il mare agitato, annegò.》
Una lacrima rotolò sullo zigomo della ragazza, la scacciò stizzita Maddalena.
《Birre?》Chiese Oliver, il pensiero rivolto a Viola.
《Già!》Confermò Maddalena.
《Sono stata l'ultima a parlarci. Vorrei scusarmi con Viola: non dovevo accanirmi con lei. Lui ci teneva e ...》
《Forse non è quello che le serve adesso. Lascia correre Mad, magari glielo dirai un giorno.》La interruppe Oliver più turbato di quanto pensasse dalle rivelazioni della ragazza.
《Se la vedi, dille che mi spiace però.》
《Il fatto è che non la vedo né la frequento.》Ammise Oliver.
《Ma io credevo?》
《Credevi male.》
《Mi piace è vero, ma non abbiamo...》Fece un gesto ampio con la mano Oliver a corto di parole.
《Eppure io ero convinta. Sai avete quello sguardo. Entrambi.》
《Che intendi?》
《So di aver detto delle cattiverie ieri sera ma non sei il solo a guardarla perso, anche lei ha nei tuoi confronti quello sguardo.
Scusami Ollie.》
Due clienti entrarono nel locale, Maddalena lo lasciò confuso con molto su cui riflettere.
《Torno al lavoro. Grazie per la chiacchierata.》
《Grazie a te Mad.》 Lasciò i soldi del caffè e uscì.
Estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans e chiamò Dado.

Si erano visti Oliver e Dado.
《Progetti per la serata?》
《Che hai in mente Ollie?》
《Voglio andare da Viola.》
《Pessima idea amico.》
《Cristo santo Da, sei il mio migliore amico, fingi almeno di capirmi.》
《Proprio perché lo sono ti evito di fare una cazzata. Hai dormito qualche ora, ti sei fatto una doccia?
Non rispondere so già che è no a entrambe. Va a casa sta con la tua famiglia e riposa.》
E Oliver era tornato a casa. Si era lavato per poi buttarsi sul letto alle cinque di un pomeriggio strano. Aveva dormito sotto lo sguardo vigile dei suoi che erano entrati in camera più volte, a seguito delle tormentate confidenze al genitore, lo avevano lasciato riposare.
Si era svegliato il pomeriggio di domenica aveva dormito quasi ventiquattro ore.
Il cellulare gli dava le notifiche di gruppo e null'altro.
Il messaggio di Dado arrivò poco dopo.
•Ripigliati coglione stasse usciamo.•
Oliver inviò all'amico una semplice emoticon in risposta: pollice alzato.

Era salito in auto con un incredibile abbattimento.
《Smettila Ollie mi dai sui nervi.》
Oliver tamburellava nervoso le dita sulle ginocchia.
《Da tu non capisci vero? Mi logora questa cosa.》
《Quale cosa?》 Chiese Dado volgendo appena lo sguardo al ragazzo e tornando poi a concentrarsi sulla guida.
《Viola.》
《Spiegati!》
《Ho capito che voglio esserci per lei qualsiasi ruolo mi chieda di ricoprire nella sua vita.》
Dado aveva arrestato l'auto.
《Stasera esce con Magnolia. Le raggiungiamo ma non farmene pentire, intesi?》
Aveva solo annuito Oliver.
《Lo avevi premeditato?》
《Sì!》Ammise Dado un sorriso lieve.
《Ho inviato un messaggio a Viola dopo il Bloom ma non mi ha risposto, e ci sta, ma anche con Magnolia ha preferito non vedersi fino a stasera.》
《Quindi tu e Magnolia?》
《Fatti i cazzi tuoi.》Tuonò il ragazzo alla guida.
《Non ti giudico, non l'ho mai fatto.》
《Grazie Ollie. Ci vogliono quasi due ore, mettiti comodo.》
《Bene. Accendi la radio amico!》
《Sei proprio partito, tu detesti i viaggi in auto Ollie!》
《Un giorno andrà avanti e magari non sarò io, mi basta saperla serena;
come hai fatto tu con Cat per una vita.》Ammise Oliver la fronte poggiata al finestrino lo sguardo perso nel paesaggio che sfilava veloce.
《Farina del tuo sacco?》
《Mio padre, ma credimi ci ho ragionato su parecchio.》
《Bene Ollie stai crescendo. Allaccia la cintura e avvisa casa, faremo tardi.》

Il resto del viaggio lo passarono in silenzio mentre la radio scandiva i chilometri oziosa, il programma notturno della domenica sera echeggiava nell'abitacolo.
Non sapeva dove stavano andando Oliver ma la fiducia in Dado era cieca.
Arrivarono a un'anomina palazzina tinteggiata di un rosso cupo, in aperta campagna: una piccola insegna campeggiava sotto un'opaca luce al neon.
Superarono una tenda ed entrarono in un locale scarsamente illuminato.
Afferrò il braccio di Dado Oliver e seguì come ipnotizzato il canto della sirene la melodia che li portò oltre l'ingresso in un'ampia sala: la voce era quella di Viola, ecco il destino che gli regalava qualcosa. Fossero arrivati anche solo cinque minuti dopo non l'avrebbe sentita. Girava le spalle ai presenti, in piedi a un tavolo davanti un proiettore con il testo che sfilava. La scelta musicale lo lasciò perplesso: Ti lascerò, duetto Oxa/Leali.

Il ragazzo accanto a Viola, robusto e con occhialini alla Elton John, cantava con ardore e aveva una bella voce piena baritonale.

Viola ...

Chiuse gli occhi serrando la stretta sull'avanbraccio dell'amico.
《Mollami il braccio Ollie!》
Sbuffò Oliver notando Magnolia lo sguardo puntato su Dado, fargli gesti.
Viola pareva estranea al locale.
Fissò le spalle della ragazza avvolte in un maglione di un freddo celeste.

Era il suo colore preferito?

Non avrebbe potuto chiederglielo ancora, appena l'esibizione finì si avvicinarono.

《Ketchup o maionese?》Disse sedendosi.
《Salsa rosa.》Affermò Viola, le cui palpebre sbatterono frenetiche fissandolo.
Aveva riso Oliver, uno stupore ingenuo si rifletteva sul viso di lei.
《Giusto! Mai che ti conformi all'ordinario.》Concesse il ragazzo avvicinandosi per sentirne il profumo che aveva impresso nella memoria ma dal vivo era tutt'altra cosa: inebriante.
《Che ci fai tu qui?》Chiese lei, Oliver si incantò a fissare, una piccola ruga a solcarle la fronte, avrebbe voluto allungare la mano per distenderla.
《Volevo...》Gli venne meno la voce a Oliver.
《Mi basta starti vicino Viola anche se non sei pronta.》 Sussurrò affinché solo loro due sentissero, con lo sguardo puntato in quello di lei e una leggera stretta alla sua mano per rafforzare il concetto; Dado, come Oliver, comparso dal nulla, le rubò una patatina fritta e le sorrise.
Come un bisonte ruppe l'incanto ma Viola ebbe un sorriso nello scorgere l'amico e la sua serata avrebbe anche potuto concludersi in quell'istante.
Era così strano anche solo poterle tenere la mano, carezzare le lunghe dita sottili.
Avevano bevuto insieme qualcosa tutti e quattro e nonostante l'assurda insistenza di Magnolia perché i due ragazzi cantassero, erano riusciti a scongiurare quella farsa. Aveva notato Oliver che le canzoni fossero piuttosto datate e nessuna nel suo stile.

Nel parcheggio si erano ritrovati vicini alle auto. Magnolia aveva preteso Dado l'accompagnasse a casa e questi sornione si era tirato in macchina la ragazzina.
Seguirono l'auto, Oliver era nervoso nella seduta del passeggero accanto a Vuola.
《Se anche tu temi la mia guida scendi!》Disse Viola lanciando brevi occhiate a Oliver.
《Nah. Chi potrebbe mai non volerti come autista?》Ci scherzò su.
《Riccardo per esempio.》
Aveva taciuto Oliver.
In troppo poco tempo erano arrivati davanti casa di Magnolia. Scesero tutti dalle vetture.
Un saluto veloce e Dado pretese, nonostante vi fossero poche centinaia di metri, di scortare Viola a casa.
Arrivati i due scesero, raggiungendola.

Un abbraccio fugace.
Oliver le tese un biglietto.
《Sai, se beh ...ecco il mio numero.
E non posso neanche chiederti di farmi sapere se sei rientrata a casa.》
Fissò la villa di mattoni rossi Oliver, cercando di rimandare il commiato.
《Grazie.》Viola sussurrò in un ultimo timido abbraccio.

•Buonanotte e grazie della sorpresa.
Viola•

Aveva ricevuto quel messaggio a pochi metri dal raccordo per Milano.
Sorrise Oliver mordendosi il piercing, un ebete smorfia a contrarre i tratti del volto

▪Sogni d'oro Viola▪

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