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1.1

Un concerto vero!  (Oliver)

《Oliver?》
La madre lo stava chiamando già da un po', ma lui aveva bisogno di restare solo con Sabrina, ancora qualche minuto, aveva bisogno di quella calma che unicamente la sua presenza poteva infondergli. 

Oliver godeva della famiglia perfetta; sotto molti aspetti si riteneva un privilegiato. Suo padre non aveva mai ostacolato il suo rapporto con la musica; rispetto a molti suoi coetanei, e anche a due, dei quattro membri della band, la sua famiglia lo sosteneva in tutte le scelte, giuste o sbagliate che fossero.
Non avevano fatto drammi quando al terzo anno dell'artistico si era lasciato bocciare demotivato da tutto e tutti; in preda a quella crisi emozionale/ adolescenziale che segnava immancabilmente la sua generazione. I suoi genitori lo avevano lasciato partire lo stesso per l'interail con gli amici quella stessa estate, senza punirlo o mortificarlo. Era stato grazie ai loro incoraggiamenti che a settembre aveva ripreso a studiare giusto per arrivare al diploma e poi dedicarsi a quella che era la sua vera passione e unica ragione di vita: la musica. 

Ora, al secondo anno del Dams di Bologna, nonostante la continua delusione accademica, era conscio quell'esperienza formativa fosse necessaria. Un passaggio obbligato se voleva sfondare ed essere conosciuto.
Nell'ultimo anno aveva formato una band, ci aveva lavorato da anni in realtà, ma si poteva considerare tale solo da poco; sapeva che il gusto musicale particolare non avrebbe abbracciato la massa.
Non amava la musica commerciale, tollerava certo qualsiasi genere, per amore della stessa, ma gli formicolavano le orecchie quando sua sorella si accaniva con i pezzi commerciali del momento mettendoli in filodiffusione per tutta la casa.
Oliver trovava riparo nell'officina di zio Tommaso, il fratello del padre, che aveva rilevato due capannoni, presso la stazione ferroviaria di Monza, dove metteva il materiale edile in giacenza.
Ormai da un anno, cinque volte a settimana provava lì con il gruppo, lo zio gli lasciava libero accesso e si vantava di essere un suo grande sostenitore; forse perché non aveva figli suoi e Oliver era il suo unico nipote maschio.

《Amore, si fredda!》
La voce della mamma lo raggiunse di nuovo. Pizzicò le corde della sua chitarra acustica e la ripose nel fodero imbottito della custodia.
《A dopo Sabrina!》 Disse gettando un'occhiata all'oggetto inanimato, regalandole una carezza piena d'amore e venerazione.
Scese le scale di fretta, aveva l'adrenalina a mille che gli faceva saettare scariche elettriche per la spina dorsale e un buon presentimento.
In serata, a quella specie di concerto all'aperto avrebbe presenziato il proprietario del Bloom di Mezzago, se fossero stati bravi, li avrebbe ingaggiati per una serata al mese.
A tavola tutti gli chiesero se si sentisse pronto per l'evento.
La madre e la sorella, Tamara, la sua fan numero uno, gli avevano fatto un regalo: una felpa nera con cappuccio, con ricamato il nome della band sul dorso. Oliver era sempre commosso e grato dai gesti premurosi dei suoi cari.

Con i ragazzi avevano deciso di osare anche nel look, ma solo una volta firmato un accordo che garantisse il proseguo di serate come quella.
Per qualcuno non sarebbe stato altro che un ritrovo fuori porta, una serata alternativa, ma Oliver sentiva nella vene che era la sua chance. Il trampolino di lancio per un qualcosa di più.

Se con la band non avesse avuto il successo sperato contava di restare comunque nel mondo della musica e dedicarsi alla discografia. Grazie all'appoggio incondizionato dei suoi genitori Oliver sentiva davvero di poter fare tutto.

《Metterai la felpa stasera?》Gli chiese Tamara sparecchiando la tavola.
《Certo!》Confermò con un sorriso furbo, facendole l'occhiolino.
Quella replica in miniatura della madre sarebbe diventata una bellezza con i tratti fini e i capelli corvini, avrebbe dovuto iniziare a prendere a calci i futuri pretendenti, ma forse era ancora presto per pensarci, Tamara aveva solo dodici anni, e lineamenti ancora infantili.
La madre sorrise alla complice affinità dei suoi figli, fiera di come li aveva cresciuti.
《Ci saremo anche noi.》Confessò questa con viva emozione.
《Cosa?》Ollie strabuzzò gli occhi al significato delle parole di lei.
Non aveva solo il sostegno psicologico della sua famiglia, loro erano presenti, sempre.

Oliver uscì di casa per raggiungere gli altri al capannone. Non aveva voglia di prendere lo scooter, aveva bisogno di farsi una camminata, era pronto per la serata ma più teso di quanto fosse disposto ad ammettere.
Lungo la strada si fermò al bar Torre, era in anticipo, aveva tempo per raccogliere le idee in solitudine prima del ritrovo.
Il caffè ordinato glielo aveva portato Maddalena, la cameriera lavorava lì quasi tutti i giorni e Ollie sapeva avesse un debole per lui: non disdegnava la compagnia femminile, ma non aveva mai avuto una ragazza fissa; era l'unico rammarico del padre, forse. Essendo il frontman della band si scriveva i pezzi da solo e suo padre gli aveva fatto notare in più occasioni come il tema amore fosse la carta vincente per qualsiasi genere musicale, anche il suo: ska, punk, melodic hardcore.
Oliver non trovava insensato il consiglio paterno: ma come puoi descrivere qualcosa che non hai mai provato sulla tua pelle? Lui vibrava per le note, il sangue ribolliva nelle vene facendolo sentire tremendamente vivo, solo quando cantava, ed era, o fingeva di essere, su un palco. I testi erano attuali: grida di dolore contro una società ingiusta, lodi alle opere della natura, erano moderni e orecchiabili ne era consapevole.
Avrebbe potuto chiedere a Maddalena di uscire, ma il pensiero lo infastidì profondamente, avrebbe solo tolto tempo alla musica, alle prove e ai pomeriggi con gli amici.

《Eccolo!》
Richiamato dal verso del suo batterista, Dado, aveva trovato i ragazzi osservarlo ridenti ed eccitati. Si erano seduti al suo tavolo, dopo averlo scorto dalla vetrata esterna: Dado, Alex, Brando e Leo.
《Pronto?》Gli avevano chiesto in coro Dado e Leo.
Emise un sospiro con il quale smosse il ciuffo che gli ricopriva la fronte, nonostante il berretto con la visiera calata; annuì perché il groppo in gola era più intenso rispetto all'altra volta.
Avevano avuto solo una serata prima di quella, al Titan: un bar in periferia dove non si era vista un'anima per tutta la sera, salvo Caterina ed Elisa, e Marzia la ragazza di Leo.

Caterina...
Cazzo se era bella, indubbio lo fosse, eppure...
In compagnia tutti lo consideravano un pazzo a non cedere alla sua corte serrata, era bella ma non gli diceva nulla, si conoscevano dai tempi del liceo, se avesse voluto avrebbe cambiato o capito se la natura del loro rapporto potesse divergere dalla semplice amicizia.
Eppoi Cat era ossessiva, non lo trattava da paria, quasi lo venerava e questo era imbarazzante.
Ma quella sera doveva parlarle, tutti nel gruppo volevano che lui le chiedesse...
Sbuffò al pensiero della reazione di lei.
《Andiamo?》 Alex aveva nel frattempo pagato le consumazioni di tutti, velocemente ingurgitate. Bastava attraversare la strada e il sottopasso della stazione per essere al capannone, sistemare alla meglio gli strumenti sulle due auto e partire.

La macchina del padre non c'era accanto al doblò di Leo; Oliver spaziò con lo sguardo sulla strada principale, avrebbe già dovuto essere lì.
Il cigolio stridente del portellone del capanno di zio Tommaso fendette l'aria e la sagoma di suo padre fece capolino facendogli tirare un enorme sospiro di sollievo. Era con la sua vettura e con il mezzo di Leo che sarebbero andati a Concorezzo.
Il padre abbracciò con lo sguardo lui e gli altri prima di fare la domanda scontata.
《Siete pronti?》
Risposero in coro urlando eccitati.
Dado saltellava sul posto rullando immaginarie bacchette.
Padre e figlio si guardarono negli occhi per un istante prima che il portellone non venisse aperto del tutto rivelando ai presenti una piacevole novità.
《Sorpresa!!!》 Urlarono all'unisono la madre di Oliver, Tamara, zia Franca e zio Tommaso.

Un pulmino VWT2 nove posti della volkswagen si stagliava dietro la famiglia di Oliver; nero, lucido un modello anni settanta, caratteristico e verniciato da poco, il nome della band risplendeva sulla fiancata destra per la sua lunghezza.
Oliver e i ragazzi rimasero per un istante ammutoliti prima di cedere all'euforia: una danza sgangherata fatta di pacche virili, vigorose strette di mano e generose spallate.
Il padre si avvicinò cauto al ragazzo, gli occhi scintillanti puntati nei suoi.
《Non hai mai voluto un'auto in questi anni e guidi ancora quel catorcio di motorino. Te lo meriti!》
Oliver abbracciò il padre e ricevette sul palmo della mano le chiavi di quel furgoncino, soppesò il dischetto metallico del portachiavi rigirandoselo fra le dita.
Scosse ripetutamente la testa; il cervello, in tilt davanti l'enorme regalo, era avaro di parole, di giuste frasi che potessero far capire al padre quanto gli fosse riconoscente.

《Abbiamo fatto il pieno!》
《E l'assicurazione.》
Dissero in contemporanea zia Franca e zio Tommaso avvicinandosi per abbracciarlo.
Oliver aveva i tratti del viso deformati dal compiacimento; da dietro gli arrivò una forte manata sulla spalla a scuoterlo dalla sua trance.
Era Dado.
《Allora Ollie carichiamo questo gioiellino.》
Poté solo annuire prima di stringere di nuovo fra le braccia i componenti della sua strabiliante famiglia.

 
《Abbiamo la nostra Scoobymachine!》 Cantilenò Brando mentre Oliver guidava verso la meta della loro serata.
《Dillo ancora e ti scaravento giù in mezzo ai campi di riso, miglio o qualsiasi altra cosa siano.》 Aveva ribattuto Dado, colpendo Brando alla nuca e facendo ridere tutti.
《Shand-machine raga!》 Confermò Oliver.
Ridendo, bruciarono in fretta quei sei miseri chilometri che li portava alla radura presso lo sportivo di Concorezzo.

Nei pressi del campo allestito superarono il parcheggio, loro avrebbero potuto lasciare l'auto dietro il tendone della birra; Oliver sperava di poter posizionare il pulmino nuovo di zecca e con il nome della band alle spalle del palchetto, sarebbe stato un bell'effetto scenico.
Trovarono Marzia, la ragazza di Leo che li attendeva a braccia concerte e  con un cipiglio incazzato.
《Ohi. Che succede?》 Le aveva chiesto Leo.
Sbuffando aveva replicato che aveva dovuto quasi litigare per ottenere di parcheggiare anche lei lì e non oltre la radura.
Oliver l'aveva guardata perplesso, avrebbe potuto farsi due passi.
《Ho portato tutto!》Disse mentre fissava i membri della band.
《Siiiii.》Aveva urlato Leo di rimando.
《Tutto?》Aveva quindi chiesto Ollie.
《Beh... sai con il guadagno del primo ingaggio non ho solo masterizzato dei demo da vendere per stasera, ma anche delle felpe con il nome del gruppo.》Aveva ammesso con un filo di voce Leo quasi timoroso la sorpresa non fosse gradita.
《Geniale!》 Avevano concordato tutti.
Leo e Marzia, rispettivamente manager e pr del gruppo erano i loro promotori per eccellenza.
Si divisero per sistemare gli strumenti, l'impianto audio e preparare i dettagli.
Entro un paio d'ore avrebbero suonato.

Oliver lasciò al gruppo le incombenze gironzolando ozioso e constatando vi fossero davvero tante persone. Non credeva che un evento a cielo aperto nell'ultima settimana di ottobre avrebbe richiamato quella discreta folla.
Il cielo, ormai scuritosi, aveva ancora i nuvoloni del mattino ma il meteo scongiurava l'arrivo di un'acquazzone e lui era fiducioso. I funghi riscaldanti posizionati in maniera strategica non facevano avvertire l'umidità dei campi limitrofi.
Aveva lasciato il suo zaino sul mezzo e affidato Sabrina a Dado; presso lo stand della birra intento a spillarne a fiumi trovò Omar, l'organizzatore della serata, nonché zio di Leo.
Nonostante le persone si avvicinò e si fece riconoscere tendendogli la sua mini borsa frigo.
Omar ignorò bellamente una ragazza che attendeva il suo turno per scambiare con lui quattro chiacchiere, nonostante una vera conversazione fosse improbabile, visto il volume degli altoparlanti.
Con la coda dell'occhio vedeva la ragazza attendere paziente; rigirava fra le dita il loro demo, e se ne compiacque, Leo e Marzia stavano già lavorando per la riuscita della serata. La ragazza non faceva nulla per richiamare l'attenzione di Omar anche se continuava a mordicchiarsi nervosa il labbro inferiore.
Omar le dedicò attenzione e lei chiese una coca cola.
La risata che ne conseguì contagiò anche Oliver.
《Siamo a una festa della birra non ho altro ragazzina!》 Ammise Omar con fare sornione.
《Ma io non bevo!》 Era stata la replica garbata.
E con quella frase si era guadagnata tutta l'attenzione di Oliver.

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