Capitolo 5~ Elemento
Richiusi la porta. Lei, una sconosciuta, piombata in camera mia, con la pretesa di sapere la verità non era certo il soggetto più indicato a cui dare ascolto. Ma perché mi ispirasse tanta fiducia, non lo sapevo.
«Mi chiamo Ignes»
«Non so, devo stringerti la mano? Clhoe comunque».
Ero agitata. Era venuta lì una seconda volta, la prima era scappata. Perchè tornare?
«Ti dirò tutto quello che so. Poi spetterà a te credermi o meno.»
Era calma, ma avvertivo nella sua voce una nota di paura.
«La scorsa volta sei scappata. Perchè dovrei crederti?» in realtà aveva conquistato la mia fiducia non appena avevo visto il suo viso, ma avevo bisogno di conferme, io che dietro il volto duro e sfacciato tremavo come un cucciolo.
«Non è la seconda volta che sono qui. È la terza che provo a parlarti.»
Riflettei. Il colore del suo vestito.
«Non era un raggio di luce quello che avevo visto... eri tu!» nel mio tono c'era solo sorpresa.
«Ti ho vista mentre ti cambiavano la benda, e ho temuto che qualcuno potesse vedermi... ma sono qui perchè non voglio che tu subisca quello che ho subito io».
Restammo in silenzio. Si sedette sul letto e invitò me a fare lo stesso.
Si fissò lo strappo senza troppo interesse. «Te lo ha fatto vedere l'arazzo?»
«Sì...» dissi spaesata. Il suo volto si fece più serio.
«Ce l'ha messo il tuo ritratto?» chiese fissandomi con gli occhi dilatati al massimo.
«No... non ancora... ma che hai?! Mi stai facendo preoccupare...» mi prese per le spalle.
«Tu...» poi il suo sguardo cadde sul mio collo. «Dov'è la tua... dove sta la tua farfalla?»
«Scusami?»
«Quella cosa che ti ha portata qui. Dove ce l'hai?». Mi stava scuotendo a più non posso, quindi le bloccai le spalle.
«Senti, non so di cosa tu stia parlando ma...»
«No, niente ma. Ascoltami, non c'è molto tempo. L'arazzo. Devi stare lontana dall'arazzo. Se ci mette la tua immagine sei costretta a rimanere qui, e non sarà un soggiorno piacevole. Sta facendo la dolce e l'affettuosa per conquistarti, okay? Deve bagnare il tuo ritratto con una... cosa... una sorta di liquido strano che si prepara in molto tempo. L'hai visto l'ovale bruciato? Era il mio. E non è stato facile liberarmi».
Mi irrigidii. «Mi vuole solo dare una famiglia!» mi voltai e le diedi le spalle.
«Credimi, non è così, non cadere nella mia stessa trappola, Clhoe... "Non può essere di molti ciò che è di uno solo"!».
Si sentirono dei passi, e lei andò alla finestra.
«Trova la farfalla e scappa prima che ti cucia nella sua famiglia... altrimenti non so se riuscirò a salvarti...» la guardai, arrabbiata.
«Perchè fai tutto questo?» chiesi come se avessi davanti a me la causa di tutto questo disastro. «Io...»
Andò via. La scontrosa arrivò al posto suo portandomi la cena. Mi squadrò. Ebbi l'impressione che avesse notato qualcosa di strano, e quando lasciò la stanza, con un'ombra di sospetto sul volto, presi la mappa del castello con le zone proibite. Il corridoio parallelo a quello dei tributi era contrassegnato in rosso. Immaginai fosse chiuso a chiave. Se ci fosse stata Coraline le avrei chiesto se ne aveva una copia. Feci mente locale e decisi che l'indomani sarei andata alla scuola e avrei chiesto informazioni a Wendy.
Non sapevo nemmeno io perchè stessi valutando l'ipotesi di andare in uno dei luoghi proibiti. Ma a detta di Ignes qualcosa mi aveva portata qui. E mi era tornata in mente la perla azzurra, e la forza con cui l'avevo stretta prima di rimanere ferita. E se era tutto vero, la storia dell'arazzo, la... farfalla e quello che mi aveva detto Coraline dovevo andarmene. La frase della porta mi dava il tormento. Ero io la cosa che non poteva essere di molti?
Mi fermai. Il mio cervello stava viaggiando troppo. Non sapevo da che parte stare, ma dovevo scegliere. Stria mi aveva garantito che non ci sarebbero stati segreti, quindi potevo chiederle quello che volevo.
Decisi di andare a cercarla nel suo studio e quando vi arrivai, la trovai intenta a firmare delle carte. «È permesso?» chiesi educatamente. «Entra». Disse in tono piatto. Sbirciai con discrezione la sua grafìa e mi resi conto che per quanto ordinata non era affatto come quella del foglietto, tondeggiante e morbida, bensì dura e spigolosa. Strinsi il pugno attorno alla carta per trovare il coraggio di chiederle: «Volevo sapere, approfittando della vostra disponibilità, cosa ci fosse nelle varie stanze proibite».
Si fermò. La penna smise di grattare e imbrattare d'inchiostro la pergamena. Fece il suo tipico gesto per invitarmi a sedere e mi porse la mano per farsi dare la mappa. Scostò le penne e i fogli da parte, alcuni caddero persino sul pavimento, accatastandosi disordinatamente. Portò un mozzicone di candela che gocciolava cera su un piattino di legno vicino a noi, e iniziò ad indicare i vari punti in rosso. «Qui abbiamo le nostre riserve di luminescens, e potresti rompere le ampolle e ferirti. Qui c'è il deposito per le domestiche. Qui abbiamo la serra di piante carnivore, la visiteremo insieme per evitare che possa rimanere ferita. E qui» disse indicando la porta che mi aveva incuriosita «abbiamo le scope rotte in attesa di essere riparate». Tutto normale. Nè segreti nè altro. Allora, di fronte alla mia espressione pensierosa, aprì un cassetto, e ne trasse un mazzo di pesanti chiavi. «Fai bene a chiedermi delucidazioni. Queste sono le chiavi delle varie zone. Fa' attenzione però. Puoi visitarle tutte, basta che rimani illesa».
Presi di nuovo la parola, accogliendo quel gesto come un' ulteriore prova di fiducia. «Per quanto riguarda l'arazzo...» nel frattempo la mia memoria riproponeva le parole della ragazza, i suoi avvertimenti e i suoi timori «vorrei riflettere pienamente su ciò che comporterà entrare a far parte della Vostra famiglia...»
Rimase immobile, e sembrò quasi che non si aspettasse una considerazione simile. «Perchè mai? Qualcuno ti ha condizionata al riguardo?» tremai. Il fatto che potesse sapere mi metteva in agitazione. «No, assolutamente». Mentii, fingendo calma e sicurezza. «Al contrario, sono sempre più convinta di questa scelta. Volevo solo essere pronta per quel momento. So che questo onore mi comporterà anche grandi responsabilità, e voglio esserne assolutamente consapevole, oltre che adatta a svolgere correttamente i miei compiti».
Feci per andarmene, ma mi fermai.
«C'è altro?» chiese quasi spazientita.
Non mi feci intimidire da tutta quella durezza e continuai: «Vorrei non usare più la bacchetta». Si irrigidì nuovamente, poi disse sbrigativamente, mentre raccoglieva i fogli a terra con la sua: «Il tuo potere è troppo potente, faresti male agli altri e a te stessa, è necessario che ti contenga».
Me ne andai. Non credevo di essere pericolosa, e questo mi fece sentire sporca, come se fossi un animale feroce e dovessi essere rinchiusa in gabbia. Non avevo fatto male a nessuno, né avrei voluto.
Chiusi la porta della mia camera e mi misi il pigiama senza pensarci due volte. Pensieri contrastanti accompagnarono i miei sogni tormentati.
L'indomani consegnai la relazione alla regina, le chiesi il permesso di visitare la scuola e mi avviai.
La sala riversò i suoi rumori nella mia testa, insieme a quel ben noto senso di oppressione che, avevo notato, apparire anche in presenza di Stria. Ogni volta che pensavo o pronunciavo quel nome, mi invadevano i brividi, ma avevo imparato a farci poco caso, visto che lei mi aveva dato una casa e, presto o tardi, una famiglia. Cercai Wendy con lo sguardo: la trovai seduta al solito posto con Cat, Natasha e Midnight. La stavano consolando, così mi avvicinai più in fretta.
«Ciao ragazze...» mi guardarono e mi salutarono in coro, e vidi con una punta di sollievo che Wendy non stava piangendo. «Ciao Wendy... volevo chiederti se avevi notizie di tua sorella...» anche se avevo ottenuto le chiavi che mi servivano, chiesi comunque di lei. Coraline mi mancava, ed era sicuramente più gentile della scontrosa...
«No... da quando è stata liberata non ho saputo più niente... mi sto preoccupando Clhoe, e non mi importa se sono passati solo due giorni, io e lei non ci siamo separate mai». Stetti in silenzio e le garantii che avrei fatto ricerche. Mi invitarono a sedermi, ma Peter, il ragazzo che era stato convocato dalla regina, mi disse di seguirlo. Risposi no e mi accomodai, ma lui tirò fuori un foglio firmato dalla regina che mi obbligava a frequentare lui e gli altri. «E questo che significa?» chiesi prendendo la pergamena in mano. «È una delle regole dell'Apprendista a quanto pare...» disse Cat. «Vai Clhoe, non vogliamo crearti problemi con la regina, davvero». Wendy mi guardò triste, ma sorrise. Io, ancora incredula, seguii Peter Coal al suo tavolo malvolentieri.
«Allora tu sei la famosa Suprema» disse lui. «Se non lo si fosse capito, sì» risposi io acida. «Ti chiami Clhoe, giusto?» chiese amichevolmente una ragazza riccia. Annuii diffidente. «Io mi chiamo Isabelle, sono una cugina di Peter». Quel gruppo era formato dai figli degli aristocratici più importanti e ricchi del Regno. Scoprii che i Coal erano i proprietari della fabbrica del luminescens, mentre la famiglia di Philip, giovane palestrato amante dello sport, gestiva una ditta per la produzione di bacchette magiche di alta qualità. C'erano anche altre persone, ma la maggior parte era imparentata tra loro. Nonostante la loro elevata condizione sociale, erano simpatici. Mi trovai bene soprattutto con Isabelle, che mi riservò il posto a lezione, prestandomi anche i libri. Dopo quella di storia, ci fu quella di magia e incantesimi, e poi ancora dopo pozioni. Mi divertii a mescolare i vari elementi (uscì una lumaca verde dall'intruglio che avevo preparato) e con Isabelle e gli altri ridemmo per ore ripensando a ciò che avevamo creato.
«Senti Peter, quel coso viola che prendeva fuoco era terribile»
«Mai quanto quel tuo fungo che invece del cappello pareva avere una scopa» la rimbeccò lui. Dopo la conversazione diventò più seria.
«Clhoe, volevo dirti che...» Isabelle si interruppe «non voglio sparlare degli altri, ma Wendy e le altre non sono innocue come sembrano...».
«Perchè lo dici?» chiesi in tono duro. «Sono sempre pronte ad azzannarti se sbagli qualcosa nei loro confronti... guarda Theodore...» disse indicando un ragazzo allampanato con gli occhiali che gli scivolavano sul naso in continuazione. «Ha chiesto a Cat di uscire... tutte insieme lo hanno offeso e deriso, e ora si nasconde sempre appena le vede». Rimasi sconvolta. Ma era pur sempre un altro punto a favore della regina, e mi aiutava a prendere una decisione. Al termine delle lezioni salutai tutti e tornai in camera a studiare. Arrivò Ignes, volando attraverso la finestra, e si appollaiò sul mio letto.
«Benvenuta...» dissi io sarcastica.
«Oh, scusami...» scattò in piedi «è che prendo confidenza facilmente...»
Alzai gli occhi al cielo sorridendo, e le dissi di sedersi. «Allora, hai trovato la tua farfalla?» sospirai, cercando le parole adatte «no... Stria è stata molto disponibile con me e non ho motivo di preoccuparmi». Questa volta balzò in piedi furente, stringendo i pugni e fissandomi truce: «cosa ha fatto per guadagnare la tua fiducia? Ti ha dato le chiavi delle zone proibite? Eh?» al suo tono sarcastico risposi sollevando mestamente le spalle. Rimase sbigottita. «Dobbiamo setacciare quelle zone da cima a fondo»
«Ma stai scherzando? Non ho intenzione di star a guardare scope rotte o pezze sporche»
«Ma magari... magari c'è un passaggio segreto o... o cose del genere, noi dobbiamo vedere!»
«Noi? Da quando siamo un "noi"?» ero seccata, ma mi pentii di aver usato quel tono con lei. In fondo si stava preoccupando per me, anche se non ce ne era bisogno.
Mi rivolse uno sguardo triste. «Mi dispiace, non volevo dire così... è solo che ognuno mi dice il contrario... oggi ad esempio, ho conosciuto una ragazza, che mi ha detto che non devo fidarmi di Wendy, un'altra mia... per così dire... amica».
«Lo so, accadeva anche a me. Tutto il contrario di tutto. Però ti prego, promettimi che controllerai...» fece per andarsene, ma io la fermai.
«Aspetta... perchè...»
«Perchè faccio tutto questo?» chiese interrompendomi. «Già me lo hai chiesto... e comunque non lo so, ma sento che è la cosa giusta da fare. E... se vuoi... rimarrò». Fu come una manna dal cielo. Era strana, ma mi stavo affezionando a lei. Mi ascoltava, anche se non mi capiva.
«Se non posso smontare la posizione di Stria, posso acquistare più fiducia di quanta ne abbia presa lei». Fece una cosa stravagante: unì le mani, poi iniziò a farle ruotare come se stesse modellando una sfera. Si accese un fuoco brillante e caldo, e io temetti che si stesse bruciando.
«Questo con la bacchetta non lo puoi fare» disse sorridendo.
«Anche tu sei una Suprema?» chiesi ingenuamente. «No, ma sono abbastanza forte anche io... sono una maggiore, e il mio elemento è il fuoco». Elemento... Nessuno me ne aveva parlato. Le chiesi più informazioni. «L'elemento è ciò che controlli. Non ne hai sentito parlare perchè le streghe non ce l'hanno. Le streghe sono tutte uguali. Stessi incantesimi, stesse formule. Le fate no. Ogni fata è diversa. Ogni fata ha il suo elemento». Rimasi affascinata. Qual era il mio? La curiosità montava in me, e avrei voluto provare qualsiasi cosa pur di capirlo. Come se mi avesse letto nel pensiero, prese la mia mano, e mi invitò a chiudere gli occhi. «Rilassati. Pensa a ciò che ti piace di più». Mi venne in mente la spiaggia, il mare calmo e cristallino. Mi tornò in mente Viola e la sua risata contagiosa. Dov'era? E che cosa le era successo?
Ignes avvertì la mia agitazione e mi calmò con la sua voce melodiosa. Sentii una sensazione nuova scorrermi nelle vene: un'energia profonda e selvaggia che si liberava e mi faceva sentire potente. Mi crogiolai in quel nuovo stato d'animo finché...
«Guarda!» disse lei eccitata. Fissava la mia mano tutta contenta. Un rivolo d'acqua gocciolava dalla mia mano, bagnando anche il pavimento.
«L'Acqua, ti rendi conto? L'Acqua! È meraviglioso!» mi prese anche l'altra mano (con cautela però) e volteggiò con me. Mi sentii libera, felice, spensierata. Non trattenni l' euforia e la strinsi in un abbraccio sincero. A lei dovevo tutto: dovevo la mia felicità dopo tanto tempo, le dovevo persino la mia identità. Ricambiò affettuosamente. Mi sentii a casa, tra le braccia di una persona che ti è mancata molto. Lì per lì, credetti che fossimo diventate una cosa sola.
Mi accarezzò i capelli, ma poi disse: «Clhoe, è ora che vada. Ma ti prometto che domani tornerò, e controlleremo quelle stanze, che tu lo voglia o no».
Risi. Era davvero cocciuta.
Prima di andare a dormire buttai la bacchetta lontana da me. Feci bollicine, fontanelle, persino piccole ondine. Il mio potere non era pericolo, ma bellezza e sontuosità. Quello che mi offriva Stria era molto: una famiglia, una posizione agiata e rispettata, un'adeguata istruzione. Ma quel che volevo io era la libertà. Essere me stessa, sempre e comunque. Il mio vincolo era la paura del mondo esterno, oltre a quella del pentimento. Se avessi voluto tornare indietro, non avrei trovato nessuno ad aspettarmi. Forse Ignes, ma come avremmo vissuto? Mi addormentai felice, anche se avevo un po' di agitazione addosso.
Il giorno dopo fu tutto normale. La mattina frequentai le lezioni insieme a Isabelle e agli altri, mi fermai per pranzo senza però partecipare alle attività pomeridiane. Tornai di sopra di corsa, e controllavo ogni secondo la finestra. Uno stormo, una cosa strana (forse una scopa?), ma nulla era Ignes. Mi preoccupai, finchè non sbucò da dietro facendomi sobbalzare.
«Eccomi qui! Allora, andiamo a vedere queste porte?» sorrideva radiosa. «Non è un pic nic... e ti ricordo che tu qui non ci dovresti stare. Pensa che succede se ti vedono». La sua faccia perplessa mi fece scappare un sorriso. «Non sei brava a fare piani eh?!»
«No, per niente» disse imbarazzata, arrossendo sotto le lentiggini. Prese a volare intorno al lampadario, accendendo le candele anche se era giorno. La lasciai fare. Vedere lei che volava era come poterlo fare anche io... più o meno...
Lasciò sospesa a mezz'aria una fiamma, e io vi avvolsi intorno una scia d'acqua, a mo' di serpente. Per un istante si toccarono. Ignes fece una smorfia di dolore e scese per terra. La sorressi. «È tutto okay?» chiesi preoccupata. «Sì sì... è solo che... l'acqua ha quasi spento il mio fuoco e...»
«Ti chiedo scusa, non volevo... mi dispiace, è stata tutta colpa mia». Mi tappò la bocca e si sedette sul letto, già più in forze. Poi mi fece una domanda strana: «Perchè nascondi le tue ali?»
«Faccio cosa? Io non ho le ali...»
« Impossibile» ribattè lei cocciuta. Sbuffai.
«Guarda che l'ho letto su un libro e...»
«I libri scritti da streghe che parlano di fate sono spesso inesatti. Fidati di quel che ti dico. Una fata senza ali muore». Riflettei, e non riuscii a darmi una spiegazione. Conclusi che sarebbe stato più ragionevole chiedere alla regina.
«Quella ti dirà che sei nata senza ali, invece di dirti la verità»
«Ma dai Ignes... quale sarebbe la verità?»
«Che te le ha nascoste! Ha fatto un incantesimo di trasparenza per farti credere di essere una strega!» alzai gli occhi al cielo. Certe volte era troppo strana. «Ignes...»
«Fidati!» ribattè ostinata.
«Va bene ti credo... però per sicurezza chiedo alla regina». «Ce ne è solo una di regina!» balzò in piedi con il suo temperamento adirato e disse: «Stria non è una regina. Floridiana è l'unica regina che servo e a cui sono devota». Nei suoi occhi ardeva fedeltà.
Mi ritornarono in mente le parole di Stria: le fate sopprimevano il potere più forte e lo privavano della libertà. Eppure Ignes era una Maggiore, proprio il grado che Stria aveva citato, e non mostrava alcuna traccia di oppressione.
«Come mai la stimi così tanto?» chiesi interessata. «Lei mi ha salvata da questo posto, mi ha aiutata a liberare il mio potenziale, a liberare me stessa dalla paura». Capii che per lei era un ricordo doloroso, ma il fatto che si stesse aprendo con me mi permise di immaginare quanto fosse diventato profondo il nostro legame.
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