Capitolo 42~ Il sorriso di chi soffre
I Dies si erano ufficialmente conclusi da ormai una settimana. Durante l'estate i ragazzi ne approfittavano per recuperare gli argomenti che durante l'anno non avevano proprio capito o studiato. Io invece recuperavo tutto quello che non sapevo. Ignes, Matt e Meilì erano talmente bravi che gli arrivò una lettera in cui venivano autorizzati, se volevano, a tornare a settembre. Io non sopportavo la mia inferiorità, così mi ero messa sotto e partecipavo a tutte le lezioni. Quelle di storia e letteratura fantàsica erano troppo noiose, ma mi impegnavo comunque. Alys era stata sostituita da un uomo, e ciò mi dispiacque. Non era male, ma proveniva da un'accademia militare e ci trattava come scarti. Era rigoroso e severo, ma molto spesso doveva essere fermato o avrebbe inflitto a tutti anche punizioni corporali, soprattutto a me. Evidentemente il fatto che fossi femmina lo turbava enormemente, e trovava sempre il modo di mettermi in difficoltà. Non mollai mai, e piano piano aveva iniziato solo a tirarmi frecciatine in modo subdolo.
Quel giorno la lezione tenuta dalla Callway fu particolarmente interessante. «Ogni elemento ha uno spirito. Lo spirito è un'entità magica che controlla un dato oggetto o sentimento, ma che tuttavia non può sfruttare il suo potere. Così si cede ad una fata che può sfruttare questo potenziale. Gli spiriti portano un nome, importantissimo per sviluppare completamente qualsiasi tipo di magia. Inoltre, conoscerne il nome lo rende estremamente vulnerabile. Per questo tra fata e spirito si crea un legame indissolubile e di estrema fiducia». Semplice e lineare. Immaginai che questo rientrasse in un disegno di equilibrio cosmico comprensibile a livello inconscio. Ero perfettamente inserita, capire tutto quello mi risultava di una semplicità estrema. «Gli spiriti si dividono in quattro categorie, come gli elementi: spiriti refrattari, gentili, premurosi e misteriosi». Tracciò sulla lavagna le lettere delle torri, accompagnata dal grattare frenetico delle penne. «I refrattari sono perlopiù del gruppo Æ, i gentili di terra, i premurosi di fuoco e i misteriosi di acqua. Ciò non significa che non potrete trovare uno spirito refrattario in terra o uno misterioso in fuoco». La sua veste verde sventolava ad ogni passo, e con un colpo di bacchetta lasciò che il gessetto proseguisse da solo. «Come tutti sapete, le fate nascono con i poteri» a quel punto abbassai lo sguardo, ma attesi che continuasse con pazienza. «Ma a volte è necessario un contatto con lo spirito per iniziare ad usare i poteri elementari. Gli spiriti refrattari, perciò, si nascondono, e solo i più meritevoli li trovano e usano i loro poteri. Molte fate vagano tutta la vita prima di trovare il loro spirito refrattario, e molto spesso decidono di donare loro la propria essenza. È il caso di Domitilla Pixie, che una volta trovato lo spirito refrattario delle civette era talmente vecchia che decise di morire. Chiedete al professor Taedium di dirvi due parole su di lei». Al solo sentire quel nome si levarono dei gemiti e lamenti. La professoressa assunse un' espressione divertita. «Va bene, se vi interessa e avrò tempo ve ne parlerò io»
«Grazie» esalò Alga. Era vicino a Perla, che, nonostante la sua bravura, non aveva ricevuto alcuna lettera. Il fatto non l'aveva colpita, il che mi insospettì. Dave, al mio fianco, era profondamente addormentato, e Bob mi faceva cenno di svegliarlo, agitando le sue bidimensionali braccia. «Dave... Dave!» bisbigliai. In tutta risposta mi russò addosso, spalancando la bocca. «Càtulus!» esclamai allora. E lui spalancò gli occhi e si mise in posizione eretta. Bob mi fece l'applauso. «È abuso di potere questo» brontolò quando si rese conto che non ero sua nonna. Si accigliò e ordinò: «hey bello, fatti un giro». E l'ombra sgusciò via dalla porta. «Gli spiriti gentili si palesano quando la fata usa per la prima volta i suoi poteri, e questo accade sempre. Esmepio lampante è quello di Gea, spirito della terra, che fa la sua comparsa al primo frutto che la fata fa crescere con la magia». Il mio amico corrugò la fronte. «Le ombre non hanno uno spirito gentile» decretò. Immaginai che Pelagus potesse essere uno spirito gentile, ma non era apparso la prima volta che avevo fatto gocciolare l'acqua a Roccastrix. Selène era uno spirito gentile, perché l'avevo evocata ed era apparsa. «C'e da sottolineare che conosciamo tutti i nomi degli spiriti gentili, perché sono estremamente socievoli e fiduciosi. Invece dei refrattari ne conosciamo poco più della metà, e molti di questi elementi non si sviluppano mai in una fata, che può eseguire magia generale e incantesimi di base, senza eseguire la convergenza, l'incantesimo più potente di ogni elemento». Immaginai volesse aggiungere qualcosa del tipo: vengono uccise prima che possano trovare lo spirito, ma non le sembrò il caso. Così andò avanti nella spiegazione: «gli spiriti premurosi appaiono molte volte durante l'infanzia di una fata e fanno in modo che prenda confidenza con l'elemento. Sono estremamente pazienti e affettuosi, ma purtroppo non sono molto comuni. Cosa? Un esempio? Beh... mi viene in mente Affectus, lo spirito dell'affetto. O Materna, lo spirito della maternità. Entrambi di terra perché immateriali, anche se alla Grande Ampolloseria stanno pensando di spostare questi particolari elementi sotto la colonna F. Ma andiamo avanti e parliamo degli ultimi spiriti, quelli misteriosi. Si palesano a poche fate, e si presentano spontaneamente. Il loro nome non viene tramandato ma dichiarato dallo spirito stesso. E proprio il "come si chiama" rende fortissimi, o debolissimi, queste entità. Se rivelato, permette a chiunque di piegarlo al proprio volere». Ecco Pelagus. Ed ecco spiegato il perché mi avesse detto il suo nome solo la seconda volta in cui si palesò. Ovvio che non lo avrei rivelato nemmeno sotto tortura! Eppure Selène rientrava tra gli spiriti gentili, ma non ero certa che si conoscesse.
«Professoressa, si conosce il nome dello spirito della Luna?» chiesi. Lei mi guardò un po' sospettosa, ma poi si rilassò: «no, in molti pensano sia uno spirito gentile, eppure non ne conosciamo il nome. Questo perché gli spiriti possono influenzarsi a vicenda, e temo che c'entri qualcosa il mare. Tuttavia, proprio perché non conosciamo la sua identità viene definito uno spirito misterioso». Quando la lezione terminò, mi chiese di restare. «Non voglio sapere il nome della Luna» mi rassicurò mentre la classe si svuotava e lei cancellava la lavagna. «Ai fini della classificazione ho bisogno di sapere se si è palesata una o più volte». Pensai che fidarmi non sarebbe stato scorretto. «L'ho evocata» precisai «si è donata a me e da quel momento ho cominciato ad usare i suoi poteri. Io credo sia refrattario a questo punto, anche se non l'ho cercata o altro»
«Evocare è più o meno lo stesso. Grazie Clhoe, il tuo contributo è fondamentale». Abbozzai un sorriso e me ne andai.
Le classifiche vedevano la lega AÆ in vetta, ma sapevo che una volta terminati i duelli i gruppi T e F sarebbero partiti con un punto in più. E sapevo anche che la mia non era stata proprio una vittoria, quanto piuttosto un pareggio. Ogni torre aveva 17 coppie, per un totale di 34 partecipanti. Facendo un rapido calcolo, terra e fuoco partivano già a 34 punti ciascuna. 10 coppie si erano già sfidate, e della mia lega avevano vinto tutte. L'obbiettivo era pareggiare i conti, per cui mi offrivo nel pomeriggio ad aiutare chiunque del gruppo acqua o aria volesse una mano. Sembrava funzionare. Delle 34 coppie della mia lega ne rimanevano molte, ma i sorteggi parevano stare dalla nostra parte, e gli abbinamenti interni erano stati fatti appositamente. Prometteva bene. Ignes aveva iniziato il corso di lavori manuali, e non parlava d'altro. Per non parlare di quanto fosse brava a etichetta ed eleganza, e mi sgridava ogni due per tre. Le riunioni dell'AIV erano frequenti, e tutti, tranne Ignes e Juditte, vollero qualche fondamento del combattimento, così aiutavo anche in quello. Meilì, estremamente temeraria, aveva preso in considerazione di iscriversi alle lezioni tenute da quell'allenatore misognino, e io l'avevo avvertita del pericolo, senza sconsigliarla o viceversa. Taylor si era già segnato, ed era molto portato per il corpo a corpo quanto negato in tiro con l'arco. Pomeriggi di normale e stupenda routine. Ogni tanto facevo una capatina sulla Terra, quel tanto che serviva alla farfalla per non morire, e mi assicuravo che Viola stesse bene. Proprio quella mattina, poco dopo pranzo, un lampo si accese in giardino e apparve lei, leggermente basita. «Devo abituarmici» si scusò, per cui noi la rassicurammo. Lei rubò il cappello a Dave, steso a terra e con l'accessorio sulla faccia. Iniziarono a rincorrersi e Meilì si accigliò. Fu Ignes a dirmelo, perché io non me ne ero accorta. «Temo si stia per creare una spiacevole situazione. Un guazzabuglio tremendo»
«Oh... ti prego! Smettila di parlare così, mi fai venire l'emicrania!» sbottai dopo giorni di Bon ton e altre assurdità. Lei sembrò offendersi, ma poi aggiunse: «e va bene, ma sappi che ne verrà fuori un casino di dimensioni elefantiache!». Aveva reso l'idea.
Nel verde scorgemmo Acquaria, e io colsi l'occasione per parlare di Brigitte. «Non era lei la spia, so solo questo. E poi la direttrice ora ha altro a cui pensare: pare che il suo campo di forza abbia una falla, e c'è una caverna piena di acqua salata che porta fuori da questo regno, in pieno oceano». Strabuzzai gli occhi quando mi resi conto che tutta quella cupola gravava su una sola fata. «Potrei aiutarla» proposi, d'altronde il mare era il mio elemento. Ignes scosse la testa dubbiosa: «se si trattasse di una sorta di maledizione potresti rimanere uccisa». Perché lei no? Mi chiesi. Ma immaginai che la risposta sarebbe stata che doveva proteggermi e il resto. Guardai Viola fare la spiritosa con Dave. Forse avrei dovuto dirle di "stare alla larga", ma era davvero corretto? Se le piaceva aveva il diritto di farsi notare. Non avrei dovuto fare preferenze tra lei e Meilì. Però ammettevo che mi dispiaceva. Certe battute idiote il ragazzo delle ombre poteva partorirle solo in sua presenza. «Dai, ora ridammelo» disse quando si fu stufato. «Neanche per sogno, prendilo!» gli rispose lei. «Non ne ho più voglia, ridammelo ho detto!» sbottò in tono brusco. «Hey, calmiamoci» intervenni. Mia sorella si alzò e venne vicino a me. Se Meilì avesse potuto, si sarebbe liquefatta in una poltiglia di super intelligenza cinese. Dave afferrò il berretto come se fosse stata la cosa più preziosa che avesse e si tuffò in una delle sue botole di ombra. Eppure io ero testarda, e in più mi ricordai di controllare le tenebre. Così fu facile farsi sopraffare dall'istinto e gettarsi, lasciandomi alle spalle un'onda di disperati "nooo!".
Era ufficiale: odiavo essere bidimensionale. Vedevo il cielo e tutto quello sopra di me, e ogni volta che la mia ombra non era sdraiata, perché proiettata sul suolo, mi ritrovavo "seduta" con la schiena contro un albero e le gambe sul prato, poi rotolavo e mi ritrovavo di nuovo sdraiata. Per non parlare di quanto fosse difficile correre. Tentavo di farlo immedesimandomi in un granchio, senza vedere cosa avessi di fianco. Ogni volta che mi sovrapponevo ad un'altra ombra sentivo un telo freddo opprimermi, poi ritornava il calore. Inoltre, ogni volta che mi "fondevo" sentivo le mie particelle allargarsi. Pensai che se fossi rimasta a lungo dietro un'altra proiezione mi sarei smaterializzata e le mie molecole se ne sarebbero andate da tutte le parti. Poi andai a sbattere contro qualcosa, ma non potevo vederla. "Fino a qui, non ci credo" sentii nella mia testa. "Dave?" chiesi. "Già... proprio io" rispose. "Okay, non ce la faccio più, ho bisogno delle mie tre dimensioni". Lo sentii sbuffare. "Fata delle tenebre eh?!" rise. Tentai di dargli un pugno, ma risultò come un movimento inconsulto del braccio. Sentii un vortice prendermi per la testa e farmi sprofondare in terra. Intorno a me c'era solo buio, ma sopra di me sentii un "pop", come di una bottiglia con il tappo di sughero aperta, e vidi il cielo. Dave mi porse la mano, e fu come uscire dalle sabbie mobili. Il tombino nero si richiuse, e io ero piena di fuliggine. Residuo di ombra, quello. Mi misi alla luce e mi pulii. «Ora sai che pur essendo la fata del buio non sono una brava ombra» ammisi. Lui sorrise. «Quanti poteri che hai, non ti starai montando la testa?» strizzò l'occhio. Scossi la testa, e aggiunsi che in realtà erano tutti gli aspetti dell'acqua, e che quindi ruotava tutto intorno a lei. Si rattristò leggermente,e dubitai che il giocherellone potesse provare sofferenza. «Hai reagito così perché sei tra due fuochi?» azzardai. «Anche» sospirò. Potevo vagamente capirlo, perché all'inizio fu così anche per me, indecisa tra Criusos e Matt. Fui contenta di aver scelto il secondo, perché il primo si era rivelato un perfetto idiota. «Tengo molto a questo cappello» mi confidò. Eravamo seduti su una panchina di pietra, e lui aveva poggiato i gomiti sulle gambe. La testa gli penzolava verso il basso, e Dave si rivelò essere la persona più sola del mondo. «Grazie a te ora ho degli amici, addirittura un migliore amico, Matt, e una migliore amica, te. Voglio bene anche agli altri, per l'amor del cielo» aggiunse. «Ignes è molto simpatica, è come una sorella saggia»
«E rompiscatole» aggiunsi. Rise. «Mi piace Meilì. È gentile, bella» a quel punto lo guardai con faccia eloquente e fu costretto ad ammetterlo: «sì, sì, mi sono innamorato di lei, okay? Ma è inarrivabile! È così... lontana! Invece Viola è più alla mano, più affabile. E mi dispiace averla aggredita». Iniziò a giocare con il cappellino verde e a passare il pollice più volte sul panda. Era talmente logoro che prima o poi si sarebbe scucito del tutto, nonostante fosse stato rammendato in parecchi punti. «Era di mio fratello» e me lo porse. Avevo assistito a talmente tante tragedie che pensai non mi sarei sconvolta più. Ma come avevo imparato, al peggio non c'è mai fine. Concetto sempre più presente. «Avevo 14 anni, e lui 6» continuò fissando un punto tra gli aghi di pino caduti in terra. Spinse via una pigna con il tallone. «Eravamo in vacanza nel Regno delle fate dato che viviamo qui e non c'eravamo mai stati. Passeggiavamo tranquilli in un prato, c'era un bel sole in mezzo alla campagna e siamo stati attaccati. L'ho preso per mano e ho cominciato a correre a più non posso, ma poi ho sentito un'esplosione e mi sono accovacciato a terra. Non ho sentito la sua mano e sono andato a vedere cosa fosse accaduto. Le streghe lo avevano preso e, qualche mese dopo, un emissario del Regno ci ha detto che avevano ritrovato il corpo di un tributo nel deserto vicino Roccastrix. Era lui. E questo cappello mi ricorda ogni sacrosanto giorno che non l'ho protetto abbastanza. Simon sarebbe ancora vivo ora e avrebbe otto anni. Ma io sono stato idiota e non ho fatto abbastanza». Se avesse potuto si sarebbe picchiato da solo. Gli posai una mano sulla spalla, ma ero affranta anche io. «Avrei voluto che fossi arrivata prima e che avessi salvato mio fratello. Ti ho sempre ammirata per aver salvato Perla, Alga e Criusos»
«Non avrei fatto un emerito nulla senza Ignes» gli dissi, ricordando ogni singolo attimo di quel giorno: la chiave finta, il corridoio della carneficina, le mani di mia sorella corrodersi sotto il veleno. Terribile. Probabilmente se non fosse morta Wendy sarei rimasta lì, convinta che quello fosse il posto giusto. Gli ridiedi il cappello. «Simon adorava i panda. Probabilmente sarebbe stato il suo fuoco fatuo di terra» ricordò con voce triste, malinconica e sola. «Era un bambino molto dolce e adorava la natura. Ogni giorno correva, si arrampicava, lo avresti visto zampettare ovunque qui» disse indicando tutto il parco. Sorrise con gli occhi colmi di lacrime. «Se fossi stato più attento... se fossi...»
«Dave...!» lo chiamai. Sollevò la testa dalle mani umide e nere. «Non è stata colpa tua. Non addossarti una colpa che non hai, o ti schiaccerà» lo pregai. Tirò su con il naso. «Vorrei solo che tutto questo finisse» sussurrò nel pianto. «Finirà. Te lo prometto».
Rimanemmo immersi nella quiete del prato, sulla panchina ruvida e vissuta, circondati da persone ignare di quanto potesse essere dura sopravvivere dopo certi eventi. Portavamo fardelli troppo grandi e pesanti, in silenzio, senza chiedere aiuto. Avevamo solo sedici anni e avevamo sperimentato la crudeltà, l'egoismo, la sete di potere. Forse Pelagus aveva capito, chissà dopo quanto tempo, che era giunta l'ora di palesarsi, di dire a una come me come si chiamava. E se il mio potere necessitava di uno scopo, se la mia vita avesse dovuto avere un senso, allora io sceglievo di lottare per il Bene, di non permettere più a nessuno di soffrire quanto Wendy e Coraline, di venire importunato come Antares, di essere maledetto ugualmente a Matt, di perdere qualcuno di importante come capitato a Dave e Juditte. Se io ero la risposta non lo sapevo. Sapevo però di aver deciso di esserlo, o di morire tentando. Altrimenti la cerchia di persone in pericolo si sarebbe estesa a tutti gli esseri viventi, e non sarebbero stati più solo coloro a cui tenevo. Ma cosa dovevo fare? Da dove cominciare?
La risposta, purtroppo, arrivò qualche giorno dopo.
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