Capitolo 37~ Otiosi Dies
Mettemmo Nora a letto e chiamai il bar dove lavorava. Il suo capo, un uomo viscido e poco raccomandabile, non appena sentì la mia voce si spaventò: aveva capito che doveva essere grave perché avevo telefonato io. Viola, dal canto suo, era ancora preoccupata per me. «Ti stanno logorando» continuò a dire mentre preparavo dei panini per il pranzo. «Meglio me che qualcun altro. Se non fosse toccato a me avrebbero fatto tutto ciò ad Ignes. Va bene così»
«No non va bene!» sbraitò. «La tua farfalla dovrebbe proteggerti»
«Lo ha fatto» risposi guardandola negli occhi in tono duro. «Nel regno sono stata attaccata da un Megamyrapoda, e probabilmente qualcuno mi cerca. Questo qualcuno ha mezzo ammazzato la mia madre adottiva e occupato la bambola. Qui, però, la sua influenza è limitata» le spiegai. «Sarà Stria...» ipotizzò rabbiosa. Scossi la testa: Stria mi avrebbe cercata nel regno, mi avrebbe catturata, forse torturata, finché non mi fossi assoggettata a lei completamente. Forse c'era qualcuno sopra di lei, qualcuno di più potente e malvagio. Prima di avventurarmi in congetture del genere dovrei parlare con Ignes, Matt, Mei e Dave, pensai prudentemente. Ficcai i panini ricoperti di alluminio dentro una borsa di tela. Aprii uno sportello sotto il lavandino e ne presi due bottigliette di acqua, una frizzante per me e una liscia per lei. Con una busta prelevai la bambola. Non la volevo nemmeno toccare.
«Abbiamo lasciato Sandy da sola» dissi con apprensione. Viola diede una rapida occhiata all'orologio: «c'è Louise». Louise era la donna delle pulizie che ogni tanto dava un'occhiata alla bimba, a sua volta autonoma e che non aveva mai bisogno di niente. L'asfalto nero scottava sotto i nostri passi, e in lontananza, a causa del caldo, l'occhio ne percepiva una deformazione ondulata. Sembrava che la strada stesse bollendo. Le case e le macchine sfilavano dietro di noi, che, silenziose, andavamo verso la nostra spiaggia. Qualche altro nostro compagno di classe aveva avuto la nostra stessa idea, anche se probabilmente sarebbe andato a ripararsi sotto l'ombrellome di qualche stabilimento. Io e Viola ce ne stavamo sempre in disparte, anche quando si presupponeva che lavorassimo con gli altri. Ma nessuno voleva avere a che fare con me, e lei mi rimaneva accanto. Aveva ricevuto spesso inviti da parte delle altre compagne, ma lei si era rifiutata sempre. Io le dicevo di andare e che non c'era problema, ma era come se fosse legata a me da qualche strano incantesimo. O forse era solo affetto. Senza nemmeno rendermene conto le guardai le gambe: che fossero caprine? Scacciai l'idea. Lei non sapeva nulla del regno, quindi non poteva essere un satiro inviato come custode. E così, da quando aveva avuto la folle idea di essere la mia migliore amica -ora una delle due insieme a Meilì- era stata vittima di scherzi, proprio come quello dell'ultimo giorno di scuola.
Ci accolse la solita stradina sterrata. La ragazza rischiò di cadere, così io la afferrai per un braccio: dovevo ammettere che l'addestramento e i vari combattimenti a cui avevo preso parte avevano notevolmente migliorato i miei riflessi. Bofonchiò un grazie e io le sorrisi. Si imbarazzava sempre quando la aiutavo. Stendemmo i teli sulla sabbia combattendo contro la brezza marina. «Fa' qualcosa!» disse disperata quando dovette rialzarsi a togliere di nuovo la sabbia dall'asciugamano. «Ti prego, se sparo un razzo segnaletico è meno palese che sono qui» chiosai.
Mi avvicinai al bagnasciuga, sentendo la rigenerante energia sprigionata dal mio elemento. Le onde danzavano sulla superficie cristallina e la macchiavano di bianca spuma. Era come ascoltare un canto lontano secoli, eppure eterno e sempre presente. Se si fosse fermato, l'essenza stessa di Pelagus sarebbe morta.
Presi la bambola e la gettai in acqua. Era l'unica cosa giusta da fare, e la eseguii. Il mare parve essere liquido corrosivo, un acido potentissimo in grado di sciogliere qualsiasi cosa. Il giocattolo si deformò, sollevando volute nere e fumanti, mentre si levava un odore insopportabile di zolfo. Del maleficio non rimase che acqua. «Assurdo...» sussurrò Viola strabiliata. Io rimasi in silenzio, interrogandomi sulle possibili proprietà dell'acqua. "Ad ogni elemento sono legate particolari magie e specifici incantesimi" rimbombò la voce della Callaway. Distruzione dei malefici? No, suonava male.
Di solito io e Viola non stavamo mai in silenzio. Lei parlava dei vampiri e delle altre diavolerie che le piacevano, io la prendevo in giro e ridevamo. Sbocconcellai il mio pranzo e le proposi un bagno. «Devono passare due ore...» si lagnò. «Era solo un misero panino, mica il pranzo di Natale» la rimbrottai. «Io non sono la fata del mare, se mi prende una congestione... oh! Sei matta!» si spaventò quando la presi di peso e la gettai in acqua. Per lei non ero la fata dell'acqua eccetera eccetera, ma la fata del mare. Come appellativo mi piaceva parecchio. La raggiunsi, ignorando le sue invettive e lamentele. Nuotai in lontananza mentre lei, riluttante, mi seguiva. Il sole cadeva a picco sulle nostre teste, ma l'acqua fresca ci proteggeva. Il riflesso della stella spargeva gemme dorate sulla superficie blu oceano; per un attimo avrei voluto raccoglierle tutte e vederle splendere per sempre. «Capriola combinata?» propose. Era un gioco stupido che facevamo da piccole e che ogni tanto riprendevamo. Consisteva nel fare una capriola, appunto, tenendosi per mano. Era divertente perché il braccio di una poteva essere tirato dall'altra per ritrovarsi poi intrecciate. Con il tempo eravamo diventate brave, e avevamo una sincronia perfetta. Così intrecciammo le nostre dita e ci immergemmo.
Fu come andare al rallentatore e sentire ogni mia cellulla. Percepivo i capelli disordinatamente disposti in acqua, la salsedine sulla pelle, il respiro fermo. Nel momento esatto in cui la mia testa si ritrovò al posto dei piedi e viceversa, avvertii acqua più calda e dolce, e mi sentii sprofondare. Quando riemersi, mano nella mano con Viola, quel che vidi mi fece pensare che stessi sognando. Davanti ai miei occhi non c'era più il mare, né la sabbia, o la spiaggia. C'era il laghetto di Corallorosa, quello dove avevo quasi affogato mia sorella, e sentii Viola imprecare, gridare "che schifo!" mentre si toglieva la melma dello stagno di dosso. «Sono tornata!» esultai. «Sono tornata davvero!» cominciai a saltellare e schizzare acqua stagnante dappertutto. Ignes e gli altri erano proprio sul pendio della collinetta, e appena mi videro mi corsero incontro. Meilì si gettò in acqua per abbracciarmi: «oddio pensavo ti fosse successo qualcosa!» esclamò mentre il suo vestito bianco si inzuppava. Fu Dave a sollevare la questione Viola: «chi è? Una spia? Dobbiamo farla fuori?»
«No!» mi affrettai a dire scuotendo le mani. «È dei nostri» assicurai. Meilì non era per niente convinta, ma fece apparire un asciugamano e glielo porse. La mia amica era costernata, e osservava l'ambiente con timore. Tentai di rassicurarla, ma vedere tutti quegli amici preoccupati e affettuosi per me la mise in imbarazzo. Mi sentii in colpa, non sapevo nemmeno io il perché. «Meilì, fata... dei draghi, se non erro» cominciò. «Dave, controlli le ombre no?» chiese. Il ragazzo annuì serio. «E tu sei Ignes, la sorella di Clhoe». Mia sorella le porse la mano e la aiutò ad uscire. Le sorrise imbarazzata, ma cercò comunque di essere amichevole. Poi lo sguardo di Matt incontrò quello della ragazza, e lei cercò di ricordare un nome che io non le avevo fornito. Era evidente che la fata dei fulmini avesse dato per scontato che avessi parlato anche di lui. Mia sorella capì dalla mia faccia rossa e allucinata che non era così. «Oh lui è Matthew» si affrettò a dire. «Il fidanzato di Clhoe». Per poco non mi venne un colpo. Fidanzato? Ma cosa...? Anche Matt parve sorpreso, e sgranò gli occhi. Si ricompose immediatamente. «Oh...» Viola si avvicinò a lui e mi indicò. «Poverino... lo sai che è matta, vero?» io protestai, ma lei mi mise a tacere. Lui si grattò la testa imbarazzato e, sorridendo, le disse: «puoi chiamarmi Matt». Uscii e mi asciugai, ma poi il momento goliardico fu interrotto dalla vista di una delle torri dell'accademia troncata e annerita. Era la torre di astronomia per le fate con elementi inerenti al cielo. Anche Antares aveva studiato lì. «Che cosa è successo?» chiesi affranta. Era una visione terribile. «Hanno rapito Jackson Miller ieri notte» spiegò Dave. Ignes rimase seria. «Mi dispiace... Ma come hanno fatto? Chi è stato?» nessuno mi rispose. Mi stavano per cadere le braccia per terra. Acquaria mi aveva chiesto di sorvegliare la scuola e io ero rimasta bloccata sulla terra. Che frustrazione! E pensare che avevo fatto di tutto per svolgere correttamente quel compito!
«Le aule sono libere adesso, giusto?» mi informai. Mei annuì, senza capire. «Bene, troviamoci tutti nell'aula di letteratura e chiamate Perla, Alga, Taylor... e se volete anche Lisa». Si dispersero tutti quanti, perché avevano capito che avevo un piano. «Portatemi un cartellone e dei pennarelli!» esclamai. Mi fecero cenno che avevano capito.
Portai Viola in camera mia e ci sistemammo. «Come torno a casa ora?» mi chiese impaurita. «È la prossima questione» le assicurai, e mi seguì fino all'ufficio della preside.
Da quando ero stata nominata capogruppo, potevo godere di alcuni benefici: uno di questi era il diritto di parlare prima di tutti con Acquaria. Fui annunciata ed entrai subito dopo. La direttrice era circondata da lettere aperte e penne d'oca. Le pile di carta impedivano persino di scorgerla, e ospitavano un vassoio di stuzzichini, boccette di inchiostro, set per sigillare lettere con la ceralacca, timbri, la sua bacchetta magica e una brocca d'acqua. Il suo sguardo si posò su Viola, che era tesa oltre ogni misura. Le spiegai in breve cosa fosse successo, e la donna annuì come se stesse ricordando una questione lasciata in sospeso. «Dobbiamo chiamare Floridiana, lo sai?» mi avvertì. Io le risposi che mi sembrava l'unica soluzione. «Posso sapere cosa sta succedendo?» sbottò Viola, visibilmente nervosa. Acquaria la invitò cortesemente a sedersi, e la ragazza lo fece in silenzio, imbarazzata per aver mancato di rispetto. La fata si aprì un varco tra le scartoffie e la guardò, comprendendo le sue paure. «Viola, giusto?» si accertò. Quando ebbe la conferma proseguì: «beh cara ragazza, abbiamo notato che hai un grande potenziale. Sei pura, gentile, amichevole. Per questo eravamo tentati di affidarti una farfalla. Vedi, ce ne sono sette: quella azzurra, arancione e rossa sono state affidate a delle persone. È facile concludere che ne mancano quattro...»
«Un momento» la interruppi. «Chi ha la rossa?» ma lei mi fermò con un gesto della mano, continuando a guardare la mia amica. «Il potere delle farfalle è quello di permettere a una persona di un'altra dimensione di conoscere il Regno della Fantasia, cioè questo» sorrise. «Nel caso di Clhoe ed Ignes sono state usate per permettere loro di tornare a casa, ma sono dettagli». Si alzò e posò la ceralacca in un cassetto. Poi piegò dei fogli e ne impilò altri. Sembrava aver voglia di chiudere in fretta la questione. «Non è complicato stabilire quale volevamo assegnarti» disse sospirando. «Avvertirò la regina e sarà lei a stabilire se sei effettivamente pronta». Aprì il barattolo e ci infilò una pergamena. Lo richiuse, si illuminò e quella sparì. Sorrise di nuovo, e chiese a Viola di cercare Candace fuori l'ufficio. Capii che doveva parlarmi in privato. La ragazza si alzò costernata, e fui tentata di seguirla. Mi dispiaceva che il tempo dedicatole fosse stato così poco. Le assicurai che l'avrei raggiunta. Appena chiuse la porta, Acquaria mi porse un foglio, guardandomi con apprensione.
RICHIESTA RITIRO STUDENTI
Egregia Professoressa,
A causa degli ultimi avvenimenti volevamo informarci sulle modalità di ritiro degli studenti dall'Accademia. Riteniamo che Corallorosa non sia più un posto sicuro e vorremmo che i nostri figli non rischiassero la vita a scuola. A quanto pare, nemmeno la presenza della Suprema ferma le forze del male.
Cordiali saluti,
La famiglia Sterk.
«Che cos'è? Il rappresentante dei genitori?» chiesi indignata. «Sta cercando di esserlo» mi rispose. Scossi la testa, mentre un brivido di odio mi percorreva dalla testa ai piedi. «Cosa hanno detto i parenti di Miller?»
«Li ho convocati, arriveranno in serata. Non hanno aggiunto altro alla lettera» si accasciò sulla sedia e poggiò la testa alla mano, il braccio sostenuto dal bracciolo rosso. Era visibilmente stanca. «Floridiana? Potrei farmi nominare cavaliere, roba del genere, per ispirare sicurezza»
«Lo aveva proposto Suavius» affermò sospirando. «Ma ora ci saranno gli Otiosi Dies, una settimana di pausa in cui i ragazzi potranno decidere se tornare a casa o rimanere qui. Un periodo di vacanza, ecco» spiegò. «Spero che si calmino le acque» sbuffò massaggiandosi una tempia. «Ma perché è stato rapito?» chiesi aggrontando le sopracciglia. «Che elemento aveva?»
«Incendi. Poteva controllarli e basta, non causarli. Era una primizia». Ponderai per qualche istante, poi conclusi: «ammesso e non concesso che le forze del male necessitassero di qualcuno che controllasse gli incendi, avrebbero potuto rapirlo in camera sua, durante la notte. Cosa ci faceva Miller nella torre di astronomia?» la donna scosse la testa, allibita. Il barattolo si illuminò un paio di volte, e lei lesse le missive. Annunciò un po' affranta che Floridiana sarebbe arrivata il giorno dopo, Domenica. Poi mi avvisò che potevo andare. Avevo appena posato la mano sul pomello bianco quando mi venne in mente una domanda: «chi ha la farfalla non è un simpatico turista. Dà una funzione al suo possessore. E Viola non è una fata, vero?» mi voltai. Non avevo mai avvertito una traccia magica in sua presenza, e lo avevo capito quando Nora era stata attaccata. In quel momento avevo percepito un'onda d'energia che Viola non mi aveva mai trasmesso. La donna scosse la testa. «È un'altra creatura» confermò. «E la magia non scorre nelle sue vene». La ringraziai, e uscii.
Le due ragazze giocavano con strane nuvolette colorate che Candace aveva creato. Quando mi videro le loro risate morirono, e i loro volti si rabbuiarono. Una di loro si alzò, e solo la mia amica rimase seduta. Le sorrisi, anche se non ne avevo la minima voglia, perché sentivo la necessità di rassicurarla. In silenzio attraversammo i corridoi e davanti alla porta dell'aula di letteratura mi chiese se sarebbe rimasta a lungo. «Il tempo qui scorre diversamente» le spiegai. «Trascorrere un giorno nel regno di farà perdere forse un'ora o due sulla Terra. Poi comunque le menti umane sono deboli e non si accorgono se altre persone fanno avanti e indietro con un'altra dimensione. Tu ti sei accorta che sono mancata per un giorno intero perché sei... beh, oserei dire speciale». Non ero sicura che fosse effettivamente vero dal momento che Nora era un'alcolista nemmeno tanto anonima. Viola sembrò tranquillizzarsi, e io me ne rallegrai. Entrammo: i tavoli erano stati disposti al centro e raggruppati, creando una superficie estremamente ampia su cui poggiavano pennarelli, scotch, fogli e un cartellone rosa. Tutt'intorno c'erano i ragazzi, compresa Lisa. Ignes invitò Viola vicino a lei e la ringrazia con uno sguardo complice. Meilì mi porse ansiosa il materiale. «Vi ho chiamati perché avevo bisogno di fare il punto della situazione» esordii, e il chiacchiericcio di poco prima morì. «Innanzitutto, abbiamo il rapimento di Antares» e lo scrissi sulla carta. «E l'attacco del Megamyrapoda» aggiunse Matt. Annuii e tracciai anche quello. «La possibilità che Stephany sia una spia...» continuai «perché ho visto una figura ammantata aggirarsi qui intorno, scrive lettere che poi nasconde, mi ha impedito di vedere cosa c'era alla fonte della verità». Collegai le ragioni al nome della ragazza con delle frecce. «Dovrebbe lavorare per la stessa persona che mi parla attraverso i sogni e che ha tentato di maledire la mia madre adottiva». Si levò un "oh" che io ignorai. Dovevo parlare dei miei sogni, altrimenti sarei impazzita. «L'attacco del Megamyrapoda potrebbe essere collegato in qualche modo a Gaia» disse Dave. Lo aggiunsi alla lista. «E poi c'è la questione Jackson Miller» conclusi. Spiegai le mie perplessità, e Ignes rispose: «forse la torre era un diversivo. Magari era un segno per dire "noi abbiamo la fata delle stelle che ha studiato qui"». Nessuno rispose. Una rivendicazione era plausibile, certo, ma era da provare e rimaneva un'ipotesi. «Prima o poi attaccheranno la scuola» suppose Lisa, toccandosi la treccia in maniera nervosa. I lineamenti duri mi ricordarono una guerriera nordica, e fu lì che concepii l'idea. «Dobbiamo indagare e istruirci a combattere» proposi. «È l'unico modo per difenderci»
«In più ora ci sono gli Otiosi Dies» esclamò Alga.
«Sì, sarà facile fare delle ricerche» concordò Perla. «Facciamoci dare un impiego» suggerì Dave. Scossi la testa: «un impiego è ufficiale, visibile a tutti. Le famiglie sono spaventate per gli eventi accaduti, e venire a sapere che è stato affidato un compito così delicato a dei ragazzi le getterebbe ancora di più nel panico. Dobbiamo agire in segreto». Concordarono tutti e decidemmo di aggiornarci l'indomani. Alga chiese se potevamo darci un nome. Vennero proposti nomi folli come "fate alla riscossa" e altri più altisonanti come "Exquirentes veritatem" ma difficili da pronunciare e ricordare. In più temevamo che fosse un incantesimo, perché Perla lo disse in direzione di Alga e lei iniziò a raccontare tutte le bugie che aveva detto da quando ne aveva memoria. Fu Viola a trovare un compromesso: "ad investigandam veritatem" da abbreviare con AIV, che significava "per la ricerca della verità". Era un motto e allo stesso tempo un nome.
Meilì prese in custodia il cartellone delle ipotesi, sistemammo la stanza e uscimmo. Matt mi prese in disparte: «non sapevo ti stessero attaccando in questo modo» confessò con rammarico. Gli assicurai che stavo bene, nonostante la consapevolezza del crollo emotivo dopo aver sconfitto la forza malvagia a casa mia. «Senti...» continuò. Si strofinò il braccio, e capii che era a disagio. Pensai che fosse perché Ignes ci aveva definito fidanzati, e fui tentata di chiedergli se potevamo rimandare la questione. «Gli otiosi dies coincidono con una data che devo necessariamente ricordare». Guardò in basso, mentre intorno a noi calava il silenzio. Si appoggiò al muro con una spalla e si passò una mano tra i capelli. Quel semplice gesto fece aderire la maglietta blu ai suoi muscoli e io trattenni il fiato. «Il 25 giugno è l'anniversario di morte di mia nonna. È il secondo quest'anno». Smisi di respirare e mi portai una mano alla bocca. Ero molto dispiaciuta, e farfugliai qualcosa di inutile e imbarazzante, così lui proseguì: «le volevo bene. Era l'unica che mi capiva e proteggeva da Columbus, perché aveva capito che era un poco di buono. Quando all'incirca un anno dopo la Callaway mi prese con sè, mi raccontò che era stata aperta un'inchiesta. Si pensava fosse stato proprio il consigliere a toglierla di mezzo». Non mi guardò mai in viso, e io gli presi una guancia. Quel Columbus era una persona orribile: non solo aveva ucciso il fratello, Paul, ma aveva fatto fuori anche sua nonna, e aveva fatto cacciare Matt. Se fosse rimasto al suo posto, la fata dei fulmini non sarebbe stata colpita dalla maledizione. «Ti volevo chiedere se ti andava di accompagnarmi al cimitero dove è sepolta. È qui, nel Regno di Acquaria. Mia nonna era la fata delle tempeste marine e volle essere sepolta sotto al mare». Annuii. «Ma certo, anzi, ne sarei onorata». Per lui avrei fatto qualsiasi cosa.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro