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CAPITOLO 8

Due mesi dopo, Percy stava passando in rassegna tutti gli appunti che aveva preso per gli esami di inizio semestre.
Erano passati solo due mesi dall'inizio dell'università e, sebbene sentisse la mancanza di sua madre e di Paul, pensava di doversi impegnare al massimo nei suoi esami, per poi avere qualcosa da festeggiare con la sua famiglia.
Passandosi una mano tra i capelli già incasinati per le innumerevoli volte in cui il ragazzo aveva passato le mani in essi, sentì un rumore provenire dalla cucina dell'appartamento che aveva guadagnato come ex pretore al Campo Giove.
Alzando lo sguardo, Percy si chiese se avesse immaginato un rumore.
Non dormiva da trentasei ore, preoccupato dall'esame di biologia molecolare che aveva scelto.
Pessima scelta, ma la materia era molto interessante.
Lo studio, invece, lo stava uccidendo.
Sulla sua tomba, avrebbe richiesto la scritta: 'i mostri non mi hanno ucciso, i libri ci sono riusciti. Gea, Crono, guardate come si fa.'
Decidendo di essersi immaginato il suono, sapendo per esperienza che più stanco diventava, più paranoico era, tornò ad evidenziare i passaggi più importanti nel libro.
Quando l'odore di caffè invase l'appartamento, Percy non ci fece caso.
Ma il rumore di piatti che si rompevano sul pavimento, seguito da una colorita e ampia imprecazione, che usava tre lingue diverse e una serie di insulti non ripetibili (sua madre gli avrebbe pulito la bocca con il sapone.), fece finalmente alzare Percy e correre il semidio verso la cucina, da dove era sicuramente provenito il rumore.
Sbattè le palpebre quando vide cosa lo aspettava.
Sul ripiano della cucina, una serie di pancake, lo sciroppo di mirtillo posto vicino al piatto.
Per terra, una serie di tazzine rotte, mentre un'unica superstite era appoggiata in bilico sul ripiano, vicino alla moka sul fornello.
A Percy non piaceva l'espresso, aveva un sapore di bruciato che rimaneva sulla lingua per molto tempo. Quindi aveva una moka a casa.
Comunque, in mezzo alla strage di tazzine, l'unico e solo Apollo, dio del sole, della guarigione e di una serie di altre cose.
Che in quel momento aveva un broncio sul viso e uno sguardo colpevole mentre guardava Percy.
"Sorpresa?"
"Amico, hai distrutto tutte le mie tazzine."
Apollo scosse la testa, agitando le mani, avvicinandole pericolosamente alla tazzina sopravvissuta.
"No, una no, vedi?"
Mentre Percy gli diceva. "Attento!", la mano del dio, impegnata in un movimento ampio e veloce, colpì la tazzina, che volò in aria, prima di atterrare per terra e distruggersi.
"Stavi dicendo?" Domandò Percy, decidendo che infierire sul dio era giustificato considerando che lo aveva privato della sua fonte di caffeina.
E la caffeina gli serviva per sopravvivere.
Vero da sempre, ma da quando studiava e si impegnava nei suoi corsi, libri di testo scritti in greco e latino per facilitare l'apprendimento, aveva scoperto che senza caffè non arrivava a metà settimana sano di mente.
"Scusa, volevo solo farti una sorpresa, e poi quando ho cercato di prendere una tazzina, ho tirato giù tutte le altre. Te le ricompro!"
"Apollo..."
"Sul serio! Posso comprarti le tazzine che ho distrutto. Sono davvero dispiaciuto, non avevo intenzione di rovinarti la porcellana..."
"Apollo..."
"Davvero, posso andare anche adesso."
Mentre il dio iniziava a brillare, Percy gli afferrò un braccio, interrompendo con efficacia la sua partenza.
"Sei pazzo? Potevo farti del male? Potevi bruciare e morire?"
"Apollo. Sei un dio, puoi ripararle."
Uno sguardo imbarazzato invase gli occhi celesti del dio, facendo sorridere Percy.
"Giusto..."
Apollo fece un cenno della mano, e tutte le tazzine furono riparate e, eccetto una, riportate al loro posto.
La tazzina che non aveva fatto ritorno alla credenza, era sul tavolo.
Apollo la riempì di caffè e poi mise anche i pancake vicino al posto.
Percy sorrise. "Grazie lo apprezzo. Lo studio mi sta uccidendo."
"Sono sicuro che stai esagerando, Percy. In realtà, nessuno è mai morto per troppo studio."
"Mi stai dicendo che è impossibile?"
"Scientificamente impossibile. Non puoi morire per troppo studio."
"Se ti stressi troppo, però, il tuo corpo non funziona bene come prima e potresti morire."
"Per lo stress."
"E cosa causa lo stress?"
Apollo guardò divertito il semidio, non rispondendo.
Percy la prese come una vittoria.
Si sedette al posto che Apollo aveva preparato per lui, guardando poi il dio prendere il posto vicino a lui, senza cibo davanti.
Percy sapeva che gli dei non mangiavano, ma da quando Apollo aveva deciso che avrebbe ricoperto il ruolo di terapeuta di Percy, aveva iniziato a mangiare, almeno quando era con il semidio.
Solitamente, tornava dal suo giro sul carro solare con qualche pietanza particolare ed esotica da far provare a Percy.
Una sola volta avevano avuto dei problemi, dal momento che Percy non mangiava mai il pesce ed Apollo gli aveva portato del sushi.
La discussione che ne era seguita era in qualche modo diventata una sessione di terapia, dal momento che Apollo era riuscito a ricondurre la totale incapacità di Percy di mangiare pesce, dal momento che li capiva e non poteva mangiare animali con i quali aveva una volta parlato, alla perdita dei suoi amici.
Secondo Apollo, per qualche ragione, non poteva mangiare il pesce perché, potendo parlare con loro, era assalito dal dubbio di mangiare un pesce con cui aveva già parlato, almeno una volta.
E, visto che sarebbe stata una perdita di un amico, era diventata una proiezione degli amici che aveva perso, ma che non aveva mai pianto.
Poi gli aveva rinfacciato la sfuriata fatta sul carro quando tornavano da Delo, cosa che Percy riteneva piuttosto ingiusto.
Okay, non glielo aveva rinfacciato, aveva solo ricordato al ragazzo quello che aveva detto.
Percy era convinto che il trauma successivo non c'entrava niente.
Capiva il pesce e per lui era cannibalismo mangiarlo. Fine della storia.
Ma Apollo gli aveva chiesto chi dei due era il dio della medicina tra loro.
Percy aveva deciso che non voleva scendere a discutere come un dodicenne con un dio dell'Olimpo all'età di diciassette anni.
"Non mangi niente?"
"Oh, no. Pancake.. sono orribili per la forma."
Percy lo guardò, prima di chiedere. "Stai dicendo che ho una brutta forma?"
"Certo che no, ma fai molto movimento no?"
Percy annuì, non capendo il motivo dietro il sorriso malizioso del dio.
"Beh, se una volta ogni tanto vuoi fare altro movimento con me... chiamami."
Percy corrugò la fronte. "Ma non usi solo l'arco e le frecce? Preferisco la spada, onestamente."
Apollo lo guardò con un misto di tenerezza e esasperazione.
Percy non sapeva il motivo dietro quell'espressione.
Vedendo che Percy non diceva niente, Apollo riempì il silenzio che era sceso con le storie delle ultime disavventure con le Muse.
Percy si limitò a sorridere, mangiando e ascoltando il dio nella sua narrazione.
Quando ebbe finito tutti i pancake, Percy fece per alzarsi e pulirli, ma Apollo lo precedette con un pigro gesto della mano, sorriso orgoglioso sul viso.
"Purtroppo, non posso stare con te tutta la mattina. Ho dei doveri da assolvere, o papà diventa stitico."
Un minimo lampeggiare dal cielo, l'avvertimento di un padre stanco.
Apollo sorrise orgoglioso e Percy scosse la testa divertito.
"Torni per cena?"
"Sì. Non abbiamo mai mangiato thailandese, vero?"
Percy scosse la testa e Apollo sorrise. "Preparati allora. Stasera mangiamo thai!"
Percy rise, alzandosi per salutare Apollo.
Il dio sorrise, prima di chinarsi e dare un bacio dolce sulle labbra del semidio.
Percy fece in tempo a sbattere le palpebre prima che il dio si allontanasse e mormorasse. "A stasera, Percy." prima di sparire.

Percy rimase fermo immobile per almeno una decina di minuti, prima di farsi prendere dal panico e iniziare a camminare per l'appartamento.
Quello era completamente inaspettato.
Apollo non poteva essere innamorato di lui.
Percy non era niente di speciale e Apollo, avendo assistito in prima persona ai suoi drammi e piagnistei, doveva sapere che cosa patetica e insignito fosse Percy.
Non era stato nemmeno in grado di salvare i suoi amici e, pur avendo rifiutato l'immortalità e essere caduto nel Tartaro insieme a lei, semplicemente non era abbastanza per Annabeth, che voleva qualcuno di migliore per se stessa.
Qualcuno che non mettesse in costante pericolo tutti i suoi amici, per lo meno.
Mentre aveva un attacco di panico in piena regola, il telefono che aveva comprato nonostante i possibili mostri, sapendo di essere ben protetto all'interno del Campo Giove, iniziò a suonare.
"Pronto?"
"Peeercy! Va tutto bene? Stanno tutti bene?"
La voce di Grover tranquillizzò Percy, che si rilassò un momento.
"Hey, G-man! Perché mi chiami?"
"Scherzi? Ho sentito il tuo panico, amico. Non è stato piacevole per niente."
Sentendo la frase, Percy si ricordò del motivo per cui stava avendo un attacco di panico poco prima, e subito lo sentì risalire.
"È successo una cosa terribile, Grover. Davvero..."
"Abbiamo affrontato tanto insieme, Percy. Certo che ti aiuterò. Che è successo? Una missione improvvisa? Posso lasciare Hedge a capo di questo progetto e venire da te."
"No, no. Apollo... Apollo mi ha baciato."
Vedendo che Grover non diceva niente, Percy riprovò.
"Mi ha baciato. Come in bocca. Con la sua bocca."
Silenzio.
"Grover, mi senti? Apollo mi ha baciato!"
Grover non disse ancora niente e Percy iniziò a raccontare tutta la mattina.
"Stavo studiando per il mio esame, sai quello di cui mi lamento a giorni alterni. E, stamattina, Apollo mi ha preparato la colazione."
Poco dopo, Percy si sentì in dovere di spiegare.
"Non è un evento raro o assurdo, lo ha già fatto, ma questo non è importante. Voglio dire, okay, ha preparato la colazione, ma non c'era niente dietro. Era solo, una colazione. Lui è dovuto andare via presto e poi mi ha baciato. Cioè, prima di andare mi ha baciato. Come, prima di brillare e sparire."
Grover sospirò.
"Okay, non è niente di grave."
"Niente di grave? Apollo mi ha baciato!"
"Attento a non diventare una pianta. Devo andare."
"Grover, non provare a mettere giù adesso! Devi aiutarmi!"
Dopo un po', Percy si rese conto di parlare con una linea vuota.
"A cosa servono gli amici se ti abbandonano nel momento del bisogno?"
Percy scosse forte la testa, prima di camminare avanti e indietro e mormorare contro inutili capre e stupidi attraenti e gentili biondi.
Apollo era un ottimo amico, e lo capiva. Quanto meno, aveva aiutato molto con i suoi problemi e Percy non amava sapere che avrebbe potuto perdere quella complicità e amicizia.
Per magari una passione momentanea?
Per non parlare del problema di superare una brutta separazione se metà della coppia era formata da un dio.
Non esisteva privacy alcuna e Percy non avrebbe semplicemente potuto evitare per sempre di incontrarlo, sull'Olimpo o per una missione.
E essere coinvolto sentimentalmente con un dio non finiva mai bene.
In nessun caso. O si veniva rapiti, o si diventava uno sfogo momentaneo, nel migliore delle ipotesi partner immortale tradito in eterno, nella peggiore soggetto all'ira dei veri partner immortali.
Almeno, Percy non avrebbe dovuto preoccuparsi di eventuali figli, ma restava il fatto di un potenziale pericolo.
Una bandiera rossa, con una tempesta dietro e in mezzo a un incendio doloso, appiccato nel mezzo di una foresta.
Allarmi rossi persino nella testa di Percy, che aveva una bassa attenzione e percezione del pericolo, solitamente.
Se persino lui arrivava a rendersi conto del pericolo comportato dalla situazione, era evidente che era pericolosa.

Quando sentì la porta aprirsi, Percy sobbalzò.
Guardò i libri sparsi inutilmente sul tavolo, lasciati come quella mattina, prima di rendersi conto di avere un dio in cucina, almeno, e poi l'orologio.
"Thai! Come promesso!"
Percy guardò Apollo sbattendo le palpebre.
Il dio ricambiò lo sguardo, prima di guardare l'ora e i libri.
"Sei bloccato? Posso tenere in caldo la cena e aiutarti con quello che ti trattiene."
Percy scosse la testa e disse. "No, è che..."
Apollo si avvicinò, il sacchetto con la loro cena che andava a posarsi sul tavolo nel salotto.
"Percy, va tutto bene? È successo qualcosa che ti ha sconvolto?"
Percy lo guardò, prima di iniziare a balbettare.
"No, non è successo niente. Cioè niente di male, o beh, niente di grave, forse."
"Percy, puoi dirmi tutto. Qualcuno ti ha sconvolto?"
Percy guardò sconvolto Apollo, che all'improvviso ebbe un barlume di comprensione sul viso.
"È per il bacio di oggi, vero?"
Percy arrossì, sapendo di avere il viso in fiamme e sentendosi anche il collo piuttosto caldo.
Apollo sorrise della sua reazione, tornando sobrio poco dopo.
"Mi dispiace di essermene andato via così, avevo fretta. Pensavo di avertelo detto che mio padre aveva delle importanti commissioni per me."
"No, cioè, sì me lo hai detto. Non è un problema, sei un dio, sei super impegnato, lo so, davvero. Cioè, non sono infastidito che sei dovuto andare via, o che non sei rimasto troppo tempo. Voglio dire,.... avevi una cosa importante da fare, so che non puoi di certo restare tutto il tempo qui con me, e non vorrei neanche che ti sentissi costretto a farlo..."
"Sei imbarazzato per il bacio?"
Apollo sembrava confuso, prima di sorridere quasi imbarazzato. "Ho solo pensato che era quello che volevi da me. Non avevo idea che non lo volessi, o non avrei nemmeno provato a baciarti, Percy."
Percy arrossì, distogliendo lo sguardo.
"Ho solo pensato di piacerti, almeno esteticamente, e non ho visto niente di male nel baciarti. Sai, come una cosa di amici con benefici. Non deve per forza esserci un amore eterno e imperituro, lo sai? Per avere una relazione di quel tipo. Basta che ci sia fiducia tra le due parti."
Percy lo guardava confuso e imbarazzato, un filo di curiosità che aumentava le prime due emozioni.
Apollo sorrise, prima di indicare la tavola.
"Film e Thai?"
Percy annuì, prendendo i sacchetti e sistemando il divano per mangiare alla new yorkese.
Mentre guardavano il film Troy, Apollo interessato alla ricostruzione di Troia, le cui mura erano state erette proprio da lui, Percy a Brad Pitt, il semidio si voltò a guardare Apollo, vedendolo impegnato a guardare in modo critico le mura della città.
Dopo qualche minuto passato a fissare il dio, Apollo si voltò e, vedendo Percy impegnato a guardarlo, gli sorrise dolcemente, i suoi occhi azzurro cielo, il cielo limpido di quando il sole splende, che mostravano tutto l'affetto che il dio provava per lui.
Percy decise che, per una volta nella sua vita, poteva smettere di pensare a come gli altri avrebbero potuto reagire e, si chinò in avanti, posando le labbra su quelle del dio in un innocente e tenero bacio.
Si ritirò, ma Apollo fece collimare le loro fronti, un dolce sorriso sulle labbra, prima di riprendere il bacio, che non era più molto innocente ma sempre estremamente tenero.
Quando si separarono per la seconda volta, a causa della necessità di Percy di respirare, mentre Apollo indossava un broncio, Percy gli disse. "Non ho davvero capito cosa voglio, Apollo. O cosa provo."
Apollo sorrise dolcemente, prima di posare una mano sul collo di Percy, fissandolo intensamente negli occhi.
"Lo so, so che questo è un campo inesplorato per te, sia come relazione fisica, sia come emotiva. Però, mentre lo capisci, puoi sempre divertirti con me." Apollo gli rivolse un occhiolino, che fece ridere Percy, prima che il semidio lo stringesse a sè, portando le proprie mani sulle spalle del dio e avvicinadolo.
"Puoi imparare con me, se ti fidi di me ovviamente."
Percy scosse la testa. "Apollo, mi sto fidando di te da due mesi, con i miei sentimenti. Dove sono più fragile. Non penso che cambierà tanto presto."
Apollo sorrise, uno sguardo colpito negli occhi e Percy si allungò per baciarlo ancora una volta.

Era notte fonda quando Apollo si svegliò nel letto meno comodo rispetto a quello cui era abituato.
Si voltò, vedendo Percy Jackson dormire pacificamente al suo fianco, un'espressione quasi vulnerabile nei lineamenti divini.
Tra tutti i mostri generati da Poseidone, questo era sicuramente quello che Apollo amava e ammirava di più.
Una vena di possessività riempì il dio.
Adesso era finalmente suo.
Solo che Percy non ne era ancora consapevole.

Angolo autrice
Un po' di possessività da un dio come Apollo è normale.
Alla prossima!
By rowhiteblack

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