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CAPITOLO 4

Percy bussò con titubanza alla porta di casa Jackson-Blowfis, aspettando che la madre arrivasse ad aprire la porta. Sapeva che sarebbe stata in ansia, e sapeva che avrebbe dovuto decidere con cautela quali parole usare per convincerla.
La porta si aprì e Percy sentì le proprie paure sollevarsi quando vide la madre dall'altra parte, che lo accolse in uno stretto abbraccio.
"Oh, il mio bambino!"
"Mamma non puoi davvero chiamarmi ancora un bambino..." Percy stava arrossendo. Gli capitava ancora adesso di diventare rosso quando sua mamma gli mostrava il proprio affetto senza fine.
"Sarai sempre il mio bambino. Vieni, ho appena sfornato i biscotti che ami tanto."
Percy entrò con un sorriso nella casa.
Seduti al tavolo da cucina, i due si guardarono un momento prima che Sally dicesse. "Percy, non voglio metterti pressioni, ma... la chiamata di Annabeth mi ha spaventata."
Percy annuì. Era il motivo per cui non voleva che la sua amica chiamasse mai la madre, ma ovviamente Annabeth aveva dovuto parlare al suo posto.
Si confidava con sua madre, non voleva solo preoccuparla per niente.
"Io... non penso di essermi totalmente ripreso dalle guerre e dai lutti."
A suo merito, sua madre non lo interruppe.
"Secondo Annabeth soffro di PTSD, una specie di... stress post trauma?"
Sua madre annuì, seriamente. "Dopo eventi traumatici, il nostro cervello e istinto faticano a capire che è finito il pericolo. È del tutto normale, Percy."
"Lo so, lo so. Solo che... i miei poteri reagiscono quando qualcosa mi porta alla mente vecchi ricordi. E vado nell'istinto di attacca o fuggi e non riesco davvero a tirarmi fuori dal loop mentale in cui cado."
"Succede a tutti i soldati, Percy, e, nonostante non sia bello da dire, era quello che tu e i tuoi amici eravate. Immagino che tutti debbano far fronte a disagi simili. Non sei solo." "Ma il mio disagio mette gli altri in pericolo."
Sally annui, facendo cenno al figlio di andare avanti a parlare.
"Annabeth voleva che tornassi a New York per fare il college, così non avrei vissuto in un luogo dove poteva partire il ricordo."
Sua madre stava iniziando a scuotere la testa, spaventata da quello che sarebbe potuto succedere a suo figlio solo attaccato dai mostri a New York, mentre Percy finiva. "Ma Apollo mi ha convinto diversamente."
Sally lo guardò interessata, sia per il nome, sia per il contenuto della frase.
"Cosa ti ha suggerito Apollo?"
"Beh, ha detto che era normale, no? E mi ha detto che andare in un posto non protetto dove i mostri mi avrebbero trovato non sarebbe stata l'idea migliore, giusto?"
Sally annui, grata che il dio avesse convinto il figlio a non ascoltare Annabeth in quell'occasione.
"Lui... pensa che potrei parlarne? Mi ha fatto notare che non ho mai davvero avuto aiuto con tutto questo, quindi..."
"È vero. Potresti prendere uno psicologo, tesoro. Parlare con qualcuno di competente di questo."
Percy fece una smorfia, prima di spiegare la sua titubanza. "Non posso prendere uno psicologo, mamma. I semidei non hanno una cosa del genere e... un mortale? Normale? Non potrei essere onesto con lui, e se mi concentro su nascondere il mondo greco, non posso parlare con tutta onestà dei miei problemi. Sono tutti legati a quello, lo sai. Se sono concentrato sul mentire, come posso migliorare?"
Sua madre annuì, evidentemente capendo il punto del figlio.
"Sono sicura che arriverai a una soluzione, tesoro. Lo fai sempre."
Sally diede un bacio sulla tempia del figlio, prima che quello guardasse l'orologio.
"Uh, penso che mi farò una doccia, mi cambierò e poi andrò ad iscrivermi al college."
Sally lo abbracciò non appena fu in piedi. "Te lo avevo detto, amore. Che ti saresti diplomato e che avresti frequentato il college." "Non avrei mai potuto farlo senza di te, mamma. Sei il mio eroe."
Sally diede un bacio sulla guancia del figlio, contenta di poterlo fare perché Percy non l'avrebbe mai respinta.

Mentre osservava il figlio salire le scale fino al piano superiore, diretto probabilmente alla doccia, Sally rifletté su loro due.
Aveva decisamente cresciuto Percy troppo simile a lei.
Indipendente, forte, gentile.
Condannato a attirare le attenzioni di un dio.
Nonostante il poco che Percy le aveva detto, Sally poteva leggere tra le righe delle frasi del figlio. Aveva avuto una grande esperienza nel capire quello che lui non le diceva per proteggerla dal dolore.
Ma il fatto che Percy avesse dato ascolto a un consiglio di Apollo, e non a quello di Annabeth?
Chiaramente anche da parte del figlio c'era un legame o un'intesa verso il dio, o non avrebbe mai ascoltato.
Poseidone diceva spesso che il mare non amava essere limitato e Percy era esattamente così.
Ma Apollo non era un dio come gli altri.
Aveva un cuore molto grande, era vero, e amava con tutto il suo cuore e la sua devozione immortale. Sapeva che i suoi amanti non soffrivano per il suo rifiuto.
Ma sapeva anche che nessuno di loro aveva mai avuto un lieto fine.
Da una parte, la paura per il destino di suo figlio le faceva desiderare di allontanare il dio dalla sua vita. Dall'altra, sapeva che la devozione di un dio non aveva paragoni e sapeva che Apollo era uno dei più devoti e passionali. E Sally desiderava con tutto il cuore sapere il figlio protetto, amato e al sicuro.
Sperava solo che non le sarebbe stato portato via prima del dovuto.

Percy stava aspettando vicino al portone di casa, controllando di tanto in tanto l'ora, prima di sentire un forte calore vicino a sè e vedere Apollo scendere dalla Maserati.
"Ehy, Percy! Pronto per tornare al Campo? Il tuo carro ti sta aspettando."
Percy scosse la testa, divertito dalle stupidate del dio, prima di annuire e salire sul lato del passeggero, ridendo quando il dio chiuse la porta con un eccesso di galanteria.
Mentre sorvolavano la terra, diretti al Campo Mezzosangue, Percy non era in vena di chiacchierare, lasciando che il dio riempisse il silenzio e pensando alla conversazione con sua madre.
"Sei silenzioso."
Percy sussultò, rendendosi conto che Apollo aveva smesso di parlare di se stesso e gli aveva fatto una domanda. "Cosa?"
"Sei silenzioso." Uno sguardo preoccupato passò sul viso del dio, prima che chiedesse "Qual è il problema? Qualcosa con tua madre ti ha spaventato?"
Percy si sentiva commosso dall'attenzione che il dio aveva per le sue emozioni, sentendosi curato in un modo nuovo, ma che lo faceva sentire caldo e prezioso.
"Mia mamma... Lei mi ha suggerito di parlare con uno psicologo di tutto questo." Percy gesticolò, indicando sotto di sé come per indicare tutto il mondo.
"Ma non puoi." Fece notare Apollo, con un sorriso nascosto.
Percy non capiva perché fosse così contento. Forse per aver capito subito il problema.
"Esattamente. Non senza o usare delle metafore incredibili, o senza passare per pazzo."
Apollo gli fece un enorme sorriso, un occhiolino che fece arrossire il corvino.
"Hai dimenticato della mia offerta? Sono disposto ad essere il tuo orecchio in questo."
Percy lo guardò confuso. "Ma sei un dio."
"Anche della medicina, Percy. Posso aiutarti molto per questo. Tutti i progressi della medicina, conosciuti e non, sono qui dentro." Il dio si picchiettò sulla tempia.
Percy rise, stupito ancora una volta dell'assoluta infantilità del dio del Sole.
Forse era dovuto al suo essere un dio della seconda generazione, un eterno bambino.
Era un'immagine abbastanza divertente.
Apollo lo guardava in attesa.
Percy, arrossendo, disse. "Sei un dio, devi avere degli impegni tuoi, molto più importanti di pulire i miei pasticci..."
Apollo lo guardò severamente, prima di fargli notare. "Eri spaventato tu di costituire un pericolo per i tuoi amici e per gli altri semidei. Non voglio imporre niente, ma ti serve una mano per superare tutto il casino che ti è successo, e io sono la soluzione più logica, ma nemmeno l'unica. Non voglio di certo imporre niente, credevo solo che avresti preferito sapere i tuoi amici al sicuro, ecco tutto."
Il senso di colpa riempì Percy, mentre iniziava a balbettare.
"No, certo che voglio sapere i miei amici sani e salvi, solo che pensavo che tu avresti avuto di meglio da fare... Sono grato per l'offerta, grazie Apollo."
Percy regalò un sorriso imbarazzato al dio, senza sapere la profonda soddisfazione che Apollo stava provando in quel momento, un maestro di scacchi che vedeva lo scacco matto alla fine del gioco.

Apollo fece scendere il semidio al centro dell'arena del Campo Mezzosangue, sorridendo alla vista della sorpresa dipinta sui volti di tutti i semidei.
Osservò Percy raggiungere la figlia di Atena per parlare con lei, come promesso al telefono.
Mentre i semidei alternavano il loro sguardo tra il dio e il loro leader, il suo fratello lo raggiunse.
"Apollo." "Dioniso."
Il dio del vino guardò verso il semidio, prima di dire.
"Fai attenzione, fratello. Percy Jackson è pericoloso da solo, ma il vero pericolo sarà suo padre quando ti vedrà vicino al suo prezioso figlio. Sarebbe un tale spreco di tempo, passare secoli a riformarsi solo per un semidio qualunque."
Apollo sorrise soltanto, prima di dire. "Non preoccuparti per me, Dioniso. Ho un piano per quello."
Sapendo ormai riconoscere una causa persa quando la vedeva.
Poteva solo sperare che il padre intervenisse quando il dio iperprotettivo e possessivo avesse deciso di porre fine al dio del sole.

Angolo autrice
Spero vi piaccia l'intervento di Sally nella storia.
Apollo è un pochino manipolatore, ma lo amiamo anche per quello!
Alla prossima
By rowhiteblack

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