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CAPITOLO 22

Percy stava guardando il padiglione svuotarsi, le confessioni di Annabeth avevano scosso nel profondo i diversi ragazzi. Nessuno si aspettava che avesse mentito così tanto e così profondamente, tanto che l'intera loro amicizia si era ridotta ad una serie di bugie.

Poi, sentì una presenza al suo fianco. "Percy."

"Papà." Percy si girò per sorridere al padre, prima di dire. "Mi dispiace, sai."

Il dio lo guardò interrogativo. "Per cosa ti stai scusando, figliolo?"

"Ho sbagliato. Ad urlarti contro per Annabeth. A quanto pare, non era così incredibile come pensavo che fosse." Percy sorrise tristemente. "Sai, non volevo diventare un dio perché avevo il terrore, tra le altre cose, di diventare qualcosa che lei avrebbe disprezzato."

"Disprezzi gli dei, Percy?" Poseidone chiese e Percy sospirò. "Non lo so più nemmeno io. Voglio dire, avete fatto delle cose orribili, ma non le fanno tutti?"

Poseidone non rispose, non sapendo nemmeno lui come si sentiva davanti all'ammissione di suo figlio. Una parte di lui desiderava spingere sulla questione immortalità, ma sapeva che Percy non avrebbe apprezzato la sua insistenza.

E, Poseidone aveva tempo per parlarne ancora.

Poseidone scosse la testa. "Non scusarti per quanto riguarda Annabeth."

Percy lo guardò stupito. "Ma avevi ragione tu. Non avrei dovuto metterlo in dubbio."

"Non scusarti mai per aver fatto valere i tuoi diritti, Percy." Poseidone gli disse, fissandolo negli occhi. "E non tirarti mai indietro davanti a qualcosa che ritieni ingiusto."

Percy sorrise. Poi inclinò la testa, guardando pensieroso suo padre. "Hai parlato con la mamma, di recente?"

Poseidone corrugò la fronte. "Cosa te lo fa pensare?"

"La menzione che hai fatto su Gabe, più che altro." Percy sospirò, distogliendo lo sguardo. "Non voglio davvero parlarne. È morto. Non può più farci niente."

Poseidone sentì la propria ira crescere, prima di calmarsi e dire. "Allora non insisterò sull'argomento. Voglio solo che tu sappia che sono disponibile, nel caso ti servisse qualcuno con cui parlarne."

Percy annuì, prima di guardare verso le capanne.

Poseidone disse. "Vieni con me ad Atlantide."

Percy si girò, sorpreso. "Come scusa?"

"Vieni ad Atlantide con me." Poseidone ripeté. "Sarebbero tutti felici di vederti e conoscerti."

"Davvero?" Percy chiese, prima di sospirare. "Chiedo solo alla mamma se..."

"Sally è d'accordo. Me lo ha suggerito lei." Poseidone fu veloce nel rassicurare e Percy rise, scuotendo la testa. "Per favore, non allearti con mamma per tenermi al sicuro. Potrei non vedere più la luce del sole."

Vedendo che lo sguardo del padre si faceva più intenso, forse pensando davvero alla possibilità di rinchiuderlo da qualche parte per sempre, Percy ritenne più sicuro cambiare argomento.

"Dai, andiamo. Voglio vedere se riesco a battere Kym al suo piccolo gioco, questa volta."

***** 

Percy stava guardando in difficoltà le due sorelle immortali.

In qualche modo, andava piuttosto d'accordo con entrambe.

Ma era abbastanza difficile rimanere lì fermo a guardare le due sorelle immortali.

"Quindi, Percy, cosa hai fatto di recente?" Rhodes sorrise. "So che sei iscritto al college a New Rome, è corretto?"

Percy annuì. "Si, ho appena iniziato lì ed è divertente."

Bentysikime sorrise. "L'università è divertente? Non avrei mai pensato che un mio fratello avrebbe mai detto una frase del genere."

Percy arrossì. "Voglio dire, è difficile e tutto. Ma rispetto alla scuola mortale, è facile. Non ci sono professori che sono mostri, non devo inventare scuse assurde se vengo mandato in missione, perché lo sanno che esistono gli dei. E, poi, studio insieme ai miei amici."

"Capisco." Rhodes sorrise. "Rispetto alla scuola mortale, è un miglioramento."

Percy annuì e Bentisikime sembrò avere pietà di lui. "Vuoi un altro dolce? Sembri troppo magro!"

"Uh, grazie." Percy sorrise, allungandosi per prendere il dolce offerto, sentendosi più rilassato rispetto a poco prima.

Mentre iniziava a parlare di una caccia con cui era andato insieme a Thalia, Percy non si accorse del sorriso soddisfatto che le due sorelle si scambiarono.

*****

Rachel stava sorridendo, spaventando leggermente Thalia.

Rachel era simpatica, tosta e forte. Era la migliore amica di suo cugino, e quindi Thalia aveva da sempre fatto uno sforzo per comprenderla e diventarne amica, solo per avere una doppia conferma della salute del cugino quando era nel mondo mortale. 

Adesso, i loro incontri segreti avevano solo cambiato natura. Non riguardavano più la salute fisica di Percy, ma anche la salute emotiva del ragazzo. In particolare, in che modo la sua relazione con Apollo si stava evolvendo e cosa avrebbero potuto fare loro due per migliorare la situazione.

"Si sono mollati?" Rachel chiese, sbattendo le palpebre. "Io... non mi aspettavo andasse così."

"Beh, cosa hai visto?" Thalia chiese, urgentemente.

Apollo era un dio a posto, tutto sommato, e sarebbe stato un amante perfetto per Percy. Ma, Apollo era anche un amante geloso, possessivo e iperprotettivo. E, adesso, Percy aveva interrotto anche il loro arrangiamento, unica cosa che teneva calmo il temperamento del dio.

"Ho visto la festa, la discussione e quello che sarebbe dovuto essere la fine del rapporto tra Annabeth e Percy. Poi, con il tempo, Percy si sarebbe aperto con Apollo e alla possibilità di avere qualcosa in più con lui. Non era previsto che lui ed Annabeth riaprissero i rapporti e che lei riuscisse a convincerlo ad interrompere le cose con Apollo."

"Beh, adesso lo ha fatto, e Apollo non fa altro che struggersi." Thalia fece una smorfia. "E' così patetico che nemmeno le Cacciatrici riescono a trovare la forza di mandarlo via. E rimane solo nei paraggi della Caccia perchè si aspetta che Percy appaia e si unisca a noi, e diventa più irritante ogni giorno che Percy non lo fa."

"Perchè Percy non si unisce a voi?" Rachel chiese, confusa.

"Poseidone lo ha portato ad Atlantide." Thalia si strinse nelle spalle. "Mi aspetto di rividerlo tra un anno, come massimo. Se non dovesse riapparire allora, mi inizierò a preoccupare e cercherò di salvarlo dal rapimento che suo padre ha fatto."

Rachel ridacchiò. 

"Sai, Apollo ha sbagliato nel dire che era innamorato di un altro." Rachel sorrise. "Dovrebbe chiedere a Percy di mettersi con lui, perchè Percy si renda conto che c'è qualcosa di più."

Thalia socchiuse gli occhi. "Cosa stiamo scommettendo?"

Rachel allargò il proprio sorriso. "Che ne dici di quando Apollo si renderà conto che deve effettivamente chiedere a Percy?"

Thalia annuì. "Ci sto. Chi vince, sarà il testimone di Percy alle nozze?"

"Andata." Rachel rispose.

****

Il tempo di tornare in superficie era arrivato.

Percy stava avendo però difficoltà a lasciare Atlantide. O, meglio, suo padre aveva difficoltà a lasciarlo andare.

"Sei sicuro che non desideri restare?" Poseidone chiese, per la quindicesima volta. "Abbiamo altri posti che non hai ancora visto. E molte persone da conoscere. Persone che hanno espresso interesse nel conoscerti."

Percy sospirò. "E abbiamo già deciso di farmi tornare. Tra dieci giorni. Penso di poter aspettare questo tempo per vedere tutto e conoscere tutti."

Poseidone strinse le labbra. "Non vuoi fare qualche passo con me?" Propose, fissando speranzoso il figlio.

Percy rise. "Va bene, papà. Andiamo a fare una passeggiata. Scegli tu dove."

Poseidone sorrise, allungando un braccio per abbracciare suo figlio e facendoli sparire da Atlantide, solo per farli ricomparire su un'isola completamente vuota.

Percy si guardò intorno, sorridendo alla vista della natura incontaminata intorno a loro. "Ci sono molti posti che i mortali non hanno distrutto, allora."

Poseidone annuì, guardando attentamente suo figlio. "Ci sono posti che sono rimasti incontaminati."

Percy sorrise. "Sai, stavo parlando con Frank l'altro giorno..."

Poseidone lo guardò corrugando le sopracciglia, soprattutto quando vide il sorriso di Percy accentuarsi. "Sai, penso che sia piuttosto ingiusto. Hai fatto un dono bellissimo all'antenato di Frank. Io non posso trasformarmi in tutti gli animali."

Poseidone si sentì arrossire, iniziando a balbettare. "Io... mi dispiace... solo che..."

Percy scoppiò a ridere, appoggiando la mano sul braccio del padre mentre diceva. "Papà, ti stavo prendendo in giro." Si sedette in riva alla spiaggia, togliendosi le scarpe e lasciando all'acqua di bagnargli i piedi. "Non mi servono più poteri. E, onestamente, avere quel tipo di potere non vale la pena del costo. Non voglio avere la mia vita legata a un bastone. Non sembra un buon affare."

Poseidone sospirò, sedendosi vicino al figlio. "E' una maledizione legata alla mia benedizione. L'unico modo per combattere una maledizione del genere è ricevere una seconda benedizione divina."

Percy lo guardò confuso. "Perchè Marte non lo ha benedetto, allora?"

"Marte è il dio della guerra." Poseidone spiegò, guardando seriamente il figlio. "Comprende molto bene la necessità di compiere sacrifici. E' forse il dio che lo comprende di più."

Percy sorrise lievemente, dicendo. "E se fosse stata la mia vita ad essere legata ad un bastone, papà?"

"Ti avrei benedetto all'istante." Poseidone disse, il viso che si oscurava. "Avrei eliminato quella minaccia fin da subito. Non ti avrei mai perso per una simile maledizione."


Percy guardò il padre, sorridendo in maniera più convinta dopo. Lasciò cadere la sua testa sulla spalla del dio, che lo abbracciò stretto di rimando.


"Posso aspettare ancora un po' a tornare." Percy mormorò, lasciando che il padre lo stringesse. "Non ho molta fretta."

Poseidone sorrise, lasciando un bacio sulla testa del figlio. 


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