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CAPITOLO 10

"È pericoloso, Percy. Persino per te."
Il nome del semidio preferito da tutti gli dei in quel secolo attirò l'attenzione di Apollo dal suo carro.
Lasciando che la sua coscienza si estendesse, il dio trovò il suo inconsapevole fidanzato vicino al lago a Long Island, con lui la fastidiosa figlia di Atena.

Tra tutti i semidei, Apollo non riusciva a comprendere come potesse essere proprio quella la più vicina al suo prezioso Perseo.
La loro vicinanza aveva già ferito Perseo, e inoltre era quasi costata la sicurezza del ragazzo.

Nonostante la sua folla idea avesse permesso a Apollo di avvicinarsi per la prima volta al suo adorabile amante, il dio sapeva che la ragazza era estremamente pericolosa.

Troppo vicina al suo leale e dolce fidanzato per non costituire una seria preoccupazione per il dio.

Era un problema che doveva essere trattato con estrema attenzione.

In quel momento, quindi, Apollo riteneva un dovere in quanto fidanzato preoccupato per la sicurezza del suo amante ascoltare la loro discussione, per curare il prima possibile le cicatrici che le parole della nipote avrebbero portato al suo tesoro.

"Percy, tra tutti gli dei, Apollo? Sai che non ha un bel record, con i suoi amanti."

Già la prima frase portava Apollo a sentire un prurito sui polpastrelli, pronto a usarli per tendere il proprio arco e scoccare una delle sue frecce.

Aveva ucciso nemici per molto meno.

Nessuno di loro era stato così vicino a Perseo.

E nessun amante era mai stato come Perseo.

"Non è il mio ragazzo."

Apollo poteva immaginare il rossore su tutte le guance del semidio, gli occhi verdi imbarazzati e sfuggenti, i denti che mordicchiavano il labbro inferiore, la lingua che inumidiva le labbra.

Le sue dita adesso prudevano per il bisogno di stringere il semidio. Per eliminare l'imbarazzo e portare certezza nella loro relazione.

Gli dei erano possessivi per le cose che amavano.

Apollo non riusciva a descrivere l'amore che provava per Perseo, ed era il dio della poesia.

"Comunque, Apollo mi ha aiutato molto. Sia a relazionarmi con gli altri che ad accettare me stesso. Annabeth, sono al Campo da due giorni e mi sono allenato. Non ho perso il controllo e non sono caduto in uno dei miei flashback. Non so come faccia ma... mi sento in pace con me stesso, per la prima volta da molto tempo."

Apollo sorrise dolcemente, le parole del semidio che lo facevano sentire in pace.
Gli dei erano anche protettivi per le cose a cui tenevano, per le cose che venivano ritenute degne di attenzioni.
Sapere di essere riuscito a portare pace e tranquillità al ragazzo portava enorme soddisfazione nel dio.

Poi la ragazza tornò a parlare, rovinando il buon umore che la voce dell'amato aveva portato al dio.

"Percy, ti prego, non te ne rendi conto? Tu.. devi promettermi di non usare mai più i tuoi poteri. Alcune cose non sono da controllare. E lo sai anche tu che quello che hai fatto, il controllare quel veleno, il sangue... era spaventoso e orribile."

Apollo sentì i suoi denti digrignare.
Pensò, per un momento, di colpire la ragazza dove si trovava.

Perseo non era ancora sicuro di sé stesso, e, ovviamente, una critica della sua migliore amica lo avrebbe fatto regredire in modo deleterio per la sua salute.

Non sentì la risposta del ragazzo, ma sentì la ragazza continuare. "Apollo non ti fermerebbe mai, Percy. È un dio e loro non ragionano come noi umani, non importa quanto cercano e tentano di convicerti del contrario. Nessuno di loro pensa come un umano."

Apollo ringhiò.

Non pensava come un umano perché non era un umano.
Questo non voleva dire che avrebbe mai spinto Perseo verso qualcosa che non voleva fare.

Avrebbe fatto tutto il possibile per fare in modo che il ragazzo si sentisse talmente in pace con se stesso da usare spontaneamente quei poteri.

Era un potere più vicino al divino che al piano mortale e, se abbracciato correttamente, avrebbe portato all'ascensione del semidio prima del previsto, il che significava solo una vita immortale più lunga per il suo amato.

E una vita immortale non guadagnata per un matrimonio, ma per eredità personale.

Avrebbe portato sicurezza a Poseidone, il che avrebbe ovviamente giovato al dio del sole.

"Annabeth, Apollo non mi incoraggerebbe mai a usarli. Sa quanto mi spaventano, non farebbe mai qualcosa per spaventarmi."
Dopo un momento di pausa, Apollo sentì detto, più dolcemente. "Tiene a me."

"Ti fidi così tanto di un dio?" Chiese Annabeth e Apollo aspettò la risposta di Perseo, con il fiato sospeso.

"Apollo non mi ha mai dato motivi per non fidarmi di lui."

Dal suo carro, Apollo sorrise.

*****

Non appena entrò nella cabina, Percy sospirò.
Sedendosi sul letto, alzò gli occhi verso il cielo, il sole che era oramai quasi sparito
"Apollo?..."

Prima che potesse finire la frase, il dio in questione apparve davanti a lui.

Senza perdere tempo, il semidio si alzò e si avvicinò al ragazzo, per baciarlo.

Apollo, sorpreso prima e compiaciuto poi, fu veloce nel ricambiare il bacio.
Quando si separarono, le fronti unite e i nasi che si sfioravano, Apollo rise.

"Non mi lamento, amore, ma cosa lo ha scatenato?"

"Niente di che, oggi Annabeth ha detto qualcosa e... niente, volevo solo... sai, ha detto che avresti fatto qualcosa e io so che non lo faresti, ma beh, lei si è convinta così e sai come fa quando si convince di qualcosa. E poi non le piace ammettere di avere torto!"

Apollo sorrise al discorso sconclusionato del semidio.

Ovviamente, sapeva esattamente cosa si erano detti.

Ovviamente, Percy non avrebbe mai saputo quella particolare notizia.
Era un dettaglio che era meglio tenere segreto.

"Comunque, non importa. È stato risolto."

Apollo sorrise internamente, sapendo che lo avrebbe sistemato lui stesso.

"Domani mi accompagni a mangiare a casa di mamma?"

Apollo si portò una mano melodrammaticamente al petto.
"Sono solo un taxi per te."
L'altra mano andò alla sua fronte.
"Condannato ad essere usato da te solo per i miei poteri divini e per il mio corpo, me misero."

Percy arrossì, rendendo Apollo estremamente orgoglioso di se stesso.

"Non ti uso per il tuo corpo."

"Non lo fai?"

"Mi stai usando per il mio?"

Apollo sorrise, scuotendo la testa.
Per essere incredibilmente imbarazzato, Perseo era bravo ad ottenere le risposte che voleva conoscere.
In un modo che era più dolce che manipolatorio, ma che comunque lo portava a conoscere quello che voleva.

Faceva innamorare ancora di più il dio.

"Comunque, dannato melodramma, non intendevo accompagnarmi come in... portarmi lì."

"E allora cosa volevi dire?"

"Accompagnarmi come in... vieni anche tu a casa di mamma."

Apollo alzò un sopracciglio, confuso e sentendosi caldo dentro.

L'offerta di andare con lui da sua madre era più dolce di qualsiasi offerta Apollo avesse mai ricevuto, in ognuno dei suoi templi, persino nei tempi antichi.

Forse era il rossore, forse era il tipo di considerazione che Apollo sapeva che Perseo aveva per sua madre.

Che si fidasse di Apollo vicino a lei portava il dio a desiderare di rapire il ragazzo e portarlo lontano da tutti gli altri, dove solo loro due avrebbero potuto passare del tempo insieme e nessuno, nemmeno Poseidone, avrebbe potuto mai interferire.

Sarebbero stati come Persefone e Ade.

"Sei l'unico motivo per cui funziono bene. Grazie a te ho dei buoni risultati e sono in pari con i miei esami per la prima volta da sempre. E, esami e studio a parte, sto bene solo grazie a te. Sono stato al Campo per due giorni e non ho avuto nessun episodio in nessun momento. Non quando combattevo, non quando mangiavo e nemmeno quando dormivo. Non ho più incubi, se non pochi e distanti tra loro."

Percy si strinse nelle spalle.
"Volevo fare qualcosa anche io per te. Ecco tutto."

Apollo sorrise.
'Promettimi di amarmi per il resto delle nostre vite immortali e non avrò bisogno di altro.' Pensò.

Al semidio, disse. "In questo caso, sarà il mio più grande onore venire a casa di tua madre con te."

Il sorriso del ragazzo valeva la pena di tutto il dramma che Poseidone avrebbe sollevato una volta scoperta la loro relazione.

Angolo autrice
Ecco il nuovo capitolo!
Scusate, l'uni mi sta devastando!
Alla prossima
By rowhiteblack

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