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26.

"Ehi Annie", qualcuno urla il mio nome e vedo un braccio alzarsi sopra il fiume di persone in uscita dalla stazione. 

"Ciao Paul", lo stringo in un breve abbraccio, "ti fanno lavorare anche il sabato?" 

"Con i ragazzi non si va mai in vacanza, lo sai. Comunque, accompagno te e torno a casa da mia moglie", mi informa soddisfatto. 

"Anche stavolta l'hotel è assediato dalle fan?" sorrido ripensando alla prima volta che Paul è venuto a prendermi per portarmi da Henri che era bloccato in albergo.  

Un'espressione di sorpresa si fa strada sul suo volto. "Ah quindi Henri non te l'ha detto", sghignazza divertito. 

"Detto cosa?" domando perplessa. Devo forse preoccuparmi? 

Nonostante gli sforzi, le suppliche e i tentativi di prenderlo per sfinimento o di carpirgli informazioni per errore, Paul non si lascia sfuggire una sola parola al riguardo. Devo quindi aspettare una ventina di minuti, il tempo di uscire dal centro di Londra dirigendoci verso nord, per arrivare alla misteriosa destinazione. 

A prima vista mi sembra un hotel come tutti gli altri, forse un po' piccolo, ma non vedo insegna né fan urlanti davanti all'ingresso. L'edificio bianco dà direttamente sulla strada principale ma è protetto da un muro alto almeno sette piedi. Appena arriviamo lì davanti, il grande cancello nero si apre e solo entrando capisco che quello non è un hotel. 

Paul mi accompagna alla porta d'ingresso e mi saluta con un occhiolino prima che io torni ad osservare l'esterno dell'edificio così curato e pulito da sembrare nuovo. 

"Vuoi rimanere lì impalata o hai intenzione di entrare?" mi accoglie Henri rimanendo fermo sulla soglia. Indossa un paio di pantaloncini sportivi neri e una semplice t-shirt bianca ma lo trovo comunque bellissimo.  

"Mentre eri in America hai fatto amicizia con una star di Hollywood e ti sei fatto prestare la sua villa?" scherzo mentre mi guardo attorno esterrefatta. Solo l'ingresso è più grande del salotto di casa mia.

"No, è mia", mi comunica con un sorriso. 

"Tua?" sgrano gli occhi per la sorpresa. 

"L'ho comprata meno di un mese fa. Non vedevo l'ora di fartela vedere, non riuscivo più a tenertelo nascosto. Vieni, ti faccio fare un giro", annuncia entusiasta prendendomi per mano per mostrarmi le varie stanze. 

Cinque camere da letto, tre bagni, una cucina immensa, una palestra e un salotto più zona relax, solo questa grande quanto la mia intera casa, il tutto distribuito su tre piani e arredato in stile moderno con qualche tocco retrò. Rimango in silenzio per tutto il tour, osservando ogni parete, tappeto o mobilio.  

"È tutto così perfettamente in ordine che ho timore di sporcare o rovinare qualcosa anche solo camminando", commento ad alta voce senza accorgermene. 

"Hanno finito di sistemarla solo ieri, non ho ancora avuto modo di usare praticamente nulla. Ma tu mi aiuterai vero? Ho pensato che potremmo cucinare insieme qualcosa per cena". 

"Vuoi farmi credere che tu sai cucinare?" mi fingo sconvolta per la rivelazione. 

"Potrei offendermi per la tua scarsa fiducia", assottiglia gli occhi contrariato.

"Ok chef, allora ti sfido: tu pensi al piatto principale, io al dessert. Vediamo chi riesce a stupire l'altro", propongo sapendo di vincere a mani basse. 

"Ci sto", accetta un po' troppo sicuro di sé. "Non credo che tu possa preparare niente solo con zucchero e uova", mi guarda con l'aria di chi pensa di aver già vinto. Per un attimo la mia sicurezza vacilla, poi mi ricordo di un dolce che mia nonna mi faceva quando ero più piccola, modificando leggermente la ricetta che mia madre aveva assaggiato, innamorandosene all'istante, mentre era in Italia. 

"Oh Henri, non hai ancora capito con chi hai a che fare. Spero che il tuo piatto sia davvero strabiliante", lo provoco un po'.

Pochi minuti più tardi capisco che la sfida è finita prima ancora di iniziare quando lancio un'occhiata alla parte del bancone della cucina occupata da Henri e dai suoi ingredienti.

"Ti sei venduto come grande cuoco e alla fine stai preparando dei sandwich per cena?", lo smaschero senza pietà. 

"Oh andiamo, non vorrai davvero farmi credere di riuscire a preparare un qualsiasi dolce con i tuoi pochi ingredienti. Ho praticamente già vinto quindi mi sono buttato su qualcosa di semplice e veloce", si giustifica con poca convinzione.  

"Perché non ammetti semplicemente di non saper cucinare invece di insinuare che io non riesca a preparare il dessert?" infierisco ancora senza trattenere una risata. Decido quindi di intervenire andando a recuperare del cibo dall'enorme frigo e cucinando qualcosa di più elaborato e forse più commestibile. 

"Era tutto buonissimo, e con il dolce mi hai proprio spiazzato. Devo farmi perdonare per le accuse di poco fa", ammette Henri a fine cena. 

"E come pensi di fare?" gli domando incuriosita. 

Henri si allontana per frugare in uno dei cassetti interni del frigo e torna con una ciotola di fragole già tagliate e un tubetto di panna pronta da mangiare. Ne spruzza una generosa porzione sopra i pezzi di frutta, prende due cucchiai e si risiede accanto a me posando la ciotola nel mezzo. 

"Non ti è bastato quello che ho preparato? Un altro dolce?" 

"Questa è frutta", ribatte riempiendo il suo cucchiaio. Iniziamo a mangiare le fragole restando in silenzio ma senza smettere di guardarci e sorriderci. L'atmosfera è tranquilla, siamo entrambi a nostro agio ma io non riesco a togliermi un certo senso di impazienza. Voglio di più. 

Prendo un po' di panna con un dito, gliela spalmo sulle labbra e prima che possa dire o fare qualunque cosa, lo ripulisco baciandolo. È il gesto più avventato che io abbia mai fatto con un ragazzo ma mi sento così elettrizzata da sembrare quasi ubriaca. 

Henri si sbilancia verso di me per tirarmi maggiormente al suo corpo e approfondire il bacio. Si appoggia al bancone per non perdere l'equilibrio ma deve prendere per sbaglio la ciotola perché il dessert rimasto viene lanciato a mò di catapulta, come in una scena dei cartoni animati e finisce, ovviamente, sui miei shorts e sulle cosce per poi iniziare a colare giù verso le ginocchia. 

Ignoro la sua raffica di scuse e raggiungo il primo bagno che trovo cercando di non seminare pezzi di fragola e panna ovunque. Di sicuro, se voleva sporcare casa, questo è stato un ottimo inizio. I rimasugli di dessert sono quasi arrivati alle caviglie, così non mi resta che calciare via le scarpe e i calzini e infilarmi nella doccia.

Dopo un paio di tentativi, trovo la giusta temperatura e lascio scorrere l'acqua sulle mie gambe nude mentre con l'altra mano porto via la panna che ha resistito alla gravità.

Mi ritrovo Henri accanto alla porta della doccia rimasta aperta con un'aria mortificata e, un po' per vendicarmi, un po' per togliergli quella faccia da cane bastonato, rivolgo il soffione della doccia contro di lui allagando il bagno mentre lui si dimena per ripararsi dal getto. Quando abbasso "l'arma", mi soffermo un istante ad osservare lo spettacolo: l'acqua sgocciola dai ricci, ormai appiccicati al suo viso, lungo tutta la maglietta, diventata trasparente, fino al bordo dei pantaloni per poi cadere sulla pozza formatasi sul pavimento attorno a lui. Noto la sua espressione passare da sconcertata a infastidita a desiderosa di rivincita mentre io non faccio che ridere. 

"A quanto pare vuoi giocare", pronuncia minaccioso prima di avventarsi su di me. Dopo una lunga lotta per il comando del soffione, Henri mi coglie di sorpresa cambiando la modalità di fuoriuscita dell'acqua dall'erogatore mobile a quello fisso sopra le nostre teste, impedendomi di fatto di ripararmi anche da una sola goccia. 

Incurante dei vestiti fradici, mi alzo leggermente sulle punte per raggiungere la sua bocca, è cresciuto ancora negli ultimi mesi, di questo passo mi ci vorrà una scala per avvicinarmi. Lui ricambia il mio bacio con passione prendendomi il viso tra le mani con impeto, come se volesse impedirmi di scivolare via. Ma non c'è nessun altro posto in cui vorrei essere in questo momento, non vorrei sfiorare nessun altro corpo né assaporare la bocca di nessun altro. 

L'acqua continua a scorrere su di noi, ma non ce ne importa, troppo presi ad esplorarci con la lingua, i denti e le mani. 

Mi sposto sulla sua mandibola risalendo lentamente verso l'orecchio. Stringo il lobo tra le labbra, lo mordicchio appena per poi scendere lungo il collo succhiando dolcemente la sua pelle bagnata mentre con la mano mi faccio largo sotto la maglietta incollata al suo petto. Lui butta la testa all'indietro gemendo di piacere, gli occhi chiusi e i capelli abbandonati contro il vetro della doccia. 

Sento il suo basso ventre contro la mia coscia e la mia mano inizia automaticamente a scendere. Lo accarezzo da sopra la stoffa e sento Henri trattenere il respiro quando lentamente risalgo, insinuandomi oltre l'elastico dei suoi boxer.  

Ad ogni movimento il suo respiro si fa più corto, i suoi ansimi più forti. Dio è così bello che, non so, vorrei immortalare in qualsiasi modo la sua espressione rilassata, la sua bocca un po' aperta, il corpo inarcato verso di me come a dirmi di non fermarmi. Sentirlo ansimare mi fa impazzire, non ho nessuna intenzione di smettere di toccarlo. Non lo faccio nemmeno quando sento il mio cellulare squillare dalla cucina.

Mi rimprovero mentalmente per non averlo messo in modalità silenzioso e lo ignoro. Mi concentro su Henri, aumentando la velocità degli affondi, ho davvero voglia di farlo venire così. 

Dopo numerosi squilli, torna il silenzio ma il telefono riprende a suonare pochi istanti più tardi. Chi può essere così insistente? Nessuno mi ha mai chiamato con questa urgenza. 

Henri mi prende la mano per il polso, vuole che mi fermi o non resisterà a lungo. I suoi occhi strabordano di lussuria, la sua bocca semiaperta continua a lanciare gemiti. Non credo di essere mai stata così eccitata alla sola idea di procurare piacere a qualcun altro. Afferro la mano con cui mi blocca e riprendo da dove ero stata interrotta continuando a baciarlo e mordicchiarlo finché un verso roco esce dalla sua gola mentre esplode contro la stoffa dei suoi boxer. 

Quando la mia suoneria riparte di nuovo, capisco che c'è qualcosa che non va e a malincuore, mi stacco da Henri, balbetto delle scuse ed esco dalla doccia senza guardarlo. Mi avvolgo velocemente in un asciugamano posto sul ripiano sotto il lavandino e corro verso la cucina. Nel frattempo il telefono ha smesso di suonare un'altra volta. 

Pochi attimi e vedo apparire il nome di chi mi sta cercando con tanta ostinazione. 

"Ashley, che c'è?" rispondo subito allarmata.

"Oh Annie, finalmente! Devi venire subito al NMG Hospital".

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Scusate il ritardo, ho avuto qualche impegno imprevisto durante la settimana.
Allora, piaciuto il pizzico di pepe? Era ora, no? Peccato per l'interruzione...
Colpi di scena vi aspettano nei prossimi capitoli. Avete già qualche idea? Fatemi sapere 🌟
Attendo con impazienza i vostri commenti ;)

Z.

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