22 - Proposal
So I could take the back road
But your eyes would lead me straight back home
Michael's pov
«Te l'ho detto Mike, non vuole parlarmi di te», ripeté Calum, guardandomi con espressione compassionevole. Sospirai frustrato, passandomi una mano fra i capelli.
Erano passate due settimane da quando Luke mi aveva piantato in asso e ancora non ero riuscito a parlare con lui. Ci ho provato in tutti i modi: l'ho chiamato 24 ore su 24 sette giorni su sette, gli ho mandato milioni di messaggi e mi sono persino presentato alla sua porta, e lui non ha fatto niente, neanche il piccolo sforzo di dirmi che non voleva parlarmi e che non aveva voglia di vedermi.
Mi sembrava di essere tornato a otto anni fa; le sensazioni che provavo, in fondo, erano le stesse, ma la situazione mi sembrava peggiore perché non sapevo con precisione cosa provasse Luke per me. Certo, alla festa di Alex mi ha detto che mi ama, ma che ne posso sapere se ha cambiato idea? È comunque successo quasi un mese fa. Forse sono solo paranoico, d'altronde sono l'unico a pensare che Luke abbia cambiato idea. Ma resta il fatto che non mi abbia detto esplicitamente cosa provava prima di sparire, tutto ciò che aveva fatto era stato lasciarmi due parole scritte in fretta su un foglio. Tipico di Luke, non affrontare le cose; ormai dovrei saperlo bene...
«Non riesco a credere che siamo di nuovo punto e daccapo. Per di più, stasera devo cantare con voi!», esclamai, indicando Alex e Chase, che distolsero lo sguardo dai fogli con il testo di Iris per guardare me, «Ah, quando dicono che la storia si ripete...».
«Smettila di fare il melodrammatico e concentrati, non voglio che la mia proposta di matrimonio vada a puttane perché tu sei giù di morale», mi ordinò Chase, guardandomi con sguardo assassino.
«Ai suoi ordini, capitano», mormorai sottovoce, prendendo il foglio di carta e fissando le parole stampate su di esso. Nonostante sapessi le parole di Iris a memoria, non riuscivo a ricordarle più. Colpa di Luke di sicuro. Quando sono stressato per qualcosa non ricordo neanche il mio nome, quasi.
«Secondo me, dovresti cercare di non pensarci almeno oggi», mi consigliò Ashton, accordando la sua chitarra, «Metti da parte i problemi e concentrati solo sul fare in modo che questa sia la serata perfetta per Chase e Lowe. Ti ricordo che contiamo tutti su di te».
Fissai di sottecchi Ashton. «Mettermi sotto pressione non mi aiuterà di certo. Mi sento come Atlante che deve tenere il mondo sulle spalle».
«In un certo senso lo sei, Michael», si intromise Thaisse, alzando lo sguardo dal suo cellulare, «Quindi, fatti forza e reggi il mondo fino a che Lowe non dice "sì"».
«Siete proprio fatti l'uno per l'altra, eh», mugugnai, «Entrambi sapete come sollevare il morale ad una persona».
«Ragazzi, concedeteci un secondo di silenzio grazie», sbottò Alex, fissando noi tre, «Devo accordare il mio basso e non riesco a farlo con voi che parlottate in sottofondo».
«Scusa», esclamammo all'unisono, facendo sbuffare Alex.
Era evidente che il nervosismo fossr alle stelle; doveva essere una cosa perfetta, Chase l'aveva pianificata nei minimi dettagli con noi e con i genitori di Lowe e se qualcosa non fosse andato come lui diceva ci avrebbe dato in pasto ai cani. Un po' esagerato, ma Chase è fatto così. Se ci metti che deve chiedere al suo ragazzo storico di sposarlo...
«È una cosa così romantica, però», constatò Thaisse, sorridendo mentre guardava Ashton brevemente, «Se qualcuno lo facesse a me sarei contentissima».
Io e Calum ci scambiammo occhiate divertite mentre Ashton e Thaisse si baciavano. Erano così carini insieme che non dubitavo che una cosa del genere sarebbe potuta succedere anche a loro. Certo, si vedevano da poco, ma sembrava fossero fatti l'uno per l'altra.
«La smettereste di ridere di noi?». Io e Calum volgemmo il nostro sguardo ai due.
«Non ridevamo di voi», disse Calum, in tono difensivo, «Stavamo solo pensando la stessa cosa, credo?».
«Se pensavi che dovremmo sicuramente organizzare una proposta di matrimonio anche per Thaisse, allora sì, stavamo pensando la stessa cosa», dissi io, ridacchiando quando Calum annuì.
Thaisse arrossì e nascose il suo viso sulla spalla di Ashton, che ci guardava leggermente imbarazzato. «Io e Thaisse usciamo insieme solo da un mese, non vi sembra un po' troppo presto per pensare a queste cose?», chiese scettico, «E poi, da dov'è uscita tutta quest'intesa? Otto anni fa vi odiavate a vicenda».
Feci spallucce. «In otto anni può cambiare tutto. E poi, tu e Thaisse siete davvero carini insieme. Non mi stupirebbe se un giorno mi chiamassi nel panico perché devi chiederle di sposarti e non sai cosa fare».
«Già, già, contaci che chiamerei proprio te. Però potrebbe servirmi la tua voce», considerò Ashton, ridacchiando mentre Thaisse mugolava imbarazzata accanto a lui.
«Bel modo di trattare il tuo amico di infanzia».
Dopo quel battibecco, cadde il silenzio, interrotto dal canticchiare quieto di Alex. Cercai di memorizzare la canzone più che potevo, ma non ci riuscivo. Quelle parole, per un motivo che non riuscivo a spiegarmi, mi facevano pensare a Luke. Forse, il fatto che Luke era la cosa più vicina al Paradiso a cui potessi aspirare. Già, questo gli si addiceva; Luke era Paradiso ed Inferno insieme, un diavolo dall'aspetto di un angelo. Sapeva portarti sulle nuvole e poi farti cadere in picchiata, farti assaggiare la felicità e portartela via senza preavviso. Ed io lo amavo proprio per questo, nonostante mi avesse fatto soffrire - e lo stesse facendo ancora. Forse avrei dovuto dirglielo prima che mi avesse mollato.
***
Dopo aver sistemato tutto ciò che ci serviva nel bagagliaio delle auto di Chase e Calum, partimmo per raggiungere casa dei genitori di Lowe. Distava un bel po' dal centro, quindi eravamo partiti già dalle quattro del pomeriggio in caso avessimo trovato traffico. Cosa che, ovviamente, successe: non appena arrivammo nel distretto commerciale ci trovammo imbottigliati nella coda del pomeriggio.
«Forse avrei dovuto far sedere Ashton davanti, non è stata una buona idea farlo stare dietro con Thaisse», dissi a Calum, occhieggiando i due - impegnati in un'imbarazzante pomiciata sui sedili posteriori dell'auto di Calum.
Calum scosse la testa, passandosi una mano fra i capelli mentre poggiava la testa sul volante. «Tu dici?».
Ridacchiai alla sua espressione disperata. «Non penso si spingeranno oltre, però, credo che Ashton abbia ancora una certa dignità».
«Dio, smettetela di parlare di noi», sbottò Ashton, facendoci voltare verso di lui, «Solo perché voi non avete nessuno con cui fare queste cose non vuol mica dire che dovete infastidire noi».
Fissai Ashton scettico. «Beh, io se avessi un ragazzo di certo non gli succhierei via l'anima nei sedili posteriori di un'auto i cui sedili anteriori sono ancora occupati», dissi con sufficienza, facendo ridacchiare Calum.
«Secondo me gli succhieresti altro».
Sgranai gli occhi, mentre i tre scoppiavano a ridere. «N-no, perché dovrei?», chiesi imbarazzato, «Hey, io non le faccio queste cose! Insomma, ho ancora un certo senso del pudore».
Calum si morse il labbro inferiore. «Beh, se stessi con Luke non ti importerebbe un fico secco del tuo certo senso del pudore - insomma, sai com'è Luke, no?».
«Oh, se proprio la metti così allora... Potrebbe succedere», concessi, sentendo le mie guance colorarsi di rosso un'altra volta, «Ma credo che riuscirei a tenere le mani a posto. Siamo stati insieme una notte intera e sono riuscito a non allungare neanche un dito su di lui!».
Calum alzò un sopracciglio. «Era perché saresti morto asfissiato se ci avresti provato soltanto. Dio, ammetti e basta che con Luke faresti di peggio!».
«Perché dovrei dartela vinta?».
«Ragazzi, mi dispiace davvero interrompervi perché mi state facendo morire dal ridere, ma la coda avanza», ci fece notare Thaisse, indicando avanti a lei.
Io e Calum ci sedemmo di nuovo composti, il moro premette il piede sull'acceleratore mentre la coda interminabile di macchine avanzava lentamente. Ashton e Thaisse si diedero un contegno, anche se continuarono a scambiarsi piccoli baci durante il tragitto. Nel silenzio dell'abitacolo cominciai a sentirmi un po' desolato, le parole di Calum mi risuonavano in testa. Avrei mai avuto modo di verificare la veridicità delle sue affermazioni? Forse mai. Ma non posso smettere di sperarci proprio ora.
«Non è finita qui, comunque», mi ricordò Calum, distogliendomi dai miei pensieri, «Vincerò io, Clifford».
Lo guardai in tono di sfida. «Non esserne così convinto, Hood».
«Oh, ammettilo e basta!», si intromise Ashton, «Tu non sai tenere le mani a posto quando di tratta di Luke e Luke non è di certo il tipo che si trattiene, riguardo a certe cose».
«Ben detto».
Scossi la testa. «Sarebbe imbarazzante e sconveniente se ci fossero altre persone in macchina, non credete?».
«A Luke non importerebbe affatto, e lo sai. Voleva che lo toccassi davanti ai tuoi genitori! Più sfacciato di così si muore», ribatté Ashton, facendomi arrossire per l'ennesima volta. Non ero mai arrossito così tanto in vita mia.
Calum alzò un sopracciglio, in evidente sorpresa. «Questa mi è nuova. È successo sul serio?», mi chiese, curioso.
Sospirai. «Stavamo mangiando con i miei, tenevo la mano sulla sua coscia per tranquillizzarlo e... Beh... Oh, devo raccontartelo per forza?!».
Calum rise. «No, volevo solo metterti in imbarazzo», spiegò, tornando concentrato alla strada. Superò due auto.
Mi accasciai nel sedile, rilassandomi. «Non ti ha parlato proprio di niente, eh?».
Calum sospirò. «Si comporta come se quei due giorni non fossero successi. Capisco che voglia dimenticare te in ospedale, l'arresto di Mark, l'interrogatorio alla stazione di polizia - ma cercare di dimenticare il tempo passato con te non ha senso, almeno secondo me. Sei l'unica cosa che potrebbe farlo stare meglio, Michael, e credimi se ti dico che non sto mentendo. L'ho visto stare molto meglio da quando tu e lui avete ripreso a parlarvi. Un po' come il Luke di otto anni fa, non come questa copia passiva e pessimista che gira da due anni a questa parte. So che stando con te può tornare ad essere quello di prima, e sono sicuro che lo sa anche lui. Ora resta da scoprire perché stia cercando di allontanarti».
«Io lo so», disse Ashton, «O almeno, credo di averlo capito».
Mi voltai verso di lui. «Spiega».
«Luke ha paura», rispose soltanto, facendo spallucce.
«Grazie per la dritta, Sherlock», dissi sarcastico.
«Pensaci bene. Cosa ha fatto Luke, otto anni fa, quando avete cominciato a stare insieme e sembravate essere felici?».
Mi morsi il labbro inferiore. «Mi ha mollato dicendomi che non provava niente per me».
«Esatto. Beh, la mia supposizione è che sta facendo la stessa cosa, senza però inventarsi stronzate. Non vuole essere felice perché-».
Ashton fu interrotto da Calum. «Crede di non meritarselo», disse, illuminandosi, «Hai ragione, Ash».
«Di niente».
In effetti, la teoria di Ashton non faceva una piega. Forse, Luke era talmente ferito e lacerato nel profondo da ciò che gli era successo da pensare che a lui potrebbero capitare solo cose negative, quindi, appena ha avuto quel barlume di felicità l'ha lasciato andare, pensando che gli si sarebbe rivoltato contro come succedeva sempre...
«Hey, Michael, ho avuto un'idea».
La voce di Calum mi riportò alla realtà. Volsi il mio sguardo a lui, incuriosito. «Che idea?».
Calum sorrise. «Te la spiego dopo. Ti dico solo che tu stasera andrai a parlare con Luke. E non uscirai da casa sua finché non vi sarete messi insieme».
Sospirai. «Come hai intenzione di fare? Sai che Luke non vuole parlarmi».
Calum sorrise malizioso. «Non vuole parlare con te, quindi forse, se credesse di parlare con me...».
«Io continuo a non capire».
Calum alzò gli occhi al cielo. «Te lo spiego dopo, adesso impara la canzone che manca mezz'ora al nostro show».
Con precisione maniacale, arrivammo proprio dopo mezz'ora, quando il sole cominciava a calare.
Dopo aver parcheggiato a due case di distanza per non destare sospetti, ci incamminammo verso casa di Lowe con i nervi alle stelle. Il gruppo era guidato da Chase, ovviamente il più nervoso fra tutti; il ragazzo tremava come se avesse appena fatto un tuffo nell'acqua gelata, continuava a mugugnare cose senza senso. Era comprensibile, tuttavia, quindi nessuno di noi si azzardò a dire una parola a riguardo. Neanche Alex, che riesce sempre a trovare un commentaccio per ogni situazione. Si vede che la cosa sta a cuore anche a lui.
Cercammo di fare meno rumore possibile mentre ci sistemavamo nel giardino sul retro di casa di Lowe, contando comunque sul fatto che sua madre ci aveva garantito che il ragazzo non avrebbe sospettato niente. A dirla tutta, ci speravamo. Sarebbe stato bruttissimo avere la sorpresa rovinata.
«Sei pronto?», chiesi a Chase, offrendogli un sorriso comprensivo. Non sarei partito se lui non mi avesse dato l'ok.
«Sono solo un po' nervoso», ammise, giocherellando con le sue dita, «Insomma, e se... Se mi dicesse di no? Che ne so, forse non si sente pronto ad impegnarsi così...».
Alex, ora accanto a me, alzò gli occhi al cielo. «Ma ti prego. Per quanto mi riguarda, voi due siete sposati da quando avete cominciato ad uscire insieme. E sai che Lowe ha un grande senso della famiglia e che sogna il matrimonio da praticamente sempre. Quindi, non pensare neanche alla possibilità che lui possa rifiutare - non esiste neanche in un altro universo».
«Ha ragione», concordai, facendo spallucce.
Chase respirò profondamente. «Se lo dite voi... Allora Michael, dai tu l'attacco?», mi chiese, improvvisamente più sicuro di lui.
«Certo. Voi due siete pronti?», chiesi ad Alex ed Ashton, che annuirono, «Bene, allora... Al mio tre. Uno, due...».
Io, Alex ed Ashton cominciammo a suonare. Presi un lungo respiro prima di intonare la prima strofa della canzone, e grazie al cielo, ricordavo tutte le parole. Cantai ad alta voce, non avendo un microfono, per farmi sentire dall'interno della casa, che sapevo aveva le finestre aperte. Finestre da cui, all'incirca al primo ritornello, si affacciarono Lowe e sua madre. Il riccio ci guardò perplesso, salvo sorridere a trentadue denti quando vide il suo ragazzo, che guardava dritto nel punto in cui s'era affacciato. Qualche attimo dopo sparì di nuovo, per uscire dalla porta-finestra che dava sul retro. Ci guardava in un misto di shock, curiosità e commozione, gli occhi grandi come palline da golf.
«C-che vuol dire?», chiese, balbettando e quasi mangiandosi le parole. Si vedeva lontano un miglio che fosse emozionato.
Abbassai la voce in modo che diventasse solo un sottofondo alle parole di Chase, parole che avrebbero cambiato la sua vita e quella di Lowe per sempre. Solo in quel momento mi accorsi di quanto importante fosse quel momento, e di quanto fortunato fossi a poterlo testimoniare con i miei occhi. L'inizio di una nuova avventura nella vita di Chase e Lowe.
Il biondo avanzò di qualche passo, prendendo la mano tremante di Lowe. Notai che tremava quanto Chase. «Lowe, amore mio, vorrei davvero essere più formale e per farlo mi ero preparato un discorso- che adesso ho dimenticato. Spero tu possa perdonare la mia stupidità», cominciò, imbarazzato. Sentii Alex borbottare qualcosa appena dietro di me.
Lowe rise. «C'è qualche giorno in cui io non perdoni la tua stupidità?», disse, un luccichio negli occhi color cioccolato mentre parlava, «A cosa ti serviva un discorso? Adesso ho paura».
Chase ridacchiò leggermente. «Lo saprai subito amore, prima devo dire qualcosa. Solo che non so da cosa iniziare, avevo un discorso in mente ma l'ho ovviamente dimenticato, come ti ho detto... Beh, inizierei di sicuro con il dirti che ti amo. Ti amo da impazzire, Lowe, ti amo ancora come ti amavo quando avevamo quindici anni e sono certo che ti amerò ancora così quando entrambi ne avremo settanta, di anni. Ci sono tante cose che vorrei dirti, ma ci metterei secoli solo ad accennare metà di questo elenco e sono certo che Alex mi tirerà il basso in testa se non mi do una mossa».
«Hai ragione, quindi muovi il culo», sbottò Alex, facendo scoppiare a ridere tutti.
Chase tornò subito serio. «Credimi quando ti dico che, con te, ho trovato l'anima gemella, tutto ciò che desideravo avere e qualcosa mille volte meglio di ciò che pensavo mi sarebbe stato concesso. Sono più che sicuro di voler passare la mia vita accanto a te, perché ormai non vedo più nessun altro nella mia vita, nel mio futuro - ci sei solo tu. Quindi», Chase si inginocchiò sull'erba verde scuro e Lowe, già con le lacrime che gli scorrevano sul viso, scoppiò a piangere definitivamente, «Lowe William Thomas, vuoi sposarmi?».
«Sì! Un milione di volte sì», strillò Lowe, afferrando Chase per un braccio e tirandolo a sé. Scoppiammo in un applauso fragoroso, con tanto di fischi da stadio mentre Chase infilava il semplice anello d'argento all'anulare di Lowe. Eravamo tutti commossi, ma Alex era quello più preso dalla situazione, singhiozzava e piangeva a dirotto.
Lo abbracciai. «Oh, Alex lo scontroso sta piangendo! Chi l'avrebbe mai detto che avesse dei sentimenti», lo presi in giro, ridendo mentre lui cercava di sciogliere la mia stretta su di lui.
«Che vuoi? Sono i miei migliori amici, ho aiutato a farli mettere insieme, è normale che pianga», sbottò lui, singhiozzando, «E voi non guardatemi come se avessi la peste!».
Lowe e Chase ci raggiunsero, il riccio accolse il moro fra le sue braccia. «Aw, vieni qui», disse, abbracciandolo mentre Alex piangeva più forte.
Guardai Chase, sorridendo a trentadue denti alla sua espressione inebetita. «Visto? Te l'avevamo detto che sarebbe andato tutto per il meglio».
***
Ci trattenemmo a casa di Lowe più del dovuto, i suoi genitori ci avevano invitati tutti a cena. Ebbi, così, l'occasione di conoscere per la prima volta i genitori di Lowe. Sua madre era una donna all'apparenza severa, ma che era il totale opposto caratterialmente; suo padre, invece, era un uomo austero sia d'aspetto che di carattere. Sembrava avere ancora problemi con l'orientamento sessuale del figlio, ma cercava di non darlo a vedere. Dovrebbe impegnarsi di più, se posso essere sincero - oppure accettare che suo figlio sia gay e prossimo al matrimonio con il suo ragazzo da ormai dieci anni, il che non sarebbe proprio male.
Il viaggio di ritorno fu più breve rispetto a quello d'andata, a causa della mancanza di traffico. Thaisse dormiva con la testa sulle gambe di Ashton, anch'egli addormentato; avrei dormito anch'io se non fosse stato per Calum, che ancora doveva dirmi l'idea che aveva avuto per convincere Luke a parlare con me. Forse se n'era dimenticato?
Decisi di chiederglielo. «Calum?».
Il moro si voltò verso di me. «Dimmi».
Mi morsi il labbro inferiore. «Devi ancora dirmi cosa ti è venuto in mente per convincere Luke a parlare con me».
Calum sembrò ricordare. «Giusto. Beh, in realtà è semplice: busserai alla sua porta e lo implorerai di ascoltarti», spiegò, facendo spallucce.
Fissai Calum scettico. «Questo piano fa acqua da tutte le parti. Luke non vuole parlarmi, non aprirà mai alla porta sapendo che sono io, non ti pare?».
Calum rise. «In realtà, quando busserai alla porta, lui penserà che sono io. Perché, beh, Luke potrebbe sapere che sto andando da lui per portarlo in un locale», disse tronfio, passandomi il suo cellulare. Aveva davvero convinto Luke ad uscire con lui.
Alzai lo sguardo dal cellulare, sorridendo riconoscente a Calum. «Calum Hood, tu sei un genio».
Calum fece spallucce. «Non ho preso 110 e lode perché mi grattavo la pancia, del resto», disse facendo spallucce, fermando improvvisamente l'auto.
Guardandomi intorno scoprii che eravamo davanti al condominio di Luke e una fitta mi colpì allo stomaco. Calum riprese il suo cellulare, scrivendo un altro messaggio a Luke. Poi si rivolse a me, sorridendomi caloroso.
«Okay, Luke sa che sto salendo sopra perché mi serve il bagno. Quindi, adesso vai lì e non esci finché tu e lui non avrete combinato qualcosa, okay?».
Annuii. «Ai suoi ordini, capitano», ridacchiai, aprendo la portiera. Sarei uscito dall'auto, se non fosse stato per la voce di Calum che mi richiamava.
«Che c'è?», chiesi, voltandomi.
Calum mi diede una pacca sulla spalla. «Buona fortuna».
Deglutii, annuendo e scendendo dall'auto. Entrai nel condominio e con lentezza maniacale salii le scale; avevo ancora paura di ritrovarmi senza fiato. Avrei avuto bisogno di tutto l'ossigeno del mondo per fare questa cosa...
Arrivato all'appartamento 2B, il cuore martellava frenetico nel mio petto, le farfalle nel mio stomaco mi facevano sentire nauseato e la testa mi girava. Avevo la fottuta paura che Luke mi rifiutasse esattamente come aveva fatto otto anni fa, in quel caso avrei dovuto dimenticarlo definitivamente e il solo pensiero mi faceva sentire male. Non volevo passare la mia vita a rimpiangere Luke solo perché lui voleva negarsi la felicità che sapeva io gli avrei dato. Sapevo che avrei continuato a tornare da lui, implorandolo di darmi solo un'ultima possibilità. Perché ormai non potevo stare senza di lui, avevo passato troppi anni sentendo la sua mancanza. Volevo Luke nella mia vita. E avrei fatto di tutto per averlo.
Presi un respiro profondo, prima di bussare. La porta si aprì dopo qualche secondo; non ebbi neanche un secondo per parlare che Luke cercò di richiuderla. Impedii che lo facesse mettendo il piede sulla soglia.
«Vattene», sbottò lui, a denti stretti.
Sospirai. «Luke, ti prego... Voglio solo parlare», implorai, «Io ho bisogno di dirtelo e tu hai bisogno di sentirmelo dire».
Luke sembrò arrendersi, facendomi entrare in casa. «Va bene. Ma solo cinque minuti poi te ne devi andare, sto aspettando Calum».
Quasi scoppiai a ridere. Gliel'avrei dovuto dire che Calum non sarebbe arrivato?
«Perché te ne sei andato da casa mia, l'altro giorno? Stavamo così bene insieme», cominciai, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Luke scosse la testa. «Te l'ho già detto. Non hai bisogno di me nella tua vita».
Strinsi i pugni. «Non sei di certo il tipo di dirmi di chi ho o non ho bisogno nella mia vita. E so per certo di avere bisogno di te», sbottai, avanzando verso Luke e facendolo finire contro il muro, «Lo sapevo otto anni fa e lo so ancora adesso. Sai benissimo che io posso farti stare meglio, lo sappiamo tutti, allora perché non mi vuoi?».
Luke deglutì. «F-forse non voglio stare meglio... forse tutto ciò che ho passato ha uno scopo, non credi?».
Strabuzzai gli occhi, incredulo. «Smettila di dire cazzate! Non ti permetto neanche di pensarci a queste cose, tu meriti di stare meglio e ciò che hai passato non è una stupida macchinazione di qualcosa che non esiste! Se proprio devi inventarti queste cose, perché non mi dici che non mi vuoi direttamente? Così uscirò da quella porta e non ti darò più fastidio. Mi farò la mia vita e tu ti farai la tua - sai cosa devi fare».
«Forse... Forse non voglio che tu non mi dia più fastidio», ammise, abbassando la testa, «Forse non voglio mentirti più, dirti che non ti voglio sarebbe come dire che il sole non esiste».
Sospirai. «Oh, Luke... perché rendi tutto più difficile?».
«L-lo sai che sono fatto così».
Poggiai le dita sul suo mento, alzando la sua testa. «Già. Sei fatto così, e io non potrei amarti di più».
In un gesto improvviso, incollai le mie labbra alle sue. Luke sembrò sciogliersi sotto il mio tocco, le sue mani furono subito sulle mie guance. Feci correre le mie mani sul suo corpo, fermandomi alle sue cosce e afferrandole; Luke sollevò le gambe ancorandole al mio bacino. Sorrisi sulle sue labbra mentre lo portavo in camera sua, scaraventandolo sul letto. Lo seguii, mettendomi di peso su di lui.
«C-calum dovrebbe-».
Lo interruppi baciandolo. «Calum non verrà, l'ha detto solo per farti aprire la porta senza farti sospettare che fossi io», tagliai corto, incollandomi di nuovo alle sue labbra.
Luke mugolò. «Che stronzo».
«È un genio, sì», concordai ridacchiando, passando a sbottonargli la camicia nera. Impaziente e seccato dai bottoni, afferrai le estremità, strappandola.
Luke sussultò. «Era la mia camicia preferita!».
«Non mi interessa».
Non passò molto prima che tutti i nostri vestiti finirono sul pavimento; forse non sarebbe dovuta andare così, ma non me ne lamento. In quel momento, sentivo fosse la cosa giusta da fare. Oppure, non riuscivo a resistere alla pelle color avorio priva di imperfezioni di Luke, quella pelle che implorava di essere toccata; alle sue mani delicate che percorrevano il mio corpo quasi impercettibilmente, al suo corpo che tremava di piacere, alla sua schiena che si inarcava sotto di me quando riuscivo a trovare quel punto che gli faceva perdere la testa.
Era scontato, ovvio e inevitabile, ma non riuscivo a resistere a Luke. Al mio Luke.
***
[A/N] 4027 PAROLE WOHOOOO
Il capitolo più lungo della storia finora, eheh (l'ultimo è di 5000 e passa parole, preparatevi ahahah)
Beh, succedono parecchie cose in questo capitolo, era più che ovvio che fosse così lungo lol. Onestamente, è uno dei miei capitoli preferiti, pieno di fluff *w*
Ora sono a scuola, quindi vi lascio. Prima però volevo ringraziarvi perché questa storia è arrivata a 412 voti e 129 commenti :') sono felice che questa storia vi piaccia, ci ho buttato lacrime (in quantità, eh!), sangue e sudore e mi rende davvero felice sapere che il mio lavoro è apprezzato. ♥
A sabato! ♡
PS: meno dUE PIANGO
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro