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2 - Miserable

Lord forgive me for the things I've done

I was never meant to hurt no one

'nd I saw scars upon her Broken hearted love


Luke's pov


Mi svegliai con il mal di testa; non c'era neanche un filo di luce, l'odore dell'alcool saturava l'ambiente e due braccia mi tenevano per la vita. Niente a cui non sia abituato, dopotutto. Sono anni che la mia vita va così, e non ho neanche più la forza per cercare di contrastarlo. Ho deciso di prenderla così come viene- e non potevo prendere decisione peggiore. Forse posso migliorare, ma non in questo periodo. Non dopo aver saputo chi era in procinto di tornare a Sydney. Sapevo che Michael sarebbe tornato? Ovvio. Me l'ha detto Calum, l'unico amico che mi è rimasto. Ashton non mi parla più da quando è successo tutto quel casino, non mi saluta neanche se mi trova per strada. L'ultima volta che ci siamo visti è stata alla laurea di Calum, l'anno scorso, e lì ha fatto finta che non esistessi, salvo essere costretto a salutarmi quando c'eravamo trovati a mezzo metro di distanza. Anni di amicizia buttati nel cesso... E tutto per colpa mia. È sempre e soltanto colpa mia. Dovrei saperlo, ora come ora.

Sospirai, chiudendo gli occhi e cercando di riaddormentarmi, fallendo nel mio intento a causa della stretta intorno alla mia vita che si fece più forte. Sentivo il corpo del ragazzo di cui non ricordavo il nome - forse non gliel'avevo chiesto neanche - premere forte contro il mio, il suo respiro era sul mio collo e la cosa mi faceva sentire intrappolato, oppresso. Non che mi avesse costretto, ero andato a letto con lui di mia spontanea volontà, ma perché, semplicemente, non c'era amore in quella stretta. Quel respiro non mi dava i brividi e non mi faceva venire voglia di ascoltarlo. Di quella persona non mi importava granché, se non del fatto che fino a qualche ora prima mi aveva dato piacere. Anzi, non mi importava neanche di quello. Ciò che era successo stanotte era stato solo la fiamma di un momento, che ora si era spenta e io non potevo farci niente (non che volessi farci qualcosa, a dire il vero). Esattamente come ogni volta che mi portavo a letto qualcuno: scopavamo ed era tutto finito lì. A volte si rivestivano e andavano via, a volte restavano a dormire. Preferivo quando restavano a dormire, ad ogni modo, nonostante non ci fosse niente di romantico, era solo un estraneo che usufruiva del mio letto per una notte.

Mi faceva sentire meno una puttana.

Ero diventato proprio ciò che altri credevano che fossi, ironico vero? Immagino la faccia di Ashton se lo venisse a sapere. Probabilmente mi riderebbe in faccia e direbbe che spera che becchi la sifilide.

Immagino la sua faccia. La sua espressione di odio, tradimento e disgusto mentre mi guarda. Perché sì, se Michael mi vedesse in questo stato potrebbe soltanto sentirsi disgustato da me, dal ragazzo che aveva giocato con il suo cuore. Suppongo che, vedendomi così miserabile, penserebbe soltanto che me lo merito e che la ruota gira per tutti. E in effetti me lo merito davvero. Mi merito tutta la merda che sto passando.

«Sei sveglio, tesoro?», sentii chiedere dietro di me.

Strizzai gli occhi, quasi sobbalzando. Mi aveva spaventato. «Uhm, sì», risposi, girandomi nella stretta del ragazzo. Un ragazzo davvero niente male: occhi verdi, capelli castano scuro. Michael un anno fa tinse i suoi capelli di questo colore, gli stavano bene...

«Buongiorno», mi salutò il ragazzo, impedendomi di pensare oltre, «Sai che ore sono?».

Alzai gli occhi, controllando l'orologio a parete. «Le otto. Hai lezione oggi?».

Il ragazzo annuì, alzandosi dal letto. Lo guardai mentre si rivestiva, squadrando il suo corpo da capo a piedi.

«È stato bello stanotte», disse, sorridendomi mentre si sedeva sul letto per infilarsi le scarpe, «Dovremmo rifarlo qualche volta».

Feci del mio meglio per non roteare gli occhi. Stanne certo che lo rifaremo. «Assolutamente, sei stato fantastico», mentii, premendo la faccia sul cuscino. Non sarebbe carino se gli dicessi che non ricordo neanche il suo nome, figurarsi le sue prestazioni di stanotte...

«Beh, meglio che vada. Ci vediamo?».

Alzai la testa. «Ci vediamo».

Il ragazzo sorrise, salutandomi con un cenno della mano ed allontanandosi. Quando sentii la porta di ingresso sbattere, affondai di nuovo la faccia nel cuscino, strizzando gli occhi mentre cercavo di non scoppiare a piangere come facevo di solito. Quando mi fui calmato, decisi di fare una doccia per togliermi di dosso l'odore di alcool, sesso e il profumo nauseante che quel ragazzo mi aveva lasciato addosso. Restai sotto l'acqua per una buona mezz'ora, seduto nella doccia a rimuginare, peggiorando il mio umore. Quella era una giornata no. Ma da quando io non passo una giornata no?

Uscito dalla doccia, mi sorpresi di sentire il campanello suonare. Avvolsi un asciugamano in vita, senza curarmi del mio aspetto mentre andavo ad aprire. Non appena aprii la porta, fui sbalzato all'indietro da un corpo che aderiva al mio in un abbraccio stretto, quasi soffocante. Capii subito chi fosse, perché profumava di cocco e aveva delle orrende ciocche bionde ai capelli - e anche perché, da anni, era il mio unico visitatore.

«Cazzo Luke, mi hai fatto preoccupare», mugolò Calum, la sua voce attutita dalla mia pelle, «Pensavo che... che...».

Roteai gli occhi. «Sto bene Cal, stavo facendo la doccia e non ti ho sentito», lo rassicurai, accarezzandogli la schiena, «Credevo avessi le chiavi».

«H-ho pensato di bussare, p-pensavo che mi avresti aperto subito però non hai aperto e all'inizio ho pensato che stavi dormendo ma poi ho passato mezz'ora a bussare e tu non aprivi e-e ho avuto paura, Luke», balbettò, tremulo, ancora nella mia stretta, il suo corpo talmente premuto contro il mio che riuscivo a sentire il suo cuore battere all'impazzata. L'avevo spaventato così tanto?

«Sta tranquillo Cal, sto bene. Stavo solo sotto la doccia e non ti ho sentito. Sto bene. È tutto a posto».

Restammo abbracciati fino a che Calum non si calmò, ogni tanto ripeteva quanto avesse avuto paura e io dovevo rassicurarlo un'altra volta. Un po' esagerato, direte, ma Calum è fatto così. Poi, sapendo ciò che sa lui... Anche io mi preoccuperei così.

«Comunque, a cosa devo questa visita?», chiesi a Calum dopo che si fu calmato.

Il moro mi seguì in camera mia, si appoggiò allo stipite della porta mentre mi vestivo. «È così strano che voglia passare del tempo con il mio migliore amico?», chiese retorico, facendo spallucce, «C'è stato qualcuno qui».

Mi irrigidii. «No».

Calum sbuffò. «Non era una domanda, Luke. C'è un preservativo ai piedi del letto».

Oh, almeno ci siamo protetti. «Oh... Ho incontrato un ragazzo ieri, ad una festa».

Calum mi guardò in disappunto. «Hai ripreso a bere».

Sospirai. «Non ho mai smesso, Cal».

«Prima che ti dicessi che Michael sarebbe tornato non bevevi così tanto, però», replicò, dando un'occhiata all'interno della stanza; bottiglie vuote di alcolici vari giacevano sul pavimento in parquet, «Non avrei dovuto dirtelo. Adesso ci stai male».

«L'avrei scoperto comunque, non credi? E poi, anche se non me l'avessi detto, avrei continuato a bere e scopare con tipi a caso e a mandare a puttane la mia vita».

Calum scosse la testa. Ovviamente, non approvava il mio stile di vita. Aveva cercato di cambiarmi, ma aveva mollato appena si era reso conto che il mio comportamento era dettato solo dalla tristezza che provavo dentro e che niente, neanche lui, sarebbe riuscito a farmi sentire meglio. In verità, c'è qualcosa che potrebbe farmi sentire meglio... Ma non mi è concesso averlo.

«Non è mai troppo tardi per cambiare, lo sai Lukey», disse speranzoso, afferrandomi un braccio.

Ahia. Odio quando mi chiama Lukey. Di solito quando mi chiama Lukey o vuole che gli faccia un favore (in quel caso è accompagnato da un paio di luccicanti occhi da cucciolo e un broncio a cui non posso resistere) o vuole farmi una paternale del genere "non fare questo, non fare quello". Quello di prima era il Lukey della paternale, ovviamente.

«Invece lo è, Cal. È troppo tardi. Avrei dovuto cambiare otto anni fa, quando ho detto quelle cose orribili al mio migliore amico dopo avergli confessato i miei sentimenti per lui. È solo che ero - sono - un coglione egoista che mette sempre se stesso al centro dell'universo e a cui non è mai importato dei sentimenti degli altri», gemetti frustrato, sedendomi sul letto disfatto e mettendomi le mani in faccia.

Il letto scricchiolò sotto il peso di Calum quando si sedette accanto a me; il moro circondò le mie spalle con il suo braccio. «Tu non sei un coglione egoista. Almeno, non lo sei più. E poi ci hai parlato con Michael, dopo, la verità gliel'hai detta, è colpa sua se non ti ha creduto», cercò di rassicurarmi.

«No, è colpa mia. Lui non si fidava più di me. Aveva paura. Paura di... Me. Michael aveva paura di me, io sapevo che aveva problemi a fidarsi delle persone e che era profondamente insicuro ed ho contribuito a mortificarlo di più. A-ashton mi ha d-detto che voleva riprendere a tagliarsi, Cal. L'ho ferito così tanto che voleva riprendere a tagliarsi... E tutto questo perché non volevo avere una relazione, volevo continuare ad essere la puttana che sono sempre stato. S-sono orribile», le mie parole diventarono sempre più incomprensibili mentre le lacrime sgorgavano dai miei occhi.

Piansi con la faccia premuta nel petto di Calum, il moro cercava di rassicurarmi inutilmente mentre io non volevo ascoltare neanche una parola di ciò che diceva. Non volevo essere compatito, non volevo neanche che cercasse di consolarmi con false parole perché io la sapevo la verità. Sono un piccolo coglione egoista che mette sempre se stesso al centro dell'universo, a cui non importa dei sentimenti altrui. E a cui, da qualche tempo, non importava neanche più dei propri, di sentimenti. Avevo lasciato che la tristezza e il senso di colpa prendessero il sopravvento, facendomi diventare ciò che gli altri pensavano di me, facendolo diventare ciò che io pensavo di me stesso.

Non mi sorpresi quando Calum mi baciò, l'ha sempre fatto quando mi vedeva piangere o star male. I baci di Calum non avevano nessun secondo fine, erano soltanto il suo modo per farmi capire che lui c'era e sarebbe rimasto. Ad ogni modo, io non riuscirei a vederli come qualcosa di sessuale. Erano un gesto d'amicizia, per così dire- e la nostra amicizia è strana. Lo è sempre stata.

«Non sei orribile, Luke», sussurrò Calum nel mio orecchio, «Sei solo una persona. E le persone sbagliano, lo sai no? Non dovresti darti addosso così per degli errori che hai commesso nel tuo passato, quando eri ancora adolescente per giunta. Sono sicuro che Michael l'abbia superato, per quanto tu gli abbia fatto male... Perché, in fondo, fa parte di un tempo in cui entrambi eravate giovani e incoscienti».

Alzai lo sguardo. «Non usare questi paroloni con me», lo avvertii, facendolo ridere, «E sai che non ti credo». 

Calum scosse la testa. «Farai meglio a credermi, idiota. Ti ricordo che quello laureato con 110 e lode sono io».


***


[A/N] ho sempre il brutto vizio di postare di mattina, quando non vado a scuola. Ma hey, che volete farci? Non ho niente da fare ahah

Ecco a voi, come promesso, il secondo capitolo. Dal punto di vista di Luke. Ispirato a Bloodstream di Ed Sheeran. Depresso fino all'ultimo punto. E Calum ha le ciocche bionde. Già, direi che le ciocche bionde sono la cosa peggiore ahaha

Mi sento in dovere di spiegare il bacio cake. Per come la vedo io, Luke e Calum hanno un tipo di amicizia che li consente di fare una cosa del genere senza secondi fini o imbarazzo, essendo diventati amici dopo aver fatto sesso. Quel bacio era solo il modo di Calum di dimostrare a Luke che di lui può fidarsi, che ci sarà sempre. Quindi non preoccupatevi, perché tra i cake non c'è niente. Lol

Ho amato scrivere dal punto di vista di Luke. Ho sempre trovato il suo personaggio un po' sottostimato - per ciò che ha fatto - quindi mi è piaciuto un sacco descrivere le sue sensazioni, i suoi pensieri e tutto ciò che prova riguardo a Michael. Forse è perché sono una Luke girl, quindi mi sento in dovere di difendere il mio baby pinguino (???).

Spero che questo capitolo vi piaccia.

A sabato prossimo :) ♥

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