Epilogo
Camila spostò il peso del corpo da una parte all'altra, curandosi di non inciampare nei vicini che le sostavano ad ogni lato. Allungò il collo oltre il vetro, si sporse per raggiungere tutte le etichette ed ispezionare le opzioni che la mensa offriva quel giorno.
Constatò che il pollo era una scelta valida, ma solo se accompagnato dalle patatine fritte e dato che era finite, optò per un hamburger vegetariano che, in fin dei conti, la mise a posto con la coscienza per tutti i giorni antecedenti in cui si era sostentata solo con schifezze e cibi poco sani.
La fila scorse lentamente, il brusio di spezzoni di conversazioni arrivava indistinto alle sue orecchie e la disturbava, come sempre. Erano già tre anni che sentiva quel fastidioso ronzio, ma ancora oggi non si era assuefatta alla diversità delle voci che si accavallavano, irritandole i timpani.
Finalmente arrivò il suo turno, che aveva pazientemente atteso. Afferrò il piatto con il burger di verdure e lo trascinò sul suo vassoio, accompagnandolo ad acqua e frutta. Stava quasi per uscire dalla fila e andare a prendere posto, quando vide l'ultima fetta di torta predisposta sullo scaffale in alto.
Camila, di questo passo tu e il diabete diventerete migliori amici. La rimproverò il suo subconscio, ma lei gli diede un calcio ben assestato e lo zittì immediatamente.
Sicuramente si sarebbe pentita di aver ceduto ad un'altra tentazione e avrebbe attribuito la colpa allo studio, che la stressava a tal punto da riversare la frustrazione sul cibo. Poi si sarebbe ripromessa di imprendere un'attività sportiva, ma avrebbe rinunciato a tali propositi solamente constatando la fatica che le occorreva per allacciarsi le stringhe.
Comunque non desistette dai suoi buoni propositi, nonostante sapesse bene che sarebbero presto dissipati.
Tese la mano verso il piatto, si dovette alzare sulla punta di piedi per arrivare ad afferrare il piatto che, però, le venne sottratto da sotto il naso prima che potesse compensare il divario, fra lei e la torta che la svantaggiava.
«Mi dispiace, Cabello.» Una risatina sarcastica accompagnata da quel sorrisetto sardonico che, purtroppo, doveva sopportare ogni giorno «La prossima volta impara ad essere più veloce.»
«Normani, quella è la mia torta.» Ostentò tranquillità, mentre dentro sentiva una pungente rivalità arroventarla.
«E chi lo dice? Hai preso il piatto? C'è per caso scritto il tuo nome sopra questa cioccolata buonissima? A me non pare e, oh, guarda! La torta si trova sul mio vassoio, perciò è di mia proprietà.» La canzonò, uscendo lentamente dalla fila, facendo attenzione a non inciampare sui suoi stessi passi e rovesciare tutto a terra... Proprio come l'ultima volta, dalla quale aveva imparato a porre più attenzione ai movimenti che compiva, invece che al di dietro dei giocatori in calzamaglia che incrociava casualmente il suo sguardo.
«Ascoltami, Kordei, sono stanca di questi dispetti.» Ringhiò a denti stretti Camila, al limite dell'esasperazione, seguendola attraverso al ressa di persone che le attorniavano.
«A te nemmeno piace questa torta!» Dichiarò Camila irritata, lanciando più di un'occhiata fugace al pezzo di cioccolata che avrebbe tanto voluto addentare.
«Chi lo dice?» Ribatté Normani, alzando un sopracciglio, confusa.
«Come... Come chi lo dice!!? Non l'hai mai presa, ergo non ti piace. Ammettilo, stai cercando di farmi innervosire. Beh, ci sei riuscita!» Terminò stizzita Camila, cercando di arrogarsi la torta con una mossa furtiva che, però, non sfuggì allo sguardo vigile di Normani che stava fissando il vassoio certa che prima o poi la cubana avrebbe miseramente tentato di riprendersi ciò che reputava suo.
«Eh, suvvia, calmati! È solo un pezzo di torta.» Le fece notare con accentuata maturità Normani, dimenticando di quando non si erano parlate per tre giorni solo perché Camila le aveva preso in prestito l'appunta-lapis e per sbaglio l'aveva perduto.
«Il mio pezzo di torta.» Rettificò la corvina, ottenendo una scrollata di spalle da parte di Normani che liquidò l'argomento con noncuranza.
Era arrivata per prima sul piatto, quindi apparteneva a lei! E non era un dispetto nei confronti di Camila, era solo... Sì, in effetti voleva soltanto sollazzarsi dileggiando un po' la cubana. Le sue giornate sarebbero state fin troppo noiose senza le frecciatine che serbava quotidianamente alla corvina.
«Sei una...» Azzardò Camila, ma venne prontamente interrotta dalle labbra di Lauren che si poggiarono rapidamente sulle sue, interferendo con gli improperi che stavano per abbattersi su Normani.
La cubana sorrise mentre la corvina stringeva le mani sulle sue guance, spingendo sempre con più audacia le labbra contro le sue. Normani alzò gli occhi al cielo. Ormai era abituata a quelle scene, ma non le passava mai la voglia di sottolineare quanto si sentisse nauseata in loro presenza.
«Ciao.» Mormorò Lauren, facendo scivolare le dita lungo i lineamenti di Camila.
«Ciao.» Camila aveva ancora un'incurvatura naturale che si protendeva sulla sua bocca, irradiandole il viso, facendole rifulgere gli occhi.
Per Lauren, lo sguardo della cubana quando la rimirava, era ancora la cosa più ammaliante che potesse desiderare di avere su di se.
«Sì, sì, ciao a tutti.» Cantilenò Normani, irrompendo nel momento createsi fra le due.
Lauren sospirò annoiata, senza farsi vedere, se non dallo sguardo attento di Camila; poi fece penzolare la testa in maniera abbattuta e, infine, si voltò verso Normani abbozzando un sorriso cordiale talmente falsato che fece sogghignare Camila sotto i baffi.
Lauren prese posto accanto all'amica. La fila ormai era troppo lunga e se avesse voluto mangiare qualcosa quel giorno avrebbe dovuto affidarsi alla generosità delle due. Camila condivise con la sua ragazza il burger e le diede metà della sua mela.
«Tieni. Puoi prendere il mio pezzo di torta, tanto a me non va.» Sollevò le spalle Normani, trasportando il piatto dal suo vassoio davanti a Lauren.
«Ti odio, Normani.» Disse Camila risentita, portando le braccia conserte come una bambina corrucciata dopo essere stata beffata dalla sorella maggiore.
Normani scoppiò a ridere, suscitando l'interesse di Lauren che si era persa il dipanarsi della vicenda, ma non aveva alcuna necessità di essere ragguagliata sulle "vessazioni" che Normani infliggeva abitudinariamente alla sua ragazza. Inizialmente aveva pensato di compromettere i tentativi dell'amica di schernire Camila, ma quando si era resa conto che era semplicemente un gioco che non nuoceva in alcun modo né l'una né l'altra, si era avveduta di restarne fuori. In fin dei conti, il suo intervento avrebbe soltanto aggravato la situazione.
«Possiamo dividerla.» Propose Lauren, usufruendo del coltello di Normani per tagliare la torta in due parti uguali.
«Così non vale!» Obiettò la ragazza, seriamente contrariata.
«Eddai, Mani. Lo scherzo è bello quando dura poco.» Le rammentò Lauren, tagliando una fetta anche per lei e servendogliela sul piatto. Alla fine, la parte più esigua era rimasta alla corvina.
«Ma ti ho detto che non mi va!» Protestò vivacemente Normani. Ri-spinse il piatto verso Lauren, la quale, però, fece resistenza sul bordo poggiandovi il dito.
«È la torta della pace. Mangiala.» Ingiunse imperiosa, lanciandole uno sguardo turpe mentre sbriciolava un pezzo di dolce nella bocca.
Normani recriminò senza sosta, ma infine si arrese e mangiò il suo pezzo, ripromettendosi di non sgraffignare più il cibo a Camila... Poteva torturarla in altri modi.
Terminarono di pranzare stornando fra un argomento e l'altro, poi Normani le lasciò da sole, visto che la sua presenza era richiesta in teatro. Sì, si era dedicata alla recitazione e presto avrebbe avuto il saggio finale quindi ultimamente trascorreva molto tempo in auditorium, fortunatamente per Camila.
Lauren, appena l'amica lasciò la mensa, si spostò dall'altra parte del tavolo, accanto alla sua ragazza. Restò voltata verso di lei, con le gambe che penzolavano ai i lati opposti della panchina. Camila assunse la sua stessa posizione, ritrovandosi faccia a faccia.
«Dammi un altro bacio.» Cedette ben presto Lauren, abbagliata dalla visione che la cubana offriva.
Non resisteva a lungo così vicina a lei, sapendola sua. Adesso poteva baciarla, accarezzarla, stringerla perché Camila non era più soltanto la sua migliore amica, la parte complementare di lei. Adesso era anche la sua fidanzata, lo era da tre anni, e averla davanti sapendo di poterla baciare ma non farlo, era uno spreco che non si sarebbe mai concessa.
Camila le lasciò un bacio fugace sulle labbra, talmente effimero da lasciarle solo la sensazione di aver avvertito il suo respiro e nient'altro. Voleva di più. Lauren le afferrò la nuca, trattandola a se e mosse le labbra contro le sue, delicatamente, ma senza mancar di audacia. Passò la punta della lingua appena all'interno della bocca della ragazza, poi le succhiò le labbra e solo infine, certa di aver scaturito l'effetto desiderato, fece scivolare la lingua più in profondità, approfondendo il bacio. Camila non aspettava altro: che la corvina si prendesse la libertà di intensificare la loro unione.
«Non cambia mai niente.» Proruppe Lauren infine, quando si distaccò solo per riprendere aria; appoggiò la fronte contro quella della cubana.
Camila annuì flebilmente, ad occhi chiusi, come per godersi la sensazione che Lauren le aveva smosso dentro e anche ora, che non la stava baciando, ma le era solo appresso, percepiva quell'emozione ingigantirsi dentro di lei e colmarla. Non era un sentimento che toccava solo il cuore, lei si sentiva lambire ogni organo, riempire interamente, quasi scoppiare di quell'amabile letizia che le labbra della corvina le sedimentavano dentro.
«Ti ricordi che giorno è oggi?» Domandò la cubana, attendendo una risposta affermativa dalla corvina.
Lauren mugolò, emettendo suoni monocorde che lasciarono intendere la confusione concernente tale quesito. Camila la colpì sul braccio, debolmente, e subito l'altra ridacchiò. A quanto pare Normani non era l'unica a divertirsi con lei.
«Scema. Certo che ricordo.» Assentì la corvina, lasciando aleggiare la frase per qualche secondo per creare una certa suspence che spezzò ironicamente «È venerdì. Il giorno del pollo.»
Un altro colpo sul braccio, stavolta assestato con più forza. Lauren si massaggiò il punto leso, poi tornò a sorridere e scacciò via l'espressione torva di Camila lasciandole un bacio all'angolo della bocca.
«Me lo ricordo, me lo ricordo. Sono passati tre anni, ed io con le date faccio schifo, al contrario di te, ma.. Non potrei dimenticare il nostro anniversario.» La rassicurò Lauren, beandosi del sorriso che spuntò sulle labbra rosee di Camila. Le venne voglia di baciarla ancora, ma la cubana aveva già preso la parola, impedendola nella sua volontà.
«Dovremo fare qualcosa, invece che stare in camera a vedere un film e, beh, sai...» Lo sguardo allusivo, susseguito dal gesto esplicativo della mano furono abbastanza per concludere il discorso mancato di verbalizzazione.
«Posso essere d'accordo sul "niente film", ma alla parte dopo non posso rinunciare.» Ammise Lauren, con un sorrisetto ironico che la diceva lunga sulle sue intenzioni.
Immerse la testa nel collo di Camila, solleticandole la pelle caramellata con la punta del naso. La cubana sorrise, inclinò il collo di lato, succube di una deliziosa tortura infertale dalle labbra giulive delle sua fidanzata. Era più uno scherzo che un tentativo reale di approccio, ma certe sensazioni non poteva ignorarle. Nascevano al centro del suo petto, le contorcevano lo stomaco, le aggricciavano la pelle. Era così da sempre, o meglio: da quel giovedì sera avvenuto tre anni prima.
Tre anni in cui erano cresciute, ed, insieme a loro, la relazione era maturata. Adesso Camila non aveva alcun remore a baciare Lauren in pubblico. Dopo un lungo percorso di accettazione, nel quale aveva faticato a lungo per infischiarsi delle occhiate altrui che a volte potevano esserle rivolte con astio e disprezzo o con interesse e voluttà. Non sapeva quale delle due la irritasse maggiormente. Chi ancora oggi era restio a convivere con persone che compivano scelte diverse dalle proprie, o con coloro che accoglievano la situazione solo perché esaltati dalla cupidigia? Non voleva che le persone speculassero sulla loro relazione a scopo personale, ma non desiderava neanche essere vituperata da lingue biforcute. Insomma, alla fine, aveva compreso che non doveva focalizzarsi sugli altri, ma bensì su se stessa. Aveva capito che, purtroppo, non poteva fare niente per alterare le idee altrui, ma il progresso era un cambiamento che doveva effettuare su se stessa.
«Olay, okay.» Si arrese Camila, ridacchiando. I brividi sembravano un ornamento della sua pelle oramai. Era perennemente aggricciata, da quando Lauren aveva preso a baciarla sul suo punto debole. «Possiamo uscire e poi... tornare in stanza.» Convenne Camila, sorridendo.
Lauren sorrise maliziosa.
*****
A Camila sembrava di essere tornata indietro nel tempo. Quella sera, per il loro anniversario, Lauren aveva progettato un'uscita semplice: cinema e pizza. Le suonava familiare...
La loro prima uscita, quella che era decisamente andata in rottura di collisione, si era svolta in egual modo. Camila ricordava bene quell'appuntamento. Era avvenuto in un momento del suo percorso in cui non aveva ancora accettato la situazione e, di conseguenza, non aveva neanche identificato i sentimenti che provava nei confronti di Lauren. Adesso le cose erano diverse e, forse, la corvina aveva voluto ricreare quell'uscita proprio per attribuirle un ricordo diverso da quello spiacevole che preservava.
«Lau, stiamo rifacendo le esatte attività della nostra prima uscita.» Le fece notare Camila, mentre camminavano mano nella mano verso la macchina.
«Lo so.» Ammise senza peli sulla lingua la corvina, lanciando un'occhiata fugace alla cubana «Lo so.»
Camila avrebbe voluto domandarne il perché, ma Lauren la precedette «È cambiato davvero tanto, in questi tre anni. Tu sei cambiata, io sono cambiata, noi siamo cambiate. Già, davvero tanto.» Annuì flebilmente, come se stesse rievocando ricordi passati e appurando quanto mutamento fosse intercorso nelle loro decisioni che, giorno dopo giorno, avevano portato una consapevolezza diversa.
«Volevo avere un bel ricordo della nostra prima uscita. Adesso ce l'ho.» Estrasse le chiavi della tasca dei jeans, fece scattare le portiere dell'auto e lasciò cadere lì il discorso.
Camila non insisté; sapeva quando Lauren non era propensa a discutere di argomenti specifici e lo rispettava. Certo, anche la corvina era progredita molto in quell'ambito! Adesso non celava più i suoi sentimenti, non si imbarazzava a parlarne, non fuggiva da essi come se fossero un pericolo da evitare... Però, a volte, certe vicissitudini passate continuavano ad essere tabù che preferiva eclissare. Non è facile discorrere di episodi deleteri, pretendendo non abbiano tutt'oggi un impatto sul presente. Lauren, se andava a ritroso, si sentiva ancora ferita dai comportamenti di Camila, ma aveva lasciato tutto alle spalle come se la loro storia fosse iniziata solo nel momento in cui la cubana aveva fatto irruzione nella sua camera. Ed un po' era così.
Lauren innestò la prima e prese a guidare silenziosamente attraverso le strade desolate della notte. Camila, in un muto ma sentito gesto, portò la mano sulla sua gamba e la corvina, prontamente, intrecciò le dita alle sue.
*****
Lauren afferrò la ragazza per le spalle e la sbatté contro la porta della stanza, in mezzo al corridoio. Camila accusò il colpo con un gemito che l'altra, tempestivamente, succhiò dalle sue labbra. La cubana, con movimenti maldestri e scombinati, tastò le tasche della sua ragazza per trovarvi la chiave. Quando qualcosa di spigoloso scivolò sotto i suoi polpastrelli, si affrettò a sfilarle il mazzo dal giubbotto e faticò ad inserire l'oggetto nella toppa, perché Lauren non smetteva di baciarla, con tutto il trasporto e il fervore che i suoi baci denotavano.
«Sbrigati.» La sollecitò la corvina con voce arrochita, respirandole sul collo dove aveva preso a suggere un lembo di pelle.
«Eh.. Fosse facile!» Protestò Camila, scuotendo le spalle per scrollarsi di dosso i brividi che investivano il suo corpo.
Lauren sorrise maliziosa, compiaciuta di provocare sempre la medesima reazione nella cubana. Le sue mani erano ancora le uniche capaci di farle perdere il controllo, i suoi baci gli unici che le togliessero il respiro.
Finalmente Camila riuscì a girare la chiave nella serratura e fece scattare rapidamente la maniglia verso il basso, arretrando con Lauren avvinghiata a lei. Con passo celere indietreggiarono verso il centro della stanza, le chiavi erano cadute sul pavimento assieme alle magliette di entrambe; adesso Camila si apprestava a togliersi i pantaloni, ma prima che potesse sbarazzarsene Lauren l'aveva già spinta sul letto e si era messa cavalcioni su di lei.
Camila portò le mani sui fianchi della ragazza, fece pressione sul suo bacino, sobillandola a muoversi contro di lei. Lauren, nonostante il desiderio che si ramificava in lei propagandosi nel suo sguardo come un barbaglio, desisté dall'accontentare Camila. Afferrò i suoi polsi fra le mani e li portò sopra le loro teste, affondandoli dentro al cuscino. Si accasciò sul torace della corvina, baciandole il collo con fervore. Camila si contorceva e ansimava incontrollabile sotto il predominio della ragazza. Della sua ragazza.
Ricordava ancora quando Lauren le aveva sussurrato "Mia" all'orecchio e, in quel momento, non comprese appieno tali parole, ma adesso le sentiva rimbombare ogni volta che Lauren la schiacciava sul materasso o comperava due caffè alla mattina. Si sentiva sua non solo durante il sesso, ma anche durante istanti quotidiani. Si sentiva sua perché Lauren la colmava, la riempiva, la completava.
Camila tentò di fare forza con le braccia, volendo avviluppare le mani attorno al collo di Lauren per baciarla, ma questa glielo impedì, tenendo saldamente i polsi nella sua morsa.
«Non impari mai.» Sibilò con un sorriso vicino al suo orecchio.
Il respiro di Camila si spezzò, il suo bacino si inarcò alla ricerca disperata di un contatto più deciso, mentre Lauren le dedicava solo tocchi effimeri che aumentavano la sua brama e ingigantivano la sua agonia.
«Laur, smetti di giocare.» La redarguì Camila, guardandola dritta negli occhi mentre l'altra le concedeva una, e solo una, spinta ben assestata.
«Mal... Maledizione, Lauren.» Respirò faticosamente Camila, in affanno.
Ecco che la corvina le divaricava le gambe e si immetteva nello spazio createsi, spingendosi al centro della sua intimità. Camila lanciò la testa all'indietro, boccheggiando. Sentì il peso del corpo della corvina sopra al suo, ma quello schiacciamento non era affatto una sensazione spiacevole, anzi; cinse la spalla di Lauren con la mano, trattenendola a se.
«Non abbiamo tanto tempo.» Le ricordò Camila, lanciando una fugace occhiata all'orologio appeso alla parete «Normani torna presto.»
«Cosa?! Davvero?» Chiede sbalordita Lauren, sospirando quando ottenne un cenno d'assenso da parte di Camila.
Prendere la stanza a tre adesso non sembra più una buona idea, eh. Meditò la cubana, ancora risentita per aver dovuto accondiscendere a condividere i loro spazi con Normani.
«Non farlo.» L'anticipò Lauren, infiltrandosi nei suoi pensieri.
Ormai conosceva bene le abitudinarie frecciatine che Camila scoccava nei momenti più propensi. Sapeva che non era mai stata concorde a convivere con Normani, ma quando in segreteria le avevano offerto l'occasione di coabitare con entrambe, non se l'era sentita di lasciare l'amica da sola.
Camila tacque e, con uno slancio, catturò le labbra di Lauren nelle sue, istigandola a darsi una mossa. La corvina liberò i polsi dell'altra, permettendole di carezzarle la schiena nuda, fino a risalire verso le spalle, rasentare la nuca e ripercorrere il tragitto all'indietro, graffiandola però.
Lauren emise un gemito mozzato, quando le unghie di Camila marcarono la sua pelle nivea di rosso, lasciando segni -quasi- indelebili.
La cubana si morse il labbro inferiore con forza, estasiata dalla visione di Lauren, sudata ed eccitata.
Le terminazioni nervose della corvina sembravano pervaderla di scariche incontenibili, al che non resistette più.
Ridiscese il corpo della sua ragazza, si inginocchiò davanti ai suoi piedi e con uno strappo netto fece scivolare i pantaloni lungo le sue cosce. Camila mosse disordinatamente le gambe, aiutando Lauren nel suo intento. Quando i jeans caddero sul pavimento, assieme alle altre cose, fu il turno dell'altra di spogliarsi.
Sgomberatesi delle futilità, Lauren tornò ad adagiarsi sul petto dell'altra. Prese a strusciare i fianchi contro i suoi, lentamente, per avallare il desiderio intriso nei gemiti dell'altra. Le piaceva sentire il respiro di Camila spezzarsi, le sue mani aggrapparsi al suo bacino o alle sue spalle, vedere come il petto prendeva ad alzarsi irregolarmente e il corpo di Camila diveniva malleabile fra le sue dita.
«Ho voglia di assaggiarti.» Mormorò Lauren al suo orecchio, mentre con la mano giocava con l'elastico delle mutandine e lambiva solo sporadicamente la sua intimità, per constatare quanto fosse bagnata... Per lei.
Camila la rimirò negli occhi e si limitò ad annuire, impossibilitata a parlare. Aveva bisogno di conservare tutto l'ossigeno, perché già sentiva il fiato venirle meno e ancora Lauren non aveva fatto niente.
La corvina le baciò dapprima il collo, poi le clavicole e distribuì eguali attenzioni sul torace di Camila, in mezzo ai suoi seni. Più si spostava verso il basso, più i fianchi della cubana si inarcavano, andando incontro alle sue labbra. Lauren le lasciò altri due baci vicino al punto vita, poi uno sul monte di Venere, da sopra le mutandine, e finalmente si decise a sfilare anche quell'indumento.
«Camz, sei tutta...» Iniziò con voce roca, penetrando l'udito della cubana con il suo timbro seducente.
«Sta' zitta.» Rispose risoluta Camila, conficcando le mani nei suoi capelli e spingendola verso il suo centro; lì dove le pulsazioni tormentavano il suo fascio di nervi.
Lauren non parlò più. Poggiò le mani sull'interno coscia della cubana e le divaricò le gambe; poi succhiò il suo clitoride. Camila arricciò le ciocche corvine fra le sue dita, inanellando i capelli dell'altra più della loro piega naturale. Lasciò cadere la testa all'indietro, mentre la lingua di Lauren disegnava dei cerchi su di lei, beandola con il suo tocco reciso.
Lauren percosse interamente la sua intimità, leccando i suoi umori, fino all'entrata. Fece scivolare la punta all'interno della ragazza e si compiacque quando avvertì le dita di Camila incunearsi più a fondo nel cuoio capelluto, il suo bacino incurvarsi verso di lei e i suoi respiri farsi più rapidi e pesanti. Istintivamente puntellò le dita nella carne dell'altra e fece vorticare la lingua con più ardore, sapendo quanto Camila fosse vicina.
Infatti bastarono pochi secondi, prima che l'orgasmo percuotesse la ragazza. Il suo corpo si irrigidì, i fianchi restarono in aria per qualche attimo poi ricaddero sul materasso e i muscoli di Camila si rilassarono, acquietando anche il suo respiro.
Lauren si leccò le labbra, un accenno di un sorriso spuntò sul suo volto. Veder venire Camila era pur sempre il suo spettacolo preferito. A distanza di anni, l'effetto che l'una aveva sull'altra non era cambiato minimamente, anzi: si era amplificato.
Lauren poggiò la testa sulla spalla di Camila, le lasciò un bacio all'attaccatura del collo e poi prese a dipingere dei disegni astratti sul ventre della cubana.
«Stavo pensando di tornare a casa, quest'estate, e raccontare tutta la verità a mia madre.» Esordì Camila, spiazzando completamente Lauren.
Sinu, Sofi e Alejandro, la famiglia della cubana, non erano a conoscenza della relazione fra le due. Camila non aveva mai trovato il coraggio di svelare quel segreto ai suoi familiari. A distanza di tre anni, la corvina, non aveva mai sofferto per questa sua scelta, anche se non era contenta di doversi nascondere agli occhi della sua di famiglia -perché così pattuito da entrambe-, ma comprendeva la decisione della sua ragazza. Adesso non capiva perché Camila avesse cambiato idea. Da dove proveniva quell'indole stoica?
«Camz, sai che non c'è fretta. Lo faremo quando sarai pronta.» La rasserenò, sentendosi quasi in dovere di asserire quella rassicurazione.
Forse Camila credeva che Lauren soffrisse in mezzo a quella marea di bugie che ogni anno propinavano alle rispettive famiglie, ma non era così. La corvina voleva solo agiare la sua ragazza, non sentiva la necessità di mettere al corrente la propria famiglia e l'avrebbe fatto solo quando Camila sarebbe stata certa di poterne discutere con i suoi parenti.
«Lern, sono passati tre anni. So che tu non senti il bisogno di dirlo alla tua famiglia, ma perché i tuoi conoscano ed accettano il tuo orientamento sessuale, mentre i miei non sanno neanche quello. Mi sembra quasi che a nasconderlo mi vergogni di ciò che sono e non è così!» Sospirò, volgendo lo sguardo, che fino ad allora era rimasto immoto su Lauren, al soffitto.
«Non voglio più nascondermi. Sono intimorita dalla loro reazione, ma non posso continuare a vivere nella menzogna.» Annuì flebilmente, attese qualche secondo prima di spirare e declamare «Quest'estate li diremo la verità.»
Lauren non fu sicura di dover assecondare quella sua scelta, tanto era il suo istinto di protezione nei confronti di Camila, ma capì che in quel momento la sua ragazza aveva bisogno di appoggio e solo quello.
«Lo faremo assieme.» Acconsentì, portando due dita sul mento di Camila per far incontrare i loro sguardi.
Camila si inabissò nei suoi smeraldi, poté sentire il calore che questi emanavano, quasi più ardente di qualsiasi tocco Lauren potesse profendere. La baciò castamente e con un lieve suono labiale la ringraziò.
«Ora, forse, dovremo vestirci... Sta per tornare Normani.» Suggerì Lauren, dando una scorsa alle lancette dell'orologio che segnavano le undici in punto.
«Mh..» Mugugnò in dissenso Camila.
Con una rapida mossa cinse Lauren e l'attirò a se, mentre con l'altro braccio sollevava il bordo delle lenzuola per entrarvici sotto e coprire entrambe.
«Così non potrà vederci.» Disse fra una risata e l'altra, usando quel tono infantile e scherzoso che faceva sempre sganasciare Lauren dal ridere.
Poi la porta si aprì e le risate cessarono, solo le invettive di Normani, seguite da preghiere invocate nel nome di Ally, furono udibili.
*****
Dinah si diresse verso l'aeroporto. Il suo anno sabbatico era finito da tempo e ora i suoi studi procedevano in Francia. Si era stabilita lì, conviveva assieme ad un'amica conosciuta una sera in giro per Boulevard Haussmann. La sua nuova vita le piaceva: la mattina era una rispettabile e diplomatica studentessa, mentre la notte si trasformava in una predatrice di alta classe che sfoggiava il suo fascino in quanti più locali possibile.
Sentiva la giovinezza scorrerle fra le dita. Il tempo in cui era stata con Siope aveva impiegato tutte le forze a cercare di rieducare il ragazzo, svolgendo un compito assiduo di madre che non le apparteneva. Adesso era padrona dei suoi giorni, non doveva pensare a responsabilità altrui e viveva la sua vita con una leggera spensieratezza che non aveva conosciuto prima.
Stava tornando a casa per passare del tempo con la sua famiglia. Dedicava sempre i mesi estivi al nucleo familiare e, in quel contesto, usciva solo la parte da diligente studentessa quale effettivamente era.
La sua rinnovata audacia non le aveva tolto la voglia di studiare e non mancavano certamente i giorni che trascorreva interamente sui libri.
Al momento scindeva la sua vita in due e, per ora, riusciva a gestirla adeguatamente.
Ally, invece, progettava il matrimonio con Troy. Lui si era proposto e lei, nonostante non avesse accettato subito, alla fine aveva detto sì.
Inizialmente era stato deciso di attendere il termine degli studi per fissare una data, ma poi si erano chiesti perché aspettare tanto quando erano certi di non volere altro.
Si sarebbero sposati in chiesa, così come la famiglia di Ally aveva imposto. Mancavano ancora cinque mesi alle nozze, ma questo non dimezzava l'ansia della ragazza che non faceva altro che pensare ai molteplici dettagli, dedicandosi con zelo anche ai particolari più superflui.
Anche Ally e Troy sarebbero tornati a casa per l'estate, dopo una chiamata intercorsa fra la ragazza e Normani che aveva riferito l'imminente partenza di tutte le altre verso Miami.
Era un modo per ricongiungersi. Certo, non mancavano i contatti, che le avevano sempre tenute aggiornate anche se lontane miglia e miglia le une dalle altre, ma rivedersi era tutt'altra storia.
Erano trepidanti per quel consorzio che si sarebbe svolto di lì a poco, ma quelle più frementi erano sicuramente Camila e Lauren che avevano passato l'intero mese ad edificare il discorso per le loro famiglie.
Avevano deciso che avrebbero riunito tutti i parenti, sperando che questo bastasse a stemperare gli animi e rendere le reazioni più indulgenti, specialmente da parte di Sinu, una donna estremamente religiosa.
Tutte erano sistemate sui loro rispettivi voli, pronte a tornare a casa.
«Ehi, andrà tutto bene.» Disse Lauren, notando la preoccupazione dilagare sul volto corrucciato di Camila.
La cubana annuì e prese un respiro profondo, intrecciando le dita a quelle di Lauren e stringendo la sua mano in una presa ferrea. La corvina sorrise e le accarezzò il dorso con il pollice.
Un'hostess si accertò che tutte le misure di sicurezza fossero a norma, mentre altre due passarono per le file di poltrone chiedendo agli astanti se volessero qualcosa da consumare.
«Avete un po' di torta al cioccolato?» Domandò Camila, quando venne il suo turno.
«Dovremo avere l'ultima fetta. La torta al cioccolato è quella che va per la maggiore.» Rispose sorridente l'hostess.
«Anche io la voglio.» Asserì Normani, lanciando un'occhiata di sfida a Camila che venne subito investita da una vampata di calore riconducibile a irritazione.
«Ah no, eh! Stavolta no!» Rimbeccò la cubana, suscitando la confusione da parte dell'hostess che, prudentemente, fece un passo indietro.
«Senti, non c'è il tuo nome sopra. La torta la voglio io, non si discute.» Replicò Normani, facendo segno all'hostess di seguire le sue direttive.
Questa rimase interdetta e rivolse lo sguardo a Lauren, la quale scosse la testa rassegnata e la rassicurò di potersi dedicare ad altri passeggeri perché tanto la cosa non si sarebbe risolta tanto presto...
«Tu vuoi quella torta solo perché la voglio io.» Sbuffò Camila, stritolando la mano di Lauren nella sua.
«Ma non è vero! Ho fame, voglio la torta.»
«Ah, no senti.. Tu fai sempre così..»
«Bla, bla.. Parla con questo.» Disse Normani mostrandole le mano e voltandosi dall'altra parte.
Lauren sospirò esasperata e lasciò cadere la testa sullo schienale. Sarebbe stato un lungo volo.
-Spazio autrice-
Ciao a tutti!
Sono contenta di essere tornata con questo epilogo, perché questa storia mi piace moltissimo. Credo non ci sia niente da spiegare, in fondo è chiaro che Camila e Lauren sono rimaste assieme e adesso che sono più mature e certe della loro relazione torneranno a Miami per dire finalmente la verità ai loro genitori.
Onestamente non so se scriverò qualche altro capitolo in più per descrivere la situazione che verrà a crearsi una volta detta la verità, ma devo ancora pensarci.
Intanto voglio dirvi che l'altra storia che sto scrivendo si sta evolvendo piano piano e ho bisogno anche di qualche giorno prima di pubblicarla.
Comunque io vi aspetto, come sempre.
A presto.
Sara.
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