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Capitolo trentasette



Non ricordava bene ciò che accadde dopo, rammentava soltanto i passi risuonare nel corridoio, veloci e decisi come i battiti del suo cuore.

In un primo momento vide entrare soltanto Dinah ed Ally. Lo sguardo che le lanciò la polinesiana fu abbastanza algido da trafiggerla di tutta la rimostranza che aveva nei suoi confronti; ma furono gli occhi marroni, colmi di rabbia e angoscia impressa sulle sottili  sopracciglia, a toglierle il respiro.

Camila le sostava davanti, con le mani sui fianchi, la canotta sgualcita, i capelli arruffati e... le infradito?

Non la vedeva da cinque giorni e per loro era un record. Loro che fin da bambine non si erano separate nemmeno un giorno: né per le vacanze estive, né per quelle natalizie. Tutto l'anno insieme per loro scelta. E stavolta, sempre per loro scelta, avevano deciso di allontanarsi.

Quanto male faceva guardarsi negli occhi, abbagliate da quella consapevolezza.

Nessuno disse niente per un po'. Le ragazze si guardavano fra di loro, lanciando sporadicamente occhiate alle due corvine che si trovavano una di fronte all'altra.

Le labbra di Lauren erano scosse da un leggero tremolio. Non sapeva bene di cosa avesse paura: di affrontare Camila e rischiare di perderla, o di doverle dare spiegazioni sul perché si trovasse a casa di Halsey?

Camila, invece, stringeva i pugni in preda alla collera. Lei stessa aveva istigato Lauren ad andarsene, ma era una di quelle frasi che si dice in un momento di rabbia, ma che non si pensa davvero. E ora il suo orgoglio incombeva su di lei, impedendole di ammettere che non avrebbe mai voluto starle lontana cinque maledetti giorni.

«Che ci fai qui?» Domandò Lauren, deglutendo a fatica.

«Voglio parlarti.» Lo sguardo di Camila vagò nella direzione di Halsey «In privato.» I suoi pugni si strinsero più forte, tanto da farle sentire le unghie nella carne.

Suo padre le aveva sempre detto che in casi difficili poteva serrare le mani ed eludere rabbia e dolere semplicemente conficcandosi gli artigli nella pelle. Non stava funzionando.

Lauren ingoiò a vuoto e annuì.

A quel punto, la schiera delle tre ragazze si diradò. Halsey uscì assieme alle altre due, avviandosi verso la spiaggia e lasciarono Camila e Lauren da sole, a fronteggiare i loro contrastanti sentimenti.

La cubana aveva tante domande per la testa, ma non sapeva quale fosse quella che la opprimeva di più. Quale necessitava maggiormente una risposta? Non poteva scegliere, non sapeva farlo. Lasciò che fosse l'impulsività del momento a pescarne una e vocalizzarla.

«Perché sei venuta qui?» Le chiese, portando le braccia conserte, gli occhi fissi in quelli di Lauren che sembravano così smarriti e attoniti.

«Non lo so.» Scrollò le spalle «Avevo bisogno di allontanarmi.» Rispose onestamente, ostentando un atteggiamento di baldanza che non aveva.

«Perché? Perché proprio qui?!» Domandò Camila, indicando il posto circostante con aria  dispregiativa.

«Perché è stata la prima cosa a venirmi in mente. Non potevo tornare a casa.» Ammise, scrollando la testa.

Lauren non sarebbe mai rincasata dopo che Camila le aveva ordinato di starle lontano, dopo che le aveva urlato di non volerla vedere mai più. Che poi, per quanto fossero arrabbiate, deluse, ferite, entrambe avevano resistito solo cinque giorni prima di tornare a incontrarsi.

Camila era arrabbiata, ma non sapeva se lo fosse più per il fatto che Lauren avesse svelato a tutti il loro segreto o perché era andata a rifugiarsi a casa di Halsey. Non lo sapeva proprio. Si lasciava guidare dai suoi istinti, la ragione taceva e per quanto fosse rischioso lasciarsi andare agli impulsi, a volte era lo sbaglio giusto da commettere.

«Potevi andare da qualsiasi altra parte! Perché proprio qui?» Domandò furiosa, guardandosi attorno come se vedesse tracce di peccato dappertutto.

Non poteva pensare a Lauren nelle mani di qualcun altro. La cosa le dava alla testa, proprio come all'altra corvina.

«Non avevo un altro fottuto posto, okay?!» Inveì a sua volta Lauren, portandosi una mano sulla tempia per stemperare l'acuto mal di testa che l'assillava durante una litigata.

«Volevi venire da lei. Ecco perché.» Camila parlò sottovoce come se pronunciarlo ad un tono basso potesse ferirla di meno.

Abbassò la testa e la scosse, risentita.

«Tu ti aspettavi che io, nonostante mi avessi detto di andarmene, continuassi a cercarti, a insistere. Volevi che ti desiderassi. Io ho solo seguito le tue istruzioni, istruzioni che volevi infrangessi. Non è così?» Domandò Lauren in tono placido, riducendo gli occhi in due fessure per scrutare meglio l'amica.

Camila forse non era più il libro aperto che lei era abituata a vedere, ma questo non significava che Lauren avesse disimparato a leggere.

«No.» Negò subito Camila, ma quando cercò di aprire bocca per sostenere la sua tesi, le parole le si condensarono sulle labbra. Sì, era così.

Camila, in preda alla collera, aveva denigrato Lauren, le aveva imposto una distanza, ma in realtà voleva solo accorciare il divario fra loro, non porre ulteriori metri. Voleva che la corvina la cercasse nonostante le sue furenti parole, voleva che trovasse un modo per farsi perdonare, ma Lauren non era così. Lauren non aveva mai rincorso nessuno, non era edotta su questo genere di situazioni. Camila le aveva detto di andarsene, lei l'aveva fatto.

Restarono in silenzio per qualche minuto. La cubana a meditare su quanto fosse vero di ciò che l'aveva accusata l'altra; Lauren a frugarsi dentro, a cercare un modo per far capire a Camila che aveva fatto solo ciò che riteneva fosse giusto per la sua migliore amica.

Perché in fondo loro erano ancora profondamente legate da un senso d'amicizia indissolubile.

Ed era difficile provare qualcosa per Camila, ma restare fedele alla corvina che aveva conosciuto fin dai primi anni della sua vita. Dannatamente difficile.

«Volevi che ti inseguissi?» Chiese in un filo di voce Lauren, facendo un passo avanti, non senza tremare.

«Forse.» Ammise l'altra in un sospiro.

«Io non sono brava in questo. Lo sai. Volevo solo renderti le cose facili.» Proclamò Lauren con assoluta sincerità.

Per la prima volta stava ascoltando il suo cuore battere per Camila e non per la sua migliore amica. Solo per Camila.

«Lo so. Non avrei dovuto dirti di andartene. Ero talmente arrabbiata.» Ecco di nuovo il suo pugno stringersi, le labbra serrarsi.

Lauren si fermò, non azzardò nessun altro passo. Adesso era infuriata con lei per aver trasgredito la loro regola, o con se stessa per averle ingiunto di sparire? Non lo sapeva, ma se l'avesse guardata negli occhi l'avrebbe capito, solo che Camila teneva la testa bassa e lo sguardo fisso sul pavimento.

«Lo sei ancora?» Chiese Lauren, inclinando leggermente la testa.

«Dovrei, ma lo sono solo perché sei venuta qui.» Fece una pausa «È incomprensibile, perché ciò che hai fatto è deplorevole, ma...» Dichiarò Camila, sollevando lentamente il capo; lasciando la frase a metà.

Non ce la faceva più ad essere arrabbiata con Lauren. L'aveva ferita, aveva bistratto le loro regole, aveva venduto il loro segreto, ma se ripensava ai cinque giorni di lontananza sentiva l'angoscia stringere le grinfie attorno al suo collo e non poteva pensare di trascorrere altro tempo in assenza dell'amica.

Stavolta fu Camila a fare un passo, a dimezzare la strada. Poggiò una mano su quella di Lauren, che era immota sopra il bancone della cucina, e le accarezzò il dorso, lasciando scorrere lo sguardo sul movimento lento del pollice, osservando come la pelle scivolava sotto le sue dita.

«Questi cinque giorni sono stati un inferno.» Ammise con voce malferma, alzando lo sguardo sugli smeraldi che l'ammiravano.

Lauren annuì, incapace di proferire parola, adesso che poteva sentire il calore dell'altra sul suo corpo. Voleva muoversi, accarezzarle la guancia, sfiorarle le labbra, accomodarle i capelli, ma i suoi muscoli erano atrofizzati adesso che Camila la stava toccando.

«Non dirlo a me.» Riuscì ad articolare, abbozzando un sorriso che era una sorta di tacito perdono verso se stessa.

Si perché Lauren si era davvero odiata per aver ferito la cubana. Lei che l'aveva sempre protetta da ogni genere di dolore, era stata la prima ad infliggerlo. Adesso, forse, vedeva una via di redenzione e mentre catturava lo sguardo dell'amica, che si faceva sempre più vicino al suo volto, si ripromise di non ferirla mai più.

Poi non ebbe tempo di pensare ad altro, perché Camila la stava già baciando.

Prima aveva fatto pace con la sua migliore amica, ora stava chiedendo scusa alla ragazza che le faceva battere il cuore.

Dannatamente difficile.

La corvina fece scivolare la mano sul fianco di Camila, attirandola a se. Aveva bisogno di sentirla più vicina possibile per ingannare la distanza che avevano frapposto negli ultimi tempi, per eliminare i chilometri che le avevano divise, per godersi quel bacio arrendevole.

Lauren le afferrò la nuca e fece scivolare la lingua su quella di Camila, unendola in un bacio famelico che non ammetteva respiro. Le sue mani erano contro i fianchi della cubana, la stringevano a se, facevano scontare i loro bacini. Camila aggettò il busto in avanti, scontrando il suo seno con quello di Lauren e legò le braccia al suo collo, tenendola contro di se.

Per quanto il distacco fosse stato duro e freddo, per tutte le parole mancate e i giorni di totale silenzio, non potevano fare a meno di volersi. Ed entrambe si bramavano fino all'ultimo anelito.

Lauren sfiorò la pelle della corvina da sotto la maglietta, provocando un gemito da parte di Camila che raccolse prontamente con la sua lingua. Le sembrò quasi che quel sospiro gutturale fosse sapido e che potesse assaggiarlo. Disegnò dei cerchi sulla punta della lingua dell'altra.

Camila affondò le mani nel cuoio capelluto di Lauren, fino alla cute, dove strinse delle ciocche fra le dita e le tirò leggermente verso il basso, piegando il collo dell'amica all'indietro così da poterne baciare ogni centimetro. Leccava e mordeva la pelle di Lauren lì dove era esposta e ogni volta che le sue labbra collidevano con il corpo dell'altra, una scossa traversava la corvina cospargendole la pelle di brividi. A Camila piaceva baciarle anche ognuno di essi.

Avrebbero dovuto parlare, avrebbero dovuto comprenderai e risolvere ciò che era rimasto indiscusso, ma erano giovani e avventate; pensavano che unirsi in quel modo fosse la soluzione ad ogni problema, tanto il legame era forte e risolutivo. Agivano secondo ciò che volevano, non in base di ciò che fosse giusto.

Impulsi e solo impulsi, nient altro che contraddicesse maggiormente la ragione.

Lauren si aggrappò forte al bancone della cucina, stringendo le mani attorno al bordo squadrato. Camila le fu subito addosso, il suo respiro le imbrattò la pelle, i suoi baci la tinsero.

«Non mi piace che sia tu a comandare.» Disse Lauren con il respiro pesante, ghermendo però le spalle di Camila.

La cubana erse la testa all'altezza dello sguardo dell'amica. Le passò una carezza sulla guancia che sembrava quasi voler dire che quello sarebbe stato l'unico gesto gentile che avrebbe ricevuto in quel momento.

«Per una volta, Lauren... Zittisciti.» Sussurrò Camila contro le sue labbra, muovendo lentamente la testa da una parte all'altra come se dovesse baciarla da un istante all'altro, ma volesse far durare quell'attimo un eternità.

«Fallo.» Convenne Lauren, espirando in maniera mozzata.

E Camila lasciò che l'eternità si rompesse in un solo secondo.

La baciò con furore, mordendole le labbra con quanta più audacia avesse. Sentiva la frustrazione dei giorni precedenti svanire fra morsi, baci e graffi.

Ormai il loro segreto era stata svelato e se Camila non poteva più nasconderlo, allora voleva che tutti vedessero che Lauren era solo sua.

Afferrò un lembo di pelle fra le labbra e succhiò forte, incidendo i denti in profondità, ma affondando dei colpi con la lingua per smorzare il dolore che si diffondeva nella stanza sotto forma di lamenti gutturali.

Lauren piegò maggiormente il collo, permettendo a Camila di marchiarla quanto più volesse. Non le interessava se i suoi genitori o gli amici vedessero il segno violaceo su di lei, voleva solo le labbra di Camila premute su di lei. Le era mancato quel tocco ardente che le infuocava la pelle, le bruciava l'anima, le incendiava le viscere.

La cubana fece scivolare la mano sotto il pareo di Lauren, ghermendole le natiche con una veemenza tale che fece scattare istintivamente la corvina sulle punte dei piedi, e spinse il suo bacino contro quello dell'amica.

Perché loro erano questo. Due semplice amiche. Certo, i sentimenti incompresi di Lauren erano ricambiati, ma anche le sue paure, ed entrambe sfociavano dentro di loro, crosciavano i loro sussurri nelle orecchie delle due e ciò che avrebbero potuto essere, era tutto ciò che paventavano.

Lauren era ancora saldamente decisa a non voler rinunciare all'amicizia con Camila dopo aver visto come erano peggiorate le cose quando il loro rapporto passionale prendeva il sopravvento. Camila assolutamente convinta di provare qualcosa per Lauren, ma ancora più sicura di non volerlo dire a sua madre.

E mentre si ammantavano nello spettro del desiderio, venivano ugualmente consumate dalle dita fredde della paura.

Camila spinse l'altra dall'altezza delle spalle verso il bancone della cucina e mentre le sue mani erravano sulle cosce di Lauren, le labbra scivolavano sulla sua pelle già imperlata e il bacino si strusciava sull'altra...

Sentirono una voce.

«Avete fatto pace?!» Domandò Dinah da metà corridoio, prima di immettersi nella cucina.

Lauren ebbe giusto il tempo per rassettare i i vestiti, Camila si ricompose alla meno peggio i capelli prima che la polinesiana entrasse con noncuranza nella stanza.

Il suo sguardo si posò sulle due corvine arraffate e scomposte, con il respiro ancora pesante e le guance vermiglie. Non impiegò nemmeno un secondo a comprendere il fulcro della situazione.

«Oh.» Emise un suono monocorde, lasciando le labbra dischiuse per qualche secondo di troppo per assimilare e disfarsi dell'imbarazzo che la pervadeva.

«Stavate facendo pace.» Se ne uscì con una delle sue solite battute sarcastiche che era solita sfruttare per rimediare ad una brutta figura.

Camila abbassò lo sguardo mentre un leggero sorrisetto le definiva le labbra, mentre Lauren voltò la testa dall'altra parte per nascondere il marchio rovente inciso sul collo e si apprestò a celarlo dietro la massa cospicua di capelli.

«È che io... dovrei riportare la macchina a mia madre, perciò...» Gesticolò verso la porta, come per far intendere che era arrivato il momento di tornare a casa.

Camila si voltò verso Lauren, non curandosi della presenza di Dinah. Era una delle sue più care amiche e sinceramente poteva capire di aver tenuto il giudizio di altri, ma non comprendeva come aveva anche solo potuto pensare che la polinesiana potesse avere qualcosa in contrario riguardo la loro situazione.

«Che.. che fai vieni con noi?» Fece scivolare, discretamente,  la mano sul polso di Lauren, accarezzandole le sfumature livree.

«Vado a ringraziare Halsey e torno a casa con voi.» Rispose Lauren voltandosi verso la polinesiana che annuì sorridente, sinceramente rincuorata di aver contribuito ad avere appianato gli attriti precedentemente createsi.

«Con te.» Soggiunse Lauren fissando i suoi sconfinati occhi in quelli di Camila che, finalmente, decise di stringerle la mano.

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