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Capitolo trentadue



«Ahia.» Storse la bocca per l'ennesima volta Lauren, abbassando la testa per interrompere il gesto ripetuto di Normani.

«Smettila di fare la femminuccia.» Le riprese gentilmente il mento fra le mani e con un sorriso ironizzò «Sappiamo che non lo sei per niente.»

Lauren inclinò la testa e le rivolse un'occhiata di sbieco, poi chiuse gli occhi quando l'amica riprese a tamponare il livido violaceo che le si era formato attorno alla tempia, schiacciandole leggermente la palpebra sopra l'occhio.

«Hai parlato con Camila?» Le domandò improvvisamente Normani. A Lauren venne spontaneo strizzare gli occhi in maniera truce, ma avvertì un dolore puntiglioso che la costrinse a tenerli ben aperti.

Si alzò dalla sedia, le diede le spalle e camminò fino alla scrivania.

«Non voglio parlare di lei.» Sentenziò con voce rauca e fremente.

Lauren era arrabbiata con Shawn, ma non c'era nessuno con il quale fosse più iraconda che Camila.

Se il pugno del ragazzo aveva fatto male, la reazione della corvina era stata peggio. Almeno un colpo fisico lascia un brutto livido per giorni, ma le parole no, quelle ti rimangano impresse dentro sempre, sferzano qualunque presenza sia ricamata sotto pelle.

Sospirò sonoramente e ridusse le labbra in una linea sottile. Anche l'angolo della bocca le doleva, ma era sopportabile. Ciò che sentiva dentro non lo era.

                                     *****

Camila fu la prima ad uscire dalla discoteca.

Lauren era cavalcioni sopra Shawn e gli stava assestando dei colpi al petto, variando impropri coloriti.

Shawn riuscì a schermarsi dai colpi incrociando le braccia davanti alla faccia, poi allungò le mani verso le spalle di Lauren e la ribaltò per l'ennesima volta, trovandosi ora lui al di sopra di lei. Le fermò le braccia accanto alla testa, stringendo i polsi con vigorosa forza. Lauren sentiva i polpastrelli calcarle la pelle, frantumarle le ossa, ma la rabbia era talmente tanta che il dolore non aveva potere su di lei.

Shawn avrebbe voluto colpirla, ma la voce di Camila e i passi svelti dei suoi due amici lo fermarono. Si alzò istintivamente, barcollando verso sinistra e tenendosi il naso, poi andò verso Camila e si appoggiò sulle sue spalle.

«Io.. io non lo so che ho fatto. Ha semplicemente iniziato a picchiarmi.» Balbettò, indicando la ragazza che ora si alzava lentamente da terra, con i capelli arruffati, la faccia gonfia, ma l'ira ancora disegnata nelle pupille come un fregio di valore.

«Sei un bugiardo!» Urlò, balzandogli incontro. Riuscì solamente ad agguantarlo per la maglietta, prima che Siope l'abbracciasse da dietro e la sollevasse di peso per tenerla lontana.

Come scalpitava Lauren per liberarsi, come si divincolava per scagliarsi nuovamente sul ragazzo. Non le importava quello che pensavano gli altri, voleva solo scaricare quella rabbia insopportabile che traboccava da ogni parte, sommergendola.

«Dio, tu sei pazza.» Disse Shawn con tono flebile e rotto dal dolore lancinante che avvertiva nei punti in cui Lauren l'aveva colpito.

«Sei uno stronzo! Lasciami andare... Affrontami!» Sbraitò la corvina, sbracciandosi per sfuggire alla presa salda nella quale Siope la stava trattenendo.

«Deve aver bevuto troppo.» Scosse la testa Shawn, poggiando la fronte contro la spalla di Camila.

Il respiro di Lauren si fece ancora più pesante a vederlo così vicino alla corvina. Nemmeno le braccia muscolose di Siope riuscirono a mantenerla ferma. Lauren si liberò dandogli una gomitata nella pancia e si avventò contro Shawn. Poggiò le mani contro il suo torace e lo spinse indietro. Dio, lo sguardo di Lauren avrebbe intimorito chiunque tanto che Siope esitò qualche secondo prima di afferrarla di nuovo. Ma quando il ragazzo arrivò su di lei era troppo tardi: Camila si era già messa in mezzo, con la mano ferma sulla spalla di Lauren, a tenerla lontana.

«Ma che cazzo ti prende, Lauren?» Le chiese fissando il suo sguardo dentro quello dell'amica.

«Perché hai colpito Shawn?» Le domandò in seguito, annullando ogni tipo di rabbia dentro Lauren, ma lasciandole solo un profondo senso di delusione.

Aveva sentito bene? Forse non aveva ben chiara la situazione... Lauren l'aveva difesa e i segni sul suo volto ne erano la dimostrazione. Come faceva Camila a non vederlo?

«Co-cosa? Io? Camz..» Allungò una mano verso il braccio dell'amica, ma questa lo ritrasse indietro immediatamente e lo sguardo deplorevole che lanciò a Lauren fece più male di qualsiasi pugno avesse ricevuto in faccia.

Camila credeva a Shawn.

Non aveva neanche chiesto spiegazioni a Lauren, se non quella banale domanda accusatoria che le aveva posto. Siope era lì quando era successo tutto, ma era troppo codardo per dire la verità, impaurito che la sua stupida scommessa gli facesse perdere Dinah.

Lauren avrebbe voluto parlare, ma era talmente attonita che le parole non le uscivano e le frasi si accavallano l'una sopra l'altra senza senso. Restò a guardare Camila andare verso Shawn, controllargli l'occhio e poi accompagnarlo verso i bagni che si trovavano dentro la discoteca.

«Ti porto a casa.» Disse Normani, poggiando le mani sulle spalle dell'amica per scortarla verso l'auto.

Lauren negò con la testa, dirigendosi dietro la sua migliore amica, ma Normani la guardò dritta negli occhi, forse pensando che un contatto visivo sarebbe stato più persuasivo.

«Adesso è meglio se torniamo a casa. Andare lì dentro complicherebbe solo le cose.»

E Lauren non aveva opposto resistenza, ma non si era nemmeno mossa fin quando Normani le aveva circondato le spalle e l'aveva guidata verso la macchina.

                                     *****

Ora, Normani, era al corrente dei fatti. Lauren le aveva raccontato la verità, le esatte parole che Shawn aveva riferito a Siope. Sapeva della scommessa e -seppur la violenza fosse sempre e comunque al risposta sbagliata- comprendeva il gesto ripulso della corvina.

Sapeva che doveva fare la cosa giusta.

Ecco perché, in quel pomeriggio afoso di fine Giugno, invece che trovarsi al mare, sdraiata sulla spiaggia ad ascoltare musica e preoccuparsi solo di spandere la crema solare sulla pelle, aveva preferito dirigersi verso il portico di Camila e bussare alla sua porta.

Se non apre entro cinque minuti, me ne vado. Almeno posso dire di averci provato. Meditò, ma l'uscio si aprì qualche secondo dopo e Normani alzò gli occhi al cielo, pensando che sarebbero bastati solo pochi minuti in più per darle la possibilità di andarsene.

«Che ci fai tu qui?» Domandò bruscamente Camila, portando le braccia conserte. Già, loro non si erano mai piaciute davvero.

«Senti, togliti quell'aria arrogante che hai e spostati.» Ingiunse Normani a corto di pazienza, dandole una spallata per entrare in casa.

Camila roteò gli occhi, ma non disse niente perché la ragazza era già entrata in casa e si dirigeva verso la sua camera da letto, seguita dalla taciturna cubana.

Normani si posizionò al centro della stanza, incrociò le braccia al petto e si convinse che quella era la cosa giusta, nonostante pensasse che Camila era un'enorme testa...

«Ti ha mandato Lauren?» Chiese Camila in tono freddo, chiudendo la porta dietro di se.

Lei era ancora convinta che Lauren avesse messo le mani addosso a Shawn per pura gelosia. Si era incolpata di aver tirato troppo la corda, ma non si aspettava che la sua migliore amica potesse arrivare a tanto.. Era rimasta basita e anche spaventata dalla sua reazione. Se solo le avesse dato il tempo di ritrovare la voce. Adesso non voleva nemmeno più sentirla, ma immaginava che Normani sarebbe andata a fare le sue veci.

«No. Sono venuta di mia spontanea volontà.» Rispose con altrettanta freddezza Normani.

Camila emise un risolino sarcastico che le fece intuire che non le credeva, ma poco importava. Ormai c'era dentro e non se ne sarebbe andata senza aver detto la verità a Camila. E sia ben chiaro! Non lo faceva per la corvina che le stava di fronte, agiva per conto di Lauren che le stava a cuore più di chiunque altro.

«Ho bisogno che tu mi ascolti, solo per qualche minuto.» Sospirò Normani, liberandosi dell'astio che nutriva nei confronti di Camila per lasciare che la sua parte benevola adempisse al dovere che si era impartita.

Per qualche secondo Camila non disse niente, ma lo sguardo che le rivolgeva Normani la indusse a tacere e annuire.

«Due sere fa, Lauren l'ha fatto per te.» Dichiarò in tono solenne, ottenendo come risposta solo una risata.

«Camila, è vero. Ha scoperto che Shawn ti ha sempre presa in giro e non ha sopportato l'idea di...» Stava cercando di raccontare, ma i continui risolini dell'altra corvina la irritavano e non poco.

«Non ha sopportato l'idea.» Riprese in tono più duro, serrando la mascella.

Aveva una pazienza limitata e quando si parlava di Camila ne perdeva la metà, perciò, quando la cubana ridacchiò per l'ennesima volta, Normani la redarguì.

«Vuoi stare zitta e comportati da adulta?! Pensi davvero che Lauren avrebbe potuto dare un pugno a Shawn per puerile gelosia?! Probabilmente sì, l'avrebbe tirato... Ma ad un muro, non a lui!» Sbottò Normani, zittendo Camila una volta per tutte e continuò «Pensi questo della tua migliore amica?! Che sia una persona violenta e perda la ragione tanto facilmente!? È gelosa, tu sei gelosa... Non provare a dire di no, perché so tutto Camila! So tutto.»

Il colorito naturale di Camila stinse, le sue labbra si schiusero appena per rilasciare un respiro mozzato e i suoi occhi, tanto spavaldi poco prima, adesso, caddero sul pavimento.

Camila provò immediatamente un senso di vergogna. Qualcuno conosceva il loro segreto, qualcuno sapeva che era andata a letto con una donna, qualcuno poteva guardarla male e ridere di lei, ma... Non lo fece. Non solo durante il litigio, Normani lo sapeva già da qualche settimana ormai e mai che l'avesse guardata in modo diverso, mai che si fosse presa gioco di lei. Diede di che riflettere a Camila.

Normani, nel frattempo che la cubana restava in silenzio e con lo sguardo fisso a terra a pensare a chissà cosa, si era calmata.

«Ascolta, Mila.» Proseguì in tono piatto, puntando il suo sguardo dentro quello dell'amica. Se era vero che gli occhi potevano parlare, allora i suoi stavano urlando.

«Sono amica di Lauren e le voglio un bene dell'anima, ma non prenderei mai le sue difese se non sapessi che l'ha fatto per un motivo preciso. Non tollero la violenza, questo l'ho detto anche a lei... Sono qui perché Lauren ha scoperto una cosa brutta quella sera, anzi, terribile. Ecco perché ha reagito così. Non è riuscita a contenersi e a quanto pare, nemmeno il tuo ragazzo. Le ha lasciato un bel livido.» Sulle ultime parole la voce le si alterò notevolmente, gli occhi si ridussero in due fessure e Camila notò le braccia contratte, l'aria di chi ancora non aveva smaltito la rabbia.

«Non è il mio ragazzo.» Sentenziò duramente Camila, non riuscendo, però, a sostenere lo sguardo di Normani.

«Che, che cosa ha scoperto?» Balbettò poi, prendendo a giocare nervosamente con le dita delle mani.

«Shawn ti ha preso in giro, da sempre. Era solo una scommessa Camila. Voleva portarti a letto e guadagnare cinquecento bigliettoni. Ne stava parlando con Siope, Lauren era lì per caso, stava fumando una sigaretta e...»

«So quello che è successo dopo.» La interruppe velocemente Camila, voltandosi di spalle.

L'immagine di Shawn e Lauren, uno contro l'altro, era ancora vivida. Non le pesava nemmeno il fatto che il ragazzo si fosse preso gioco di lei, forse il suo orgoglio ne era rimasto intaccato, ma era una ferita che presto si sarebbe rimarginata. Adesso, quello che davvero le faceva male, era il fatto di non aver voluto ascoltare Lauren, di averla aggredita senza riflettere, solo prendendo in considerazione gli eventi che le si erano dipanati davanti. Pensava che l'avesse fatto per capriccio e questo non era concepibile, ma a quanto pare si sbagliava, l'aveva fatto per difenderla.

Dio, adesso Camila avrebbe voluto essere lei al posto suo. Sono io si ripeteva che merito quei pugni.

Come aveva potuto non cedere alla corvina? Certo, Lauren provava dei sentimenti per lei e lo aveva ammesso, ma restava pur sempre la sua migliore amica e questo non sarebbe cambiato mai. Avrebbe dovuto ascoltarla, avrebbe dovuto darle la possibilità di parlare e non rinchiuderla fuori, non concedendole nemmeno una parola. Un muto silenzio del quale si vergognava.

«Devo parlare con lei.» Sentenziò infine, voltandosi di scatto verso la sua borsa, poggiata sul letto.

Oltrepassò Normani difilata, non ascoltando le sue proteste che la esortavano a far calmare le acque prima di bussare alla porta di Lauren «Non vuole nemmeno parlare di te, ora come ora.»

Ma quella frase la indusse solo ad avere più fretta. Ogni minuto che passava il divario fra di loro aumentava, accresciuto dal tempo, dal silenzio, dai fraintendimenti, dalle emozioni... Quando siamo spaventati dai sentimenti, non riusciamo a vedere che senza questi non siamo niente. E il niente è vuoto.

«Sei venuta a piedi?» Domandò Camila quando ebbe trovato le chiavi di casa. Le infilò nella tasca dei jeans e non prese nient'altro.

«No, sono in macchina, ma...»

«Perfetto. Mi accompagni? Posso andarci anche a piedi, ma con un'auto farei molto prima. E ho bisogno di ingannare il tempo, prima che sia troppo tardi.»

Anche se forse Ponderò dentro di se, lasciando che quel pensiero restasse solo tale, per renderlo meno reale possibile È già tardi.

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