Capitolo quarantuno
Lauren sbuffò per l'ennesima volta. Le doleva il braccio per averlo tenuto nella stessa posizione da ore, usato come gruccia per Dinah.
La polinesiana era stata invitata ad una cena con i parenti di Siope. Lui stava cercando di recuperare il loro rapporto in tutti i modi e anche Dinah tentava di perdonarlo per aver giocato alle spalle di una sua amica, tentava di dimenticare l'atteggiamento sulfureo attuato dal ragazzo. Gli voleva bene, teneva a lui e perderlo non era nelle sue intenzioni, eppure non riusciva a guardare oltre ciò che aveva compiuto. Ci stava provando, almeno si stava dando una possibilità.
Doveva trovare l'abito adatto per presentarsi alla famiglia di Siope, qualcosa di non troppo formale ma elegante, che mettesse in risalto le sue curve esentando volgarità accentuando leziosità. Era già il quinto vestito che provava e, prima di dirigersi al camerino, ispezionava ogni capo d'abbigliamento, meticolosa.
Due ore e Lauren già non ne poteva più. Aveva accettato solamente perché restare a casa le impediva di pensare lucidamente e i dubbi le risuonavano in testa come una litania. Al centro di questo tumulto era situata Camila.
È vero, lei l'aveva allontanata con la vana speranza di restare dentro la sua vita, di non perderla del tutto, ma non aveva messo in conto che la loro amicizia era scemata quella prima notte di passione; disintegrata dal desiderio, annullata dai brividi, dimenticata dai baci. Non esisteva più.
Tutti gli anni addietro erano solo un ricordo e, si sa, le memorie sono irrecuperabili.
Erano persone diverse per loro scelta, solo che dovevano ancora capirlo e accettarlo. Lauren aveva fatto il primo passo, ma non il secondo. Camila, invece, aveva surclassato quelle fasi e ora si trovava molto più avanti rispetto a Lauren. Una di loro doveva cercare di fare un passo indietro, l'altra di accelerare l'incedere. Non era facile tenere il passo per trovarsi fianco a fianco.
«Questo come mi sta?» Domandò Dinah, uscendo dal camerino. Rassettò le pieghe del vestito con le mani e si rimirò allo specchio, inclinando la testa su un lato per controllare i risultati.
«Bene.» Tagliò corto Lauren, sbuffando.
«L'hai detto anche dell'ultimo.» La rimbeccò Dinah, portando le mani sui fianchi e osservandola con sguardo di rimprovero.
«Non lo so Dinah! Non è pane per i miei denti.» Tagliò corto, appoggiando i vestiti, ancora adagiati sul suo avambraccio, sul divano di fronte a lei.
«Almeno potresti provarci.» Cinguettò Dinah esasperata, aspettando un verdetto dalla corvina che invece di prendere sul serio il suo incarico, si sedette piegando il collo all'indietro.
«Non so nemmeno perché ti abbia accompagnata.» Sbuffò nuovamente, agitando una ciocca di capelli che le era ricaduta sul volto «Avresti potuto chiedere a Normani, ad Ally a... a Camila..» Ci fu un attimo di pausa, come se quel nome gravasse maggiormente sulle sue labbra tanto quanto pesava sul suo petto «Ma non a me!!» Terminò stizzita.
«Normani sta studiando. So che sembra impossibile, ma è vero! Ally è con il suo ragazzo e Camila, be', sta organizzando le ultime cose per la festa.»
Lauren alzò lentamente la testa. Aveva capito male forse? Che festa? Lei non era al corrente di nessuna festa! Cercò di mantenere un tono neutrale, di non far trapelare alcun emozione, ma non poteva dissimulare il tremolio naturale delle labbra.
«Che festa?» Riuscì ad articolare senza balbettare, considerandola già una vittoria.
«Come..? La festa che ha organizzato Camila per la sua partenza.» Rispose con nonchalance Dinah, ancora impegnata a scrutare i dettagli del vestito che aveva indosso.
Partenza? Che partenza? Camila non partirà fino a Settembre! Che bisogno c'è di fare una festa ora?
Lauren non ne sapeva niente eppure sembrava l'unica a non essere a conoscenza di quella novità. Non sapere a volte è meglio, ma altre è una sensazione che logora e stordisce. Sono le molteplici domande che susseguono a portare sgomento, indecisione, turbamento.
«Qua..quale partenza?» Stavolta non poté fare a meno di scaturire la sua esitazione.
Dinah si accigliò, fece un passo verso la corvina e scosse flebilmente la testa. Non poteva credere che Camila non avesse riferito niente a Lauren, d'altronde, nonostante tutti i cambiamenti appurati, era pur sempre la prima persona alla quale svelava i suoi segreti, confidava i suoi problemi. Come poteva non averle riferito qualcosa di tanto importante?
«Io... non ti ha detto niente?» Domandò incurvando le sopracciglia.
Lauren non era sicura di volerlo sapere, ma infine si ritrovò a scuotere la testa lentamente e a pendere dalle labbra della polinesiana. Già prima che Dinah le dicesse qualcosa, sentì il cuore balzarle nel petto. C'era qualcosa nello sguardo della ragazza, nel movimento scombinato della testa, nell'arrancare nel trovare le parole giuste, qualcosa che le suggeriva che non si prospettava niente di buono.
«Camila parte, Lauren. I primi giorni di Agosto. Passerà un mese a Cambridge, tornerà qua per due settimane e, se tutto andrà come previsto, tornerà in Inghilterra definitivamente.» Dinah le disse tutto a velocità cadenzata, cercando di rispettare i momenti in cui Lauren si rabbuiava e di consolarla con tono rassicurante.
Se ne va e non ha nemmeno pensato di dirmelo. Pensò Lauren, abbassando lo sguardo sulla punte delle scarpe.
Di chi era la colpa? Sua? Di Camila? Di entrambe o di nessuna? Su chi doveva scaricare quella rabbia che accresceva dentro di lei? C'era qualcuno a cui affidare le lacrime che le gonfiavano gli occhi? Doveva solo arrendersi al fatalismo degli eventi o accettare di aver commesso un grave errore ad aver permesso a Camila di allontanarsi?
Lei non voleva perderla. Eppure, adesso, si rendeva conto di averla già persa.
«Non ti ha invitato alla festa, uhm?» Chiese Dinah, intercettando la traiettoria del suo sguardo abbattuto.
«No.» Concluse Lauren; poi i suoi occhi tramutarono, qualcosa cambiò «Ma ci verrò lo stesso.»
*****
Erano le sette di sera. Camila aveva già sistemato tutto. Aveva spedito i suoi genitori due giorni fuori casa: sarebbero stati ospiti della sua nonna paterna. Una vacanza che serviva a tutti.
Era contenta di aver allestito quel party, era felice di poter salutare le sue amiche in modo appropriato; senza lacrime, ma con tanta allegria e un po' d'alcol.
Dinah e Ally sarebbero arrivate prima di tutti per aiutarla con le ultime cose, mentre Normani doveva ancora finire di ripassare il programma di studi prima di scatenarsi. Sì, sembrava aver messo la testa apposto, ma con una ragazza stravagante come lei non si poteva mai sapere.
Lauren non era stata invitata.
Camila avrebbe voluto solo lei. Nessuna festa, nessuno da salutare, nessun sorriso da ricambiare, nessun convenevole da scambiare, nessun augurio da ascoltare, nessun ringraziamento da reciprocare. Voleva solo Lauren, fra le sue braccia, sotto di lei, sopra di lei, abbracciata a lei, vicina a lei, non importava come! La voleva e basta. Ed era proprio per questo che non l'aveva invitata.
Lei la voleva, ma non poteva averla. Su questo Lauren era stata chiara.
La prima ad arrivare fu Ally, battendo impeccabilmente Dinah che di solito era la più puntuale fra di loro. Sistemarono le bevute, dal momento che la più grande si intendeva maggiormente di alcol rispetto a Camila che aveva bevuto sì e no quattro volte, comprendendo quella con suo nonno che le aveva concesso di assaggiare lo champagne per Natale.
«Troy non verrà, altrimenti avrebbe portato Shawn con sé e ho pensato che non fosse il benvenuto.» Asserì Ally, mentre era intenta a costruire una piramide con i bicchieri di carta rossi.
«Hai pensato bene.» Tagliò corto Camila, riversando le patatine dal sacchetto all'apposita ciotola.
«E a quanto pare..» Iniziò a bassa voce Ally, timorosa «Non è l'unico.» Bisbigliò infine, lanciandole un'occhiata da sopra la spalla.
Camila si fermò un'istante, esitò. Sapeva che si riferiva a Lauren, ma non aveva voglia di dare spiegazioni a nessuno. Non poteva spiegare ciò che sentiva, non c'erano parole adatte o sentimento adeguato che potesse descrivere ciò che si agitava dentro lei. Cercava di bloccare quel turbinare, ma era come restare ferma davanti ad un uragano: sapeva già chi avrebbe vinto, ma non per questo si arrendeva.
«Siamo già troppi.» Minimizzò Camila, ricorrendo ad una scusa banale per sviare l'argomento.
«Hai invitato persone che a malapena conosci, ma non la tua migliore amica? Non ti sembra un controsenso?» Azzardò Ally, riducendo gli occhi in due fessure quando Camila le rivolse uno sguardo glaciale che la intimorì.
«Non siamo migliori amiche.» Sentenziò fredda, accartocciando il bicchiere che stringeva in mano «Anzi, forse, non lo siamo mai state»
*****
Erano circa le dieci, la festa era iniziata da qualche ora e il salotto già brulicava di facce sconosciute. Camila si stava divertendo, anche se supervisionava la situazione passando da una stanza all'altra restando sempre in allerta. Non voleva che la serata degenerasse, che da festa diventasse putiferio.
Alcune volte, però, aveva trovato il tempo per lasciarsi andare; pensare solo ad agitare le mani in aria, scuotere la testa da una parte all'altra e ancheggiare in mezzo alla ridda.
Altre volte, invece, si era voltata irriflessivamente a cercare Lauren. Per dirle cose insulse o informarla su un qualcosa di divertente che le passava istantaneamente per la testa, ma poi si ricordava che la corvina non era presente e che non lo sarebbe stata. Allora smetteva di ballare e andava in cucina con la scusante di gettare i bicchieri vuoti e sistemare quelli puliti sul bancone.
E stava proprio estraendo alcuni di questi, dalla pila composita, quando vide Dinah entrare nella stanza. Camila la salutò con un sorriso che sapeva vagamente di rimprovero. Sarebbe dovuta arrivare molto prima, ma invece aveva non solo saltato l'appuntamento, ma anche dimenticato di avvisarla.
«Sei in ritardo.» La riprese Camila, circumnavigando il bancone per trovarsi dall'altra parte.
«Sì... A proposito. Non sono sola.» Abbassò lo sguardo la polinesiana, non prima di aver dato una rapida occhiata alle sue spalle.
«Sono contenta che hai chiarito con Siope. Non preoccuparti.» La rincuorò Camila, poggiando una mano sulla sua spalla con fare amichevole.
Non era contenta di avere in casa uno dei ragazzi che avevano scommesso alle sue spalle, ma le faceva piacere per Dinah che meritava di tornare ad essere felice.
«No.» Smentì ella, riservandole uno sguardo caritatevole che non piacque per niente alla corvina e si ritrovò ad occhieggiare oltre le spalle di Dinah per scorgervi qualcosa, qualcuno «C'è Lauren con me.»
Camila a quell'affermazione si bloccò. Le sue pupille si dilatarono e i sensi di colpa di Dinah accrebbero al veder l'amica sgomentata. La cubana pensò di scappare, ma dove poteva andare? Poi decise di affrontare di petto la situazione, ma tutto il coraggio che aveva raggranellato in quei pochi secondi, scomparve quando la corvina entrò nella stanza.
Aveva uno sguardo algido, le sopracciglia folte arcuate in un'espressione arcigna, le labbra ridotte, come se fossero duttili, ad uno strato talmente fine da impedire di far scaturire il tremolio al quale erano soggette.
Camila sapeva che Lauren era arrabbiata, ma era ciò che meritava.
«Dobbiamo parlare.» Esordì Lauren, tentando di apparire il più calma possibile.
«Non ho niente da dirti.» Si impuntò Camila, portando le braccia conserte.
La sua ripicca avvalorò lo stato altero di Lauren, inducendola a frammentare la distanza interposta fra loro a grandi falcate. L'afferrò per un braccio, sotto lo sguardo indeciso di Dinah che alla fine lasciò perdere, convinta che fosse meglio che dipanassero il diverbio fra loro.
Lauren trascinò Camila attraverso la ressa di persone, non con poche difficoltà. Oltre a dover spostare la gente che le ballonzolava davanti, doveva anche preoccuparsi di mantenere salda la presa sul braccio di Camila che si dimenava, e non poco.
Chiuse la porta del bagno alle loro spalle e si assicurò di sfilare la chiave nascondendola dentro la tasca dei pantaloni.
«Sei una bambina, Lauren!» L'accusò Camila, con voce stentorea.
«E tu?! Pensi di essere migliore? Te ne vai e nemmeno me lo dici.» Rimbeccò la corvina, puntandole il dito contro, accusatoria.
«Io non devo dirti niente.» Lo sguardo che le rivolse, talmente distaccato e freddo che tolse il respiro a Lauren.
Niente. La valutava così, adesso?
«Sono la tua migliore amica...» Tentò di dire Lauren, ma sentì l'essenza di quella bugia scivolarle sulle labbra e risuonare nella risata di Camila.
«No, Lauren. Ti ho già detto che non lo sei.» Camila non ebbe altro da aggiungere. Si avvicinò alla porta per andarsene, ma la morsa della corvina la immobilizzò.
Lauren accostò le sue labbra all'orecchio di Camila, poggiando la fronte contro il suo capo. La cubana sentiva il respiro caldo accarezzarle la pelle, il movimento impercettibile della bocca sfiorarle il lobo. Esitò, trattenendo il respiro per non perderlo completamente.
«Io... io non so come... come sopportare...» Scosse leggermente la testa, strusciando il naso contro il collo di Camila.
La cubana rabbrividì, ma riuscì a prendere un distacco e a scuotere la testa in segno di diniego. Non poteva risolvere le cose in quel modo. Non poteva.
Lauren non le permise di allontanarsi maggiormente. La voleva vicina a lei, la voleva sentire contro di lei. Era quasi sicura che quella fosse l'unica soluzione al problema, l'unica cosa che le avrebbe riportate sulla stessa lunghezza d'onda, quella lunghezza che avevano perduto.
«Vieni qui.» Le sussurrò all'orecchio.
Nonostante Camila cercasse di divincolarsi, di girare la testa ogni volta che Lauren la riportava a guardarla, di evitare il contatto fisico, cedette quando sentì le labbra di Lauren sfiorarle, sbadatamente, le labbra.
Continua...
-Spazio autrice-
Ciao a tutti!
Spero che la storia vi stia piacendo e come sempre aspetto la vostra opinione.
La storia sta finendo. Non mancano molti capitoli ormai, però sto già lavorando ad un nuovo progetto sul quale presto vi aggiornerò e spero che vi piacerà!
Intanto vi aspetto al prossimo capitolo che fra l'altro è uno dei miei preferiti.
A presto.
Sara.
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