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Capitolo quarantasette


Cinque mesi dopo...

Lauren chiuse i libri, li infilò nello zaino e salutò la bibliotecaria, uscendo dal silenzioso edificio. Si immise nei corridoi affollati, orientandosi attraverso i numeri delle classi incisi sopra la porta su diversi tipi di targhette di metallo luccicante.

Erano già passati cinque mesi, da quando aveva cominciato gli studi a New York. Chiamava sua madre ogni giorno, cercava di tornare a casa ogni weekend (salvo quando si tratteneva nella sua stanza per studiare per il test dell'indomani). Le piaceva New York, le piaceva l'università, conosceva la metà dei compagni, ma quella metà non era niente male.
Certo, non avrebbero potuto sostituire le sue amiche, ma almeno la distraevano e aveva compagnia quando si trattava di uscire per una birra.

Normani le scriveva quasi sempre, mettendola al corrente dei progressi e dei risultati scolastici. Faceva il conto dei giorni mancanti per raggiungerla a New York.

Dinah le aveva mandato diverse foto dall'Europa, tutte scattate con ragazzi diversi. Si stava godendo la gita, quello era poco ma sicuro.

Ally, invece, aveva trovato una sistemazione con Troy in Ohio. Entrambi proseguivano i loro studi e si sospettava che Troy stesse per proporsi, ma era solo un pettegolezzo infondato... per ora.

Camila. Di Camila non aveva nessuna notizia.

Le era arrivato quel messaggio in segreteria, lo ascoltava spesso, anche solo per risentire la voce dell'amica perché non si sarebbe perdonata di dimenticarne il suono. Le parole che aveva proferito con tanta disperazione, le erano sembrate sincere, ma erano arrivate troppo tardi.

Troppo facile ricambiare il sentimento il giorno della partenza, il giorno in cui le loro vite cambiavano e le paure diventavano più reali che mai. Era troppo facile. Aveva ammesso di amarla per paura di fronteggiare le sfide quotidiane da sola. L'amava perché non si sentiva pronta a vivere un percorso di maturità senza la sua migliore amica accanto. E Lauren non voleva quell'amore, perché lei l'amava in tutt'altro maniera. Una maniera totalizzante, inspiegabile. Per lei l'amore era così: non aveva definizioni o attributi, era un sentimento ineffabile.

Lauren non aveva risposto a quel messaggio, perché non trovava le parole adeguate per farlo. Adesso anche Camila sapeva come ci si sentiva ad essere rifiutati. Eppure, anche se si era immaginata che quella piccola rivincita -conquistata per puerile orgoglio- lenisse le ferite che Camila le aveva arrecato, si era dovuta ricredere.

Le sue ferite erano rimaste tali, forse si stavano cicatrizzando, ma sarebbero rimaste lì a ricordarle quanta stupidità le aveva divise.

Camminò fino alla mensa, ritirò il sacchetto del pranzo e si diresse verso il giardino per consumerlo in pace, rinfrescata all'ombra di un albero.
Si sedette sul prato, ancora umido dopo l'acquerugiola della sera precedente. Appoggiò la schiena contro il tronco, disfacendosi dello zaino, e puntò lo sguardo verso il cielo, puntellato dalla cima dei grattacieli di New York che svettavano con imponenza, come a sfidare le nuvole che, sospinte dal vento, sembravano accarezzare la punta degli edifici.

Srotolò la carta marroncina ed estrasse il panino, addentandolo. Si guardò attorno, cercando una chioma bionda fra i ragazzi.
Era in ritardo, come sempre.

Nel frattempo inviò un messaggio a sua madre, assicurandola che procedeva tutto per il meglio e l'avrebbe chiamata una volta arrivata in camera, alla sera.

Mentre digitava svelta sullo schermo, una mano ne afferrò il bordo e lo abbassò, togliendolo dalla sua visuale. Lauren alzò gli occhi sulla sua interlocutrice e sorrise appena, prima che questa si piegasse per stamparle un bacio sulle labbra.

«Sei sempre in ritardo.» Recriminò la corvina, spostandosi verso destra per farle spazio accanto a lei.

«Scusa. Mi sono trattenuta a chimica. Ehi, posso averne un pezzo?» Domandò Chantal, indicando il panino stretto fra le mani di Lauren.

La corvina assentì.

Si vedeva con Chantal da qualche settimana. Non era niente di serio, ma doveva ammettere che era simpatica e anche molto intelligente, un'ottima distrazione ai suoi problemi. Non la stava usando per scordarsi di Camila, quello era pressappoco impossibile, ma era giovane e non poteva permettere che la sua vita si fermasse. Non voleva piangersi addosso, non era da lei. Cercava sempre una scappatoia che le permettesse di aggirare il problema, sormontarlo, annebbiarlo. Anche se, nonostante si vedessero da qualche tempo, non era ancora riuscita ad abbandonarsi completamente a lei. Nessuna notte insonne, ecco.
Anche Chantal usciva da una relazione prematura che l'aveva scottata, perciò Lauren sapeva che anche la ragazza stava attuando il suo stesso gioco e le andava bene così.

«Usciamo stasera?» Domandò Chantal, pulendosi l'angolo della bocca con le dita.

«Uhm.. Dovrei studiare per un esame.» Asserì Lauren, ricordandosi di essere molto indietro col ripasso del programma «Vabbè, posso concederti un'ora.»

«Basterà.» Rispose in tono maliziosa la bionda, dedicandole un sorriso.

Lauren si avvicinò per baciarla, ma venne interrotta da Charlie, uno dei rappresentati scolastici. Si occupava in gran parte delle beghe che nessuno voleva sbrigare.

«Scu-scusate.» Disse timidamente, spingendo gli occhiali apposto, leggermente scivolati sul dorso del naso «Lauren, tua sorella ti aspetta.»

La corvina si accigliò «Mia sorella?»

«Sì. Le ho detto di aspettarti in camera tua. Dice che è un'emergenza.» Farfugliò il ragazzo prima di correre via.

Restarono a guardarlo barcollare verso l'entrata, poi Lauren sospirò rumorosamente e piegò la testa all'indietro, contro il tronco dell'albero «Che cosa ha combinato adesso?»

«Vuoi che venga con te?» Chiese Chantal, poggiando una mano sulla spalla della corvina.

«No. Meglio che me la sbrighi da sola. Probabilmente sarà venuta per pregarmi di tirarla fuori da qualche guaio.» Si alzò faticosamente da terra, lasciò il suo pranzo alla bionda, recuperò lo zaino e se ne andò.

Taylor le aveva fatto visita già più di una volta. Si era impigliata in brutti affari, niente di grave, ma non era avvezza a districare i problemi da sola e così Lauren accorreva in suo soccorso. Non era contenta che la sorella fosse incapace di cavarsela da sola, in certe situazioni, ma che poteva fare? Mandarla via? Forse le sarebbe servito di lezione, ma Lauren non riusciva a lasciare Taylor ingarbugliata in ogni genere di guaio.

Percorse velocemente il corridoio, superando a fatica la folla che si accalcava nei corridoi. La sua camera si trovava al secondo piano. Avrebbe usato volentieri l'ascensore, ma era riservato solo al personale di servizio e così dovette imbottigliarsi fra la ressa di studenti che transitava sulle scale.

Il suo piano non era troppo affollato e fortunatamente riuscì a raggiungere la sua camera in pochi minuti. Aprì la porta annoiata, sospirando «Quante volte devo dir...»

Si zittì di colpo quando, al posto di Taylor, vide Camila di fronte a se.

Susseguirono attimi di silenzio interminabile, secondi che sussurrano e scandirono ogni minuto che avevano trascorso lontane.

Se Lauren aveva fatto dei passi avanti, adesso ritornava al punto di partenza.
Il suo cuore palpitava così forte! Non lo sentiva scalpitare così dall'ultima volta che si erano lasciate.

Certe cose non cambiano mai.

Restò inerte sulla soglia per qualche secondo, poi soffocò l'impulso di abbracciare Camila, stringerla, sentirla ancora sua, e ridusse tutto ad un'unica domanda «Che ci fai tu qui?»

Camila schioccò le labbra, lasciando uscire un suono monocorde e per degli attimi non disse nient'altro, poi fece a segno a Lauren di entrare e chiudersi la porta alle spalle.

La corvina non era sicura di voler restare da sola nella stanza con Camila, ma non per l'attrazione fisica che avevano l'un l'altra; perché, rinchiuse fra quattro mura, lo sguardo non poteva poggiarsi su altro che Camila e già sentiva il suo dolore rimbombare, rimbalzare da una parte all'altra, ingigantirsi e prendere vita.

Quando il dolore appartiene solo a noi stessi scaturisce in una certa forma, ma quando lo condividiamo con un'altra persona diventa più sopportabile o ancora più lacerante? Lo dimezza o lo raddoppia?

«Come stai?» Esordì Camila titubante, suscitando tutto il livore di Lauren.

«Come sto?» Chiese trasecolando, come se non potesse credere di aver udito quelle parole «Ma che domanda è? Dopo cinque mesi che non ti vedo e non ti sento, ti presenti a New York per chiedermi come sto?» Enfatizzò quella frase per ridicolizzarla con spiccata ostilità. Se non fosse stata arrabbiata con Camila, probabilmente si sarebbe messa a ridere per l'ilarità della situazione.

«Lo so.» Annuì Camila lentamente, sconsolata. In quell'accenno della testa racchiuse tutto lo scoramento che l'angustiava.

«Sono venuta per te. Devo dirti delle cose, non per scusarmi perché io, Lauren, non sento di aver sbagliato.» Ammise senza preamboli, con tono placido.

La corvina sgranò gli occhi e la guardò con ancora più incredulità rispetto a prima «E allora che cazzo ci fai qui?»

«Lasciami finire.» Premise Camila, abbassando lo sguardo sulla punta delle scarpe per prendere un respiro profondo e riportare i suoi occhi dentro quelli dell'amica.

«Io so di non aver sbagliato perché se fossi venuta con te, o tu con me, probabilmente avremmo infettato i sogni l'un dell'altra. Non eravamo pronte a rinunciare alle nostre ambizioni e tu non ti sentivi in grado di gestire una relazione a distanza. Se avessimo preso una di queste due strade, fra noi sarebbe già finita da tempo.»

Lauren alzò un sopracciglio in maniera sarcastica come per sottolineare che era finita da tempo. Camila scosse la testa, quasi certa di aver interpretato i pensieri di Lauren è convinta di volerli disgregare.

«Tu hai intrapreso un percorso, io un altro. Pensavo che Cambridge sarebbe stato il mio posto per sempre, mi sentivo a casa lì, ma... mi sbagliavo. Cambridge è stato fondamentale per me perché mi ha fatto capire che il mio sogno non era più tale. Andare in Inghilterra, vivere lì, farsi nuove conoscenze, tutto mi hai ricondotto a te. Tutto il mio quotidiano mi ha permesso di comprendere che i sogni possono mutare e che il mio non è più quello che avevo un tempo.» Fece una pausa per riprendere fiato, constatò gli effetti che il suo discorso stava avendo sulla corvina, ma non vi lesse niente. Insondabile.

«Andare lì mi è servito e lo rifarei, rivivrei tutto per capire che non voglio quello. Capisci? Ho sbagliato, nel messaggio vocale, quando ti ho detto di partire con me. Tu saresti stata infelice, io avrei subito il tuo umore e alla fine ne avrebbe risentito la nostra storia, ma ora è diverso. Adesso sono sicura di poter rinunciare a Cambridge, sono sicura di voler restare qui, con te. Avevo bisogno di viverlo per capire che non era ciò di cui abbisognavo.» Tirò un sospiro di sollievo, le sembrò finalmente di essere libera, come se avesse trascorso cinque mesi in gabbia, una gabbia che si era forgiata con le sue stesse braccia.

E mentre un sorriso si accendeva sulle sue labbra, sentì, o meglio, non sentì. Silenzio. Totale e abissale silenzio.

Lauren la scrutò a lungo, i pensieri si accavallavano fra di loro, cozzavano per prevalere l'uno sull'altro e alla corvina era udibile solo un ronzio fastidioso che le tamburellava nelle orecchie.

«E pensi che questo risolva tutto?» Disse infine con tono duro, scalfendo l'entusiasmo di Camila che dissipò il sorriso in un'espressione atterrita.

«Te ne sei andata per cinque mesi e ora pensi di venire qui, con il tuo bel discorso, e rimettere apposto le cose?» Chiese in tono quasi sprezzante.

Si sentiva presa in giro, non concepiva l'idea che Camila avesse impiegato cinque mesi per comprendere che ciò che voleva era lei, era sempre stata lei. Lauren aveva sofferto in quel tempo, in quel distacco, aveva percepito la lontananza come un vuoto incolmabile. Perché non era tornata prima Camila? Perché proprio adesso?

«Laur, so che ci sono cose che dobbiamo ancora risolvere, dico solo che vorrei provarci con te. Nemmeno tu sei tornata in questi cinque mesi, nonostante il messaggio che ti ho lasciato...» Affievolì la voce fino ad un sussurro, abbassando lo sguardo sul pavimento.

Quel messaggio in segreteria che Lauren aveva dato per scontato, come se Camila avesse ammesso di amarla solo per non farla partire. Aveva avuto più occasioni per reciprocare, eppure non l'aveva mai fatto fino al giorno della partenza, quando le sue paure erano diventate compagne di viaggio. L'amava perché aveva paura di affrontare tutto da sola? Che amore era?

«Avresti potuto dirlo prima. Perché non l'hai fatto?» Domandò acerba Lauren, ancora intenta a non cedere alla sua posizione perché lesa dalla ragazza che le stava di fronte.

Quando Lauren veniva ferita, reagiva così. Si metteva sulla difensiva, prendeva mille precauzioni prima di permettere di essere ferita nuovamente. Perché tanto sapeva che era un continuo mettersi in gioco, che Camila l'avrebbe ferita ancora e che lei avrebbe ricambiato con la stessa moneta, ma prima di ricevere ulteriori colpi doveva sanare i precedenti.

«Perché avevo paura. Volevi sentirti dire una cosa che a me spaventava a morte. Quella frase non avrebbe cambiato niente! Io sarei partita ugualmente per Cambridge, tu non l'avresti accettato e ad oggi saremo allo stesso punto. Ho fatto un ultimo disperato tentativo, non perché non sapessi affrontare la situazione da sola, io ero in grado di farlo da sola! Volevo averti al mio fianco perché ero sicura di amarti, non per stemperare le mie paure.»

Lauren, forse stupidamente, le credette. Non era capace di mentire. La conosceva da molto tempo prima di divenire amanti e sapeva come si comportava Camila quando era costretta a dire una bugia. Adesso era sincera e quelle parole furono come delle bende per le sue ferite. Smise di sanguinare e respirò.

«E come pensi di organizzarti? Hai già fatto domanda per studiare qui, hai già cercato un appartamento, ne hai parlato con tua madre..? Non è una cosa che si attua da un giorno all'altro.» Precisò Lauren, portando le braccia conserte per mantenere l'atteggiamento distaccato che aveva leggermente levigato.

A Camila non sfuggì quel mutamento nella voce, percepì di aver sgretolato uno dei tanti muri che la separavano da Lauren. Di soppiatto, si avvicinava al cuore dell'amica. È così che ci si affianca a qualcuno o si rimedia ad un errore: passo dopo passo, silenziosamente, pazientemente.

«Ho già una stanza qui... e una coinquilina.» Roteò gli occhi al cielo, il che fece intuire a Lauren che questa coinquilina non andasse molto a genio a Camila.

«Devo ancora dirlo a mia madre, ma glielo dirò, con calma... Adesso voglio pensare a stabilirmi qui. Certo, sempre se tu mi vorrai.» Era una domanda implicita che non ricevette risposta.

Camila alzò le sopracciglia ed abbassò leggermente il mento verso il basso, come per risultare più limpida, ma Lauren era talmente tramortita da tutte quelle informazioni che non colse l'evidente richiesta della cubana.

«Lau, vuoi che resti?» Fu diretta l'amica. Pronunciò quella frase con un filo di voce, come se avesse perso tutto l'ossigeno nella probabilità che la risposta fosse negativa.

Lauren si guardò attorno, persa. Farfugliava qualcosa di incomprensibile, la fronte aggrottata come appesantita da una marea di dettagli da processare e analizzare; gli occhi adombrati dalla confusione che risuonava in lei. Camila poteva quasi udirla, quella confusione.

«Lauren. Se non vuoi, io lo capirò, ma avrei bisogno di saperlo perché..»

Non terminò la frase che la corvina le afferrò le guance fra le mani e la baciò. Fu un bacio lungo, intenso, a tratti passionale e irrequieto, altre volte più lento e per niente esigente.
Un po' come il loro rapporto che variava di giorno in giorno, tramutava assieme ai loro sogni che erano sempre in movimento.

C'erano ancora cose indiscusse che dovevano affrontare, problemi da risolvere e sopratutto da capire, ma per ora si erano ritrovate e proseguivano sulla stessa strada, per una volta.

L'importante è cominciare, ciò che avviene dopo sono solo ipotesi che riguardano un futuro prossimo che non ci integra, non ancora. Giorno dopo giorno, cominciare, senza distaccarsi dal presente. E loro stavano vivendo, in quel momento, senza pensare alle conseguenze e a ciò che le attendeva.

«Avevo un appuntamento stasera, disdico?» Scherzò Lauren, avvertendo la punta del naso di Camila arricciarsi, contrariata.

«Direi.» Soggiunse in tono fermo, per niente divertito.

«Dovrei temerla?» Chiese con aria sconsolata la cubana, abbassando lo sguardo sulla punta delle scarpe.

Lauren poggiò due dita sotto al suo mento e le riportò lo sguardo dentro al suo. Sorrise «Non c'è nessuno che possa competere con te.»

Il volto di Camila si rilassò visibilmente, il timore che le increspava le labbra in una smorfia adesso era scomparso e sul suo volto si era disegnata una linea ricurva che assomigliava ad un sorriso malizioso. Si tolse la giacca, sganciò uno ad uno i bottoni della camicetta, mantenendo lo sguardo fisso in quello di Lauren.

«Invece di sparlare delle ragazzine che ti hanno fatto la corte..» Avanzò verso la corvina, le scostò i capelli dal collo e le sussurrò all'orecchio «Dovresti pensare ad altro.»

Le mani di Lauren strinsero immediatamente i fianchi di Camila, attirandola a se. Le punte dei loro nasi si scontrarono ed entrambe sorrisero divertite, notando il guizzo di cupidigia rifulgere negli occhi l'un dell'altra.

«Che cosa vuoi, Camz?» Mormorò Lauren contro la sua guancia, disseminando baci lungo i lineamenti dell'amica.

«Toglimi tutto.» Ingiunse Camila, ricevendo l'approvazione dell'amica.

Lauren sorrise.

Era proprio vero, certe cose non cambiano mai.






-Spazio autrice-

Ciao a tutti.

Allora. Siamo alla fine di un'altra storia. Per me è impensabile, però ok😅 Spero che vi sia piaciuta! Non penso di dover spiegare molto, ma mi dilungherò solo in una breve delucidazione.

Lauren non prende in considerazione il messaggio che Camila le lascia prima di partire perché pensa che sia troppo facile accorgersi di amare qualcuno quando lo si sta perdendo, presume che Camila le dica quella frase solo per non partire da sola. Ma non è così, perché tutti sappiamo che Camila aveva solo paura di rendere reali dei sentimenti e poi di non poterlo condividere con Lauren, che aveva espresso il chiaro intento di non volere una relazione a distanza.

Dopo qualche tempo, Camila si rende conto che le cose non vanno. La scuola le piace, il posto pure, ma quello non è più il suo sogno perché qualcosa dentro di lei è cambiato, è cresciuta ed è mutata e con lei anche le sue ambizioni sono diverse. Camila fa un ragionamento giusto, dice che se Lauren fosse partita con lei cinque mesi prima, non sarebbe mai arrivata a quella conclusione e probabilmente ad oggi non starebbero insieme, invece adesso ha la certezza di voler essere esattamente dov'è. Con Lauren.

Alla faccia della breve spiegazione!

Non so se di Just Friends ci sarà un epilogo, ma se trovassi il tempo mi farebbe piacere scriverlo. Vi farò sapere :)

Vabbè, comunque anche questa storia è finita, ma ne sta per iniziare un'altra.
Ho bisogno di un po' di tempo per scrivere alcuni capitoli perché è un po' più impegnativa... Perciò non credo che ci rivedremo prima di una o due settimane. Però io vi aspetto!

La trama la lascio qui sotto, spero che vi piaccia.

A presto.

Lauren ha commesso un omicidio per il quale è stata incriminata. Ha già scontato cinque anni di pena, ma il giudice l'ha condannata a morte e fra pochi mesi dovrà pagare per ciò che ha fatto.

Camila è una ragazza giovane, laureata. Ha sempre lavorato nelle carceri come psicologa, ma non ha mai fronteggiato un'omicida.

Che cosa succederà quando le due si ritroveranno nella stessa stanza, per un'ora, due volte a settimana?

Lauren non ha mai rivelato la natura del suo gesto, ma Camila sembra intenzionata a scoprire il perché.

Cambieranno le sorti apparentemente già scritte?

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