Capitolo 3
Camila's pov
Uscii dalla scuola con la testa pesante. Non potevo credere a ciò che era scoppiato in classe. Forse avevo sognato? E se nel caffè di stamani ci fosse stata della droga e avessi avuto delle allucinazioni? No ok, era troppo impensabile persino per me.
Era successo davvero.
Sapevo di provare attrazione per le donne. L'avevo capito a Seattle, l'anno prima. Frequentavo la terza liceo, ero un'ottima alunna, quando una nuova ragazza si presentò alla classe e non riuscì più a studiare. La sognavo. Un giorno mi spinsi oltre e la baciai, lei all'inizio ricambiò, ma poi il quarterback della squadra le chiese di uscire e ciao ciao Camila.
Adesso stavo ripetendo la terza superiore per colpa sua, perché dopo che mi lasciò non frequentai più la scuola e venni bocciata.
Stavo camminando per strada, pensando alla bizzarra situazione di prima quando il mio telefono vibrò nella tasca dei pantaloni. Lessi il nome sullo schermo...Papà!
«pronto, papà?» risposi euforica. Non lo sentivo da mesi e mesi. I miei si erano divorziati quando ero ancora molto piccola. Avevano mantenuto dei buoni rapporti, ma papà si era trasferito per lavoro. Era sempre molto impegnato e lo sentivo raramente.
«Ciao Camila! Come stai? Com'è andato il primo giorno di scuola?» bella domanda. Non c'era un aggettivo vero e proprio per descrivere quella giornata.
«Ah...movimentato.» risposi sorridendo sotto i baffi. Mio padre parlava con la sua segretaria mentre era al telefono con me, non mi rivolgeva mai tanta attenzione, ma cercavo di farmela bastare perché sapevo quanto contasse per lui il lavoro. Era praticamente tutta la sua vita.
«Uh...si...sono contento che sia andata bene piccola stella! Spero che il secondo vado meglio.» Appunto. Chissà cosa aveva capito. Non importava, intanto si era ricordato che quello era il mio primo giorno di scuola e mi aveva davvero sorpreso, dato che le altre volte non aveva mai chiamato.
«Il prossimo mese verrò a Miami per firmare un importante contratto.» Fece una pausa per dare indicazioni alla sua segreteria e poi tornò a parlare con me. «Mi fermerò per un mese circa. Non vedo l'ora di vederti passerotto. Adesso devo scappare. A presto.» Attaccò.
Ero contenta che mio padre venisse a trovarci, anche se mi sentivo molto nervosa, perché lui non era al corrente del mio orientamento sessuale e avevo promesso a mia madre che gliene avrei parlato appena l'avrei rivisto. Non sarebbe stato facile intavolare un argomento del genere, avevo molta paura della sua reazione, lui che aveva sempre parlato di un matrimonio in grande con Shawn, il ragazzo che lavorava come suo braccio destro. Dannazione. Rincasai con qualche ora di ritardo e ovviamente mia madre mi venne incontro sofferente. «Oddio mija! Ma dove diamine sei stata?! Mi stavo preoccupando.» era una mamma molto apprensiva. Mi controllò meccanicamente, cercava segni di aggressione, o forse si assicurava che fossi veramente sua figlia e non un clone alieno. «Mamma mi sono fermata a scuola per..per prendere gli orari, solo che c'era una fila pazzesca.» Mi inventai una scusa, la prima che mi venne in mente, la più decente che riuscì a pensare. «Grazie al cielo stai bene. Com'è andata a scuola?» dapprima mi abbracciò sollevata e poi sorrise incuriosita. «Bene...tutto nella norma.» scrollai le spalle con disinvoltura.
Sono semplicemente finita in detenzione il primo giorno è una professoressa ha cercato di stuprarmi, tutto normale no?
Aggiunse il mio subconscio, che misi a tacere immediatamente. Se avessi potuto gli avrei tirato un pugno a quel bulletto.
«Senti tesoro mi ha chiamato papà..» Prima che potesse dire alto la fermai velocemente e la misi a corrente che anch'io avevo ricevuto notizie di papà e che sapevo del suo arrivo in città. «Ti senti pronta dunque?» chiese con quella voce materna capace di scavare all'interno dei tuoi più profondi pensieri. «Ho paura che reagirà male, ma si...so di doverlo fare.» risposi e sollevai le spalle con una certa sicurezza. «Sono fiera della donna che sei diventata.» stampò un bacio sulla mia fronte e si precipitò in cucina a prendere una fetta di torta al cioccolato. Anche quella era una tradizione per noi: ogni volta che tornavo dal mio primo giorno di scuola trovavo una torta fatta in casa. Impossibile rifiutare di mangiarla, un po' come quando si va a mangiare dalla nonna: guai a te se dici "non ho fame:" Potrebbe essere l'inizio della terza guerra mondiale.
Il telefono vibrò nuovamente nella mia tasca. Un numero che non conoscevo, inizialmente pensai, azzardo a dire che sperai che fosse Lauren, invece riconobbi subito la voce squillante di Val.
«Sei sopravvissuta?! Dimmi che non ti ha torturato troppo, quella donna mette i brividi.» Sapessi a me che brividi mette, pensai entrando in camera e mi tolsi lo zaino dalle spalle poggiandolo a terra.
«E' andato tutto bene...ma eviterò punizioni future.» Forse. Quella giornata mi aveva lasciato l'amaro in bocca e non riuscivo a contraddistinguere se fosse un sapore acerbo, o semplicemente insoddisfatto. Insomma mi aveva lasciato seduta come una cogliona, a metà dell'opera. Non farebbe piacere a nessuno.
«Sempre meglio della mia giornata. Quando sono salita sul bus delle ragazze ridevano di me per colpa del colore dei miei capelli, una di loro si è anche avvicinata e mi ha deriso davanti a tutti. Io non riesco mai a difendermi! Odio la parte succube di me!» Potevo sentire la sua voce farsi sempre più strozzata, come se avesse un groppo in gola, delle lacrime accumulate. Sapere che Val, l'unica amica che avevo dentro la scuola, era stata presa in giro solo per il gusto di divertirsi mi diede alla testa. Se ci fossi stata io, adesso quelle ragazze sarebbero incapaci di parlare ancora. Dopo aver conosciuto tanta gente, visitato diversi luoghi, sapevo come difendermi e non avevo paura di rispondere a tono, o sfoderare un pugno sui denti delle oche.
Perché non l'avevo fatto con Lauren? Cosa mi aveva fermata dallo spingerla via? Mi ero addirittura abbassata al suo livello, implorandola di fare sesso con me. Dio non mi riconoscevo più!
«Cazzo Val mi dispiace. Se ricapitasse in mia presenza non saranno più così contente di fare le stronze con te.» La rassicurai e sentii un leggero sospiro, che assomigliava ad un fiacco sorriso, dipingersi sulle sue labbra.
«Sono fortunata ad avere un'amica come te.» disse spontaneamente. Non ero molo sicura che potessimo definirci "amiche", insomma ci conoscevamo nemmeno da un giorno, però anch'io ero felice di poter condividere la nuova esperienza scolastica con una ragazza come lei.
«Adesso ti lascio. Devo farei i compiti per domani...» Improvvisamente mi ricordai delle pagine di scienze che aveva assegnato la Jauregui. Dovevo studiare se non volevo beccarmi un'altra punizione...O forse avrei potuto farmi trovare impreparata e terminare l'incontro...NO! Ma che stavo dicendo?!
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