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Capitolo Ventiquattro


Sbatté le palpebre come se un battito in più potesse cambiare immagine o addirittura cancellerla, ma Lauren era ancora troppo vicina a Camila per dimenticare le sue mani su di lei.

Shawn ammezzò la distanza con un passo più lungo del suo respiro mozzato, ma prima che il suo piede calpestasse un altro metro di pavimento e la sua mano si serrasse troppo ermeticamente per fargli cambiare idea, Camila si lanciò in mezzo al suo cammino, opponendosi alla sua rabbia semplicemente con l'ausilio dei palmi.

«No, Shawn!» Era solo per la paura che Lauren venisse colpita che aveva trovato un briciolo d'ossigeno, altrimenti non avrebbe avuto modo di parlare.

«Spostati.» Non sapeva se il fremito provenisse dai muscoli del ragazzo o dai suoi stessi palmi. Dallo sguardo di Shawn, però, fisso sulla figura alle sue spalle, non ci voleva molto per indovinare.

«Non farlo, per favore.» Con la risacca del suo respiro tentava di aprionare le pupille, cosicché potesse vedere la sua disperazione piuttosto che la spalvederia di Lauren.

«Spostati, Camila.» Le sue labbra tremarono anche quando gli occhi caddero cautamente su di lei, ma non sembrò più un arco pronto a scoccare, più che altro assomigliava ad un palazzo sul punto di crollare.

«Non farle del male, ti prego. Parliamo, ok?» Deglutì senza avere davvero niente da dirgli. O forse le parole erano talmente tante che non sapeva più quali fossero reali e quali invece erano sopraggiunte solo per allentare il pugno serrato lungo il suo fianco.

Lauren avanzò un passo alle sue spalle. Non voleva provocarlo quando Camila era così vicina, ma non se la sentiva nemmeno di restare lontana per lo stesso motivo. La cubana rimase in prima linea contro la trincea labiale di Shawn, ma la mano di Lauren scivolò sul suo bacino, pronta a intervenire in caso il palazzo, crollando, avesse minacciato di cadere addosso a lei.

«Sei morta, Lauren. Cazzo, credimi, io...»

«Shawn.» Il tono di Camila aveva perso qualsiasi ombra di supplica. Se prima era dispiaciuta per ciò che aveva visto, ora non provava più niente se non la voglia di intrecciare le dita a quelle di Lauren. «Parliamo.» Non ammetteva repliche, e per la determinazione che il suo sguardo trasmise a quello già più cedevole di Shawn, Lauren comprese che aleggiava qualcosa di non detto che riuscì a sciogliere la tensione sulle nocche del ragazzo.

«Parliamo, ma lei se ne va.» Tutti i muscoli del suo volto erano ancora una maschera di tremori quando sfioravano il volto della corvina.

«Col cazzo che la lascio da sola con te.» Sentenziò Lauren, incurante dell'armistizio apparente. Avrebbe preferito prendere un cazzotto, che togliere la mano dal fianco di Camila, unico appiglio sicuro a suo dire.

Quando la cubana si voltò, l'altra sapeva già cosa stava per chiederle e quindi scosse la testa.

«Solo per poco. Va tutto bene, non preoccuparti.» Aveva un sorriso genuino anche quando la situazione le sfuggiva di mano. Forse Alejandro poteva soltanto preoccuparsi o sentirsi orgoglioso.

Le iridi della corvina fecero spola fra Camila e Shawn, il suo viso non divenne più di un telo marmoreo.

«Va tutto bene.» Ripeté Camila, annunendo flebilmente, mentre con cura afferrava il suo polso per allontanarlo da lei prima che fosse troppo tardi per fare dietrofront. Lauren si lasciò guidare solo perché era Camila a farlo.

«Se ti azzardi a...» Minacciò quando le sue dita lambirono soltanto l'aria e le parole furono l'unico mezzo di difesa.

«Non le farei mai niente di ciò che farei a te, brutta...» Ribatté Shawn, ma Camila lo interruppe.

«Ok. Ok.» Pacificò, con gli occhi ancora incollati in quelli di Lauren. Leggeva ardore nel suo sguardo, ma incertezza nei suoi piedi.

«Sarò nei paraggi.» Annunciò pacata, ma con la stessa risolutezza di chi non girava mai senza una pistola carica nella fondina.

Shawn riuscì a farla passare solo voltando lo sguardo dall'altra parte. Portò gli occhi su Camila dopo che l'uscio si fu chiuso, e fu subito palese il cambio d'espressione. «Perché, Camila?» Aveva il sentore che non l'avrebbe chiamata "Mila" per un un bel po'.

«Non lo so,» scosse la testa, costringendosi a non distogliere lo sguardo almeno ora che stava dicendo la verità. «Se lo avessi saputo non lo avrei fatto.» Non stava mentendo. Se avesse conosciuto il modo per stare lontana da lei e rendere le cose più semplici a tutti, lo avrebbe usato.

Le giustificazioni di Camila non confortavano il respiro di Shawn. «Da quanto tempo?»

«Qualche mese.» Incassò le spalle.

«Prima o dopo il tuo compleanno?» Non aveva ancora alzato gli occhi più in alto delle sue ginocchia.

«Vuoi sapere quando è sucesso, o quando ho desiderato farlo la prima volta?» Le si ruppe la voce, ma non fu sufficiente per impedire a Shawn di voltarsi di spalle e non bagnarsi le guance.

«Shawn, io..» Lei non aveva niente da dire, ecco la verità. O se ce lo aveva, non c'era un modo per dirlo che non lo ferisse. E questa era la causa principale delle sue lacrime.

«No,» virò di scatto la testa, come se d'improvviso il dolore fosse durevole non più di un'impronta sulla pelle bruciata. Ora era il rossore a ustionare. «Non è colpa tua. Tu sei stata catapultata in un mondo che hai fatto fatica persino a capire. La colpa è di quella stronza, che si è approfittata di te! Ma non la passerà liscia, non stavolta!» Quando stavolta fece per andarsene, Camila sapeva già dove voleva approdare, e per questo lo trattenne con tutte le forze che aveva.

«No, Shawn! Non farlo, non dirlo a mio padre. La ucciderà. Non puoi farlo.» Adesso le lacrime scorrevano per ciò che si figurava perdere.

«Ma non capisci? Questo risolverà i nostri problemi, amore.» Le sue mani si schiusero fiduciose sulle gote della cubana, ma questo non smisero di irrorarsi.

«Il nostro problema non è Lauren. Il nostro problema sono io.» Aveva aspettato due anni per sentirsi dire quelle famose parole che Camila non ricambiava mai. Non poteva accettare di sentirsi dire totalmente l'opposto proprio adesso.

«Sta' zitta, non è vero. Io e te possiamo..» Avvicinò le labbra per fargli capire cosa intendeva, ma la cubana, invece, si allontanò per lasciargli intendere cosa voleva lei.

Gli occhi del ragazzo caddero nelle iridi incupite ma decise di Camila. Era come essere finito in una tenaglia: non poteva liberarsene senza sanguinare. Ma proprio perché tutte le sue ferite erano aperte, non aveva più niente da perdere se non la dignità, e di quella non se ne curava più. «Lo dirò ad Alejandro. Lui metterà fine a questa storia, che ti piaccia o no.»

Ma Alejandro non era lì. Camila si. E lei aveva ancora il controllo della situzione, le bastava stabilizzare il tono della voce e smetterla di commiserarlo per metterlo a tacere. «Se glielo dirai, io gli dirò di Miranda.»

Il pomo d'adamo del ragazzo non vibrava più per l'arroganza. Fremette solamente per il groppo che dovette ingoiare senza sussultare. «È stato tempo fa...» Provò a giustificarsi, ma ogni motivazione lo rendeva solo più consapevole del silenzio che doveva seguire. «È stato solo un bacio, solo...»

«Io ti ho coperto, però. Se dirai quello che hai visto a mio padre, io gli dirò ciò che so su di te. Allora vedremo di chi si fiderà di più.» Camila sostenne strenuamente il sguardo, cancellando ogni residuo di colpa con il battito delle ciglia.

Shawn rimase a fissarla fremendo di rabbia analfabeta. I suoni monocorde esprimevano tutto ciò che avrebbe voluto dire, mentre i tremori ne espressavano l'inutilità. Nemmeno l'indice puntato poté avere l'ultima parola contro la postura determinata della cubana. Shawn se ne andò a grandi falcate, chiudendo la porta con un colpo sordo alle sue spalle.

Camila riprese fiato, e finalmente si concesse di chiudere le palpebre e sdraiarsi sul letto.

*****

La villa era abbastanza grande per perdersi, ma Lauren non aveva idea di dove andare. Non le era mai capitato di doversi ritirare da una stanza con il peso delle conseguenze sul petto invece che nella fondina. Temeva che stancarsi le gambe non sarebbe bastato a farla smettere di camminare, e lo comprese la terza volta che transitò di fronte alla porta della cubana.

Alejandro aveva minacciato di piantarle una pallottola in testa e lei pensava se Camila stesse piangendo per Shawn o meno. Cazzo, Lauren, ma nemmeno passarsi una mano sulla fronte riuscì ad asciugare il sudore freddo.

Ripercorse la strada a ritroso, sperando di trovare aperto l'uscio al quarto giro. Non erano nemmeno le su gambe a portarla in giro, ma il bisogno di scappare dalla cacofonia dei suoi pensieri. L'afferravano come quando da bambina era troppo iperattiva per restare seduta a tavola, e sua sorella Taylor, nonostante fosse più piccola, la tratteneva per la maglietta. La sensazione era la stessa, più o meno, solo che stavolta, invece della mano della sorella, ci fu quella di Lucy, che l'attirò sul balcone.

«Come stai?» Dopo quello che era successo non erano riuscite a parlare, e a quanto pareva Lucy non aveva intenzione di andarsene prima di averlo fatto.

«Sto bene, non è successo niente.» Avrebbe voluto schiaffeggiarsi per il tono troppo duro che non sapeva smorzare.

«Stai bene solo perché Camila ti ha difeso.» Solo ora notava che negli occhi della ragazza non c'era ombra di apprensione. «Per la seconda volta.» Puntualizzò fermamente, lasciando la presa su di lei per portare le braccia conserte. «Perché?»

«Lucy, non ho tempo...» Tentò di sottrarsi, ma l'altra ribadì:

«Perché?» Se ne sarebbe andata se nello sguardo di Lucy non avesse intravisto quel luccichio che non poteva essere dovuto alle luci.

Sospirò senza sapere come riempirsi i polmoni. Perché non poteva essere tutto facile come sparare a un uomo?

Si limitò a sostenere il suo sguardo e questo fu abbastanza per strapparle un rantolo gutturale.

«Lucy, mi dispiace. Tu lo sai che ci tengo a te, ma non posso tenerci più di quanto già faccia con tutti gli altri.» Lei era una vera amica, ed era stata una pessima decisione quella di mischiare sentimenti e amicizia come un cocktail con troppo alcol. Non aveva calcolato che Lucy sarebbe rimasta ferita, ma d'altronde era quello che sapeva fare meglio, quindi non doveva esserne troppo sorpresa.

«Come tutti gli altri...» Sorrise sardonica, scacciando via le lacrime come se fossero spilli. «Vuoi farmi credere che mentre te ne stavi con una pistola puntata alla testa e Camila con un'altra alla tempia, era per la tua vita che tremavi tanto?» Scosse la testa già prima che la corvina rispondesse, come se le menzogne attecchissero solo sulle labbra di chi ora farfugliava.

«Lascia perdere.» E per la prima volta quella sera sentì di fare la cosa migliore per entrambe lasciandola andare.

Fumò una sigaretta prima di tornare al punto di partenza. L'uscio era ancora serrato, però regnava il silenzio dall'altra parte. Accostò flebilmente la mano e spinse ancor più piano. La cubana era distesa sul materasso, sfinita. Guardava il soffitto come se fosse l'unica cosa capace di non rovinare. Lauren si approssimò senza far rumore e si accomodò al suo lato. Camila la ignorò per qualche istante, poi si voltò sul fianco e aspettò che l'altra facesse lo stesso.

Gli smeraldi di Lauren la trafiggevano ogni volta, ma quando erano così vicini si sentiva percuotere il petto indicibilmente. Sospirò fiacca, ma non abbastanza fiacca da non allungare il braccio verso la sua vita. Lauren le scostò una ciocca di capelli dal volto e, mentre Camila si stringeva a lei, la corvina le depositò un bacio sulla fronte.

Non sapeva ancora cosa le stesse domandando, ma sapeva che avrebbe dovuta lasciarla andare. Solo non pensava sarebbe stato così presto...

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