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Capitolo Trenta

Oggi doppio aggiornamento alle 18!

Buona lettura!

Odiava immergersi sott'acqua, perché aveva il terrore di morire in apnea. Una volta aveva sognato di nuotare fino in fondo al mare, ma poi, quando voleva tornare a galla, la superficie era divenuta di vetro. Provava a colpirla abbastanza forte da creparla, ma poi le sarebbe bastato avere abbastanza potenza anche solo per farsi sentire dalle barche che veleggiavano sopra le onde, ma era come se nessuno potesse udirla. Si era svegliata sudata e senza respiro, proprio come si sentiva adesso, solo che non era appena scappata da un brutto sogno, no: aveva appena messo piede nel peggiore degli incubi.

Gridare sarebbe stato utile come colpire il vetro nel suo sogno. Nessuno poteva salvarla.

Si era seduta sul letto, incapace di ragionare, riflettere o prendere una decisione.

La donna che qualcuno minuto prima si era addormentata accanto a lei non esisteva. Non era mai esistita.

Lauren si era avvicinata solo per ferirla. Per rapirla. Letteralmente.

Non era il senso di pericolo a toglierle il respiro, ma l'idea che il pericolo fosse Lauren.

Era una bugia, cos'era? Cosa...

Mentre raccoglieva le idee, o perlomeno cercava di farlo, la corvina rientrò nella stanza. Era stata esposta al vento serotino, ma era Camila a tremare.

«Camz, che succede? Stai bene...» Si avvicinò a lei, ma la cubana saltò all'indietro come le sue mani che tanto desiderava ora fossero spade.

«Non toccarmi.» Fece fatica ad alzare lo sguardo dal tappeto. Gli occhi di Lauren apparivano perplessi, ma quando da quelli di Camila sgorgarono lacrime amare, comprese che si era svegliata giusto in tempo per assistere allo spettacolo delle sue bugie.

«Camila, adesso ti spiego.. Devi calmarti.» Il tono della sua voce si appiattì, stabile come la mano di un chirurgo.

«Calmarmi?! Tu... Tu.. Oh mio dio, non riesco a respiare.» Quello di Camila, invece, fremeva come un paziente epilettico.

«Prendi aria, per favore. Devi...»

«Non avvicinarti!» La cubana balzò all'indietro, e solo allora Lauren notò che il suo unico scudo era formato dalle mani tremule. Una volta, durante una missione, era stata disattenta e si era beccata una coltellata. Aveva fatto meno male la lama di ferro che vedere Camila temere la sua vicinanza.

«Va bene, non mi avvicino. Ok? Non ti toccherò.» Era la prima volta che alzava le mani. Nemmeno davanti alla pistola di Alejandro aveva avuto la decenza di farlo. «Resto lontana, non ti faccio niente.»

Camila lentamente riprese ossigeno. L'aria che arrivava ai polmoni non era sufficiente per calmare il battito cardiaco, ma per diluire la paura in lacrime sì. «Perché, Lauren? Perché mi hai fatto questo?» Singhiozzò.

«Camila, io non avrei mai voluto tutto questo.» Ed era vero. La prima volta che l'aveva vista, l'unico pensiero che aveva fatto su di lei era stato quanto spago sarebbe servito per tenerle legate le mani quando i suoi uomini l'avrebbero rapita. Ma poi le mani se le era legate lei.

«Tu.. Sei stata tu. Sei sempre stata tu!» La rabbia palpitava nella sua voce, ma il rossore non riusciva a scalfire le guance rigate.

«Ti posso spiegare.» A quel punto dell'operazione poteva solo intervenire per bloccare l'emorragia, ma non era sicura che il drenaggio sarebbe stato abbastanza.

«Cosa c'è da spiegare? Cosa?! È tutto fin troppo chiaro.» Camila preferiva continuare a sanguinare che lasciarsi salvare da lei.

«Non lo è.» Rispose calma, con le mani ancora sollevate in aria.

«Certo che lo è. Volevi mettere fuori gioco mio padre, e quale miglior modo se non rapire sua figlia? Venire a letto con me è stato un colpo da fuoriclasse.» Scuoteva la testa come se non l'avrebbe mai più guardata nello stesso modo.

«Camila, non è andata così. Devi lasciarmi spiegare.»

«Voglio sapere perché!» Solo perché non aveva più lacrime non significava che non stesse ancora piangendo.

«Te lo dirò. Te lo dirò.» Assicurò la corvina, fissandola negli occhi. Non voleva più essere toccata da lei, ma gli smeraldi della donna potevano ancora sfiorarle la pelle. E sentiva che era sincera.

«Bene...» Si asciugò le ultime guance per affrontarla a viso aperto. «Ti ascolto.» Portò le braccia conserte e solo allora quella di Lauren ricaddero pesantemente lungo i fianchi.

La corvina inspirò profondamente. Ciò che stava per dirle avrebbe cambiato la vita di tutte e due.

«Dovevo farlo. Tuo padre non è l'uomo che credi sia. Il suo impero non è basato sui soldi, ma sulle bugie. Quando ho iniziato questo lavoro, l'ho fatto per mio fratello. Aveva dei debiti per cazzate varie ed era troppo incasinato con la dipendenza per pensare a pagarli. Ho iniziato a spacciare solo per aiutarlo, ma evidentemente ero brava in ciò che facevo e qualcuno mi ha notato. Poi qualcun altro, e qualcun altro ancora... Fino ad arrivare ad Alejandro. Quando mi ha proposto un incarico, ho rifiutato. Non volevo questa vita per sempre, volevo solo aiutare mio fratello. Lui sembrava aver capito e mi ha lasciato andare. Ho ripagato il debito di Chris, l'ho inserito in un centro riabilitativo, e me ne sono andata. Una settimana dopo mia sorella e mia madre sono morte in un incidente stradale. Mio padre non ha retto il colpo. Non avevo più niente da perdere, o qualcuno ds chi tornare a casa. Sono tornata da Alejandro e ho accettato l'offerta.» Fece una pausa per riprendere aria. Sembrava che la parte difficile dovesse ancora arrivare.

«Ho conosciuto Normani, Keana, Lucy e tutti gli altri. Tutti, Camila. Ho conosciuto tutti e nessuno di loro non aveva subito una perdita. A Normani era morto suo fratello, l'unica persona della sua famiglia con la quale avesse ancora rapporti. A Keana sua madre, a Lucy suo padre e suo fratello. E tutti loro erano stati salvati da Alejandro. Che caro uomo, non ti pare? Forse un po' troppo per crederlo reale.» Gli occhi di Camila erano ancora socchiusi, come se non capisse dove stesse andando a parare. «Tutti incidenti, morti naturali, niente di cui sospettare. E perché, Camila? Perché? Perché noi eravamo i migliori, eravamo quelli più svegli, più perspicaci, più abili. Lui non poteva perderci e l'unica cosa che ci separava dalla sua villa erano le nostre famiglie.» La corvina lasciò che l'informazione saturasse la stanza.

Camila scosse la testa: «No, non hai prove. Non puoi accusarlo, non sai se...»

«Lo so, Camila! Come lo sanno tutti gli altri. Come lo sai anche tu. Tuo padre sarebbe capace di uccidere anche con una pistola scarica, pur di mantenere il controllo.» Anche se l'altra continuava a scuotere la testa, i suoi occhi si erano tinti di paura.

«Non ci credo. Non può. Lui non lo farebbe mai.»

«Solo perché tu vedi tuo padre, non Alejandro.» Concluse Lauren, e il movimenti spasmodico della cubana si arrestò. Dovette prendersi qualche secondo per permettere all'aria di circolare nel suo organismo.

«Anche se fosse, voi non siete migliori di lui. Volevate uccidermi e io sono innocente.» Adesso la voce non le tremava più, ma quando Lauren faceva un passo verso di lei, indietreggiava.

«Non volevamo ucciderti. Non lo avrei permesso a nessuno. Volevamo rapirti e chiedere il riscatto. Volevamo chiedere un riscatto alto, molto alto, per risarcire tutte le persone che avevano subito un lutto a causa di tuo padre.» Svelò la corvina, ma il suo spirito da Robin Hood non migliorò le intenzioni di fondo.

«Tu mi avresti rapita?» Chiese con voce rotta la cubana. Lauren serrò la mascella per annuire.

«E allora perché non l'hai fatto? Perché mi hai salvato il giorno del mio compleanno?!»

«Abbiamo aspettato un anno, da quando lo abbiamo scoperto, per mettere insieme una squadra esterna e interna, per raccogliere idee e capire non solo come colpirlo, ma come distruggerlo. Quando sei entrata in scena tu, non avevamo dubbi su come fare. Hanno fatto irruzione la prima volta non per rapirti, era ancora troppo presto. Prima dovevamo arrivare alla reputazione di Alejandro. È servito solo per far sì che ti fidassi di me e che nessuno dubitasse della mia posizione in futuro. Se avessi avuto la tua fiducia, lui non mi avrebbe mai toccato. Ma poi le cose sono cambiate e abbiamo dovuto modificare piano.»

Camila corrugò la fronte, interdetta, poi, per la prima volta, riuscì a fare un calcolo e a tirare le somme. «La valigetta. Sei stata tu.» L'ultimo filo di voce aveva lasciato le sue labbra come un addio impronunciabile. Un addio alla persona che immaginava fosse e che invece non era.

«Si, sono stata io. L'idea di rapirti è stata scartata quando ho capito che non ce l'avrei fatta. Non ce l'avrei fatta. Abbiamo sparato quella mattina solo per indurre tuo padre a darci ciò che volevamo. I soldi. Era il nostro piano B. Volevamo portare a termine ciò che avevamo iniziato.» La sua voce si ruppe solo per un istante. «Camila, non ce l'avrei fatta.»

«I tuoi uomini, sono morti.. Loro...»

«Sono morti per colpa tua. Sarebbe andato tutto liscio se non fossi tornata indietro.» Adesso capiva perché quella mattina le aveva urlato contro. E lei che, per un attimo, uno stupidissimo attimo, aveva creduto si preoccupasse per la sua incolumità, quando invece era lì sola a minacciarla.

Camila, comunque, provava troppe emozioni contrastanti per soffermarsi solo su una di esse. L'unico filo che seguiva era quello dei suoi pensieri, più incasinati di qualsiasi sentimento. «Ma... Ma se vi aveva dato ciò che volevate, perché mandare tutto all'aria?»

«Perché volevamo anche qualcos altro. La sua reputazione. In più, abbiamo chiesto meno soldi di quanto avremmo chiesto per il tuo riscatto. Screditandolo sapevamo che ci avrebbe offerto molto di più, non poteva perdere la faccia davanti ai suoi affiliati. Una volta data la parola, doveva portarla fino in fondo, a qualsiasi costo. E se non fosse stato per questo, comunque avrebbe pagato anche solo per tenerti al sicuro.» Confessò.

«Certo, ma sapevate anche che questo avrebbe messo te in pericolo che...» Improvvisamente la cubana capì. Solo perché il letto era troppo lontano, altrimenti avrebbe dovuto sedersi. Rimase in piedi solo per miracolo.

Lauren abbassò lo sguardo. Non sopportava vederla così. «Tu lo sapevi, il rischio che correvi.» Bisbigliò Camila.

«Si,» prese un bel respiro. Non che fino a quel punto fosse stata una passeggiata, ma adesso arrivava la parte più complessa. «Ma sapevo anche che mi avresti salvato.»

Camila non aveva premuto il grilletto quel giorno, ma ora si sentiva come se l'avesse fatto Lauren al posto suo. Lo stomaco le si attorcigliò, lasciandole poco più che un respiro... «Io mi sono puntata una pistola alla testa per te.» ...E decise di consumarlo per i suoi rimorsi.

«Lo so.» Le lacrime le gonfiarono lo sguardo. Non c'era perdono che potesse implorare.

«Io avrei sparato.» Anche le guance della cubana tornarono a irrigarsi.

«Camila...» Provò a fare un passo nella sua direzione, ma la cubana si ritrasse come se davanti a lei ci fosse solo il nemico.

«Hai usato il mio amore per te per distruggere mio padre.» Le sue labbra tremavano di rabbia, i suoi occhi di tristezza, le sue mani di paura, e le sue parole di delusione.

«No, questo no. Mai. Non ti abbiamo rapita perché mi sono innamorata di te anche io.» Adesso aveva davvero bisogno di stringerla, ma i suoi piedi arretravano ogni volta. Aveva paura che non l'avrebbe sfiorata mai più.

«Non è vero. Tu non puoi provare per me un sentimento sincero che non sia legato ai tuoi interessi.» Sputò mordace. L'unico antidoto che conosceva per rimuovere il veleno dalle sue vene, era quello di sputarlo addosso a lei.

«Non è così. Camila, non potevo deludere tutte quelle persone. Hanno perso tutto ciò che avevano.»

«Anche io.»

Lauren emise un sussurro rotto. Sapeva che si sarebbe avvicinata avrebbe quantomeno potuto provare a confortarla, ma Camila non glielo avrebbe mai permesso. Sarebbe stato come dare il coltello a chi l'aveva pugnalata. Era consapevole fin dall'inizio che non poteva uscire da quella situazione senza perdere qualcosa, ma aveva sempre puntato sulla sua integrità o scommesso sul suo sonno, non aveva mai creduto plausbile che vincere sarebbe stata in realtà la sua più grande sconfitta.

Per quanto amasse Taylor e i suoi genitori, probabilmente avrebbe lasciato riposare in pace le anime dei morti per prendersi cura di quelle dei vivi, se si fosse trattato solo di lei e della sua famiglia. Ma riguardava innumerevoli persone, persone che si erano affidate a lei per riscattare una ferita che non avrebbe curato il tempo ma solo la vendetta. Ecco perché non riuscì a scusarsi quella notte oltre tutte le lacrime versate.

«Va bene,» addusse infine, annunedo impercettibilmente verso pensieri che non parevano più lucenti del buio della notte. «Va bene se non mi vuoi più, se non ti fidi di me. Va bene.» Incassò le spalle per convincerla e le labbra per non piangere. «Va bene, ma solo se prometti di credere in quello che c'è stato fra di noi. Perché ti giuro, Camila, che non avrei potuto fingerlo nemmeno se avessi voluto.» Se non poteva più rimediare al futuro, doveva almeno salvare il passato. Voleva che la cubana si addormentasse sapendo che non erano i suoi sogni la verità più reale che aveva avuto da Lauren.

«Ma l'hai fatto.» Le si spezzò la voce talmente lievemente che la corvina si chiese quando si sarebbe spezzata lei.

«No, Camz...»

«Non chiamarmi così.» Si asciugò le ultime lacrime rabbiosamente, come se volesse impedire a sé stessa di essere triste e imparare ad essere solo incollerita con Lauren d'ora in avanti. Tutto nella frazione di un gesto, ma effettivamente si portò via qualcosa più che solo le sue lacrime. «Non chiamarmi così.» Ribadì, ma stavolta la freddezza della sua voce non aveva più niente da spartire con il tremore rorido delle ciglia.

«Domani torniamo a casa. Tu prenderei le tue cose e te ne andrai. Tu e tutti i tuoi amici.» Non impugnava nessuna pistola, ma riconosceva quella ragazza: era la stessa che aveva rivolto le minacce ad Alejandro per salvarla.

«Non posso farlo. Devo portare a termine ciò che ho iniziato. Tuo padre ci darebbe la caccia poi...» Scosse la testa.

«Se non lo farai, lo dirò a mio padre e farà molto peggio che darvi la caccia.» Respirò a fondo perché concretizzare determinati pensieri era come immergersi sott'acqua, ma tanto ormai era in apnea da svariato tempo. «Vi ucciderà.»

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