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Capitolo Diciotto


«Camila, alzati.» Avrebbe voluto essere delicata, ma non si era mai ritrovata a dover svegliare nessuno prima di allora.

Solo al terzo mugolio le palpebre sfarallarono. «Che ore sono?» Non sapeva dire quando si era addormentata, ma era da un po' che non dormiva così bene.

«Non lo so.» La risposta le parve abbastanza strana da costringersi ad aprire gli occhi. «Tuo padre vuole che torniamo.» Il tono diretto di chi non voleva ripetere la stessa cosa due volte.

«Come? Di già?» Mentre si stropicciava gli occhi il pluviscolo diminuiva, schiarendo l'immagine della corvina seduta sul bordo del letto. La parte dove aveva dormito lei era già stata rassettata.

«Pensavo fosse una bella notizia.» Storse il naso. Forse la cubana era ancora troppo assonnata per saper distinguere la realtà dai sogni. Non era stata lei a lamentarsi per dover impacchettare le maglie?

«Lo è.» Annuì solennemente, ma si teneva le coperte al petto come se volesse dormire ancora cinque minuti, o cinque giorni.

Lauren la scrutò discreta, ma non comprese l'apparente malinconia della ragazza. Pensò che fosse una buona idea lasciarla sola mentre lei caricava la sua valigia nel bagagliaio. Camila non aveva mai disfatto la sua, e ora un po' le dispiaceva non aver riempito l'armadio, perché le avrebbe fatto gudaganre tempo. Indossò i vestiti più in superficie e si chiese perché lasciare una casa desolata, fredda e immersa nel chiurlare dei gufi richiedesse tanti sospiri.

«Sei pronta?» Lauren stava fumando la sua prima sigaretta della giornata. Era appoggiata contro l'auto e non aveva chiuso il bagagliaio, come se non aspettasse altro che dare gas e sgommare via.

Camila annuì, lasciò che la corvina si occupasse della valigia al posto suo mentre lei si accucciava contro il sedile, sperando di riaprire gli occhi al suo ritorno su una casa di legno. Durante il tragitto nessuna delle due fiatò, ma la radio rimase sempre sommessa, come se qualcosa da dire effettivamente ci fosse, ma non il modo giusto per dirlo. Se Lauren non avesse avuto la pistola nei jeans probabilmente l'avrebbe considerata una codarda.

Quando riaprì gli occhi, qualche ora dopo, i suoi desideri si infransero sulla facciata di marmo. Era stato tutto ristrutturato in poco tempo, gli unici segni del piombo erano conservati dai cespugli spelacchiati. Nemmeno a Shawn avevano mai fatto un taglio tanto pessimo. Fu proprio lui il primo ad accoglierla. Non era ciò che si era lasciata alle spalle a ingessarle il braccio mentre scendeva dall'auto, ma ciò che si era portata con sé.

«Mi sei mancata così tanto.» La strinse forte fra le sue braccia prestanti, mentre Lauren prelevava la valigia dal bagliaio e la depositava al suo fianco.

Camila rispose con un bacio, solo perché era l'unica risposta che non lo avrebbe ferito. E che non avrebbe ferito nemmeno lei. La corvina stava salendo le scale quando Normani, Lucy e Keana le andarono incontro. La cubana era ancora fra le mani del ragazzo, ma dentro di sé si faceva stringere da altre braccia. Non poteva credere di aver sprecato quattro giorni a evitare Lauren, e ora doveva ignorarla sul serio.

«Mila, tuo padre ha chiamato a raccolta tutti i suoi affiliati. Ha stipulato un accordo con loro solo per farti tornare.» Non riusciva a contraccambiare il suo sorriso con altrettanta genuinità, sopratutto se spostava lo sguardo oltre le sue spalle. «Insomma, si sono messi d'accordo per fare affari con la banda rivale. Tuo padre vuole consolidare il rapporto con una celebrazione, ma è solo una formalità.» Era veramente felice che i giorni delle pallottole, i giorni della paura fossero finiti. Camila, invece, non provava qualcosa oltre lo sforzo di non deluderlo.

«Ah, che bella notizia.» Gli carezzava il braccio come avrebbe carezzato la spalla di un amico sconfortato, solo che non era lui ad essere giù di morale. Comunque il suo entusiasmo fu solo una fortuna, gli permise di non scorgere la vacuità nel suo sguardo.

«Si, e stasera facciamo una cena per festeggiare. Metti il vestito migliore che hai.» Ammiccò, quindi sollevò la valigia e si avviò dentro casa. Le mancavano i tempi in cui credeva che le sue bretelle fossero carine. Era tutto più semplice allora.

Alejandro volle abbracciarla prima della serata in pubblico. Le chiese del viaggio, della permanenza, e rise sapendo che aveva gradito le sue scatolette di tonno. Anche lui ci tenne a specificare dettagliatamente in cosa consisteva l'accordo e come si sarebbe svolto. Disse che aveva smosso mari e monti, stretto promesse opulente, sciolto dissapori annosi per arrivare ad ottenere un risultato concreto, ma l'unica cosa che importava era rivederla. Il suo bacio sulla fronte la rasserenò un po', ma veder entrare Tom con il suo smoking stirato in mano la demoralizzò a sua volta.

Non aveva messo in valigia abiti eleganti, considerando che solo il prato e le betulle li avrebbero visti, così si diresse a colpo sicuro verso l'armadio. Aveva qualche vestito più accattivante, ma nessuno di quelli che prendeva in mano la convincevano tanto da essere indossati. Si prese del tempo per rispondere a Dinah ed Ally, le quali si preoccupavano per la salute di sua nonna, un'altra bugia che aveva spudoratamente raccontato per coprire i suoi giorni d'assenza. Solo dopo qualche rapido messaggio riprese la diagnosi. Troppo attillato per l'alcol che intendeva bere, troppo succinto per l'intimo che voleva indossare... Alla fine si convinse per un abito lungo, bianco. Lasciava intravedere le gambe solo attraverso lo spacco e il petto era esposto grazie alla scollatura morbida. Forse non era il migliore che possedeva, ma quando si rimirò allo specchio sorrise pensando che a qualcuno sarebbe piaicuto.

Rimase seduta sul letto abbastanza a lungo da dimenticarsi da cosa fossero stati originati i suoi pensieri, e ancora più a lungo da sentire le voci concitate inondare lentamente il piano inferiore. Shawn doveva essere impegnato in qualche
conversazione sullo sport per non essersi ancora presentato. Prima che lo facesse lui o suo padre, si avventurò verso il chiacchiericcio.

Fortunatamente erano tutti concentrati sui loro calici o i loro interlocutori per far caso a lei. Gli occhi di Lauren, però, non erano mai focalizzati troppo su altro per non accorgersi di lei.

La prima volta poteva credere che fosse stata una coincidenza, ma ora le riusciva difficile accettare che lo fosse. I suoi smeraldi rilucevano ad ogni suo passo. Camila risentiva le sue mani addosso solo notando le sue ciglia sbattere sulla sua sagoma. Improvvisamente, ma neanche troppo all'improvviso, capì che era stato difficile andarsene quella mattina per colpa sua, tanto quanto era facile scendere i gradini per merito suo. Quel pensiero non la sfiorò abbastanza da restare intatto al respiro successivo, ma quando qualcuno bussa alla porta, anche se questa rimane chiusa, l'eco risuona ugualmente.

«Mi invidieranno tutti stasera.» Shawn le tese la mano sull'ultimo scalino. Camila sorrise come avrebbe sorriso ad un complimento di un estraneo per strada, ma cercò di stringergli la mano il più intimamente possibile.

«Ti va qualcosa da bere?» La prima domanda gradita della giornata.

«Basta sia alcolico.» Gli strappò una risata che non prese la misura sulla veridicità di tale richiesta.

Si fece più vicino: «Vado e torno.» Il bacio fu più lungo di quanto pensansse, e anche più patetico, ma lui parve comunque contento. Forse, dopo settimane che non si lasciava nemmeno sfiorare, si accontentava di quello spiraglio come un prigioniero della luce fra le sbarre.

Appena fu abbastanza lontano da non percepire il suo sospiro, la cubana appoggiò la pesantezza del petto sulle braccia conserte e si tenne in disparte per non essere avvistata da chiunque. Suo padre stava presenziando dall'altra parte del salone: qualcuno rideva per via delle bollicine, altri ridevano per non beccarsi una pallottola. Camila non si accorse di aver trattenuto il respiro finché non lambì gli occhi di Lauren a qualche metro da lei. Stava parlando con Lucy e Normani, anche se quest'ultima era silenziosa dietro il bicchiere. Lucy le stava talmente vicina che più di una volta le aveva sfiorato il fianco con il suo. La cubana non era un tipo geloso, tantomeno le interessava se Lauren trascorreva le sue notti con qualcun altro, ma in quel preciso istante non riuscì a distogliere lo sguardo dal suo, e le piacque sapere che nemmeno la corvina seppe fare di meglio. I suoi occhi fulgidi accoglievano il bagliore di Camila senza esitazioni, ma anche non lo mantenvano vivo nella freddezza delle pupille. La cubana avrebbe voluto che sparissero tutti, che l'unico rumore percepibile fosse la musica del bosco, ma la voce gioisa di Shawn non le concesse di sognare a lungo.

«Ti ho preso il più forte.» Almeno era tornato con una buona notizia. Lo trangugiò abbastanza velocemente da annebbiare il bruciore allo stomaco con il bruciore dell'alcol. Lo sguardo frastornato di Shawn non le impedì di volerne un altro, solo che stavolta preferì servirselo da sola.

Mentre rabboccava il bicchiere, suo padre la scovò fra la folla, e perse almeno trenta minuti a parlare con alcuni ragazzi alla mercé di Alejandro, fingendo che fosse interessata a ciò che conoscevano riguardo la caccia. Almeno la posizione strategica le permetteva di non rimanere sguarnita di alcol. Verso le nove, quando presero tutti posto a tavola, non aveva scolato abbastanza calici per non vedere Lauren sedersi accanto a Lucy e Keana. Per lei doveva essere normale, dormire con una o più ragazze e non aspettarsi che pretendessero niente da lei il giorno dopo. E andava bene così. Andava bene così. Ma. Ma lei, per quanto talvolta volesse, non era come loro. Non si svegliava in un letto diverso ogni mattina e sopratutto non ne cercava un altro alla sera. Si sentiva in colpa per aver tradito Shawn, ma non poteva fare a meno di serrare il pugno quando la corvina era abbastanza lontana da lei da permettersi di essere vicina ad altre.

«Devo andare in bango», disse col fiato corto, fancendo un po' troppo rumore mentre si alzava.

«Ma siamo solo al primo piatto», protestò Shawn come se se esistesse un momento adatto per i bisogni.

«Dillo alla mia vescica», rispose schiettamente la cubana. Fortunatamente stavano intrattenendo tutti una conversazione abbastanza coinvolgente da non notare il suo passo svelto. Andava verso il bagno come un assetato sarebbe andava  verso un lago.

Non si accorse di aver chiuso la porta in un tonfo. Il suo respiro faceva troppo rumore. Aveva scelto di non soffermarsi al primo e nemmeno al secondo bagno proprio per non essere vista in quelle condizioni. C'era abbastanza spazio per sgranchirsi le gambe, ma dopo qualche passo comprese che era meglio fermarsi a riprendere aria. L'acqua del lavandino era gelata, motivo per cui si rivelò perfetta per essere spalmata sui polsi e sul collo. Se non avesse avuto il fondotinta si sarebbe rinfrescata anche la faccia. Non sapeva rispondere al reflusso del respiro se non domandando a sua volta perché faticasse tanto. Il suo viso era più candido del suo abito. Ebbe un cortocircuito in più quando l'uscio si aprì.

«Cazzo», anche se imprecò doveva dirsi contenta di non trovarsi davanti qualcuno che non conosceva.

«Che ti prende?» Lauren le aveva chiesto di non fare l'infermiera, ma neanche lei sembrava tagliata per il ruolo.

«Niente, sto bene. Ho solo caldo.» Le avrebbe creduto se non avesse balbettato tanto.

Si avvicinò velocemente e ancor più velocemente le prese il polso, ascoltando la frequenza cardiaca: «Sei un po' agitata.» Sentenziò, strappandole un sorriso sarcastico.

«Ma non mi dire.» Bisbigliò troppo forte per non essere udita, o per credere che non volesse esserlo.

«Intendo dire che sei nervosa. Arrabbiata.» Puntualizzò, cogliendo per la prima volta le sue iridi fuggitive. Camila si impegnò per sostenere il suo sguardo senza vacillare.

«Leggi le carte dal polso tu?» Inarcò un sopracciglio. Per come ritrasse la mano si sarebbe detto che non solo non voleva le venisse detto la verità, ma anche che Lauren non la conoscesse tale verità. 

Le sue labbra si indurirono in uno scatto: «Guarda che sto cercando di aiutarti.»

«Si, grazie. Non serve, ci penserà Shawn.» No, no che non ci avrebbe pensato se non aveva nemmeno intenzione di dirglielo, eppure era stata la cosa più ovvia da proclamare. Si era avviata verso l'uscita e Lauren l'aveva lasciata andare, ma le afferrò il polso prima che la maniglia si abbassasse.

La corvina la voltò verso di sé, con abbastanza impeto da trovarsela addosso. A quanto pare non era la sola ad avere problemi di respiro. L'eco della corvina le riscaldava le guance. Solo la porta dietro di sé la reggeva in piedi. «Tu vuoi farmi credere che questo vestito te lo sia messa per lui?» 

«Non me lo sono messa per nessuno.» Deglutì, sforzandosi di guardare altrove invece che a dritto, dove campeggiavano le sue labbra.

«Non ci credo.» Sussurrò l'altra, mentre con il dorso della mano risaliva lentamente lungo il tessuto adagiato sul fianco.

«Bhe, è così.» La grinza delle sue labbra era l'ultima resistenza in cui confidava. «Per chi mi hai preso? Per una delle tue amiche? Ma per favore...» Tentò di divincolarsi, ma con la forza di chi non aveva mai avuto intenzione di allontanarsi più di qualche centimetro.

Lauren le cinse il bacino trattenendola vicina. Un sorriso le incorniciava le labbra: «Quindi è per questo. Sei gelosa.» 

«Ti picerebbe.» Scosse la testa Camila, mordendosi la lingua per non lasciarsi sfuggire un sospiro caldo.

«Lo sei.» Il modo in cui lo diceva le ricordava un lancio di dadi, una sfida ancora aperta. 

Sfarfallò gli occhi nei suoi, convincendosi una volta per tutte a sostenere il suo sguardo: «Tanto quanto te.»

Lauren rise, ma era difficile crederle a palpebre chiuse. Camila fece per andarsene, stanca dei suoi giochetti, ma la corvina le afferrò per un'ultima volta i fianchi e quando incontrò i suoi occhi non vi lesse traccia di ilarità. «Dimmi che non sei scappata per colpa mia, o che questo vestito non to lo sei messo per me e io ti lascio andare.» Mormorò.

Camila credeva che non fosse abituata a perdere e già pregustava la suadente vittoria, ma poi si rivide addormentarsi fra le sue braccia, né risentì il respiro sul collo e le sarebbe bastato allungare la mano per toccare la sua guancia, che il più delle volte sarebbe stata lontana o inaccessibile. Scosse il capo mentre immergeva la mano nei suoi capelli, e lo scosse finché non catturò le sue labbra fra le proprie. Lauren affondò i polpastrelli nella carne e stavolta il gemito della cubana non perì sulle labbra ma si diffuse all'incrocio fra i loro respiri.

Lauren si distaccò solo per guardarla negli occhi. Camila non le permise di allontanarsi più di qualche secondo, poi tuffò nuovamente le labbra nelle sue.   

Continua...

———

Ciao a tutti!

Le sento già, in lontananza, le infamate 😂

In questi ultimi capitoli mi sto concentrando sul loro rapporto, molto ambiguo, nei prossimi mi concentrerò sulle loro emozioni, ed è da qui che la storia cambia un po', secondo me...

Detto ciò, i capitoli come sapete non sono infiniti, e sto scarseggiando in quanto a risorse di tempo, perciò spero di non lasciarvi qualche giorno senza, ma spero capirete in tal caso. (Ancora ne ho un po', quindi tranquilli, è solo per mettere le mani avanti!)

A domani!

Grazie a tutti.

Sara.

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