27. In questa valle di lacrime
Era capitato, in passato, che Haley si sentisse terrorizzato. Non si trattava mai di quel tipo di paura che ti fa sobbalzare, per poi scoppiare in una risata isterica nel realizzare l'assenza di pericoli. Non era nemmeno la paura soffocante dovuta all'ansia, quella che ti toglie l'aria dal petto. No, Haley conosceva soltanto una paura. Aveva cominciato a coltivarla fin dalla più tenera età e non se ne era mai liberato: terrore. Una paralizzante sensazione di panico. Partiva dal cuore e si diffondeva in tutto il corpo come dita gelide e ossute, attraverso le vene. La paura che provano le prede di fronte al predatore.
Haley si sentiva sommerso da tutto quel freddo. Tremava. Sentiva i propri denti battere fra loro senza controllo e i capelli rizzarsi alla base del collo. Un velo di sudore ghiacciato gli stava ricoprendo la pelle, mentre i suoi occhi non riuscivano a focalizzare il minimo dettaglio intorno a sé.
Conosceva quella voce. Anche dopo l'esilio aveva continuato a sentirla per anni nella sua testa, sovrastata dalle altre, ma questa volta era diversa. Questa volta non se l'era immaginata. Questa volta era reale. Haley non era sicuro di poterla sopportare in quel modo. Poteva zittire le voci se si impegnava, ma non le persone in carne e ossa. Non poteva zittire Moss, non ci era mai riuscito.
Una mano calda si avvolse attorno al polso del fae. Haley cercò di sottrarsi al contatto ancora prima di vedere a chi appartenesse. Non vedeva nulla. Solo colori confusi e forme indefinite. Verde, blu, grigio, giallo. Batté le palpebre e singhiozzò suo malgrado, non riuscendo a frenare l'impulso sul nascere. Tentò ancora una volta di liberarsi da quella morsa, che ora sentiva anche sull'altro polso, ma il tentativo venne interrotto da una nuova voce. Non aveva notato di aver perso anche l'udito, insieme alla vista, finché non percepì quelle parole aumentare pian piano di volume e mettersi insieme, fino a prendere un senso nella sua testa.
Le sue pupille decisero improvvisamente di fermarsi. Trattenne il respiro, mentre la persona che lo teneva fermo prendeva forma e definizione. Si rilassò. Il suo battito decelerò nello stesso istante in cui la riconobbe. Le lentiggini che le punteggiavano il volto, contratto dalla preoccupazione, sembravano più scure sulla pelle impallidita. Calum.
«Calmati, Haley, stai avendo un attacco di panico» lo sentì ripetere in quel momento. Dietro di lui Willow e Rhys sembravano confusi. La ragazza evidentemente non aveva idea di cosa lo avesse ridotto in quello stato. Lo fissava con un labbro stretto fra i denti e la fronte aggrottata, una mano già affondata nello zaino per recuperare una pistola. Rhys, invece, stava cercando di individuare la fonte del suono precedente. Se l'avevano percepito solo i tre fae doveva trovarsi ancora lontana, comunque. O almeno speravano. Haley era piuttosto certo di non essere al sicuro in qualunque caso. Forse andare lì era stata davvero una missione suicida.
Si allontanò dalla presa di Calum e scosse la testa. Si guardò intorno nervosamente. «È Moss» sibilò. «È qui.»
«L'ho sentito anch'io. Ma poi tu sei sbiancato e non potevamo trascinarti in queste condizioni. Se ci avessero attaccati –» cominciò Calum gesticolando, gli occhi grandi di preoccupazione.
«Hai ragione, mi dispiace, ma ora dobbiamo muoverci. Io non posso–» si bloccò. Deglutì a fatica, i piedi che si muovevano da soli verso una via di fuga. «Non posso combatterlo. Non ne sono ancora in grado. Lo pensavo, pensavo di poterlo fare, ma io non... non...»
Rhys gli comparve di fronte con una falcata e gli impedì di allontanarsi, come il suo istinto di sopravvivenza gli stava invece intimando di fare. Gli strinse le spalle ossute con tanta forza da fargli digrignare i denti, ma non si lamentò. Haley era troppo spaventato per sentire alcun dolore fisico. «Tu non ti muoverai da qui, chiaro? Non sappiamo dove siano, se ci spostiamo potremmo cadere direttamente fra le loro braccia e impreparati, per di più. Non possiamo fare altro che aspettare e combattere. Sei un soldato, dannazione, comportati da tale. Lui non ha più potere su di te. Tu sei migliore di lui. Combatti per la tua vita e smettila di scappare dal passato. Ascoltami, per una buona volta.»
Haley socchiuse la bocca per replicare, ma le parole non sembravano volergli uscire dalle labbra. Fissò Rhys negli occhi con uno sguardo supplicante, come a chiedergli di lasciarlo scappare. Perché sapeva che non ce l'avrebbe fatta. Era ancora troppo presto. Ma il Seelie era impassibile. Non gli lasciò le spalle nemmeno per un secondo, mentre lo faceva voltare e lo riportava dagli altri due. L'Unseelie poteva vedere perfettamente la confusione nei lineamenti della Cacciatrice, che con il suo udito umano non aveva sentito alcunché. Ma sapeva anche che doveva aver capito. Solo una persona era in grado di ridurre il freddo e imperscrutabile Haley nel ragazzino terrorizzato che era anni addietro.
«Ora ascoltatemi» fece Rhys a quel punto, con sguardo duro. «Quel maledetto traditore, giù al lago, deve aver spifferato tutto alle guardie della Regina. Non ci sono altre spiegazioni perché l'esercito ci abbia rintracciati così presto.»
Calum aveva l'espressione di uno che voleva ardentemente urlare a gran voce: "Io l'avevo detto", ma ebbe la decenza di restare zitto, per il bene di Haley. L'Unseelie si sentiva già abbastanza stupido per come stava reagendo a tutta quella situazione. «Quindi che si fa? Aspettiamo di essere arrestati?»
«Esattamente» ghignò Rhys. Le sue mani scivolarono dalle spalle di Haley alla sua cintura, da cui estrassero due pugnali. Ne infilò uno nella mano destra dell'Unseelie, obbligandolo poi a stringere la presa, mentre l'altro lo lanciò a Calum. Lo conosceva abbastanza da sapere che fosse venuto disarmato. Il biondo aspettò che l'arma toccasse terra prima di afferrarla, uno sguardo fulminante già rivolto all'altro fae. Odiava combattere, ma l'avrebbe fatto, se fosse stato necessario per tenere Moss lontano da Haley.
«Dobbiamo farci catturare?» ribatté invece Willow, finendo di legarsi i capelli lisci in una coda di cavallo. «Non sembra un grande piano.»
«Fidatevi di me, solo per oggi» ironizzò Rhys, sebbene non ci fosse granché di cui ridere. Poi si fece serio. Socchiuse gli occhi e alzò un dito in aria. «Sentite? Sono vicini.»
«Molto vicini» aggiunse un'altra voce. Una risata familiare fece fremere i nervi di Haley. Strinse le palpebre e inspirò piano per calmarsi. L'elsa di osso del pugnale era fredda contro il suo palmo, ma solida. Si aggrappò a quella per non perdersi negli oscuri meandri della propria mente.
Si voltò. A pochi metri di distanza era comparso un drappello di soldati, appena una decina in tutto, ma comunque molto più numerosi di loro. Ne conosceva qualcuno. Ci aveva combattuto insieme, li aveva comandati. Non erano quelli che ricordava con più piacere, però. Non era stupito che Moss avesse tenuto con sé proprio loro, gli stessi fae che non avevano mai accettato di essere sottoposti a un ragazzino mezzosangue e che sapevano fin troppo bene quanto Moss lo influenzasse. Fantastico. Cercò di non incrociare gli occhi scuri che lo stavano fissando, nonostante li sentisse bruciare sul viso con prepotenza. Non doveva cedere. Non poteva permetterselo.
Eppure sentiva la sua risata. Sapeva che stava ridendo di loro. «Ma guardatevi. Un trafficante fuggito di galera, una Cacciatrice alle prime armi, un duca diseredato e un fae senza ali. Mai visto un gruppo simile.» Fece alcuni passi in avanti, a cui i quattro indietreggiarono, mantenendo la posizione di difesa. Haley si mosse meccanicamente, la memoria muscolare agiva al posto suo. Moss dovette notarlo, perché sebbene spostasse lo sguardo su tutti i presenti non faceva che soffermarsi su di lui, sul suo sguardo basso e sulle sue mani chiuse a pugno. «Cosa credevate di fare, di preciso? Dopo aver creato tutto quello scompiglio al Cerchio –»
«Sai bene che in condizioni normali quell'evento non significherebbe nulla. Cerchi solo di incastrarci. La vera domanda è: perché? Cosa cerchi di ottenere da noi? Non abbiamo nulla, siamo Solitari, ricordi?» Rhys aprì le braccia in un gesto di sfida. Le iridi rosse fiammeggiavano ironiche, come a prendersi gioco del nemico, pur trovandosi in svantaggio.
Il generale sogghignò. Lanciò uno sguardo alle proprie spalle per controllare che i soldati non facessero passi falsi, prima di avanzare ancora, fino a trovarsi faccia a faccia con il Seelie. «Cosa ti fa credere, Ehud, che io voglia incastrare te? Non basterebbe rispolverare i tuoi vecchi crimini di fronte al Re? Ovvio che sì. Non hai nemmeno scontato del tutto la tua pena!» Rise, mentre Rhys lo squadrava dall'alto in basso con disprezzo malcelato. Sembrava sul punto di colpirlo con un dritto al naso. All'ultimo, però, trovò la forza per porre fra loro della distanza, spingendo Moss lontano da sé. L'uomo barcollò all'indietro. Il rumore dello scontro fra la sua schiena e la corteccia di un albero vicino fu l'unico suono a rompere il silenzio improvviso.
Accadde tutto rapidamente, come per effetto domino. Lo sguardo del generale si rabbuiò all'improvviso, dopo essere stato spinto. Haley conosceva quella luce che gli aveva inondato gli occhi meglio di quanto volesse. Sapeva cosa sarebbe successo. Cercò di mettersi in mezzo prima che fosse troppo tardi, ma Moss aveva già pronunciato a mezza voce la formula rituale. Il terreno sotto i piedi di Rhys cominciò a tremare. Una crepa si aprì nel mezzo, allargandosi sempre di più, finché il Seelie non riuscì più a sfuggirle. Cadde all'interno del terreno senza emettere un suono, tanto velocemente si svolse il tutto. Quando lo squarcio si richiuse Haley era ancora a metà strada, un braccio teso di fronte a sé per spezzare l'incantesimo. Gli ci vollero alcuni secondi per riprendere sensibilità del proprio corpo e riabbassere l'arto contro il proprio fianco.
Silenzio. Calum sembrava ancora non essersi reso conto di nulla, mentre gli occhi spalancati dal terrore di Willow erano più espressivi di mille parole. Raccontavano tutto ciò che era appena successo, nonostante la scena sembrasse appartenere a un sogno. Ma Rhys non era più lì con loro e questo bastava per dare realtà ai fatti.
«Uno in meno. Ora, chi vuole essere il prossimo?»
Haley alzò gli occhi per la prima volta, a quelle parole. Si scontrarono con quelli di Moss ancora prima di cercarli, ma non li spostò. La rabbia che gli bolliva nelle vene lo aveva risvegliato del tutto dal suo torpore. «Se stai facendo questa sceneggiata per uccidere me, sei libero di farlo anche subito. Non ha senso temporeggiare.»
«Haley, no!» urlò Calum, tentando di avvicinarsi all'amico. Un soldato gli ostacolò il percorso con la propria spada e il biondo fu costretto a indietreggiare, ma non staccò lo sguardo dalla figura scura e sottile dell'Unseelie. «Non è questa la soluzione.»
Haley scrollò le spalle, senza distogliere la sua attenzione dal patrigno. Moss lo fissava con accondiscendenza, come se stesse trattando con un bambino. Gli sembrava quasi di essere tornato indietro di anni. «Se volete combattere, lo farete senza di me. Sono disposto a sacrificarmi, se vi lasceranno andare.» A dimostrazione delle sue parole gettò a terra il proprio pugnale, a testa alta, nonostante tremasse internamente per la paura.
«Ma Haley» lo bloccò Moss ridendo. «Io non voglio ucciderti. Almeno, non subito.»
L'Unseelie si accigliò. Per la sorpresa non si accorse di aver lasciato che i tremiti prendessero possesso delle sue mani, ma fu veloce a stringerle in due pugni, prima che Moss abbassasse lo sguardo. «Cosa significa? Pensavo che il tuo piano, l'attirarmi qui con le promesse di quel kelpie, l'imboscata, tu - cosa vuoi da me?»
L'uomo sorrise. Quella smorfia, nell'atmosfera silenziosa e buia del bosco, era tanto inquietante da bloccare il respiro. Allungò una mano e ne lasciò scorrere il dorso contro la guancia pallida del fae. Un falso gesto di affetto che non servì ad altro se non a rendere ancora più scoordinati i battiti del cuore di Haley, mentre il sudore gli colava lungo la colonna vertebrale in scie gelate. I ricordi che quel tocco generò nella mente del ragazzo lo stavano dilaniando e interferivano con l'atteggiamento indifferente che tentava di mantenere. «Haley. Sei stato come un figlio per me. Perché dovrei ucciderti?»
«Per lo stesso motivo per cui mi hai fatto esiliare e per cui mi hai maltrattato per tutto il tempo in cui sono stato costretto a vivere con te, forse. Perché sei malato, Moss. Malato» gli sibilò in faccia, a denti stretti.
Moss non reagì, sul momento. Poi, pian piano, il fae sentì la carezza farsi d'acciaio contro la guancia, fino a quando il generale non calò le dita sul suo collo. Erano gelide e la presa forte, troppo forte. Haley annaspò, afferrando il polso dell'uomo con entrambe le mani per liberarsi. L'espressione sul volto dell'altro non era cambiata affatto. Una fredda maschera di pietra senza emozioni. Eppure continuava a stringere, e stringere, mentre Haley perdeva contatto con la realtà. Gli parve di sentire Calum urlare, per poi combattere contro qualcuno, probabilmente un soldato. Sentiva il cozzare delle lame. Percepì anche la voce di Willow e il rumore del proiettile di ferro messo in posizione. Tuttavia l'unica cosa che udì con certezza incrollabile fu la voce di Moss sibilargli all'orecchio. «Tu sei malato, Haley. Per questo nessuno ti ha mai amato. Per questo io sono la tua unica spiaggia. Smettila di fuggire da me, ragazzino.»
Forse fu per questo, o forse per un gesto estremo causato dal soffocamento, che Haley tornò momentaneamente lucido. Separò le labbra quanto bastava per formare due parole, con il fiato che gli veniva meno e i piedi distanti dal suolo, la testa che sembrava sul punto di esplodere. La mano di Moss prese fuoco in meno di un secondo.
L'Unseelie urlò, mentre Haley cadeva a terra in ginocchio. Il fuoco aveva lasciato una lieve bruciatura sul suo stesso collo, ma non aveva invece lasciato le dita del generale, che ora cercava di spegnere l'incendio con l'acqua della propria borraccia. Era la condanna degli Unseelie: enormi poteri distruttivi, ma deboli poteri curativi. Haley si lasciò sfuggire un sorrisetto ironico, di fronte a quel gioco del destino. Di solito era Moss a punire lui con il fuoco, quando faceva qualcosa di sbagliato. Ci avrebbe riso sopra, se non avesse sentito le pareti della gola raspare fastidiosamente.
Si voltò per un secondo, giusto per rendersi conto che sia Calum che Willow erano stati legati dai soldati con catene di ferro freddo. La Cacciatrice non ne risentiva in modo particolare e lo guardò di rimando, spaventata. Il Seelie invece sembrava sul punto di vomitare l'anima. Per sua fortuna le catene correvano sopra i vestiti, limitando il contatto con la pelle e, di conseguenza, la gravità delle ustioni.
Haley inspirò fra i denti, cercando una via di fuga. Il pugnale che aveva gettato al suolo non era troppo lontano. Avrebbe potuto raggiungerlo allungandosi sul terreno, a dispetto delle gambe rese molli dalla mancanza d'aria. Ma sarebbe servito? Ne dubitava. Inoltre le parole di Rhys risuonavano ancora nella sua testa. Dovevano farsi catturare. Dovevano trovare un modo per entrare nella Corte. Se Moss non aveva intenzione di ucciderli subito, avrebbe trovato un modo per liberare tutti loro prima della fine. Doveva solo resistere. Alzò lo sguardo un'ultima volta sul migliore amico, osservando come il dolore contorcesse i lineamenti dolci del suo viso in espressioni grottesche, seminascoste dalle ciocche bionde e sudate. Sperava solo che anche lui riuscisse a resistere abbastanza a lungo. Chiuse gli occhi e prese due respiri profondi per calmarsi e scacciare i cattivi pensieri, poi si voltò.
Moss lo stava già fissando, la mano lesa bendata da una striscia di camicia, ora chiazzata di rosso. Aveva quella scintilla di follia nello sguardo, quella che Haley ricordava dalla sua adolescenza. I capelli neri, così come le iridi, davano al generale un aspetto infernale che non contrastava affatto con le sue intenzioni. Gliele leggeva nelle pieghe del volto. Lo vide fare alcuni passi verso di lui, furente, mentre i soldati alle sue spalle ridevano fra loro. Forse stavano scommettendo su quanto tempo sarebbe passato prima che Haley tornasse ad essere la vittima prediletta di quel pazzo. Lo stesso Haley non avrebbe puntato granché sulla propria liberazione. «Tu, sporco mezzosangue, non meriti alcuna pietà. Così mi ripaghi, dopo che ti ho accolto nella mia casa, dopo che ti ho supportato come tuo vice nonostante fossi solo un lattante, eh?» gridò Moss in quel momento, riportando su di sé l'attenzione dell'esercito.
Haley lo ignorò. Strinse nei pugni due ciuffi di erba, affondando le dita nel terreno. Aveva bisogno di Energia, prima di essere incarcerato. La sentì scorrere nelle vene per alcuni istanti, prima che Moss lo sollevasse dal suolo con un gesto brusco, tenendolo per il colletto della camicia. Appena quella presa venne meno, un secondo dopo, l'Unseelie inciampò sui propri piedi, ritrovando contatto con il terreno. Dovette aggrapparsi al braccio del generale per non crollare ancora una volta a terra.
L'uomo non si lasciò sfuggire quel momento di debolezza. Lo bloccò fra le sue braccia, poi fece segno a una delle guardie di legargli i polsi. Haley non lottò oltre. Dobbiamo aspettare. Quando saremo nella prigioni troverò un modo per salvarci. Dobbiamo solo aspettare.
Il bruciore delle catene passò in secondo piano nella sua mente, come il pizzicore dell'acqua salata negli occhi dopo aver nuotato per ore. Seguì i movimenti delle guardie che tenevano Calum e Willow con attenzione, per assicurarsi che non facessero loro nulla di male prima che fossero giunti alla Corte. Riuscì a scambiare uno sguardo con la ragazza e a comunicarle a gesti di non fare nulla di avventato, prima che Moss lo strattonasse di nuovo a sé, per poi mettersi in marcia, in prima fila. «Ora ti farò pentire di ogni tua azione, principino. Vedremo chi l'avrà vinta alla fine» gli venne sputato contro l'orecchio, ma Haley non disse nulla. Si limitò a contrarre la mascella, gli occhi fissi di fronte a sé. Moss sembrò non apprezzare quell'indifferenza, a giudicare dalla spinta improvvisa che gli riservò, ma perlomeno non pronunciò altre minacce e aumentò anzi la distanza fra loro. Haley non poteva che esserne sollevato.
Attraversarono il bosco per un centinaio di metri, evitando a malapena le radici nodose che rompevano a tratti il terreno. Willow si storse una caviglia, tanto che il soldato incaricato di occuparsi di lei fu costretto a caricarsela in spalla come un sacco di patate. La Cacciatrice non riuscì a frenare la lingua, a quel gesto. Non le piaceva essere trattata come una debole e non fece complimenti nell'esporlo alla guardia, quasi due metri di muscoli allenati in un fisico asciutto e nervoso. Se pensava di poter combattere contro di lui, per qualche strana ragione, rimase delusa. Apprese presto che ogni suo gesto avventato ricadeva sulle spalle già indebolite di Haley, l'unico a cui le catene toccavano la pelle nuda e l'unico contro cui Moss sembrava desideroso di sfogare la sua ira. Da quel momento non si udì più alcuna lamentela da parte sua. Calum sembrava troppo intento a sopportare la propria sofferenza per far caso al resto, quindi lo lasciarono tutto sommato in pace. Haley lo ritenne positivo.
Non ci misero molto ad arrivare all'entrata principale. La vegetazione lì era più rada e secca, come se una cappa di nebbia velenosa ne impedisse la crescita. I rami appuntiti, morti da secoli, erano pregni del sangue di chi, passando da quelle parti, ne era rimasto prigioniero. Lo stesso Haley si ferì a un braccio e al costato nel passare accanto a essi. Moss si stava facendo palesemente scudo con il suo corpo, cosa di cui non si sorprese più di tanto. Sembrava essere tornato a usarlo come avrebbe fatto un tempo, come se gli anni trascorsi fossero spariti nell'oblio. Haley non sapeva che pensare. Aveva paura, una paura matta, e sentiva di essere sul punto di cedere ogni secondo di più, ma la voce di Rhys che li esortava a farsi catturare lo mandava inspiegabilmente avanti nel cammino.
Udì dei corvi gracchiare sulla sua testa. Alzò un poco lo sguardo, strizzando le palpebre sulle iridi chiare per scorgere i due uccelli in controluce, appollaiati su un ramo elevato. I loro occhi scintillavano di un rosso scarlatto e le piume avevano un aspetto metallico tanto erano rigide. Ad Haley sembravano familiari, ma accantonò il pensiero prima di fissarcisi troppo. Al momento aveva un solo obiettivo. I corvi comunque volarono via appena il gruppo fu disceso nelle profondità della terra, sul fondo del tunnel nascosto fra l'erba alta e ingiallita. Haley li sentì battere le ali in lontananza, un ultimo verso a echeggiare nell'aria.
Le prigioni erano a un piano inferiore rispetto alla Corte vera e propria. Haley le conosceva come le sue tasche. Per quanto fosse stato il generale dell'esercito, non aveva mai avuto il pieno comando dei suoi uomini, né la possibilità di organizzare i turni, lasciata alla maggiore esperienza di Moss. Era capitato che Haley dovesse fare da sentinella ai carcerati più spesso di quanto scendesse effettivamente in campo. Non che gli dispiacesse. Non aveva mai voluto uccidere, e ogni morto diventava una nuova voce a infestargli la mente, quindi non poteva certo lamentarsi dei tranquilli turni nelle prigioni. Troppo tranquilli, certe volte, al punto da rendere difficile resistere alle offese che quelle stesse voci gli urlavano contro. Tuttavia in quel luogo aveva anche incontrato Rhys, che ai tempi credeva sarebbe stato l'unico fae di cui si sarebbe mai potuto fidare. Un altro errore fra i tanti. Forse non avrebbe dovuto criticarlo proprio ora che era scomparso, forse morto, e dopo che gli aveva salvato la vita, ma d'altronde Haley non era mai stato bravo a perdonare.
La cella in cui i tre vennero buttati a forza era più o meno in posizione centrale, isolata dalle altre occupate. Haley riconobbe qualche volto. Sempre gli stessi goblin omicidi e gli stessi contrabbandieri. Credette di scorgere anche il rosso che aveva incontrato alla locanda, il giorno prima di accettare quel maledetto incarico. Peccato per lui.
Il contatto fra il terreno umido della cella e le sue ossa non fu il massimo, quando fu spinto contro il muro di fondo da due soldati, ma sicuramente avrebbe preferito quella situazione all'essere legato a due manette poste in alto sulla sua testa, come invece gli stava ora succedendo. Vide che a Will e Calum erano state legate due grosse sfere di metallo alle caviglie, ma anche questa volta Calum non ne era direttamente a contatto e Haley poté tirare un sospiro di sollievo. Durò poco però, perché in quel momento le guardie chiusero i cilindri metallici ai suoi polsi e due scariche di dolore gli scesero lungo le braccia con forza. Aprì la bocca per urlare, ma si sforzò di non far uscire alcun suono. Respirò con fatica e si morse la lingua per combattere il dolore.
Sentì la porta della cella chiudersi. Attese qualche istante, per capire se qualcuno, oltre a loro, fosse rimasto all'interno. Solo quando il silenzio avvolse ogni cosa, lasciando nei suoi timpani un fischio assordante, Haley si concesse di aprire le palpebre. Ogni movimento delle braccia lo faceva sussultare, ma doveva controllare che tutto fosse tranquillo per gli altri due prima di lasciarsi andare. Calum sembrava assopito, arricciato su se stesso. Avrebbe voluto confortarlo, ma non ne sarebbe stato in grado e lo sapeva. Willow, di contro, lo fissava in attesa. Occhi scuri e indagatori, pieni di domande a cui Haley non aveva le forze per rispondere e che lo stavano soffocando nella loro sospesa richiesta. Deglutì e scosse la testa. Non ora, le comunicò.
Lei annuì per poi chiudere gli occhi, la testa reclinata all'indietro. Non disse nulla. Forse desiderava dargli la colpa per quella situazione, ma d'altra parte era stata lei a scegliere di seguirlo. Lui era pronto a morire da anni, però, e forse avrebbe dovuto dirglielo. Non temeva quella fine, ma piuttosto di essere costretto a restare con Moss per sempre. O di perdere Calum. Forse le aveva dato la parvenza che i pericoli fossero diversi.
Haley sospirò e chiuse gli occhi. Nulla andava mai come doveva, nella sua vita. Sperava solo di riuscire a risolvere anche quell'imprevisto. Ora, però, aveva bisogno di riposarsi almeno per un minuto. Sentiva di poter esplodere in un milione di scheggie di vetro al minimo respiro e quella sensazione di fragilità era tutto ciò che aveva cercato di evitare in decenni di fuga. E ora era tornato tutto come prima. Tutto come prima.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro