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26. Ti stavo aspettando

La pietra del suo anello sembrava essersi scurita rispetto alla prima volta in cui l'aveva vista, sulle mani di sua madre. Non ricordava molto di lei, a dire il vero. Solo alcuni sprazzi di immagini, come un sorriso malinconico in una giornata piovosa, una voce spaventata nel buio e quell'anello, coperto di sangue per buona parte della sua struttura. Il giorno della morte di sua madre. Forse era il contrasto con il sangue scuro a rendere la pietra tanto luminosa nei suoi ricordi. O forse rispecchiava solo il suo umore degli ultimi giorni. Chi era lui per dirlo?

Haley inspirò profondamente. Strinse la mano in un pugno per impedirsi di guardare ancora una volta quel gioiello che tanto lo turbava e solo allora si concesse di risollevare lo sguardo sulla porta della propria camera. Non fu stupito nell'incrociare le iridi rossastre di Rhys, immobile di fronte a lui, con una spalla appoggiata alla cornice di legno e un mezzo sorriso sulle labbra. Si sentiva osservato da almeno una decina di minuti. «Sei qui per compatirmi o per chiedermi di abbandonare il piano?»

«Oh, nessuno dei due» rispose il Seelie scrollando le spalle ossute. Lo fissava dritto negli occhi con un'intensità fastidiosa, che Haley non voleva né era in grado di sopportare. Fu lui il primo a distogliere lo sguardo, poco prima che l'altro riprendesse a parlare. «Conosco bene la tua testardaggine. Mi è stata anche utile in alcuni casi, come ben sai. Non oserei mai dissuaderti dal fare qualcosa.»

«Allora perché sei qui, Rhys? Sono stanco di discutere. Voglio solo farla finita con tutta questa storia. Abbiamo atteso fin troppo» mormorò Haley a bassa voce, passandosi entrambi i palmi sul volto. Poi rialzò il capo, regalando al canuto un sorriso artefatto, reso ancora più opaco dall'espressione dei suoi occhi. «Non riferire a Calum ciò che ti ho detto. Potrebbe interpretare male le mie parole.»

«Potrebbe, certo» sbuffò Rhys. Entrò nella stanza con un passo, quanto bastava per potersi chiudere la porta alle spalle. Non si avvicinò a Haley, non cercò di toccarlo, non questa volta. Aveva un'aria spaventosa. E non dipendeva dalle occhiaie violacee, che facevano sembrare le sue iridi chiare due schegge di ghiaccio taglienti, nè dalle labbra sanguinanti, nè dalle maniche del maglione tirate fin sopra le dita, per impedirsi di vedere le proprie cicatrici. C'era qualcosa di diverso in Haley, dentro di lui. Qualcosa si era rotto, o era sul punto di rompersi. Lo stesso qualcosa che Calum era riuscito ad aggiustare con il tempo e che Rhys aveva avuto modo di vedere distrutto, anni prima che il biondo entrasse nella vita del l'Unseelie. «Potrebbe, perché tu non stai bene. Ti sei visto, Haley? Lo vedi come sei ridotto? Maledizione, Nightshade, non puoi ridurti in questo stato solo al pensiero di tornare laggiù. Ci sei già stato prima di venire qui. Cosa cambia ora? Perché sembri lo spettro di te stesso? Anzi, sai cosa sembri? Sembri lo stesso Haley che ho conosciuto in prigione. Te lo ricordi, vero? Ti ricordi come quel demonio che chiamavi padre ti riduceva? Ricordi di aver tentato il suicidio a causa sua? Eri esattamente come adesso. Spento. Eri –»

«Sta' zitto, dannazione, stai zitto, Rhys!» sbottò Haley a quel punto, alzandosi di scatto dal proprio letto, sul cui bordo si era lasciato andare ore prima. Aveva gli occhi lucidi ora, la paura mischiata alla rabbia sul loro fondo, a spazzare via la patina opaca che ne aveva spento la luce. Gli tremavano le labbra visibilmente e le mani continuavano a percorrere la superficie delle braccia in modo frenetico, come a cancellare dei segni invisibili, ma Rhys non fece caso a questi dettagli. Si limitò a sorridere, cominciando a scorgere il vero Haley al di sotto della maschera che il timore gli aveva cucito addosso.

Fece un altro passo avanti, contraddicendo le sue stesse regole, e strinse Haley per entrambe le spalle, nonostante il suo tentativo di ritrarsi. «Sei furioso con me? È quello che voglio. Arrabbiati se serve, basta che torni in te. Abbiamo bisogno della tua forza d'animo per portare a termine questo piano, okay? Cerca di restare presente con la testa. Il passato non tornerà a prenderti» gli sussurrò direttamente all'orecchio. Sentiva i suoi respiri pesanti cercare di farsi più leggeri, percepiva lo sforzo che stava facendo. Non era molto, ma si ritenne soddisfatto. Lo lasciò andare subito dopo, per poi congedarsi con un cenno del capo, senza aggiungere altro.

Quando uscì dalla camera, chiudendo la porta sull'immagine di un Haley ancora in piedi e dallo sguardo vacuo, il Seelie sobbalzò. Una mano gli si era stretta intorno alla gola, per poi spingerlo contro il muro del corridoio. Non era una presa forte, ma la sorpresa diede al suo aggressore un certo vantaggio su di lui, nel togliergli il respiro.

«Non mi piacciono i modi con cui ti rapporti con lui.»

Calum. Avrebbe dovuto immaginarselo. Ora che lo stupore era passato riconobbe facilmente gli occhi gialli del fae, una testa più in basso dei suoi. Sembravano emanare lampi e insicurezza al tempo stesso. «Hai ascoltato tutto?» ridacchiò, divertito dall'esagerato senso di protezione del biondo.

Calum aggrottò la fronte mentre allentava la presa. «Quanto basta per chiederti di smetterla. Smettila di ricordargli ciò che ha passato. Non gli fa bene, lo conosco meglio di te.»

«Ma io lo conosco da prima» replicò con durezza Rhys, tornando serio. «So come può diventare, senza quella cappa di paura che lo opprime. Deve solo imparare a tirarsene fuori. Ma solo lui può farlo, Calum. Tu non puoi farci nulla, se non piantarla di tenerlo sotto una campana di vetro. È fragile, lo so, ma potrebbe farcela, se solo lo volesse.»

«Esatto» fece Calum. C'era una nota aspra nel suo tono, una nota che urlava per essere udita. Stava chiedendo aiuto. Stava chiedendo una pausa da tutto. «Se lo volesse.» Le braccia del biondo tornarono a cadere lungo i suoi fianchi, lasciando libero il collo di Rhys. «Non hai idea di quanto speri che lui lo voglia davvero.»

Rhys sorrise a dispetto delle sue parole. Si staccò poi dalla parete per spostarsi verso il salotto, seguito a debita distanza dall'altro fae. «Sono certo che sia così. Ha solo bisogno di una spinta. Ora andiamo a preparare i bagagli e facciamo questa idiozia, avanti.»

Calum sospirò, lasciandosi cadere sul divano giallastro a gambe incrociate. Avrebbe davvero voluto prendere la situazione con la stessa tranquillità di Rhys, ma tutto ciò che il suo cervello era il grado di elaborare era ansia, paura e dissenso. Per non parlare della scomparsa di Cedar. Sapevano tutti che il bugul non era d'accordo con tutta la faccenda: "torniamo a Faerie per recuperare dei libri di magia nera illegalmente proprio dalla Corte Unseelie", ma nessuno si sarebbe mai aspettato una mossa simile da parte del consigliere. Perdere lui era come perdere una guida, per quanto tendessero a ignorare le sue proibizioni. Calum sbuffò rumorosamente, trattenendosi a stento dal roteare gli occhi. Sembrava l'unico della casa a preoccuparsi delle conseguenze. Proprio lui, cacciato di casa perché ritenuto un pazzo incosciente. E a lui non piaceva nemmeno, Cedar! Eppure nè Haley nè Rhys avevano fatto parola sulla sua sparizione improvvisa. Fantastico.

Il campanello all'ingresso trillò, spandendo il suo suono gracchiante per tutto l'appartamento. Il Seelie lasciò cadere il capo contro lo schienale a quell'ennesima fonte di fastidio. Controllò con la coda dell'occhio dove fosse finito Rhys, trovandolo appollaiato su una delle sedie della cucina, intento a mangiare qualsiasi cosa di commestibile avesse trovato nel frigorifero. Non dava l'impressione di voler andare ad aprire al posto suo.

Promemoria per il futuro: scegliere degli amici migliori si segnò a mente Calum, sforzandosi per riuscire a sollevarsi dal divano sfondato. Aprì la porta con un paio di minuti di ritardo rispetto al suono del campanello, sperando che l'ospite indesiderato avesse già deciso di girare i tacchi e tornarsene da dove era venuto. Ovviamente così non fu.

Il biondo inarcò un sopracciglio. «Oh. Sei tu.»

Willow alzò gli occhi al cielo a quell'accoglienza, mentre si sistemava lo spallaccio dello zaino sul braccio in una sorta di tic nervoso. «Immaginavo già che non saresti stato felice di vedermi, non preoccuparti.»

«Immaginavi bene» replicò Calum sorridendo, come se le avesse appena fatto un complimento. Poi rientrò in casa, facendole spazio sulla soglia. «Entra pure. Ti consiglio di startene buona in sala finché Haley non uscirà dalla sua stanza. Non si sente, uhm, bene. Diciamo» incespicò con le parole, per poi farle strada verso la stanza sopracitata. Non che ce ne fosse un reale bisogno, considerate le modeste dimensioni dell'appartamento, ma voleva evitare che la ragazza finisse accidentalmente per disturbare Haley e il suo umore nero.

La Cacciatrice si sedette in un angolo del divano, lo zaino stretto in grembo come un cuscino. Stava facendo vagare lo sguardo intorno a sé con curiosità, mentre si portava una ciocca rossa di capelli dietro le orecchie a intervalli regolari. Doveva sentirsi in imbarazzo. Calum ghignò fra sé, soddisfatto della sua opera di accoglienza andata a buon fine. «Partiremo a momenti. Giusto il tempo di sistemare le ultime cose.»

Willow annuì e Calum non aggiunse altro. Si diresse invece in cucina, per poi sedersi accanto a Rhys e rubargli il panino che si era fatto direttamente dalle mani. Tutta quell'ansia gli aveva messo un certo appetito.

~•~

«Siete certi di aver portato tutto il necessario?»

«Non stiamo partendo per una vacanza, ragazzina. Non abbiamo bisogno di chissà che» borbottò Rhys, mentre spostava con un gesto stizzito il ramo che l'aveva appena colpito alla fronte. Calum ci passò sotto tranquillamente, indirizzando un sorriso ironico al più alto, che gli rispose con un gestaccio. Seguì ancora un lungo silenzio, interrotto solo dai rumori del bosco. Stavano tornando alla tana del kelpie, quel laghetto circondato da arbusti dove Haley aveva messo in atto la prima parte del suo piano. Ora avrebbero dato inizio alla seconda.

Willow non stava più nella pelle. Era partita da casa sua all'alba per raggiungere la città in tempo, ed era riuscita a evitare qualsiasi membro della sua famiglia, persino sua nonna. L'aveva ritenuto un segno del destino, come se il Fato le stesse comunicando di aver compiuto la scelta giusta. Tuttavia la sua vivacità si era notevolmente affievolita alla vista di Haley. Non aveva idea di cosa gli fosse successo durante la notte, ma sembrava diventato l'ombra di se stesso. Se prima parlava poco, ora non aveva ancora emesso il minimo suono. Teneva lo sguardo fisso davanti a sé, tranne quando Calum gli si avvicinava. Allora si sfioravano con le spalle, come per darsi una lieve spinta a vicenda, e gli occhi dell'Unseelie sembravano illuminarsi per un secondo, prima di tornare a spegnersi. Ecco, Will non sapeva nulla di lui se non quello che il padre le aveva raccontato e non sapeva nemmeno di cosa avesse paura nella sua terra d'origine, ma era sempre stata certa che Calum fosse l'unico in grado di farlo tornare se stesso. Ora, però, anche lui sembrava perso quanto la ragazza. C'era qualcosa di strano sotto la superficie, qualcosa che avrebbe voluto scoprire, ma che aveva artigliato la sua copertura con tanta forza da rendere impossibile la vista del fondo. «C'è qualcos'altro che dovrei sapere sul vostro Regno prima di entrarci?»

«Probabilmente diventerai lo spuntino di qualche creatura nel giro di un minuto» mugugnò Calum. «Quindi non vedo l'utilità di informarti sui nostri usi e costumi.»

Willow strinse i denti. Gli insulti che avrebbe voluto rivolgere al fae si accatastavano contro le sue labbra ogni istante di più, ma non le sembrava una buona idea lasciarseli sfuggire. Si riteneva già fortunata per essere riuscita a convincere Haley il giorno precedente, sarebbe stato meglio non sfidare la sorte. «Mi fa piacere che tu abbia una così bassa considerazione di me» osò però replicare, nascosta dietro a un sorriso. «Sarà più soddisfacente dimostrarti che ti sbagli.»

Vide Rhys, in testa alla fila, scoppiare in una risatina soffocata. «La Cacciatrice ti ha spento, Millet.»

Calum lo fulminò con un solo sguardo, per poi tornare ad affiancare Haley, che ancora non aveva aperto bocca. Sembrava immerso in un mondo tutto suo, mentre muoveva meccanicamente un passo dietro l'altro. Il biondo gli avvolse un braccio intorno ai fianchi, come per indirizzarlo sul giusto percorso, poi tornò a voltarsi verso Will. «Vedremo chi verrà spento, quando i Berretti Rossi arriveranno a prendersi la cena. Mi premurerò di servirti a loro seduta su un piatto d'argento.»

«Sei sempre così generoso» ironizzò la Cacciatrice. «Da seduta sarà più semplice piantare loro un paletto di sorbo nel cuore.»

Rhys rise ancora, mentre spostava con un calcio un masso che ostacolava il sentiero. Si stava godendo quel teatrino più del dovuto, ma non poteva farne a meno. Quei due erano esilaranti, soprattutto per chi conosceva il motivo della loro antipatia reciproca. E il bello era che nessuno dei due avrebbe mai ammesso che quella fosse la vera ragione di tanto odio. Esilarante, davvero. Rhys non aveva mai visto niente di simile, nemmeno negli anni passati in prigione, fra detenuti dalla mente deteriorata e soldati cinici. E Haley, perché c'era anche Haley, spesso, a fargli da guardia. Forse la sua era la situazione che più gli era rimasta impressa, in quel formicaio di follia. E forse, ma solo forse, da ciò dipendeva la sua attuale fedeltà. Certo, questo non l'avrebbe confessato nemmeno sotto tortura, ma, in fondo, gli doveva la vita. E purtroppo Rhys non era in grado di ignorare una cosa del genere.

Assottigliò gli occhi, facendosi schermo con una mano dai riflessi del sole. Riflessi che provenivano da una superficie lucida e calma, proprio a pochi metri da loro. «Siamo giunti a destinazione, bambini» esclamò quindi, indicando con il mento lo specchio d'acqua più in basso.

«Grazie per l'indicazione, nonnino, noi non ci saremmo mai arrivati» replicò Calum acido. Aumentò il passo per superare l'altro Seelie e scendere dal piccolo dirupo che conduceva al lago prima dei compagni, che rimasero invece fermi a domandarsi che cosa non andasse nel biondo. Una domanda abbastanza semplice per Rhys, che non si risparmiò di lanciare un'occhiata significativa a Haley, ora accanto a lui. Il moro la ricambiò, per quanto le sue iridi risultassero vuote. Evidentemente il discorso che gli aveva fatto qualche ora prima non era andato a buon fine, o forse l'Unseelie si stava sforzando più di quanto sembrasse per mantenere la calma. Qualsiasi fosse il motivo, la sua espressione era indecifrabile. «Se solo tu gli rivolgessi la parola –» iniziò, ma solo per essere interrotto da un gesto di Haley.

Il fae, con una mano ancora alzata per fermare le sue parole, sospirò. «Ho solo bisogno di altro tempo. Se gli parlassi adesso peggiorerei soltanto la situazione. Non posso consolare qualcun altro senza essere prima in grado di consolare me stesso.» La sua voce gracchiò a causa del silenzio prolungato. «Ora concentriamoci sulla missione. Alla mia salute ci penso io.»

«Pensavo avessi capito di non esserne capace, Nightshade. Ma non sono certo io quello da convincere. Spiegalo al tuo fidanzatino preoccupato, laggiù» fece con voce densa di sarcasmo il Seelie, per poi raggiungere Calum sulla riva del lago.

Haley lo osservò con sguardo assente scivolare in fondo al dislivello con l'eleganza di chi, nato fra il popolo, era stato abile a infiltrarsi nei ranghi della nobiltà senza permesso. Il suo esatto opposto, la sua nemesi. Eppure Rhys lo stava aiutando, più di quanto gli facesse piacere. Haley odiava trovarsi in debito con qualcuno. Stava per raggiungere i due fae, quando un lieve toccò sul braccio destro lo fece sobbalzare. Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere Willow ritirare la mano che lo aveva appena sfiorato al petto, un'espressione dispiaciuta a corrucciarle il volto. «Scusami. Volevo solo, uhm, avvisarti –»

«Avvisarmi?» mormorò Haley atono. Non capiva perché all'improvviso tutti volessero parlare con lui. Avevano scelto il giorno sbagliato.

La ragazza si tirò dietro l'orecchio una lunga ciocca che le penzolava solitaria davanti al viso, in palese imbarazzo. Sembrava tutt'altra persona rispetto alla Cacciatrice che aveva sfidato apertamente Calum fino a poco prima. «Sì. Avvisarti che, se hai bisogno di parlare con qualcuno che non ti conosce, io ci sono. A volte è più semplice sfogarsi con un estraneo che con un amico.»

Haley rimase in silenzio per qualche secondo, rielaborando le parole della ragazza. La scrutò dritto negli occhi. Erano scuri e rotondi, simili a quelli di un cerbiatto di fronte a un cacciatore. Non vi trovò malizia in quella profondità, nè doppi fini. Allora perché quella proposta? Cosa ci guadagnava lei nel sentirlo lamentarsi di quanto la sua vita, fino a quel momento, non fosse stata altro che un confuso tornado di dolore, umiliazione e prigionia? Doveva esserci qualcosa sotto. C'era sempre stato, in chiunque avesse conosciuto, tranne in Calum. E forse anche lui aveva i suoi motivi, motivi che Haley preferiva ignorare. Aveva bisogno di sentirsi libero, almeno con lui. Ma Willow? Willow che parte aveva in tutto questo? Scosse il capo, tornando a volgerle le spalle, e cominciò a scendere verso il lago. «Non voglio sentirmi in colpa per i tuoi incubi, Cacciatrice.»

Non aggiunsero altro, finché non furono tutti schierati sulla sponda del lago, gli occhi fissi sull'acqua torbida. Alla luce del sole, senza la cappa grigia del giorno precedente, il liquido verdastro lasciava scorgere parte della melma sul fondo. Calum aveva borbottato a mezza voce che se avesse scorto il biancore delle ossa prima di partire sarebbe tornato sui suoi passi all'istante. Nessuno gli aveva dato corda. Era improbabile, d'altra parte, che Calum lasciasse Haley compiere quel piano suicida da solo. E ora se ne stavano lì, in piedi. Solo Rhys si trovava inginocchiato sul terriccio umido, dopo aver impedito all'Unseelie di compiere ancora una volta il rituale. Sul suo polso spiccava infatti l'incisione che si era praticato con le sue stesse unghie appuntite, da cui il sangue colava lento nel lago. Tutto intorno regnava il silenzio. Pareva che persino gli uccelli del bosco avessero smesso di cantare e il vento di spirare. Haley si sentiva soffocare ogni istante di più.

«Ci sta mettendo più tempo della scorsa volta» osservò Will dopo un po', controllando l'orologio di plastica rossa che teneva al polso.

Rhys sbuffò. Si passò una mano fra i lunghi capelli bianchi per spostarli dalla fronte, attorcigliandoli poi intorno alle proprie corna con la mano sana. «Haley ha sangue umano nelle vene. Il preferito dai kelpie, oserei dire. Immagino sia per questo che ieri è accorso in un lampo, mentre oggi finge di disdegnare la parte goblin nel mio sangue. Sai, i goblin non sono molto gustosi. Parlo per esperienza» concluse il Seelie con un sorriso.

La Cacciatrice cercò di non immaginarsi Rhys mentre faceva a brandelli il corpo morto di un goblin, come un animale selvatico, ma la sua mente lavorava più velocemente del previsto. Non poté trattenere una smorfia di disgusto, a cui il canuto scoppiò a ridere di gusto. «Umani viziati. Voi non avete idea di cosa significhi combattere per sopravvivere.»

«Sta arrivando.» La voce bassa di Haley giunse inaspettata in quello scambio di battute, attirando subito l'attenzione di tutti. Calum alzò subito lo sguardo, allontanandosi inconsapevolmente dalla riva di qualche passo. Una scia di anelli concentrici sfalsati si stava avvicinando ai quattro, rapida e silenziosa.

Presto comparvero le orecchie del kelpie, seguite dalla criniera gocciolante, dagli occhi di brace e dalle froge dilatate. Il manto nero, bagnato, splendeva al sole come raso. «Siete tornati presto. Avete fretta di morire?»

Rhys si rialzò per fronteggiare il kelpie. Lanciò uno sguardo di intesa a Haley, che annuì, dandogli il permesso di fare da intermediario. «Potremo morire solo quando avremo risolto questo caso. Ora, se non ti dispiace, vorremmo che rispettassi la tua promessa.»

Il cavallo acquatico mosse la grossa testa avanti e indietro un paio di volte, pestando a terra con una zampa. «Rispetto sempre le mie promesse. Vi aprirò un portale provvisorio per Faerie, per cui non voglio da voi nulla in cambio. Per tornare dovrete procurarvi da soli il passaggio. Siamo d'accordo?»

«Sembra onesto. Prego, inizia pure» lo invitò Rhys con un mezzo inchino. Il kelpie trottò all'indietro fino al centro del laghetto. Lì cominciò a camminare in cerchio, emettendo versi rauchi dalla gola, come bassi nitriti. I quattro videro l'acqua in quell'anello immaginario diventare più chiara, quasi bianca, per poi riempirsi di diversi colori. Sembrava che un prisma all'interno scomponesse la luce del sole nelle sue componenti luminose, ma tenendo i raggi confinati in un'area ristretta. Calum deglutì a quella vista. «Dobbiamo nuotare fin lì, non è vero? Ditemi che mi sto sbagliando, vi supplico.»

«Idiota biondo, cuciti la bocca» lo zittì Rhys, senza smettere di fissare il cavallo all'opera.

Haley passò lo sguardo fra i due Seelie, incontrando a metà strada le iridi dorate del suo migliore amico. Gli sorrise, un sorriso debole, certo, ma pur sempre il migliore che fosse attualmente in grado di compiere. Calum comunque sembrò apprezzarlo, ritrovando la calma che aveva perso alla scoperta di dover nuotare, e per di più in un lago infestato di cadaveri.

Il kelpie tornò verso di loro poco dopo, muovendo nervosamente la coda contro i fianchi. «Potete andare, ora.»

«Frena cavallino. Prima giura di non provare a sbranarci, una volta entrati in acqua. Così, per formalizzare» replicò ironico Rhys, con un sopracciglio inarcato. «Non vorrei tornare a casa senza un braccio e far preoccupare tutti i miei cari.»

«Pensavo fosse chiaro» sbottò il kelpie, soffiando dalle narici. «Ma così sia: giuro che non farò di voi il mio pasto nel corso dell'attraversata. Ciò non vi mette al sicuro per eventuali situazione future, ovviamente.»

«Ovviamente» mugugnò Calum a braccia conserte. Tuttavia seguì i compagni, già con un piede nell'acqua. L'inizio del passaggio fu particolarmente lento. Dove l'acqua era bassa al punto da poter camminare era facile sentire scricchiolare il fondo sotto le suole delle scarpe e immaginare che non si trattasse certo di conchiglie. Il biondo temette di svenire a un certo punto, soprattutto quando si ritrovò con della melma fra i capelli, una volta immerso in acqua. Alla fine però si velocizzarono, riuscendo a raggiungere il limitare del portale.

«Entriamo insieme. A volte i portali temporanei creano dei problemi» esalò Haley, guardando tutti negli occhi, prima di afferrare le mani di Calum e Willow. La ragazza strinse a sua volta il polso di Rhys, per poi sospingere l'intera fila verso il cerchio colorato.

Fu un istante, un rapido lampo di luce accecante e una vaga sensazione di nausea. L'attimo successivo si trovavano già distesi sulla superficie erbosa di un prato, uno addossato all'altro come se fossero stati sballottati da una centrifuga. Calum lanciò un lamento drammatico, cercando di sbrogliare le gambe da quelle della Cacciatrice senza ferirsi con le corna di Rhys, a pochi centimetri dalla sua faccia. «La prossima volta che attraverseremo un portale insieme ti consiglio di limarti quelle protuberanze da cervo che hai sulla testa, o finirò infilzato come uno spiedino.»

«Era proprio quello il mio obiettivo» lo rimbeccò Rhys, mentre Haley tentava di sollevarsi dal suo stomaco. Fortunatamente il moro era più leggero di quanto sembrasse.

Il bosco in cui erano atterrati non era altro che quello antistante all'ingresso principale della Corte. Stavano per decidere la prossima mossa da compiere quando qualcosa li mise in allarme. Haley si guardò intorno, percependo una sensazione spiacevole nelle ossa. La conosceva meglio di quanto avrebbe voluto, purtroppo. Si rese conto di essere impallidito nel vedersi osservato dagli occhi preoccupati dei suoi compagni di viaggio. Tentò di spiegare loro ciò che all'improvviso stava provando, con spaventosa intensità, ma non poté emettere un suono, prima che accadesse.

Un fruscio, passi, stridore di spade. Poi una voce, melliflua e affettata come ricordava: «Ti stavo aspettando, Haley.»

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