Thera e Selma
Fu un viaggio astrale durato appena poco più di un istante. Giusto il tempo di un batter di ciglia e ci ritrovammo nei boschi verdeggianti di confine del castello. I miei poteri erano ancora giovani, non ero ancora in grado di trasportare molto lontano ne me, ne altre persone e soprattutto persone umane dalla densità e la consistenza più pesante di quella delle streghe, quindi stavo cercando di capire cosa fosse successo, quale forza misteriosa ci avesse salvato.
Appena la ragazzina riaprì gli occhi, i miei pensieri duro bruscamente interrotti dalle sue mille domande: "Perché mi hai salvato? Chi sei tu? Cosa è successo? Perchè non siamo in fondo al dirupo? Dove sono le guardie? Dove siamo? "
La guardai nei suo profondi occhi azzurri innocenti, le sorrisi e, richiamando a me tutto l'autocontrollo possibile ed immaginabile, con fare molto calmo e tranquillo, le risposi:
"Mi chiamo Thera e sono una strega, non siamo in fondo al dirupo perché ti ho salvato la vita, le guardie...puff sparite e siamo nel bosco dei confini del castello." Poi schiarii la voce proseguendo sempre pacatamente: "E tu piccola impicciona? Come ti chiami? E soprattutto perché continui a spiarmi ?"
"Chi ti dice che te lo voglia dire?" Mi rispose con tono stizzito, quasi indispettita ma al tempo stesso con la soddisfazione di una che, finalmente, aveva dato ragione a tutti i suoi dubbi.
Alzai il tono della voce e replicai immediatamente:
"Non so se lo hai notato, ma ti ho appena salvato la vita, potresti almeno dirmi grazie e come ti chiami!"
A quel punto abbassò lo sguardo non riuscendo a sostenere i miei grandi occhi verdi che la stavano fissando con aria furente e bisbigliò balbettando:
"Il mio nome è...è Selma. Sono la figlia del Re di Livstorm"
Sentii un brivido corrermi lungo tutta la schiena:
"Tu... Tu... sei la figlia di colui che ci stava facendo ammazzare??? Ti rendi conto? Perché non hai fermato le guardie allora?"
La mia voce era talmente forte che rimbombava tutt'intorno, le vene del collo mi si erano gonfiate talmente tanto che ci è mancato poco che non esplodessero:
"La figlia del re!!! La figlia del Re!!! E io ho rischiato di morire per la figlia, viziatella, del re! Cos'è un gioco? Ti stavi divertendo a giocare a guardie e ladri con le guardie di tuo padre?"
Selma era sempre più in imbarazzo e affranta, i suoi occhi erano ormai gonfi di lacrime, non cercava neanche minimamente di difendersi dalle mie urla incessanti. Respirai profondamente e il cervello riprese a funzionare tanto che mi domandai che, forse, Selma si stava prendendo gioco di me! Come poteva essere davvero la figlia del re? Le guardie l'avrebbero dovuta riconoscere e quindi non avrebbero dovuto buttarla giù dalla rupe...
Selma approfittò di quel breve momento di silenzio per provare a spiegarmi:
"Lui..lui, il re dico, non lo sa..."
"Non sa cosa?"
Domandai con aria sempre più incredula e sospetta.
"Non sa che sono sua figlia. Quando il re vide mia mamma, Aurora, si innamorò perdutamente di lei, dei suo occhi di ghiaccio e della sua splendida carnagione chiara. Fece di tutto per conquistarla e ci riuscì! Lui le chiese di diventare sua moglie, la futura regina di Livstorm, e lei acconsentì, ma il giorno prima della cerimonia Aurora non poteva più tenere quel segreto per lei, doveva dirlo al Re"
Io pendevo ormai dalle sue labbra, la ascoltavo come una bambina con la sua fiaba preferita:
"Cosa doveva dire al re... su parla"
Selma riprese il suo racconto:
"Il re doveva assolutamente sapere che lei era... era una strega!"
Lo stupore che mi colse all'udire di quelle parole fu pari al giorno in cui scoprii che potevo muovere gli oggetti senza toccarli e compresi che ero una strega anch'io.
"Il Re si infuriò con Aurora talmente tanto che la fece cacciare dal regno intimandola di non tornare mai più! Mai e poi mai avrebbe potuto sposare un strega e che, se lui si era innamorato di lei, era tutto un falso; era stata lei a fargli un incantesimo"
La osservavo mentre parlava per cercare di capire se mi stesse prendendo davvero in giro o se stesse dicendo la verità. Il tono della sua voce era mesto a tratti quasi commosso.
"Aurora, corse via lontano, non sapeva ancora di aspettare una bambina..."
A quel punto mi venne spontaneo chiedere dove fosse sua madre, ma Selma abbassò lo sguardo e con un filo di voce ancor più basso rispose che non lo sapeva, dopo averla messa al mondo la lasciò ad una famiglia di contadini del regno chiedendo di amarla come una figlia e facendogli promettere che le avrebbero svelato la sua reale identità solo al compimento del duo quattordicesimo compleanno...
Quindi Selma aveva 14 anni come me. Era una storia tanto assurda che poteva anche essere vera.
"Ma che ci facevi nei boschi del castello?"
Le chiesi ancora e lei, con estrema naturalezza e freddezza mi rispose:
"Volevo vedere il volto di mio padre! Appena ho scoperto di non essere quella che credevo fossi, presi la decisione di fuggire dalla mia famiglia adottiva con l'intento di andare al castello, vedere il volto di colui che contribuì alla mia venuta sulla terra e togliermi la soddisfazione di dirgliene quattro su quanto mi abbia fatto star male e abbia fatto star male la povera mamma"
"E ci sei riuscita? Cioè, lo hai visto? Ci hai parlato?"
Scosse il capo, era ad un passo dal vederlo quando, a causa mia, venne inseguita con me dalle guardie.
E già a causa mia, perché da stupida avevo deciso di esercitarmi nel bosco del castello con le mie magie, lo avevo sempre fatto e non era mai successo nulla, ma quel giorno qualcosa in me stava cambiando, avevo appena compiuto quattordici anni e quando, come sempre, feci levitare il ramoscello per portarlo a me, esso cominciò a ruotare all'impazzata, trasformandosi in una saetta incandescente che andò a colpire il deretano di una guardia. Le guardie in due secondi e mezzo mi individuarono e intuirono che ero io la colpevole. Cominciarono ad inseguirmi e, quando sulla strada vidi Selma appostata dietro un albero con già di fronte due delle guardie, la presi per mano e me la portai dietro...
In quel momento mi resi conto di quanto fossi stata stupida e soprattutto di quanto avessi riversato la mia rabbia su di lei che, fondamentalmente, non centrava nulla. Se si trovava in quella scomoda situazione la colpa era solo ed esclusivamente mia. Mi lasciai cadere a terra come se le forze mi fossero mancate tutte in un sol colpo e le chiesi scusa.
Non solo Selma non potè affrontare suo padre, ma peggio ancora, ora per causa mia era una ricercata per stregoneria. Già... stregoneria...
Mi si illuminò il viso e guardandola speranzosa negli occhi le chiesi: "Ma quindi se sei figlia di una strega...."
Lei mi interruppe subito:
"No Thera, io sono umana, ho i geni di mio padre e non di mia madre"
Però non sembrava triste anzi, al contrario, per lei era una cosa naturale, forse anche perché era cresciuta in una famiglia di umani e quindi non aveva idea di come ci si potesse sentire ad essere streghe.
A quel punto Selma mi si avvicinò, mi prese la mano e me la strinse aggiungendo:
"Ricominciamo? Piacere io sono Selma e tu?"
La guardai sorridendo e le ripetei il mio nome.
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