Capitolo 4
4.
Giugno 2000
Lorenzo fece colazione il più in fretta possibile, poi si precipitò nel sottoscala per riprendere la bicicletta e andare dritto a casa di Samuele. La scuola era finita da pochi giorni, e non aveva alcuna intenzione di restare in casa proprio la prima domenica di giugno.
I giochi inventati in solitaria non gli appartenevano più, ormai erano un ricordo salpato con la nave dell'infanzia. Più cresceva, più diventava intollerante nei confronti di suo padre che aveva la parola punizione sempre sulla punta della lingua.
Il signor Forti, al termine dell'estate precedente, aveva scoperto che Lorenzo aveva nascosto la chitarra sotto al letto per oltre un mese; dopo la vicenda della bicicletta rotta si sentì preso di nuovo in giro, e impose al figlio un'altra settimana di punizione. Lorenzo trascorse i primi giorni di settembre in camera sua, fino alla ripresa del secondo anno della scuola media.
Le discussioni a causa della chitarra non finirono con la punizione di Lorenzo. Il signor Forti si arrabbiò anche con sua moglie, che ammise di essere a conoscenza della chitarra nascosta. Lorenzo, origliando dalla sua camera, sentì i due litigare. I suoi genitori, per la prima volta, da quando Lorenzo aveva memoria, si tennero testa urlando, vomitando parole piene di veleno. Nascosto dietro la porta della sua camera, Lorenzo si sentì tremendamente in colpa, sia per la bicicletta riparata sia per la chitarra. Improvvisamente sua madre gridò, dovresti vedere com'è felice quando suona. Ci fu un lungo silenzio, la porta di casa fu chiusa con prepotenza, e Lorenzo, affacciandosi alla finestra della sua camera, vide suo padre allontanarsi a piedi lungo la strada.
Non dovette mai restituire la chitarra al padre di Samuele.
Le settimane trascorsero in fretta, e suo padre sembrò dimenticarsi di tutta la storia. Lorenzo, per l'intero anno divenne inseparabile dalla chitarra e dall'aiuto di Samuele nell'imparare a suonare. Poi, dopo mesi e mesi di arpeggi e accordi, una corda si ruppe e Lorenzo capì che periodicamente dovevano essere sostituite. Chiese al signor Tondo di aiutarlo, e l'uomo se ne incaricò personalmente.
Lorenzo, quella domenica di inizio giugno, sarebbe tornato in possesso della sua chitarra dopo una settimana che gli era sembrata interminabile.
Nonostante fosse già stato molte volte a casa di Samuele, anche in compagnia di altri compagni di classe per fare i compiti, era la prima volta che percorreva una distanza così lunga da solo. Dal Vomero a Via Marina erano quasi cinque chilometri, con la bicicletta Lorenzo impiegò circa mezz'ora. Ogni angolo di strada gli sembrò una scoperta di un mondo nuovo, di posti mai visitati, o visti di sfuggita dall'interno dell'auto di suo padre. Fece attenzione più volte a non essere investito da automobilisti che non rispettavano i segnali stradali e i semafori. Dalle finestre dei palazzi si riversavano in strada centinaia di odori diversi; le donne di casa fin dalle prime ore del mattino iniziavano a preparare l'abbondante pranzo domenicale. L'odore di ragù s'impregnava nelle narici per poi essere sostituito dal fumo dei carciofi arrostiti in strada sulle fornacelle.
Pedalò senza sosta finché non giunse a Via Marina, da lì a pochi passi il mare, il porto, un continuo flusso di persone pervase dalla malinconia di una partenza o dalla gioia di un arrivo. Solo quando vide in lontananza il palazzo in cui abitava Samuele, rallentò e si accorse di aver sudato come mai prima. Era impaziente di arrivare a casa di Samuele e suonare con lui. Lontano dai compiti in classe, dalle interrogazioni e dagli sguardi severi di suo padre, aveva imparato a sorridere mostrando ad altre persone lo splendore della sua anima.
I genitori di Samuele anche quella mattina lo accolsero con un sorriso sulle labbra.
Appena entrò in casa, la madre di Samuele lo spedì direttamente in bagno per fargli asciugare il sudore che grondava dalla sua faccia. Tornò in cucina per salutare come si deve la signora Tondo e bevve tre bicchieri d'acqua di seguito. Era disidratato e l'odore del ragù lungo la strada sembrava essergli rimasto in gola. Sentì il richiamo della chitarra del signor Tondo provenire direttamente dal suo studio privato.
La madre di Samuele gli offrì dei biscotti, ma Lorenzo rifiutò. Lei era una donna bassa e pienotta, i suoi capelli biondi si arricciavano su se stessi in tanti boccoli dorati contornando il viso rotondo; le lunghe ciglia, le stesse che aveva Samuele, erano dritte e filiformi, sulle labbra spiccava un rossetto color vinaccia che s'intonava con la sua carnagione già abbronzata. Quella mattina indossava una maglia nera dei Sex Pistols che le andava leggermente larga e un paio di jeans scuri che comprimevano il suo grosso sedere. La cucina era il suo regno, così come lo studio era l'angolo di pace di suo marito.
"Samuele, esci dalla camera? È arrivato Lorenzo!" disse sua madre. Due secondi dopo, Samuele con la testa rasata, comparve in cucina e diede un piccolo pugno sulla spalla a Lorenzo.
"Finalmente sei arrivato."
Samuele, che era diventato ancora più alto di Lorenzo, strinse la testa dell'amico sotto al braccio e lo trascinò letteralmente nel corridoio verso lo studio di suo padre.
"Oh, guarda che c'ho messo mezz'ora a venire con la bicicletta. Tu, piuttosto, che stavi facendo in camera?" chiese Lorenzo. Vide la porta dello studio del signor Tondo chiusa, ma, dall'altro lato della porta, sentiva risuonare la chitarra.
"Giocavo a Crash Team Racing, mentre aspettavo te."
"Un altro gioco di Crash Bandicoot?" chiese incuriosito Lorenzo.
"Sì, i miei me l'hanno regalato ieri per la promozione. Originale, ovviamente. Vuoi giocarci?" Lorenzo titubò alcuni secondi prima di rispondere un laconico sì, e Samuele capì che l'amico aveva fretta di rivedere la sua chitarra. Bussò alla porta dello studio di suo padre che smise di suonare.
Lorenzo, finora, aveva intravisto poche volte lo studio del signor Tondo solo dall'uscio. La stanza era sempre chiusa a chiave e il padre di Samuele la nascondeva al figlio per evitare che toccasse i suoi strumenti quando non era in casa. Lorenzo ormai fremeva di scoprire quale fosse la sua strumentazione. Samuele gli aveva raccontato infinite volte che suo padre era un grande collezionista di dischi e che possedeva tre chitarre e un basso. Da giovane aveva suonato in una band, per hobby, e la passione per la musica gli si era appiccicata addosso come un marchio di fabbrica.
La porta dello studio si aprì e i ragazzi entrarono.
"Guarda qui che meraviglia, Lorè." disse il signor Tondo mostrando la chitarra con le nuove corde. I suoi capelli neri e lunghi come la pece si confondevano con il colore scuro della sua maglia. Come sua moglie indossava una maglietta dei Sex Pistols. Il suo naso aquilino accentuava la grandezza della sua testa. Due grossi occhi neri e un paio di baffi sigillavano il suo aspetto a metà strada tra un figlio dei fiori e un motociclista; eppure allo stesso tempo aveva la classe di chi lavorava ogni giorno fianco a fianco con uomini di alto rango. Il suo lavoro da ragioniere per una società portuale lo trasformava in una specie di Clark Kent napoletano che di giorno veste i panni del bravo ragazzo, e di sera diventa un supereroe. A modo suo, anche il signor Tondo era un supereroe; Samuele lo idolatrava e lentamente carpiva dai suoi insegnamenti tutti i segreti della musica; Lorenzo era affascinato da quanto il padre dell'amico riuscisse a scindere la sfera lavorativa da ciò che era realmente il suo carattere.
"Ho cambiato le corde, adesso ti divertirai a suonarla." disse il signor Tondo sistemandosi i lunghi capelli dietro le orecchie. Si appoggiò alla sua scrivania e fece sentire a Lorenzo quanto fosse ben accordata la chitarra. "Ora è come nuova, certo è vecchiotta, ma fa ancora il suo dovere." disse porgendo la chitarra a Lorenzo. "È sempre bello tornare a suonarla".
"Se la rivuole, gliela lascio." disse Lorenzo senza pensarci troppo. In fondo, sentiva che quella chitarra non era veramente sua, ma allo stesso tempo era l'unico appiglio per poter suonare.
"Ma che dici! Un regalo è un regalo." disse il signor Tondo, e gli scompigliò i capelli. "Con tutte le chitarre che ho, questa non avrei neanche il tempo di suonarla." Guardò l'orologio, e dalla sua faccia si capì che era in ritardo per qualche appuntamento.
Lorenzo si guardò intorno ma non ebbe tempo per carpire alcun dettaglio preciso, il signor Tondo uscì dallo studio, insieme ai ragazzi, e chiuse la porta.
"Anna, sei pronta? L'appuntamento è alle 11, non facciamo tardi! Lo sai che quelli sono scassa palle. Se poi arriviamo in ritardo, iniziano senza di noi." disse scocciato il Signor Tondo.
"Francesco!" disse la signora Tondo fulminando il marito con lo sguardo. "Quante volte ti ho detto di non essere volgare? Ci sono i ragazzi." Lo redarguì e sistemò la maglia sui fianchi.
"Mamma, dovresti sentire quante parolacce conosciamo noi! Scassa palle non è niente in confronto a..." Samuele stava per dire una volgarità dalle proporzioni galattiche; suo padre gli mise una mano sulla bocca e fece finta di soffocarlo.
"Che dici, Anna? Lo faccio respirare o aspetto che quella parolaccia che stava per dire esca dal suo corpo?" disse sorridendo il signor Tondo. Samuele si dimenò cercando di liberarsi dalla presa del padre. Forse era questo il motivo che aveva spinto Lorenzo a frequentare la casa dell'amico sempre più spesso; amava vedere il rapporto costellato di piccole attenzioni e scherzi tra Samuele e suo padre. Per te ci sarò sempre.
Lorenzo sperò che, quella domenica, il signor Tondo restasse con loro per poterli aiutare a scrivere una canzone. Dall'alto dei loro tredici anni, sia Samuele sia Lorenzo, si sentivano pronti a creare musica.
"Dai, che facciamo tardi. Lascialo stare." disse la signora Tondo sistemandosi i capelli biondi nello specchio dell'ingresso.
"Ragazzi, mi raccomando, divertitevi, suonate, ma non provate ad entrare nel mio studio." Si raccomandò il signor Tondo. Stava per sfilare la chiave dalla toppa della porta del suo studio ma fu interrotto da sua moglie che lo distrasse.
"Ho preparato un'insalata di riso per pranzo, e c'è il gelato nel freezer." aggiunse sua madre aprendo la porta di casa. Lorenzo e Samuele rimasero nel corridoio e aspettarono che i genitori uscissero. Appena la porta di casa si chiuse, Lorenzo fu assalito dalla curiosità.
"Come mai indossavano entrambi la stessa maglia dei Sex Pistols?"
"Vanno a un raduno mensile di un gruppo di motociclisti; un vecchio amico di mio padre che suonava con lui, gli ha fatto conoscere il mondo dei bikers e adesso sta pensando di comprarsi anche una motocicletta." spiegò Samuele. "Il raduno è una figata, c'è la musica, spesso c'è gente che suona, ognuno mette in mostra la propria moto. Fanno a gara a chi ce l'ha più grossa." aggiunse.
"Che gran figata!" Lorenzo sentì la musichetta del gioco di Crash Bandicoot provenire dalla camera di Samuele. "Non vorrai mica attaccarti alla playstation, stamattina?" chiese con tono scocciato.
"Macché" Samuele prese la chitarra che Lorenzo reggeva in mano, andò in camera sua, la posò sul suo letto, spense la console e la televisione. "Ti faccio vedere io, oggi facciamo una cosa nuova." Samuele, il ribelle e l'esploratore era tornato in azione; aveva visto che suo padre aveva dimenticato di nascondere la chiave del suo studio.
Erano soli in casa. La stanza in fondo al corridoio li faceva sentire come degli stranieri in terra straniera. Osservarono la porta dello studio, e la chiave nella toppa della serratura era un invito a osare. Restarono sul ciglio, prima di spalancare la porta e aprire la finestra per fare entrare un po' d'aria; Lorenzo scorse il Vesuvio in lontananza che si stagliava oltre una distesa infinita di mare.
Quella stanza era un nuovo mondo. Era finito il tempo di sentirsi degli stranieri.
Volevano conoscere la musica. Scoprirne il suo passato, le sue origini. Conoscerla, viverla e creare nuove melodie. Come dei moderni Cristoforo Colombo stavano per battezzare il loro nuovo territorio. Una stanza finora inesplorata da Lorenzo, ma ben conosciuta da Samuele, stava per trasformarsi nel loro luogo di ritrovo. Da lì a pochi anni, sarebbero cresciuti suonando tra il Key Club e quelle quattro pareti, trasformando l'ambiente sempre più da studio lavorativo a sala prove. L'universo musicale del signor Tondo fu l'inizio di tutto. Lo stesso universo in cui stavano per precipitare Samuele e Lorenzo, quasi un trip alla Trainspotting. Senza droga ma con tanti sogni.
"Sentirai che suono!" Samuele era euforico; uno scatto secco e la custodia completamente nera si aprì. Samuele sorrideva sotto i sottili baffi che iniziavano a spuntare tra le narici e il labbro superiore.
"Questa è una Gibson J160e lo stesso modello di chitarra che John Lennon e George Harrison hanno utilizzato per molti anni, sia per registrare dischi sia per i concerti."
La chitarra scintillò nella sacralità di quel momento. Nessuna rivista porno, nessuna erezione, scaturita da un piccolo lembo di pelle scorto da un pantalone a bassa vita da una delle loro compagne di classe, avrebbe mai avuto la stessa importanza di quella chitarra.
Samuele piegò la testa sui tasti per controllare se suonasse le note giuste. Appena prese il ritmo, socchiuse gli occhi e accompagnò con la voce, ancora incerta se essere profonda o stridula, una melodia proveniente da lontano, molto lontano.
Yesterday, all my troubles seems so far away.
Per Lorenzo, tutto era lontano.
"Vuoi provarla?" disse Samuele. Lorenzo non rispose.
"Aspetta, aspetta." Samuele, imbracciando la Gibson J160e si precipitò nella sua camera.
Lorenzo si guardò intorno; il signor Tondo aveva una cura smodata per la sua musica. Vinili, musicassette e compact disc. Separati e simmetricamente disposti per una classificazione che poteva avere tanti significati. Affettiva, cronologica, d'acquisto. Gli altri strumenti erano sistemati su un poggia chitarra, il basso era accostato su un piccolo amplificatore in un angolo della stanza; sulla scrivania una pila di documenti e libri era l'unico elemento che ricordasse che, inizialmente, fosse uno studio in cui poter lavorare.
Un'inesplorata terra straniera che aveva milioni di storie da raccontare attraverso melodie sparse nel tempo.
Dopo pochissimi secondi Samuele tornò con un sorriso stampato sul volto. Nella mano destra reggeva una macchina fotografica. Era una Canon nera con cromature grigie, le sue dimensioni erano esigue confrontandola con i modelli che erano maggiormente diffusi. Un altro regalo di suo padre. Io per te ci sarò sempre.
Catturare momenti per poterli portare sempre con sé. Stavano per imprimere un ricordo che avrebbe accompagnato Lorenzo a vita. Samuele armeggiava e controllava che il rullino fosse inserito al suo interno.
"Abbiamo a disposizione tredici fotografie. È un rullino da ventiquattro."
"E se tuo padre dovesse vedere queste fotografie? Capirà che siamo entrati nel suo studio senza il suo permesso."
"Capirà che abbiamo conosciuto la musica, la vera musica." rispose fiero Samuele.
Posizionò la macchina fotografica sulla scrivania del signor Tondo, poggiandola su alcuni libri per aumentare l'altezza.
La chitarra univa i loro corpi. Il manico si soprapponeva alla spalle sinistra di Lorenzo, il torace di Samuele era inghiottito dalla cassa armonica.
Tre, due, uno. Click.
L'autoscatto sigillò per sempre l'estate in cui Lorenzo capì realmente quanto fosse importante per lui suonare la chitarra. Giorno dopo giorno. Notte dopo notte. Avrebbe ricordato quel pomeriggio per sempre.
"Vuoi provarla?" chiese nuovamente Samuele.
Lorenzo titubò per alcuni secondi, poi gli occhi risposero al suo posto. Samuele sfilò delicatamente la tracolla e gli passò la chitarra.
Era pesante e quasi stonava con il corpo esile di Lorenzo. Il manico quasi superava la sua testa. In modo impacciato, Lorenzo sistemò la tracolla, era lunga e adatta per l'altezza del signor Tondo, o per Samuele che era incredibilmente alto per la sua età.
Il corpo della chitarra quasi si sovrappose alle ginocchia di Lorenzo. Non riusciva a spiegarsi se la lentezza con cui trovò la giusta posizione della chitarra fosse dettata dall'emozione, o dal fatto che stessero invadendo uno spazio finora vietato.
Non aveva importanza, era pronto.
Suonò la prima nota di Yesterday proprio come aveva fatto Samuele, sorrise per non aver stonato, socchiuse gli occhi e iniziò a cantare.
Una goccia di sudore seguì la linea del suo volto bianco fino al mento. Giugno tornò a palesare la sua presenza.
La sua voce era molto più profonda di quella di Samuele. Per questo, in futuro, avrebbe registrato i cori e le secondi voci del loro disco. Sangue nelle vene.
Il ritmo e la malinconia. La rabbia e la meditazione.
Insieme. Per sempre.
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