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1.7 - Sedute psichiatriche

- Michael's pov -

«Ti ha detto che ti ama e tu gli hai risposto dicendo che stavi per svenire invece di dirgli che ricambi?», mi chiese Calum, incredulo, fermandosi nel bel mezzo del corridoio dell'ospedale, «Dimmi che mi stai prendendo in giro».

Io scossi la testa. «Vorrei star scherzando sul serio... ma il fatto è che mi ha colto di sorpresa... non sapevo cosa dirgli», risposi, arrossendo veemente.

In effetti avrei potuto iniziare dicendogli che ricambiavo i suoi sentimenti, invece di fare il cretino, ma il mio cervello aveva deciso di agire in quel modo – come sempre, del resto: al minimo campanello d'allarme rispondevo in modo sarcastico o cattivo, e una persona che mi dice che mi ama (viste e considerate le mie esperienze passate) è un campanello d'allarme forte e chiaro. Rispondevo male anche ai complimenti di Luke, alla fine, ma quello era più perché credevo di non meritarli. E ora che ci pensavo, io non credevo di meritare neanche l'amore di Luke, oltre ai suoi complimenti – lasciando stare il fatto che tutti i "ti amo" che avevo ricevuto nella mia vita erano tutte bugie...

Calum che mi guardava male mi distrasse da quel turbinio di pensieri autolesionisti che facevo ogni volta che mi capitava di soffermarmi sulla mia vita. «Avresti dovuto semplicemente dirgli che lo ami anche tu! Ma devo dirti tutto io?! Michael, hai fatto una grandissima cazzata!», esclamò arrabbiato. Ero fortunato che fossimo in ospedale, perché così non poteva alzare troppo la voce – Calum era spaventoso quando urlava.

«Cal, non ti alterare ti prego», sbottai io, afferrando Calum per un braccio, «Lo so che avrei dovuto dirgli che lo amo anch'io, ma non ho avuto il coraggio di farlo. Lo sai come mi è sempre andata, con i ti amo. Non vorrei fare un buco nell'acqua anche ora, e con Luke è successo tutto così in fretta... non vorrei finisse tutto in una nuvola di fumo», spiegai, corrucciandomi. Dirlo a qualcuno era una liberazione, ma anche un peso: sfogandomi avevo finito per rendere quella situazione più vera, tangibile. Finché era soltanto nella mia testa era qualcosa di ignorabile...

Calum sospirò, riprendendo a camminare verso la stanza riservata a sua moglie. Io lo seguii a testa bassa, sapendo cosa mi avrebbe detto. «Mikey... lo sai che se Luke non fosse fatto per te – almeno secondo il mio punto di vista – te l'avrei detto. Ma Luke è proprio la persona che fa al caso tuo, soprattutto dopo cos'hai passato nella tua vita. E lo so che hai problemi a fidarti di lui, perché non ti fidi di nessuno, ma dagli almeno possibilità», disse, risoluto come suo solito.

Sospirai. «Ci proverò. Ma lo sai che è difficile», borbottai contrariato, ottenendo un sorriso da parte di Calum – che, grazie a Dio, si era calmato.

Senza ulteriori indugi entrammo nella stanza di Lizzie trovandola, come sempre, seduta sul letto a leggere Anna Karenina, il suo romanzo preferito – entrambi coltivavamo la passione per la letteratura russa, all'università, ed era così che ci eravamo conosciuti ed avevamo legato. Dietro il fortunato incontro di Calum con lei c'ero io, ovviamente; partì tutto dal giorno in cui io decisi che avreo dovuto indirizzare Calum verso una ragazza migliore di quelle che si portava a letto ai tempi dell'università, qualcuna che piacesse anche a me – e Lizzie era praticamente la scelta perfetta, insomma, era un'avida lettrice di classici, era intelligente e pure bellissima, tutte qualità che la mettevano su di un gradino più in alto delle passate conquiste di Calum. E poi ero sicuro che insieme sarebbero stati la coppia del secolo, e infatti si erano sposati...

«Ma guarda un po' chi è venuto a trovarmi! Sono secoli che non ti si vede, Michael», esultò Lizzie, ridendo mentre io l'abbracciavo; il suo corpo, seppur fosse indebolito da interventi chirurgici e cicli di chemio, sembrava sempre mostrare quella morbidezza e quella forza che aveva sempre caratterizzato Elizabeth, quella forza che aveva permesso sia a lei che a Calum di andare avanti.

Quando ci staccammo lei quasi aveva le lacrime agli occhi. «Perché piangi, ora? Vedermi ti commuove così tanto?», le chiesi per prenderla in giro, asciugandole le guance.

Lizzie rise. «È che sono felice. Finalmente tutta la mia famiglia è qui con me», borbottò, non aiutando per niente il nodo che mi si era formato allo stomaco. Era quello il motivo per cui avevo evitato di andare a trovare Lizzie: non avevo davvero il coraggio di farlo. È che sono uno che si commuove facilmente, ho il lacrimone facile.

E infatti, in quel momento avevo le guance bagnate e la vista appannata. «Fanculo, sto piangendo!», mi lamentai, facendo scoppiare a ridere Lizzie.

Calum roteò gli occhi. «Ringrazia che stai piangendo di felicità e non perché io ti ho fatto il culo, perché ero a tanto così dal prenderti a ceffoni prima», sbottò, facendo voltare sua moglie verso di lui.

«È successo qualcosa?».

«No, non è successo niente. Proprio un bel niente», mi affrettai a dire, temendo la reazione di Lizzie – conoscendola mi avrebbe fatto un'attenta psicanalisi e non è che ci tenessi tanto, specie in quel momento.

Calum alzò gli occhi al cielo. «Niente?! Quello lo chiami niente?!».

«Ma non è una cosa così importante! Sei tu che ne stai facendo una questione di stato!», sbottai, facendo accigliare Lizzie.

«Forse per te non è questa cosa così importante», si intromise la ragazza, sistemandosi sul letto, «Su, dimmi cosa succede – magari se ne parli con una persona razionale arrivi alla soluzione del problema».

A quel punto, messo in minoranza, sospirai e mi sedetti su di una sedia accanto al letto. Lizzie mi guardò curiosa mentre mi accingevo a parlare, sentendomi nervoso soltanto a pensare a Luke. «Beh... sto uscendo con un ragazzo, ultimamente».

Lizzie sorrise. «Ma è fantastico! Allora qual è il problema?», mi chiese, mettendomi praticamente alle strette come solo lei sapeva fare.

Mi passai una mano in faccia. «L'altra sera lui... mi ha detto che mi ama. Non gli ho risposto – anzi, ho fatto una battuta sarcastica», rivelai, facendo calare un silenzio spettrale nella stanza.

Ci furono secondi interminabili in cui io guardavo Lizzie sentendomi colpevole, Lizzie guardava me cercando di trattenersi dall'insultarmi e Calum mi guardava seccato, sorridendo beffardo perché sapeva che Lizzie mi avrebbe fatto il culo peggio di quanto me l'avrebbe fatto lui. Se Lizzie stava zitta, dovevi avere paura per la tua vita. E infatti...

«Sei un COGLIONE!», esclamò la ragazza, scattando in avanti, «Voglio capire non rispondere, ma cazzo Michael, una battuta sarcastica sapendo benissimo quanto il tuo sarcasmo sia letale?! Ma ci fai o ci sei?!».

Alzai le mani in segno di resa. «E va bene, ho fatto una cazzata! Adesso puoi darmi un consiglio, che non so cosa fare?! Ti prego Liz, aiutami», borbottai, sospirando sconfortato. A me non sembrava una cosa tanto grave l'aver risposto sarcasticamente al ti amo di Luke, ma probabilmente le implicazioni di questo mio gesto erano davvero catastrofiche. Insomma, da come avevano reagito Calum e Lizzie, probabilmente era una cosa terribile.

Lizzie sospirò. «Okay. Quando gli hai risposto in quel modo, cosa pensavi sul serio?», mi chiese, tornando alla risolutezza che la contraddistingueva.

«Al fatto che volevo dirgli che ricambiavo, ma che non ne avevo il coraggio perché ogni volta che l'ho detto è finita male. Non volevo ripetere lo stesso errore per l'ennesima volta», riflettei, arrossendo veemente. Beh, alla fine la verità era questa: io amavo Luke. Ma non volevo dirglielo perché tutte le volte che ho amato ho finito per farmi male – temevo, quindi, che avrei finito per soffrire un'altra volta. E non volevo assolutamente. C'era voluto così tanto, per ricompormi...

«Michael, ascolta. So cos'hai passato, e capisco che tu non voglia soffrire. Ma ormai, che tu glielo dica o no, tu lo ami. Quindi, perché non farglielo sapere e basta? Lo renderesti felice, sai quant'è meraviglioso essere ricambiati», mi consigliò Lizzie, stringendomi una mano.

Sospirai. «Non voglio che pensi di avere potere su di me – nonostante ce l'abbia. Il ti amo è una cosa delicata, non voglio rovinare tutto».

«E chi ti ha detto che rovineresti tutto?».

Inconsciamente, decisi di dare retta a Lizzie. Uscii dalla sua stanza con il telefono in mano, pronto a chiamare Luke per dirgli ciò che non avevo avuto il coraggio di dire l'altra sera – e sì, faceva schifo per telefono, ma dovevo farlo subito o tutto il coraggio che fingevo di avere al momento sarebbe andato totalmente a puttane. Quindi, cercai il numero in rubrica ed aspettai che Luke rispondesse, sentendo una morsa stringermi lo stomaco quando sentii la sua voce.

«Michael? Stavo per chiamarti io. Senti, c'è-».

«No, ascolta prima me», sbottai io, interrompendolo, «Ricordi quando l'altra sera mi hai detto di amarmi e io ti ho detto che stavo per svenire? Beh, non è ciò che volevo dirti. Io volevo dirti che ti-».

«Michael, ho un problema che probabilmente mi farà finire in guai seri molto presto e credo di star impazzendo sul serio. Ho bisogno di te».

Deglutii, capendo subito di cosa stesse parlando. «Arrivo subito».



***



[A/N] Buonasera! Questa è la settimana X, da oggi fino a domenica avrete tanto su cui sclerare (e bestemmiare, anche se probabilmente bestemmierete contro di me) 😏

Direi che la settimana è iniziata bene, con Luke che sta perdendo la bussola e Michael che, come al solito, deve raccogliere i pezzi lol - ce la farà a dire a Luke le fatidiche due paroline? Chissà, potrebbe volerci più tempo di quanto pensiate. E con Wendy, cosa succederà? Non dimentichiamoci che ci sono tanti altri ostacoli che sbarrano la strada 😏

A domani! ♥


PS: se andate sul mio profilo twitter (@/lhemmonades) potete votare quale nuova storia pubblicherò a fine settimana - finora niente boyxboy, ma credo che dalla prossima settimana ce ne sarà qualcuna, chi può dirlo 😏 

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