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La preghiera

Rachele capì perfettamente il suo stato d'animo, visto che ormai era la terza volta che le capitava di trovarsi in quella situazione, così tirò su i sedili anteriori per riuscire a infilare il meglio possibile Lorena su quelli posteriori.

"Scusa, me la porti in macchina?"

Il ragazzo vestito da cardinale annuì e, cercando di mantenere il più possibile la calma e i nervi saldi, infilò la ragazza posseduta nell'automobile.

Lorena rantolò, dando così un suo segno di vita, ma Rachele comprese che la sua crisi era solo cominciata.

Si rivolse al ragazzo domandandogli: "Come ti chiami?"
"Io sono Giovanni", rispose lui.

"Rachele. Senti, ti ringrazio già per quello che hai fatto, ma staresti per piacere ancora un po' qui con me, che la mia amica sta davvero male?"

Giovanni sospirò allargando le braccia, accettando in questo modo di stare ancora in loro compagnia.

Rachele si sedette tra il sedile posteriore e quello anteriore per restare accanto a Lorena, mentre il ragazzo si mise la posto di guida.

La ragazza dai lunghi capelli neri girò la testa verso di loro e li guardò con gli occhi completamente bianchi, rantolando e dicendo con voce roca e strozzata: "Aiutatemi, aiutatemi..."

"Che cavolo vuoi, che cavolo vuoi?" le gridò in faccia Rachele, spaventata, non tanto per lo stato in cui l'amica versava (poiché non era la prima volta), ma per la consapevolezza di essere inerme di fronte a ciò che stava accadendo.

Lorena si portò di nuovo le mani alla gola nel tentativo di togliersi di dosso delle dita invisibili che la stavano soffocando, ma le sue lunghe unghie smaltate di nero erano una minaccia per la pallida e delicata pelle che la Natura le aveva dato. Essendo già esperta in tale faccenda, Rachele le afferrò entrambi gli arti superiori e si rivolse al ragazzo: "Tienile i polsi, non glieli lasciare mai, altrimenti finisce che si graffia tutta la gola".

L'attonito giovanotto si allungò tremante su Lorena e con presa molto salda le tenne ferme le mani.

"Ma.. lo fa spesso?" domandò.

"No, non tanto spesso, più o meno una volta al mese", ironizzò Rachele, comprendendo pienamente il suo disagio e dandogli ragione.

Lorena gorgogliò, si agitò e tirò una testata contro il finestrino, facendolo rimbombare.

"Ma che cosa fai?" inveì Rachele verso l'amica.

"Aiutatemi... aiutatemi...", rantolò quest'ultima, intenzionata a dare un'altra testata. Rachele la parò con la sua mano e se la sentì violentemente schiacciare contro la fredda superficie vitrea.

Un dolore acuto le fece fare una smorfia di dolore.

"Cosa vuoi, Lorena, cosa vuoi?"

"Aiutatemi... aiutatemi..."

"Ma che cosa vuoi?!"

"Aiutatemi..."

Lorena continuò a dare colpi con la testa, uno dietro all'altro, incurante del fatto di stare facendo male alla sua amica che continuava a lasciare la mano sul finestrino.

"Ci sarà qualcosa che possiamo fare. Non possiamo continuare tutta la notte così", si lamentò Giovanni, pallido dalla paura.

"Aspetta, ho dell'acqua santa nel cassetto del cruscotto, ce la fai a prendermela?" si ricordò Rachele, provando in questo modo un barlume di speranza.

Il ragazzo cercò di tenere i polsi a Lorena con una mano sola e allungò l'altra verso il cassetto in questione. Per fortuna che era molto alto e si ritrovava ad avere delle braccia piuttosto lunghe.

Appena aprì il cassetto, un rivolo d'acqua cadde giù. La bottiglietta era stata chiusa male e il tappo si era aperto nei vari sballottamenti che la macchina subiva a causa del trambusto che la ragazza posseduta stava facendo.

"Ce l'hai fatta a prenderla?" domandò Rachele.

"No, si è tutta rovesciata, hai il cassetto completamente bagnato", rispose Giovanni, toccando lo sportellino fradicio.

"Caspita, questa non ci voleva! Avevo preso l'acqua santa apposta per provare a calmarla quando si ritrovava in questo stato", si alterò Rachele, ancora sopportando le testate dell'amica.

Giovanni non seppe cosa risponderle e tornò a bloccare gli arti superiori di Lorena con entrambe le mani, una delle quali bagnata proprio di acqua santa.

Lorena si mosse di scatto piegando indietro la testa per appoggiarla al cuscino del sedile, poi puntò i piedi e si inarcò creando un perfetto ponte, sorretto solo dalla sua nuca e dalla punta dei suoi piedi. Il ragazzo quasi non svenne dallo spavento e Rachele guardò l'amica con terrore e disgusto.

Cosa poteva fare per lei? Come poteva salvarla da questa entità che non la lasciava in pace?

Presa dalla disperazione pensò alla preghiera.

Lei era completamente atea e non le interessava per nulla la religione, però in quel frangente non riusciva a vedere altra via di uscita. Da piccola i suoi genitori le avevano fatto frequentare il catechismo e partecipare alle messe domenicali, quindi conosceva le preghiere e si ricordava ancora quelle più importanti. Tra le tante che le vennero in mente, istintivamente scelse l'Ave Maria.

Avvicinò le labbra all'orecchio di Lorena e cominciò a sussurrare:

"Ave o Maria, piena di grazia,
il Signore è con te".

A sentire ciò, Lorena passò dal rantolo al ruggito e si inarcò ancora di più. Giovanni perse un poco l'equilibrio, sentendosi tirato in avanti, ma non mollò la presa.

"Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù".

La ragazza posseduta ruggì ancora più forte e scosse il capo a destra e a sinistra, perdendo successivamente l'appoggio dei piedi, i quali scivolarono in avanti. Si ritrovò in posizione distesa quasi di colpo.

"Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori".

Anche Giovanni si mise a pregare insieme a Rachele, sovrastando le urla disumane e i ruggiti che Lorena faceva, resistendo ai suoi tentativi di ribellione e sperando che tutto finisse bene.

"Adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen".

La preghiere terminò e la ragazza dai lunghi capelli neri fece un grande respiro e si calmò, sbatté le palpebre diverse volte e i suoi occhi tornarono normali. Rachele la guardò sentendosi sfinita, Giovanni la osservò sconvolto, lasciandole i polsi.

Lei si mise a sedere e si toccò la faccia.

"Ma cosa mi avete fatto? Mi fa male il naso", si lamentò.

Rachele si riempì di rabbia e le abbaiò in faccia: "Canaglia che non sei altro, mettiti a dormire che è meglio. Hai appena finito di sbattere la testa contro il finestrino e ti lamenti per il naso?"

Lorena osservò il finestrino dall'aspetto sporco, come se qualcuno ci avesse passato una mano sopra lasciando tutto l'unto naturale della pelle.

"Adesso stai bene?" domandò Giovanni.

"Sì, sto bene", rispose lei, lisciandosi la scura capigliatura, nel tentativo di ricomporsi, nel mentre che cercava di capire cosa fosse successo, "ma tu sei...?"

"Io sono Giovanni, ho aiutato la tua amica a tenerti a bada mentre facevi delle cose strane", spiegò il ragazzo e chiese ancora: "non ti ricordi che ti stringevo i polsi?"

"No", ammise Lorena, "ho un vuoto di memoria. Ricordo solo che ero in discoteca seduta su un divanetto e poi mi sono ritrovata qui dentro all'improvviso".

"Miseria! Hai tirato delle testate al finestrino, hai ruggito, ti sei inarcata in un ponte..."

"Va bene, dai, glielo racconto io mentre la riporto a casa", lo interruppe Rachele, "spero che non ti sia troppo spaventato".

"Accidenti, sì. Non ho mai visto nessuno fare così, mai", rispose lui, ancora visibilmente sconvolto.

"Lo capisco, anche io mi sconvolgo tutte le volte".

"Io invece non ricordo niente", ribadì Lorena, strofinandosi il naso per il dolore che sentiva ancora.

"Va bene, allora vi lascio andare a casa", concluse Giovanni, uscendo dall'abitacolo, "se mai ci rivedremo, spero che sia in condizioni normali".

Le ragazze salutarono con un breve cenno della mano il ragazzo vestito da cardinale e poi partirono in direzione di Paesana.

Rachele raccontò per filo e per segno tutto quello che Lorena aveva fatto e quest'ultima si dispiacque per il disagio che aveva creato.

La notizia della vicenda si sparse a macchia d'olio per tutta Paesana, ma la maggior parte della gente pensò che fossero tutte baggianate e presto dimenticò le chiacchiere su tale argomento.

Rachele si sentì emotivamente frustrata, ma non poteva dare torto a nessuno, visto che lei per prima non ci credeva di aver vissuto un'esperienza così traumatica. Se solo avesse avuto una telecamera per poter filmare tutto quello che Lorena aveva fatto durante le sue crisi, avrebbe potuto dimostrare alla gente che le possessioni possono accadere veramente a chiunque, invece non possedeva nessuna tecnologia e quindi poteva solo affidarsi ai suoi stessi ricordi.

Probabilmente la sua amica avrebbe di nuovo avuto qualche crisi e lei avrebbe dovuto solo aspettare quel momento per essere forte e starle accanto ancora una volta.

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