Il diario di Giacomo
"Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi" era stato da poco pubblicato e Ranieri era riuscito con successo a togliersi le accuse di sodomia dalle spalle. Non andava molto fiero di quello che aveva fatto, dato che era stato costretto a inventarsi bugie infamanti nei confronti del defunto Giacomo per riuscire nel suo intento, ma ormai era andata ed era di nuovo libero di fare quello che gli pareva.
Decise che era finalmente giunta l'ora di attuare quello che aveva rimandato da tanto tempo: svuotare la camera di Leopardi. Tanto lui non ci sarebbe più tornato.
Arrivò la mattina presto a Torre del Greco e si fermò sulla soglia della suddetta camera. Fece un respiro profondo, inserì le chiavi nella toppa ed entrò. Puzzava di chiuso e di morto. Aprì le finestre e fece entrare un po' di luce in quella stanza polverosa, fissando poi il letto. Non aveva mai trovato il coraggio di sistemarlo. Giacomo era morto tra le sue braccia proprio lì.
-"Addio, Totonno, non veggo più luce."
Disse sussurrando Ranieri, rimembrando le sue ultime parole. Tirò sul col naso e si fece forza. Aprì l'armadio e ripose con cura i vestiti in una scatola, ma si fermò.
-Cos'è?
Si chiese, trovando in fondo all'armadio una cassetta piatta di legno, chiusa da un lucchetto.
La prese e provò a scuoterla per capire cosa ci fosse dentro, ma il suono sordo non gli fu di aiuto. Provò a cercare in giro la possibile chiave di quel lucchetto e la trovò in un taschino interno della giacca preferita dell'amico. Aprì la scatola e ci trovò un taccuino rilegato in pelle rossiccia. Ranieri si sedette sulla sedia della scrivania e lo aprì.
Trovò scritto nella prima pagina, con vicino un disegnino un po' sbilenco di un cuore:
"Antonio Ranieri, mia Luna e mia anima."
Incuriosito, proseguì la lettura.
"Oggi ho fatto una nuova conoscenza! Si chiama Antonio Ranieri ed ha 22 anni. Dall'accento, deduco sia di Napoli. È ancora uno studente, ma è già coltissimo e parlare con lui è un piacere per le orecchie; per non dire di che piacere è per i miei deboli occhi il suo volto! Passerei le ore a perdermi nelle sue perle blu. Spero di non stonare troppo vicino ad una simile beltate."
Il loro primo incontro. I pensieri che mai osarono uscire dalla bocca di Giacomo.
"Siamo diventati amici, ma temo che io gli faccia solo pietà. Perchè un uomo del genere si dovrebbe affiancare ad un sarcofago ambulante? Perchè sta ancora con me? Non merito Antonio e lui merita molto di più di me. Continuo, tuttavia, a sognare i suoi capelli neri, il suoi occhi color oceano, quelle bellissime labbra sormontate da un paio di baffi all'italiana che, lo ammetto, vorrei mi pizzicassero il volto. Sto iniziando a dubitare di me."
-Cosa...?
Girò velocemente la pagina.
"Ci siamo presi un appartamento insieme per dividere le spese e Ranieri è sempre gentile con me: mi aiuta a camminare quando faccio fatica, mi porta tutte le mattine la colazione a letto e si è offerto di scrivere, sotto mia dettatura, delle poesie al posto mio quando i miei poveri occhi chiedono pietà. Nessuno al di fuori dei miei fratelli e, qualche volta, di mio padre è mai stato così premuroso ed affettuoso con me. Le sue carezze sono così calde, la stretta delle sue mani così sicura e rassicurante, la sua anima così buona. È l'unico che ha il permesso di scompigliarmi i capelli come gesto di affetto. Poi sorride. Sorride sempre, diventando quasi contagioso. Il mio viso si fa più rosso del dovuto quando i suoi occhi incrociano i miei ed i muscoli del suo volto si contraggono in quel radioso gesto. Come calmare i battiti del mio cuore quando accade? Come non fantasticare atti più profondi? Perchè mi succede?"
-Scusa, ma non è che...
La risposta si trovava nella facciata a fianco.
"Lo amo. Non posso nasconderlo più. Voglio lui. Voglio vivere con lui. Voglio stare sempre intorno a lui. Voglio essere ciò che lui è per me. Realizzare ciò ha fatto scendere salate lacrime dai miei occhi. La mia vita sarà solo più terribile d'ora in poi. La Natura è stata così crudele con me. Ormai è certo, sono destinato all'infelicità, come ogni altro essere umano."
Ranieri rimase spiazzato. Ripensò agli atteggiamenti di Giacomo e si chiese come aveva fatto ad essere così cieco e a non essersi accorto dei sentimenti che provava per lui.
Lesse ancora.
"Oh Ranieri, Totonno mio, anima della mia anima...Il mio cuore soffre enormemente. Tu sei così angelico, sei pura meraviglia, tutte le donne di Firenze ti sognano ed io resto in disparte, nell'ombra, vittima della mia malinconia. Accetta i mazzi di fiori e rifiuta il mio tarassaco. Non perdere tempo con un malato. Non rovinare la tua bellezza nello stare con me, anche se è quello che sogno di più al mondo. Bacia le dolci labbra delle attrici e non provare le mie che invece san di uomo. Abbandonami, così forse il mio amore passerà e sarai davvero felice."
Antonio sentiva gli occhi inumidirsi.
-Giacomo...
Andando avanti, trovò gli appunti di alcune poesie che realizzò solo in quel momento fossero indirizzate a lui e non a Fanny, come credeva. Erano molto simili a quelle che aveva letto lui quando furono pubblicate, ma, oltre al cambiamento di genere delle parole, le rime erano state adattate così come le strutture, il tono di queste era molto più malinconico e, se messe a confronto con quelle di un tempo, parevano molto più sincere. Lesse poi alcuni piccoli periodi, scritti alla fine di ogni pagina di appunti.
"Fanny è bella ed affascinante, ma, come tutto il resto del bel sesso, è molto meno bella di Ranieri."
"Non comprendo come, giudicando la nostra specie umana, si possa dubitare della perfezione e delle forme dell'uomo, tanto da nominare le donne come il «bel sesso»." (1)
"Credo che Ranieri si sia innamorato di lei. La guarda come io guardo lui. Fa male, ma che vinca il, o la, migliore."
Notò che la carta della pagina successiva era più increspata e c'erano delle macchie più scure; aveva pianto mentre la scriveva.
"Ecco. Il mio crollo. Hai fatto la tua scelta. Hai scelto Fanny. Neanche capisco perchè io stia piangendo, era ovvio che l'avresti scelta. Lei è bella, aggraziata, sana. Lei è donna. Io sono il suo opposto. Come potevo anche solo pensare di poter competere? Era destino. Non sono e mai sarò oggetto del tuo amore. Questa sofferenza è terribile. Vederti insieme a lei mi ucciderà molto più velocemente del previsto. Imparerò a mascherare i pianti per non farti preoccupare. Il mio cuore rimarrà spezzato.
Ora, tu credi sia stato il rifiuto di Fanny a ridurmi così e continuerò a fartelo credere; mi servi ancora e ti amo ancora, non posso rischiare di allontanarti da me. Ti amo, forse troppo. Il mio amore, spesso, straborda e rischio di farmi scoprire, ma non posso evitarlo. Sai, quando una diga è rotta, è ovvio che dell'acqua fuoriesca da essa. Resterò un'ombra dilaniata dal dolore e dalla certezza che sono destinato alla solitudine."
-Non dire così, ti prego...
Trovò in mezzo alle carte degli appunti sulle lettere che Leopardi gli aveva inviato quando era dovuto tornare a Napoli. Uno in particolare lo distrusse più degli altri.
"«Gli uomini ti deridono per mia cagione»(2). È colpa mia se ricevi occhiate giudicanti e la gente sghignazza alle tue spalle. È solo colpa mia se si prendono gioco di te. Il mio amore ti ha rovinato la vita. Perdonami, Ranieri mio. Almeno mi consolo sapendo che deridono anche me; non sei solo, mia Luna. Preferirei, però, che si accanissero solo contro di me e lasciassero stare te. Ancora non comprendo il perchè di queste voci: loro non sono mai stati innamorati di una persona irraggiungibile? Eppure, la gente parla; e quel parlare ferisce come spade nel costato, ma non temere che ti difenderò lasciando che feriscano me."
Piccole lacrime rigavano ormai le guance del partenopeo. Tirò sul col naso, scorrendo infinite dediche d'amore che non aveva la forza nè il coraggio di leggere.
Ranieri si sentiva un mostro. Quel maledetto libro che aveva scritto era pieno di cattiverie, insulti nascosti da constatazioni, commenti meschini per potersi liberare da quelle voci che il suo più grande amico desiderava tanto fossero vere.
-Giacomo...Giacomo...Mi dispiace, perdonami, perdonami.
Piangeva Ranieri, prendendosi un attimo di pausa dalla lettura. Si guardava dentro ed echeggiava la parola "stronzo"; eppure Leopardi lo amava. Non ha mai smesso.
Tirò su col naso, si asciugò le lacrime con la manica della camicia e proseguì. Sorrise leggermente.
"Napoli! Con lui! Solo io e lui! Ha scelto me! Si vuole portare me e non Fanny! Son così felice che mi fa male il cuore! Me lo sento scoppiare di calore. Ci trasferiremo e vivremo insieme, proprio come le vere coppie. Forse troverò il coraggio di dirgli tutto, ma non credo."
I ricordi lo colpirono come dardi: il sorriso splendente di Giacomo, le feste e le gioie, la preparazione insieme ed il bellissimo viaggio in carrozza. Era felice quel giorno, felice di aver lasciato perdere Fanny ed aver scelto la persona più buona al mondo.
Si erano presi, anche qui, una camera in affitto, dato che casa sua non era ancora disponibile.
Non trovò molti reperti di quel periodo perchè dormivano nello stesso letto e, di conseguenza, Leopardi non aveva modo di scrivere senza farsi notare. Si ricordava però, dell'imbarazzo di Giacomo ogni volta che si sdaiava vicino a lui per andare a dormire ed il suo dolce sorriso quando si davano la buonanotte.
Quando si trasferirono a casa sua, lo presentò a sua sorella e Giacomo ci si affezionò subito, stringendo un bel rapporto con lei, come gli confermò una nuova pagina di diario.
"Paolina Ranieri è molto simpatica, non come la mia amata sorellina, ma è comunque una brava ragazza. Si è offerta di aiutarci e supportarci nel trasferimento e nella vita di tutti i giorni, quindi la vedo abbastanza spesso. È anche una ragazza molto sveglia: dopo un po' di giorni, approfittò di un mio momento di solitudine e mi chiese se io e suo fratello fossimo una coppia. Andai nel panico. Balbettai un «mi piacerebbe tanto» dopo svariate pause di silenzio. Lei mi si fece vicina e mi promise che avrebbe provato ad aiutarmi. Il cognome Ranieri porta solo cose belle."
Andò avanti incuriosito.
"Grazie allo spronamento di Paolina, trovai in me un po' di coraggio per provare a confessare a "Totonno" (così lo chiamano qui a Napoli) il mio amore. Ranieri era solo e pensai di sfuttare l'occasione: lo chiamai in disparte e tentai di riverargli i miei sentimenti, ma non ottenni nulla, poichè le parole mi rimanevano incastrate in gola. Il terrore mi assaliva e tappava la trachea. I suoi magnifici, splendidi, incantevoli occhi blu attendevano un mio suono; quindi raccolsi tutte le mie forze e balbettai un «io ti-», ma fui presto interrotto dal bussare della porta. Mi recapitarono una lettera che, scusandomi con Ranieri, portai nella mia stanza per leggerla: era da parte di mio padre. Mi chiedeva come stavine e senmi ero trovato qualche "attraente nobildonna" a Napoli. Il cuore mi fu strappato via dal petto. Come facevo a dire alla mia famiglia che quello che volevo era un uomo, per giunta comune? Mia madre mi avrebbe disonorato e rinchiuso in seminario; mio padre avrebbe smesso di rivolgermi la parola; i miei fratelli, forse, sarebbero stati gli unici, come sempre, a farmi sentire voluto. Trattenni le lacrime. Che senso aveva piangere? Che senso aveva arrabbiarmi? Io lo sapevo già, dentro di me! Il mio amore mi ha reso un reietto, un deviato, un Sodoma. Almeno questo dolore mi spinge a scrivere."
Il napoletano, nel leggere, sentì l'amaro tornare a torturargli la bocca. In quel giorno lontano, aveva provato a chiedergli di riprendere il discorso e sapere cosa c'è scritto nella lettera, ma Giacomo gli aveva rifilato un freddo "niente".
Sperò che nella pagina successiva ci fosse qualcosa di più gioioso, ma il tono si faceva sempre più malinconico man mano che si avvicinava alla fine del taccuino.
"Ranieri mi ha portato a camminare al parco. C'erano così tante coppie felici, spensierate, innamorate. Che invidia mi facevano! Puri e ancora pieni di illusioni, al contrario di me. Io ci provavo, davvero, ci provavo a guardare una qualche donna e togliermi lui dalla testa, ma niente, il suo buon profumo mi tratteneva come Calipso con Ulisse. Se solo le trovassi belle anche solo la metà di come trovo attraenti gli uomini e lui in particolare! Non riuscivo, come Icaro, a non ammirare e desiderare quel Sole che mi stava reggendo con le sue forti braccia. Che sogno, che splendore! I suoi occhi brillavano come il manto del mare, mentre dei riflessi opachi apparivano sui suoi ricci neri; che sorriso! Come non innamorarsi? Il mio povero e debole cuore! Maritarmi con Ranieri è ciò che vuole il mio animo, non con una contessa o qualche altra nobildonna come vorrebbero i miei. Anche se tanto lo so che, se mai provassi a confessare al mio amato anche solo il mio peccato, mi insulterebbe come tutti gli altri. Mi è bastato, l'altro giorno, semplicemente un sorriso di troppo per, senza dire una parola, ricevere occhiatacce ed epiteti volgari da sconosciuti. Temo che Ranieri possa reagire allo stesso modo. Quando finirà tutto questo?»
Ranieri strinse forte la pelle del taccuino.
-No! No! No! Non lo farei mai!
Eppure lo aveva fatto. Era caduto così tanto in basso da scegliere di diffamare la povera anima di Giacomo invece di lasciare la gente parlare.
Che tortura che era quel diario! Più Antonio voleva smettere di leggere e più voleva saperne di più; questo era ciò che il fato aveva scelto per lui.
Lesse un appunto diverso dagli altri:
"Ho fatto un sogno. Era così bello che non mi sarei più svegliato. Eravamo io e lui. Soli. Al chiaro di Luna in un prato a guardare le stelle. Che visione che era il mio Ranieri! La luce della Luna faceva brillare i suoi boccoli neri ed i suoi occhi erano un tutt'uno con il cielo. Era davvero troppo bello. Non ce la feci più. Cedetti. Gli presi tra le mani il volto e lo baciai. Ero così felice. Lui mi abbracciava stretto a sè, lasciandomi toccare i suoi soffici capelli durante il nostro gesto d'amore. Ci staccammo e lui sorrise con un sorriso così bello che mi sembrava di morire. "Ti amo, Giacomo" mi diceva. Ti amo anch'io Ranieri. Ti amo! Ti amo! Ti amo! Da anni brucio per te! Lascia perdere le belle rondinelle e scrgli il passero solitario! Poi altri baci, carezze, affetto. Ad avercelo quel coraggio...Probabilmente, se fosse successo davvero, avrebbe sputato per terra e mi avrebbe insultato. Perchè la fiamma non si vuole spegnere? È forse questa un'altra delle torture che ci infligge la Natura?"
-Ti prego basta...abbi pietà di me...
Singhiozzò Antonio. Povero il suo Giacomo, che tanto aveva difeso e protetto in vita quanto ha poi disonorato in morte.
Ormai rimanevano poche pagine per concludere quel dolore, quindi si fece coraggio e proseguì.
"Le mie condizioni di salute stanno peggiorando e a malapena riesco ad alzarmi dal letto. Ranieri e Paolina, più Ranieri per mia gioia, mi assistono pazientemente. Riesco a mangiare ancora meno di quello che mangiavo prima. Non credo mi rimanga molto da vivere, ma va bene così; finalmente tutto il mio dolore finirà e sarò cullato dal nulla eterno. Ho solo un rimpianto: non essere mai riuscito a dichiararmi al mio Ranieri, ma va bene anche questo; il nostro rapporto non ha rischiato brusche interruzioni e lui mi sorride ancora. Quanto mi mancherà il suo sorriso, l'arma con cui ha fatto breccia nel mio cuore anni fa! Se mai davvero esista una vita dopo la morte, mi piacerebbe passarla insieme a lui come ho sempre sognato nonostante sia considerata peccato: stretti in un caldo abbraccio, scambiandoci teneri baci e permettendo a Ranieri di accarezzare il mio fragile corpo. Anche se è impossibile per vari motivi, quest'idea mi dona sicurezza. Non ho paura di morire, anche se amo la vita più di ogni altra cosa. L'unica mia paura è perderlo, nient'altro."
Ad Antonio tremavano le mani. Stringeva quella carta e quella pelle come se la sua vita dipendessero da quello; la bocca sigillata per controllare il pianto. Era arrivato all'ultima pagina.
"Oggi muoio. Lo so, ormai è ovvio. Non rivedrò più i suoi occhi blu, non rivedrò più il suo sorriso, non rivedrò più la mia Luna. Diventerò tutt'uno con la terra, concluderò anche io, come tani alri prma di me, questo ciclo senza senso che è la vita. Muoio, però, con tanto amore nel cuore e non c'è cosa più bella. Per l'ultima volta, addio anima mia. Non ti iscordare di me(3), non ti stancare di amarmi(4)."
Ranieri scoppiò nuovamente a piangere, ma con lacrime più pesanti, più cariche di dolore. I ricordi si fondevano con le parole sulla carta. Giacomo, il suo Giacomo, che gli sorrideva tra le sue braccia mentre si spegneva. Lui che non lo voleva ritener possibile. I suoi tentativi di rianimarlo. Le sue successive liti col becchino per fare avere a Giacomo una degna sepoltura e non una sporca fossa comune. I continui pellegrinaggi alla sua tomba per addobbarla di fiori.
Poi quel libro. Avrebbe voluto bruciarlo. Avrebbe voluto tagliarsi le mani e le vene per poterlo raggiungere e dargli tutti i baci e tutte le carezze che si sarebbe meritato e che non gli ha mai dato, ma ormai era troppo tardi; Giacomo non c'era più.
Quel giorno si fece una promessa: che gli dessero pure del sodomita o del deviato quanto volevano, che lo insultassero o altro, ma che non si azzardino a provare a parlar male o schernire il suo dolcissimo e carissimo Giacomo.
⏤͟͟͞͞☆
SONO IN VITA GENTE
Chiedo perdono se non postavo da secoli, ma come sapete sono in 5a e ci stanno stressando (e caricando) a morte con la maturità e le invalsi.
Era un progetto che avevo in cantiere da un po', spero vi sia piaciuta e a presto♡
⏤͟͟͞͞☆NOTE⏤͟͟͞͞☆
(1) Rivisitazione del passo dello Zibaldone di Leopardi, 8 gennaio 1820, 67
(2)Lettera a Ranieri 05/11/1833
(3)Lettera a Ranieri 24/22/1832
(4)Lettera a Ranieri 05/01/1833
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