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6.

Quando finalmente trovo un punto abbastanza lontano, il mio corpo sembra ribellarsi a me prendendo il sopravvento su ogni mio meccanismo di difesa.

Vomito talmente tanto che penso seriamente di essermi spinto troppo oltre.

È finita, non riesco a pensare ad altro mentre tengo le mani aperte contro il tronco di un albero, incapace di reggermi in piedi da solo. Gli occhi lacrimano per lo sforzo, il cuore batte all'impazzata per compensare la mancanza d'ossigeno.

Non posso farcela da solo, è assurdo, e non posso morire così. Shoto non me lo perdonerebbe.

Mia madre, All Might, nemmeno io me lo perdonerei.

Stringo i denti, i petali sono ovunque ma riesco a frugare in tasca per tirare fuori il telefono con le mani tremanti e imbrattate di sangue.

Al secondo squillo sento la voce del mio migliore amico dall'altra parte impastata di sonno.

«Izu..?»

«Sho, ospedale...» biascico tra i denti. Seguono una serie di rumori, lo immagino saltare giù dal letto col panico addosso perché in fondo stava vivendo ogni sua giornata in attesa di questa chiamata. Ho rovinato la vita anche a lui senza rendermene conto, non riesco a credere di averlo fatto.

«Dove sei?»

Mi guardo intorno, non ne ho idea. Mi sento piuttosto preso in giro dall'universo, al momento.

«Ti mando la posizione», mormoro tra un conato e l'altro.

«Avverto Aizawa, arrivo» annuisco alle sue parole anche se non può vedermi mentre lentamente mi siedo con la schiena contro l'albero nel tentativo disperato di respirare.

Mi concentro a guardare il cielo, conto le stelle per distrarmi da quella sensazione di terrore che mi sta attanagliando le viscere. È tutto troppo reale, non volevo certo che finisse così.

Quando vedo il viso di Shoto, nemmeno venti minuti dopo, capisco di essere ancora vivo. Aizawa è dietro di lui, ha l'espressione di un genitore troppo preoccupato per urlare contro ad un figlio che lo fa morire di paura più o meno una volta al mese. Si china su di me, mi sposta i capelli dal viso per controllare che non fossi ferito. Shoto deve avergli raccontato tutto, perché non fa domande. Mi tira su, All Might appare dall'altra parte sorridendomi poco convinto.

Non faccio niente per oppormi, nella mia testa rimbombano solo le parole di Kacchan.

Con lui è diverso.

Perché non riesco a pensare ad altro, anche mentre sto morendo?

Stringo gli occhi in preda all'angoscia, Shoto sale in macchina con me, mi tiene la mano per tutto il tragitto ed io mi lascio cadere con la testa sulla sua spalla.

Sussurra parole che non sento, credo siano incoraggiamenti. Vorrei chiedergli scusa, vorrei che tutti mi perdonassero, perché in questo momento riesco solo ad incolpare me stesso per la sofferenza che sto causando.

«Sho, devi farmi un favore», mormoro vedendo avvicinarsi le luci dell'ospedale. «Quando uscirò da qui dentro, se ne esco, non avrò più ricordi di...» mi blocco colto da una fitta al cuore, Shoto mi stringe un po' più forte.

Tossisco un paio di volte, All Might mi guarda dal sedile del passeggero con gli occhi di chi sa di aver fallito. Vorrei digli che non è vero, che è stato un padre più di chiunque altro nella mia vita, ma questa è solo un'altra delle cose che sono riuscito a distruggere con le mie mani.

«Insomma, ecco... Sarà diverso quando tornerò a scuola.»

Shoto annuisce accarezzandomi i capelli mentre gli sussurro all'orecchio cosa dovrà fare, non l'ho mai visto così sconvolto.

«D'accordo» mormora asciugandomi le lacrime sulle guance con le dita. Mi ascolta senza dire una parola, sento le sue mani tremare appena contro la mia pelle ma so per certo che farà di tutto per mantenere la promessa.

«Promettimelo...» mormoro mentre mi caricano su una barella. Lui annuisce di nuovo, poi abbassa la testa e resta immobile. La sua schiena è scossa dai singhiozzi, Aizawa gli mette una mano sulla spalla mentre All Might entra in ospedale con me.

«Tua madre sta arrivando» mormora con dolcezza.

«Non è colpa tua» sussurro stringendogli la mano e sforzandomi di sorridere, lui scuote la testa. Un dottore entra nel mio campo visivo dall'altra parte del lettino e di nuovo sento la paura prendere possesso del mio corpo.

«Dimenticherò tutto?» chiedo un po' spaventato. L'uomo infila un ago nel mio braccio prima di rispondere, poi collega un monitor in modo da tenere sotto controllo i miei parametri vitali.

«È complicato» ammette cercando di tranquillizzarmi. Inietta un farmaco lungo la cannula, qualunque cosa sia sembra fare effetto quasi subito. Provo un improvviso senso di pace, vorrei durasse in eterno.

«In che senso?»

«La malattia di Hanahaki è particolare, ragazzo. Dimenticherai di averla amata, ma quella persona continuerà a far parte della tua vita. Non dimenticherai il suo nome, piuttosto dimenticherai di aver provato qualsiasi cosa nei suoi confronti.»

Non riuscivo a pensarci. Avrei guardato Kacchan negli occhi senza sentire lo stomaco contrarsi e le orecchie diventare roventi? Non lo avrei fissato chiedendomi quanto fossero calde le sue dita sulla pelle o quanto sarebbe stato bello poterlo abbracciare sotto le coperte.

Avevo passato così tanto tempo a fantasticare su di noi che adesso, di fronte all'idea di non poterlo più fare, non riesco nemmeno a prendere sul serio le parole del dottore.

Nessuna operazione chirurgica sarebbe riuscita a togliermi Kacchan.

Vero?

Non importa, in fondo, perché nella mia testa non è possibile smettere di amarlo.

C'è una grossa differenza tra dimenticare e smettere, enorme.

Per me, almeno.

Stringo più forte la mano di All Might, lo guardo deglutendo appena perché ho paura e non riesco più a nasconderlo. Perché ho capito, adesso, che quando mi dimenticherò di lui qualcuno dovrà spiegargli quello che è successo. Non capirà il motivo per cui non ricorderò di averlo mai chiamato Kacchan, non saprà perché lo ignorerò durante quelle pause che solitamente passavo a fissarlo nella speranza di una reazione.

Per lui sarà improvviso, assurdo e senza senso.

Così, quando glie lo diranno, Kacchan capirà che l'ho amato per una vita intera.

«Non lasciarlo solo...» mormoro improvvisamente spaventato. «Sarà confuso, all'inizio. Non capirà. Finirà per incolparsi. Non lasciarglielo fare, ti prego. Non abbandonarlo. Non permettergli di addossarsi il peso di qualcosa che ho fatto da solo.»

«Sei il solito» commenta l'uomo con le lacrime agli occhi; non ho avuto nemmeno bisogno di dirgli di chi sto parlando. «Sempre a preoccuparti per gli altri.»

Vorrei sorridere, ma non ho più le forze per muovere un muscolo.

«Ti prego» stringo i denti col fiato corto. All Might annuisce e basta.

«Sei pronto?»

La voce del medico mi riporta alla realtà.
Sono pronto? No, certo che no. Non sarò mai pronto a dimenticare tutto quello che abbiamo avuto.

Sento le lacrime accumularsi agli angoli dei miei occhi mentre la nostra storia mi scorre nella mente come una canzone.

Vedo le mani piccole di Kacchan che mi stringono le guance, le sue dita che premono una ad una le mie lentiggini come fossero piccoli bottoncini. Sento la sua risata profonda, provo sulla pelle il calore che emana il suo corpo.

Non pensavo che sarebbe davvero arrivato il giorno in cui avrei smesso di amarlo e non riesco a pensare che il suo ultimo ricordo di me sarebbe stato l'odio nei miei occhi e la sensazione che lo disprezzassi.

Dio, qualcuno gli dica che non ce l'ho con lui.

Ce l'ho con me, perché non mi è bastato mai. Ho portato questo rapporto all'esasperazione fino al punto in cui averlo come amico non è stato abbastanza.

Vorrei dirgli anche che non odio Kirishima, anzi. Sono felice che abbia trovato qualcuno come lui, qualcuno che lo faccia ridere e gli ricordi ogni giorno che è degno di essere amato.

Spero che sia in grado di tenerlo in piedi, che non gli permetta di buttarsi a terra convinto di non essere mai cambiato. Spero di non aver rovinato il loro rapporto, non ho mai voluto questo.

Volevo così disperatamente che amasse me che non l'ho lasciato libero di amare chi voleva lui.

Tiro su col naso, ogni parte del mio corpo sembra urlare in disperato bisogno di ossigeno. Mi lascio cullare per l'ultima volta dalla voce di Kacchan nella testa e in qualche modo mi sento di nuovo un bambino.

«Izuku, diventeremo eroi insieme!»

«Izu, sei tutto sporco di gelato!»

«Come hai fatto a migliorare così tanto?»

«Ti conosco.»

«Deku!»

«Ah? Deku?!»

«Non lo penso. Non l'ho mai pensato.»

Guardo il dottore, annuisco impercettibilmente. Lui non dice niente, ma a poco a poco inizio ad avvertire i pensieri mischiarsi uno con l'altro mentre cado in un sonno profondo.

So che è la scelta giusta, ma una parte di me non vuole cedere.

Una parte di me sa che se chiudo gli occhi non sarò più in grado di tornare indietro, che li riaprirò su un mondo di cui Kacchan non farà parte.

Le palpebre lottano per calare con forza sui miei occhi, non voglio. Piango con rabbia, piango finché la mano che stringe le dita di All Might non ricade inerme sul materasso.

Kacchan mi tende la mano con un sorriso, io mi lancio verso di lui prima di cadere nell'oblio.

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