Capitolo 21.
La musica perforava i timpani per quanto era alta e le percussioni della canzone facevano tremare ogni singola fibra del corpo dei ragazzi presenti nella sala. Poteva sembrare fastidioso ad occhi esterni e anche io l'avrei pensata allo stesso modo qualche settimana prima, ma in realtà era fantastico.
Ero in pista con Matteo però sembrava non esserci per me. Sentivo la sua mano sul mio fianco e degli occhi puntati sulla mia pelle e di certo non erano quelli del ragazzo con cui stavo ballando. Alle sue spalle infatti, vidi Jason che non dava la minima importanza alla sua amata che gli si strusciava contro. Sorrisi e quanto avrei voluto scoppiare a ridergli in faccia. La canzone ritmata con cui poco prima mi stavo divertendo cedette il posto ad un'altra più lenta. Istintivamente guardai Matteo che non aspettava altro per tenermi più vicina al suo corpo. Iniziò a stuzzicarmi con dei leggeri baci sul collo che però non mi fecero provare alcuna emozione. Continuò lungo il collo fermandosi su un punto in cui iniziò a tirare più forte la pelle. Dopo alcuni secondi che sembravano interminabili si spostò lungo la mia mascella fino a finire sulle mie labbra. Forse per l'alcol o forse per vendetta, mi ritrovai a ricambiare il bacio sotto gli occhi indiscreti di Jason che sembrava quasi sorpreso. Involontariamente nacque un sorriso soddisfatto sulle labbra e Matteo mi guardò felice.
«Ti è piaciuto allora» affermò interpretando il mio sorriso per tutt'altra cosa.
«No ti sbagli. Il mio ex ci ha visto e sembra arrabbiato» Risi pentendomi di aver distrutto la sua autostima. Vidi un po' di delusione nei suoi occhi ma non sembrava ferito dalla mia affermazione.
«Se vuoi ti aiuto a dimenticarlo del tutto. Andiamo in qualche luogo più tranquillo magari» sussurrò prendendo con i denti il lobo del mio orecchio.
«No hai frainteso tutto. Volevo soltanto ballare non voglio fare sesso con te. Cercati un'altra ragazza, addio.» dissi prima di lasciarlo solo sulla pista da ballo. Cercai un bagno in cui sarei potuta stare un secondo in tranquillità. Incontrai Meggy, la proprietaria della casa, troppo fatta per capire cosa stesse succedendo, ma oltre questo sembrava ricordarsi la disposizione delle sale.
Entrai nel bagno trovato fortunatamente libero e mi chiusi all'interno. Mi guardai allo specchio vedendo tutto il rossetto sbavato per colpa di quel Matteo. Cercai di sistemarmi il trucco sugli occhi leggermente sbavato per via del sudore provocando però più danni che altro.
Uscii dal bagno dopo aver recuperato la situazione "trucco" e incontrai Jonathan sullo stipite della porta come se non bastasse.
«Hai pianto?» mi chiese con una punta di preoccupazione nella sua voce.
«Si» mentii volendo vedere fino a che punto sarebbe riuscito a trattenersi.
«Chi è stato?»
«Cosa?» chiedi fingendo di asciugarmi qualche lacrima ma a stento riuscivo a trattenermi dal ridere, non ero mai stata brava come attrice.
«A farti piangere» era irritato e non sapeva dove tenere le mani così le mise nelle tasche dei suoi jeans strappati.
«L'organizzatore della festa» dissi e lui sembrava non capire.
«Non ha preso molte cose da bere. Che delusione.» vidi la sua reazione e scoppiai a ridere con tanto di lacrime agli occhi per lo sforzo. Rimase a bocca aperta e mi fissava come se fossi impazzita tutt'un tratto.
«Sei decisamente ubriaca, vieni ti porto a casa.» mi prese per il polso ed io smisi di ridere.
«Stavo solo scherzando ma la tua faccia era da fotografare»
«Sei...»
«incredibile?» lo interruppi.
«No. Sei una ragazzina» con il broncio lo seguii lungo i vari corridoi che neanche ricordavo di aver attraversato, per poi ritrovarmi a faccia a faccia con il nemico.
«Ti odio» dissi a Jonathan che sorrise tenendomi stretta la mano con la sua come a.. proteggermi?
Insieme al gruppetto di Evelin, non che amici di Jonathan, c'erano anche Clara e Thomas che si divertivano a parlare con gli altri. Anche io avrei dovuto abbassare la guardia e fare finta di niente come loro? Mai.
«Facciamo qualcosa questo festa è una vera noia» disse una ragazza dai capelli rossi che si sbracciò verso Travis, un amico di Jonathan.
Jonathan mi fece posto vicino a lui senza lasciarmi andare e, ogni tanto, lo vidi lanciare degli sguardi di sfida verso Jason.
«Obbligo e verità?» Nash tirò fuori tre bottiglie di vodka e fece nascere sul viso di tutti i presenti un gran sorriso.
«Che il gioco abbia inizio» esclamò Jonathan finendo di bere una bottiglia di rum che trovò su un tavolo.
«Oh no» commentai sottovoce.
Il gioco ebbe inizio e dopo aver visto baci di ogni genere tra la rossa e Travis, come tra Nash e una moretta che si sedette con noi poco dopo, vidi il volto di Clara sprigionare fuoco. Le avrei chiesto assolutamente spiegazioni dopo la festa, il sesto senso mi diceva che Clara e Nash si conoscessero.
«Abby è il tuo turno. Obbligo o verità?»
«Obbligo» dissi convinta.
«Limona con Jason» disse la rossa beccandosi l'occhiataccia fulminea di Evelin.
«Non so se sia il caso ma se mi avvicinassi a quello stronzo non esiterei neanche un secondo a strozzarlo» dissi facendo ridere sotto i baffi Jonathan che continuava a guardarlo.
«Va bene allora... shot di vodka» si arrese la rossa e Nash mi passò la bottiglia e i bicchierini di plastica.
«No grazie» rifiutai i bicchieri e presi solo la bottiglia che mi portai alla bocca. Dopo cinque o sei sorsi la posai al mio fianco sospirando. Sentii la gola andarmi a fuoco come se avessi ingoiato del carbone ardente.
«Evelin obbligo o verità?» le chiesi.
«Verità»
«Quanto sei puttana da 1 a 10?» sentii improvvisamente caldo e dovetti levarmi la camicia per non morire soffocata. Evelin era rimasta a bocca aperta e cercava sostegno dal suo ragazzo o una qualche protezione.
«Sei senza parole?» le chiesi ancora notando lo sguardo sorpreso di tutti non solo dei due traditori.
Nash prontamente prese le redini del gioco prima che finisse in una rissa tra me ed Evelin. Ad un certo punto del gioco, dopo non so quanti turni, a Nash venne obbligato di baciare Clara che avvampò all'istante. Dopo il bacio vidi gli occhi della mia amica trasformarsi in due cuoricini e quelli di Nash diventare più accesi e splendenti di quanto non lo fossero di natura. Erano innamorati quei due e sicuramente neanche se ne rendevano conto.
«Jonathan obbligo o verità?» gli chiese Travis.
«Obbligo» disse con fermezza guardando l'amico negli occhi come ad intendersi.
«Abby preparati» disse Travis ridendo.
Jonathan si avvicinò alle mie labbra e mi baciò delicatamente. Mano a mano intensificò il bacio facendo scontrare le nostre lingue all'interno della mia bocca. Mi misi in ginocchio davanti a lui prendendogli il viso con le mani. Sarà stato l'effetto dell'alcol ormai in circolo, ma non mi sarei spostata da lì per nessun motivo.
«Ci stanno dando i due» commentò la voce impastata di Travis.
Ci staccammo per riprendere fiato e ci guardammo negli occhi. Avevo il cuore in gola e una continua scarica elettrica lungo il corpo.
«Mai visto un bacio così» applaudì Nash. Clara e Thomas rimasero a bocca aperta e soprattutto il secondo era completamente sorpreso. Non si aspettavano una reazione del genere, nessuno se l'aspettava e tanto meno io.
Il gioco continuò e ogni volta che venivo chiamata portavo alla bocca la bottiglia di vodka che era diventata automaticamente di mia proprietà.
«Regalaci un altro bacio con Jonathan» cercò di dire la mora perdendosi lungo la frase.
«Va bene» posai le labbra su Jonathan non riuscendo più a distinguere le mie vere emozioni essendo troppo annebbiate dall'alcol.
Però dopo il mio turno ci fu quello di Jonathan e prima che potessi sentire l'obbligo mi alzai barcollando e mi diressi all'esterno. Fui investita dall'aria fredda della notte che mi provocò qualche brivido. Presi il cellulare dalla tasca posteriore dei jeans e con difficoltà distinsi i numeri segnati sul display. 2:33
«Hai una sigaretta?» iniziai a chiedere ad alcuni ragazzi che come me si trovavano fuori per fumare. Me ne diedero una e avvicinarono l'accendino all'estremità di essa mentre la tenevo tra le labbra. Aspirai giusto il necessario per accenderla e me ne andai al posto in cui ero seduta poco prima. Ancora prima che potessi fare un tiro a pieni polmoni, una mano me la sfilò portandosela alla bocca.
«Fumi anche ora, non ti basta la bottiglia che hai bevuto?» chiese Jonathan aiutando ad alzarmi.
«I fatti tuoi mai?» gli chiesi cercando di riprendermi la sigaretta.
«No» liberò il fumo formando una piccola nuvoletta grigiastra che si andò a disperdere nell'aria.
«È meglio che ti riporti a casa»
«No non voglio andare a casa. Non puoi decidere per me» alzai la voce dimenandomi dalla presa della sua mano sulla mia.
«È freddo qui fuori almeno rientriamo» annuii e lo seguii all'interno dove gli altri continuavano a giocare come se non si fossero accorti di niente. Mi accorsi che Jason ed Evelin se ne erano andati, Thomas parlava con la moretta e Clara era seduta vicino Nash.
«Wow quanto sono stata via?» chiesi a Jonathan che era l'unico sobrio in quella massa di persone brille, me compresa.
«Solo pochi minuti. Pochi minuti che sono bastati a stravolgere l'intera serata» disse ed io lo incitai a continuare facendo trasparire la mia curiosità.
«Jason ed Evelin se ne sono andati subito dopo che ti sei alzata. Travis avrà trovato qualche posto appartato da passare con Cassandra. Mio fratello si sta dando da fare con Roby che non gli ha staccato gli occhi di dosso neanche per un secondo e quasi quasi mi ha sorpreso quell'imbranato. Ci sa fare quando vuole» lo fulminai con lo sguardo. Anche se era suo fratello non si doveva permettere di prenderlo in giro in quel modo.
«Infine Nash ha approfittato del posto libero vicino la tua amica e da quel momento non fanno altro che limonare.»
«Sono contenta» dissi guardando i due avvinghiati l'uno all'altro che si mangiavano con le labbra senza fermarsi un secondo.
«Poi ci siamo io e te» aggiunse.
«Io e te?» non stavo capendo, anzi ero io a non voler capire.
«Perché hai approfondito il bacio?» mi chiese spiazzandomi. In realtà quella domanda gliela avrei dovuta porre io magari il giorno dopo quando entrambi eravamo lucidi e consapevoli oppure in qualunque altro momento che non fosse ad una festa.
«Non sapevo cosa stessi facendo» non lo guardai negli occhi essendo incapace di sostenere il peso di quegli occhi grigi. Infondo era quello che pensavo e non era stato niente più che un obbligo.
«È stata una stupida imposizione dei tuoi amici. Dovevamo farlo e gli ho dato quello che desideravano. È stato solo un obbligo» boccheggiai cercando di convincere entrambi delle mie parole.
«Non la pensi come me?» gli chiesi sollevando di poco lo sguardo. Continuava a guardarmi senza proferire parola e la sua espressione non lasciava trasparire nessuna emozione, era solo fredda e neutra.
Mi stava mettendo in difficoltà e stavo iniziando ad odiare quel silenzio che era calato su di noi.
Si avvicinò al mio viso lasciando qualche millimetro di distanza che permise alle nostre labbra di sfiorarsi.
Distrusse con un semplice movimento del capo quella distanza facendo scontrare le nostre bocche dando vita ad un bacio più voglioso che affettuoso.
«No» mi staccai posando una mano sul petto per allentarlo.
«Scusa»
«È colpa mia. Non devo illuderti»
«Illudermi?»
«Si, è come hai detto tu. Ci è stato imposto nessuno dei due lo voleva veramente» disse serio.
«Hai ragione» lo assecondai lasciando calare il silenzio su di noi un'altra volta.
Afferrai la mia camicia a scacchi e mi avvicinai al tavolo su cui si trovavano le bottiglie vuote. Cercai dell'acqua ma ad una festa universitaria è un po' come cercare un diamante in una cava d'oro.
Durante la mia ricerca il senso di nausea mi attanagliò lo stomaco. Uscii velocemente dalla porta principale e mi piegai in due sull'erba fredda del giardino per via dei conati sempre più forti e dolorosi.
«Calma, respira lentamente» mi rassicurò Jonathan mentre mi aiutava a rimettermi in piedi.
«Va via» sussurrai non riuscendo a parlare normalmente.
«Vieni» senza controbattere lo seguii verso la sua moto. Con delicatezza mi aiutò a mettere il casco rinunciando ad usarlo per se pur di darmelo.
«Ti porto a casa»
«Quale casa?» mi appoggiai alla sua schiena beandomi del suo profumo. Ero stanca e gli occhi si facevano sempre più pesanti. Un attimo prima ero pronta a scatenarmi e subito dopo non vidi l'ora di tornare a casa e dormire sul mio comodo letto.
È così il circolo dell'alcol, inizi con il sentirti invincibile per poi finire a piangerti addosso e ad avere bisogno di affetto.
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