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Capitolo 2.

«Su, svegliati» mi sussurrò Kayl all'orecchio.
«Ancora cinque minuti» mi lamentai coprendomi la testa con il comodo cuscino.
Sentii sbuffare rumorosamente così pensai che si fosse arreso concedendomi altri cinque minuti. Ma il mio pensiero durò ben poco quando mi sentii afferrare. Mi ritrovai a testa in giù sulla spalle di Kayl che nel frattempo rideva soddisfatto.

«Mettimi giù» dissi cercando di essere il più minacciosa possibile. Non mi diede ascolto e, a grandi passi, si diresse in cucina. Solo quando fummo nella grande stanza decise di mettermi a terra facendomi toccare con i piedi scalzi il pavimento gelido.

«Buongiorno» dissi sbadigliando.
«Buongiorno» Jet mi salutò e mi porse un bicchiere con del latte e un piatto con dei dolci fatti probabilmente da Kelly.

«Non ho fame» rifiutai ma Jet e Kayl mi guardarono e mi ridiedero il piatto e il bicchiere.
«Mangia qualcosa» disse Jet mandandosi alla bocca un'altro cucchiaio di cereali.

Rifiutai di nuovo e mi alzai prima che potessero replicare. Mi chiusi in camera e, dopo essermi vestita, optando per un jeans e una felpa pesante con le mie vans, uscii di casa. Appena misi piede fuori la calda abitazione, mi ringraziai mentalmente per aver indossato quella felpa pesante dato che il vento era più pungente del solito.

«Perché non hai aspettato all'angolo della strada?» chiesi a Kayl che appena mi vide aprì la portiera della sua macchina.
«Papà è uscito insieme a Kelly questa mattina presto...Jet mi ha detto che avevano da fare una cosa di estrema importanza.»
«Ah» dissi solamente posando le mani sopra la bocchetta dell'aria calda cercando di riscaldarmi i palmi delle mani.
«Da quando si è sposato con Kelly è cambiato. Non tratta Jet come ha trattato noi...Vuole molto più bene a lui di quanto ne ha mai voluto a noi» disse Kayl stringendo i pugni sul volante.

«È pur sempre nostro padre»
«Quanto vorrei che al posto della mamma ci fosse stato...»

«Kayl» lo fermai prima di sentire altro. I ricordi sembravano riaffiorare e con loro anche quelle emozioni che avevo cercato troppe volte di opprimere.
«Mi dispiace ma... Sono solo arrabbiato» allentò la presa e rilassò le mani.

«Lo so. Ma lo supereremo. Dopo tutto è un bene che abbia incontrato Kelly. Altrimenti...non voglio neanche pensare a cosa sarebbe potuto accadere ancora» cercai di distrarmi guardando fuori dal finestrino per non ricordare.
Kayl non rispose perché sapeva che avevo ragione.

Il viaggio fu abbastanza lento e infatti arrivammo con qualche minuto di ritardo. La lezione era ormai cominciata ed era inutile seguirla cercando di capirci qualcosa. Decisi di andare all'edificio accanto per chiedere qualche lezione extra. Entrai e fui subito investita da un'atmosfera calda e accogliente. Mi alzai leggermente le maniche tanto per non rischiare di morire di caldo e ripresi a camminare verso la segreteria centrale.
«Salve vorrei avere qualche attività extra se è possibile» chiesi alla signora che mi guardò curiosa.
«Aspetti lì. La chiamerò fra qualche minuto.» mi appoggiai al muro aspettando che mi chiamasse.

Improvvisamente sentii delle urla dalla stanza accanto. La signora che mi accolse poco prima andò a controllare e sembrava essere molto agitata. Aprì la porta e dalla stanza ne uscì un ragazzo seguito dal preside.
«La prossima volta non te la caverai tanto facilmente» il ragazzo moro sbuffò e prese a camminare verso la mia parte.

I nostri sguardi si incontrarono ed io abbassai velocemente il mio concentrandomi sulle piastrelle scure del pavimento. Un brivido percorse la mia schiena e d'istinto mi abbassai le maniche pensando che la causa fosse il freddo.

«Venga signorina. Mi serve il suo orario» la signora mi fece cenno di avvicinarmi guardando ancora lo schermo del computer. Gli porsi l'orario aspettando con pazienza qualche informazione. Poco dopo alzò lo sguardo spostandosi gli occhiali e:

«Mi dispiace ma le attività sono strapiene di iscrizioni. Se vuole c'è un posto per le ripetizioni, visti i suoi risultati sarebbe perfetta» questo disse, forzando un piccolo sorriso.
«Va bene.»

«Lei è..»
«Abby Taylor»
«Perfetto le faremo sapere quando iniziare. Buona giornata» non mi diede neanche il tempo di ricambiare il saluto che già era sparita nella stanza accanto.
Uscii dall'edificio e il forte gelo si fece risentire. L'orologio segnava le 8:55 valeva dire cinque minuti alla lezione seguente. Mi avviai verso l'aula dove si sarebbe tenuta, ma una figura mi distrasse. Il ragazzo di prima, era seduto sul muretto con una sigaretta tra le dita.

Cercai di passare senza dare nell'occhio ma i miei obiettivi fallirono nel momento in cui me lo ritrovai davanti.
«Che fai, mi eviti?» disse con un ghigno sulle labbra. Anche se era tremendamente bello all'apparenza, il suo carattere, era da vero e proprio stronzo.

«Dovrei andare a lezione.» incrociai il suo sguardo solo per un secondo dopo il quale tornai a guardare il suolo che sembrava tanto interessante.

«Guarda, guarda. Sei una matricola eh...Nessuna mi eviterebbe» disse sorridendo. Spostai lo sguardo lungo il suo corpo e notai un tatuaggio sull'avambraccio destro e un altro sul fianco che traspariva dalla maglietta bianca troppo leggera per quel periodo dell'anno. Non so il motivo per cui lo feci, però lo rimpiansi immediatamente, maledicendomi.

«Lasciala stare.» una voce intervenne in mio aiuto e ringraziai la persona in questione con tutta me stessa. Girandomi vidi che era stato Thomas a parlare e un sorriso enorme mi si formò sulle labbra.
«Non è una delle tue puttane, Jonathan» Thomas si avvicinò e lo fulminò con lo sguardo. Ma quel Jonathan non gli diede retta e iniziò a guardare me.

"Quindi è Jonathan il suo nome" mi ritrovai a pensare come se mi interessasse davvero.

«Me lo sarei immaginato. Thomas che frequenta una come questa» mi indicò come se fosse disgustato alla mia vista e la tentazione di urlargli quanto fosse reciproca la cosa, aumentava ogni secondo di più.
«Torna da Evelin. Lei si che è una facile, ma lascia stare Abby» gli ringhiò contro Thomas. Jonathan sembrava divertito dalla reazione del mio amico, ebbe ciò che voleva quindi girò i tacchi e ci fece un cenno di saluto.

«Thomas...ciao Abby» disse prima di scomparire dietro una stradina.
«Grazie...grazie davvero» gli dissi.
«Lascialo stare quello lì.» mi disse indicando la piccola figura in lontananza.

«Perché hai saltato la prima lezione?»
«Sono arrivata in ritardo così ne ho approfittato per chiedere delle attività extra»
«Sei diventata proprio una brava ragazza, Abby» mi disse con il sorriso più sincero che abbia mai visto.
«Grazie»

Andammo alla seconda lezione che passò molto velocemente e così anche le altre a seguire.
«Che lezione hai?» mi chiese Thomas uscendo dall'aula. Presi l'orario e gli diedi un'occhiata veloce ma prima che gli risposi, mi ritrovai con il fondoschiena a terra.

«Non sai neanche camminare» mi girai e vidi Jonathan ridere insieme a una ragazza dai capelli biondo platino.
Ci mancava solo un incontro diretto con la perfettina di turno per concludere la giornata in bellezza.
«Abby, ti sei fatta male?» mi chiese Thomas aiutandomi ad alzarmi.
«No. Sto bene, grazie» gli dissi leggermente scazzata.

«Piacere io sono Evelin, la ragazza di Jonathan» disse guardando il ragazzo che aveva sotto braccio.
«Tu dovresti essere Abby» aggiunse ed io annuii stringendole la mano per essere cortese, ma me ne pentii subito quando vidi lo sguardo di Thomas. Non volevo avere problemi e avere una discussione con quella Evelin era l'ultimo dei miei obiettivi. Anzi, neanche c'era sulla mia lista di obiettivi.

«Oh ciao Thomas. Non ti avevo visto» la sua voce acuta mi risvegliò dai miei pensieri facendomi tornare alla situazione in cui ci trovavamo.
«Ti va di venire alla festa venerdì? Ci sarà da divertirsi. Se vuoi venire, dovrai andare nel secondo dormitorio, quello dei ragazzi per intenderci. Ti lascio il mio numero.»
«No, grazie. Non verrò alla festa.»
«Ti lascio ugualmente il mio numero, in caso cambiassi idea.»

«Non ho un cellulare.» mi inchinai per raccogliere le mie cose che per tutto il tempo erano rimaste a terra. Come immaginavo, Evelin scoppiò in una fragorosa risata e cercai in tutti i modi di trattenere la mia rabbia ma anche la mia "vergogna", se così posso definirla.
«Cosa? Tu non hai un cellulare?» continuò a ridere fino a quando Jonathan se ne andò sbuffando. Evelin smise di ridere e cercò di attirare l'attenzione del suo ragazzo che si stava incamminando verso l'uscita.
«Amore?» in modo impacciato, per via dei tacchi troppo alti per i miei gusti, se ne andò anche lei.

«Andiamo.» mi disse Thomas.
«Sei mai andato a una di quelle feste?» gli chiesi.
«No.»
«Ti va di andarci?»
«No. E tu?»
«No. Inoltre mio fratello non me lo permetterebbe mai e poi mai.»
«Tuo fratello, ti permetterebbe di venire a casa mia? Per studiare, ovviamente.»

«Ah ah ah. Va bene comunque»
«Non te la prendere, scherzavo solamente. Ora devo proprio andare ci vediamo domani»
«Non me la sono presa» ammisi e lui scoppiò a ridere prima di farmi un cenno di mano mentre si allontanava.

Le lezioni erano finalmente finite ed era giunta l'ora di tornare a casa. Mi avviai verso il parcheggio e vidi Kayl che agitava le mani per farsi vedere in mezzo a tutte le altre macchine parcheggiate. Lo raggiunsi velocemente salutandolo con un semplice bacio sulla guancia. Molto spesso le persone, per questi piccoli segni di affetto, ci scambiavano per una coppia e non nego che molto spesso usavamo la questione a nostro vantaggio.

«Domani andrò con un mio compagno di corsi. Quindi non serve che mi vieni a...»
«Cosa? Jason mi ha detto che sareste uscito ieri»
«Ah davvero? Dopo chiarirò. È un suo vecchio compagno di corso, prima che mi chiedi vita morte e miracoli sul suo conto. È un ragazzo a posto»
«Ok, ma dovrai tornare presto»
«Va bene»

Tornammo a casa e me ne andai immediatamente in camera per studiarmi alcuni argomenti per le settimane successive, così da non avere troppi argomenti da studiare tutto insieme.
Si fece presto l'ora di cena e la fame si faceva sentire. Riordinai la stanza tra fogli accartocciati e scritti prima di raggiungere la cucina. Appena vicina alla cucina fui invasa da un fantastico profumo. Entrando vidi Kelly indaffarata tra fuochi e pentole che cercava di seguire contemporaneamente, passo per passo, il ricettario che aveva disposto sul leggio.

«Cos'è?» chiesi a Kelly indicando le pentole sui fornelli da cui costatai provenire il profumo.
«Ciao, cara. Sto provando una nuova ricetta»
«Dall'odore sembra buono.» aggiunsi e le si accesero due bagliori negli occhi appena pronunciai quella frase.
«Ti va di darmi una mano? Solo se vuoi, non sentirti obbligata.»
«Certo.» mi fece un fantastico sorriso che le rimase per tutto il tempo della preparazione. Ero contenta di averla fatta felice e, per una volta, avevo messo da parte l'orgoglio e i problemi, concentrandomi solo sul presente.

Vennero presto anche Jet, Kayl e papà che furono ammaliati dall'odore che riempiva la cucina.
«Questo lo abbiamo preparato io e Abby» disse Kelly entusiasta del risultato.

«Spero che vi piaccia» aggiunsi. Mio padre mi fece un sorriso che però non riuscii a ricambiarlo. Ecco l'orgoglio risalire...

Venimmo ricoperte di complimenti.
«Buonissimo» dissi. Per la prima volta finii il mio piatto e Kelly mi guardò sorpresa.

«Sono contenta che ti piaccia»
Kelly non ne aveva colpa, non fu colpa sua se la mamma se ne andò. Dovevo ringraziarla per avermi salvata. Per aver salvato me e Kayl da mio padre.
E a volte i piccoli gesti sono più che importanti per alcune persone.

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«Pronta per andare?» mi disse Thomas.
«Certo.» andammo verso il parcheggio dove vidi Jason. Il giorno precedente non ebbi proprio tempo per parlargli e così approfittai della situazione.
«Aspettami qui» aggiunsi e andai verso Jason che mi guardò stupito.

«Scusa se non ti ho avvertito, ma oggi andrò con Thomas, dobbiamo studiare alcuni argomenti.» gli spiegai.
«Dovresti farti un cellulare. Ma ok. Torna presto a casa»
«Un'altra cosa. Come mai hai detto ieri a mio fratello che saremo usciti insieme senza che io ne sapessi qualcosa?» incrociai le braccia al petto e lui sapeva bene che quando lo facevo, ero arrabbiata.
«Era il mio programma fino a quando il mio allenatore ha deciso di spostarmi l'allenamento. Non ho avuto tempo per avvertire né te né Kayl del cambio di programma»
«Va bene. Ma la prossima volta parla prima con me e poi con mio fratello. Sai che odio sapere le cose dopo gli altri»
«Sarà fatto mia signora» lo abbracciai sorridendo e per risposta mi stampò un bacio sulle labbra.
Mi riavviai verso Thomas che era poggiato sul cruscotto dell'auto con il telefono fra le mani.
«Finalmente, salta su» mi diss appena mi vide arrivare, posando il telefono sulla tasca posteriore dei jeans. Ci mettemmo pochi minuti ad arrivare a casa, e il viaggio, non poteva essere più tranquillo di così. Entrammo e la grande porta di legno scuro si aprì su un piccolo salone. Modesta e accogliente, ecco come poteva essere definita.
«Vieni. Ti presento mia madre» disse conducendomi in un'altra stanza che scoprì essere la cucina.

Una fantastica donna con i capelli raccolti in una crocchia e un grembiule da cucina si trovava ai fornelli. Aveva gli stessi occhi di Thomas, e anche i capelli erano della stessa tonalità. Aveva un fisico magro e asciutto con un po' di muscoli accentuati sulle gambe e braccia.
«Salve signora» salutai.

«Ciao. Scusami, Thomas non mi ha avvertito che sarebbe arrivata una sua amica»
«Non si preoccupi, signora. Piacere io sono Abby è un piacere conoscerla» mi presentai sorridendole.
«Sono Joelin. Dammi pure del tu, non serve chiamarmi 'signora'. Mi fai sentire vecchia» rise.
«Va bene» le sorrisi cordialmente per poi seguire Thomas nella sala da pranzo dove era tutto pronto per un fantastico pranzo.

«Aggiungo subito un altro piatto» disse.
«Posso aiutarla?»
«Sei un'ospite»
«Ma vorrei aiutare» dissi.
«Quando la mamma dice no è no.» mi sussurra Thomas all'orecchio e io soffoco una piccola risata per il modo in cui lo disse.

Ci sedemmo ma notai un posto libero, quindi mancava un componente della famiglia.
«Vieni Jonny» chiamò Joelin.
Un ragazzo scese dalle scale in modo frettoloso e decisi di raggiungerlo per presentarmi.
«Ciao..io..sono...» le parole non riuscirono ad uscire.
«Abby» disse il ragazzo davanti ai miei occhi.

Guardai Thomas che cercò di evitare il mio sguardo. Gli occhi di quel ragazzo, così grigi, si incontrarono con i miei, e mi resi conto che anche lui era sorpreso di vedermi.
«J-Jonathan?» dissi.

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