Capitolo 1
Un mal di testa atroce mi garantì un fantastico risveglio.
«Alzati, dobbiamo andare a lezione» disse Thomas entrando dalla porta con passo felpato.
«Che cazzo ci faccio qui?» chiesi vedendo la mia vecchia stanza. La stanza di quando ero bambino.
«Tu dovresti dirmelo. Questa mattina alle 3, sei venuto a casa ubriaco fradicio. Per fortuna la mamma non ti ha visto conciato in quel modo» disse levandomi le coperte da sopra il corpo.
Cercai qualche immagine nella mia mente che mi facesse ricordare anche solo un secondo della sera precedente ma senza risultati.
«Se verrai a lezione ti consiglio di andarti a cambiare» mi guardai i vestiti non capendo cosa non andasse, e poi capii. C'erano delle macchie rosse e sentii inoltre le nocche doloranti.
Cazzo...
«Farò tardi» dissi alzandomi e prendendo le chiavi della mia moto sperando fosse ancora integra.
«Quando mai sei stato puntuale?» mi chiese sarcastico.
Prima che mi vedesse mia madre, uscii e andai verso casa. La mia nuova casa pagata con i numerosi lavori e le feste organizzate.
Velocemente mi cambiai non preoccupandomi del disordine tra bottiglie di birra sparse nel salotto e vestiti sporchi buttati a terra. Per non parlare dei pacchetti di sigarette semivuoti e cicche sparse ovunque.
Dopo una doccia veloce uscii e mi diressi in quello stupido istituto dove fui costretto ad andare solo per non ritrovarmi per strada e per avere un futuro diverso da quello che avevano immaginato gli altri per me.
Più mi avvicinavo, più il livello di stronzaggine aumentava. Odiavo le persone che frequentavano l'università, odiavo la mia vita.
Pochi minuti dopo, con i limiti di velocità superati e i semafori saltati, arrivai parcheggiando più vicino possibile all'uscita.
«Ehi amico» mi salutò James dandomi una pacca sulla spalla.
«Jonny» mi chiamarono alle spalle e, girandomi, ricevetti un pugno in pieno viso. Ben.
«Che cazzo fai Ben» urlò James.
«Se lo è meritato» disse ridendo.
Cercai di avventarmi su di lui ma James e Nash mi tennero immobile per non farmi reagire.
«Non ne vale la pena amico» mi dissero bloccandomi per le spalle.
«Stronzo» mi liberai e me ne andai all'interno della caffetteria.
Non l'avrebbe passata liscia e doveva ringraziare il fatto che erano presenti anche James e Nash.
Andai a lezione contro la mia stessa volontà. Finita quell'agonia uscii per fumarmi una sigaretta quando vidi arrivare in lontananza la stronza di turno non che la mia "ragazza".
«Amore» mi chiamò con quella insopportabile voce stridula che aveva. La mia prima iniziativa fu di andarmene ma non potevo. Non sarei mai riuscito a staccarmela di dosso.
Non capiva che il mio unico punto fisso non era lei? Ma un'altra...
Mentre fui immerso nei miei pensieri mi ritrovai le sue labbra sulle mie. Il sapore di fumo si confondeva perfettamente con il mio e questo mi disgustava a tal punto da allontanarmi.
Ero consapevole che anche io avevo quel sapore in bocca infatti non mi piaceva...ma fumavo ugualmente, una sigaretta dopo l'altra per sentirmi diverso. In fondo ero uguale a tutti gli altri che fumavano solo per sentirsi liberi quindi non ero poi tanto diverso.
«Hai bisogno...» mi chiese passandomi le sue unghie appuntite sull'addome provocandomi irritazione mischiata a una sfrenata voglia di farlo.
«Non ora» presi le sue mani tenendole con una e con l'altra iniziai a giocare con la sua scollatura che lasciava in bella vista il suo seno prosperoso.
Appena iniziai il mio gioco lei fece un gemito desideroso. Ma non era quello che provavo io. Mi sentivo come obbligato a farlo... Fare lo stronzo.
Anche se avrei voluto cambiare ormai era troppo tardi, avevo creato quell'immagine di me che mi sarebbe rimasta sulla pelle per tutta la vita.
"Non cambiare mai per nessuno. Sii te stesso" mi ripeteva mia madre quando ero più piccolo. Ma come potevo non cambiare nel mondo in cui mi ritrovavo? Dovevo farlo se volevo farmi rispettare. Se volevo sopravvivere tra quella gente.
«Dopo ci vediamo e mi raccomando... Tienimi il posto caldo» mi disse allontanandosi vedendo la mia scarsa voglia di "divertirmi" con lei.
Lasciai cadere la cicca a terra e me ne andai verso la moto. Già dopo due ore ero stanco di stare tra quella massa di cretini così decisi di andarmene. In quel posto. Il mio posto.
Andai verso il parco vicino casa e mi lasciai catturare da quell'atmosfera. Sembrerebbe banale ma io amavo quel piccolo rifugio scoperto da bambino.
Scoperto un giorno prima che mio padre mi abbandonasse...
Dopo qualche ora a fissare il vuoto, decisi di tornare a casa e come mi immaginavo trovai fogli su fogli appesi ovunque. "Attento." Dicevano.
I soldi. E i debiti che avevo a solo ventitré anni. Quei ragazzi "figli di papà" mi perseguitavano ormai da mesi e non ci pensai due volte prima di mandarli all'ospedale. Ma volevano continuamente dei soldi extra per ripagarli... Non potevo farci niente, dovevo stare ai loro accordi. Ne valeva la vita di Thomas e mia madre. E la sua libertà.
Per colpa mia già troppe persone se ne erano andate da quella città e altrettante rischiavano ogni giorno.
Erano stati chiari "Se non pagherai fino all'ultima cifra non mi aspetterei di trovare qualcuno a casa Mathison" mi minacciavano.
Staccai tutti i fogli e me ne andai in casa dove mi lasciai cadere sul divano che odorava di fumo e alcool ormai da anni.
Presi una sigaretta e la accesi osservando il fumo che, sprigionato in un sospiro, finiva sopra la mia testa per poi svanire.
Quanto avrei voluto mollare tutto ed andarmene lontano, ma non potevo farlo. Con quali soldi? E poi dove sarei potuto andare io?
Ero stato buttato fuori da cinque college nell'arco di un anno. E come cambiava l'ambiente dove mi trovavo, cambiavo io.
Ero sempre il ragazzo nuovo dall'aspetto pauroso, ma la verità era che io non lo ero veramente. Così per far contenti gli altri decisi di diventarci veramente. Il bulletto di turno.
Sette anni di pure bugie. Sette anni di vita persi ad accontentare gli altri.
Il trillo costante del mio cellulare mi riportò alla realtà. Era James
"Zio, tutto bene?" Mi chiese con delle voci in sottofondo che quasi si confondevano alla sua impedendomi di capire bene ciò che mi stava dicendo.
"Solito"
"Senti. Ben è-"
"Se mi hai chiamato per parlarmi di quello stronzo ti saluto subito" lo interruppi.
"No, no, aspetta. C'è una festa sta sera alla confraternita lato nord. Sei dei nostri?"
Avevo ancora la sbornia della sera precedente ma in fondo cosa avevo da perdere.
"Ci sarò"
"Bene amico ti passo a prendere alle dieci. Non replicare. Non ti ricorderai un cazzo di quello che è successo ieri quindi ti conviene fidarti" disse.
"Fa come vuoi" chiusi la chiamata e decisi di tornare a casa.
Cercai di sistemare ma fui distratto immediatamente da un pacchetto di sigarette a terra. Così decisi di riordinare il più possibile prima che la tentazione si impadronisse di me.
Quel buco era diventato leggermente più accogliente, rimanevano solo le bottiglie sul pianale della cucina ma non me ne preoccupai e mi rilassai sul divano accendendomi un'altra sigaretta.
Chiusi gli occhi cercando di vederla. Era l'unica possibilità che avevo per incontrare di nuovo quei due occhi tanto verdi quanto bugiardi.
«No» gridai.
«Vattene ti prego Jonny» se ne stava andando ed io non riuscivo a muovermi. Le catene che avevo ai polsi mi tenevano lontano da lei e mi provocavano un dolore lancinante lasciando segni sulla pelle.
«No» sentii un rintocco pesante e lei cadde. Cadde in un abisso nero.
«No» urlai ancora.
Mi svegliai di soprassalto e con il respiro pesante. Sentii di nuovi quei rintocchi che avevo sentito nel mio incubo.
La testa prese a martellarmi come se fosse d'istinto.
«Jonny» era solo James che aspettava che gli aprissi la porta. Mi alzai e nel frattempo controllai il display del mio cellulare: qualche notifica delle chiamate di James e...
Le 22:30.
«Zio, sono più di venti minuti che aspetto che mi apri. Pensavo che ti eri di nuovo-»
«Non ci pensare nemmeno. Ho chiuso con la droga e lo sai bene.»
«Va bene, va bene calmati. Ero solo preoccupato» disse mettendosi sulla difensiva. Ero così stronzo anche con James che mi faceva da secondo fratello. Ero sorpreso anche io di quello che ero e stavo diventando pian piano con il tempo.
«Andiamo» dissi prendendo il mazzo di chiavi di casa, il cellulare e il mio inseparabile pacchetto di sigarette.
In poco arrivammo all'edificio e appena entrammo mi bevvi subito due bicchieri di vodka o qualsiasi cosa era immischiata dentro.
Bevevo, finivo con qualche ragazza, bevevo di nuovo e...quel dolore lancinante alle nocche.
La serata sembrava andare a rilento. Le persone che ridevano ed io le imitavo. Poi la vidi. Era seduta in quell'angoletto sola. Non sapevo fosse venuta in città.
Mi avvicinai a lei e gli iniziai a parlare senza comprendere le mie stesse parole. Il sorriso si schiuse e le sue labbra furono all'instante a contatto con le mie. Era finalmente lì, di nuovo tra le mie braccia.
Non intendevo ciò che volevo. Non sapevo cosa stavo facendo. Ma conoscevo la ragazza che avevo davanti. La vista annebbiata e la pelle tirata in un sorriso che ogni tanto veniva interrotto da quei baci nostalgici.
Poi buio. Riaprì in un secondo gli occhi, ma mi ritrovai in tutt'altro ambiente. Forse non era passato solo un secondo.
James era al mio fianco al posto di guida, mi ci volle un po' per capire che eravamo nella sua auto.
Dei conati interruppero i miei ragionamenti e la testa riprese a pulsare.
«Non pensarci nemmeno di vomitare sul mio cruscotto» disse.
«Fottiti» ribattei.
Cercai di riportare i ricordi a galla quando...
«James, l'ho vista. Era alla festa» dissi scuotendolo per un braccio.
«Stai fermo sto guidando. Stai delirando per caso?»
«No James era lì. Era proprio lì.»
«Stai dicendo quella puttana con cui ti stavi baciando?» disse inarcando un sopracciglio.
«Come cazzo ti permetti lei non è una puttana» dissi lanciandogli un pugno sul braccio ma me ne pentii subito dopo sentendo il dolore.
«Credimi non era lei. Ti stavi baciando con Evelin. Lei non stava alla festa Jonny. Lei se ne è andata da questa città» disse.
«Ti sbagli»
«Allora apri i messaggi di Evelin. E guarda cosa ti ha inviato»
Seguii i suoi comandi e aprendo i messaggi trovai delle foto.
"Ti piace la foto che ci ha fatto Anny? Non siamo adorabili?"
Il cellulare mi scivolò dalle mani e la testa non capiva più niente chiedendomi una pausa da tutti quei pensieri.
«Cazzo» urlai sbattendo una mano sul cruscotto facendo sobbalzare James.
«Calmati ora» disse con tono amichevole cercando di farmi ragionare.
«Allora era tutta un'allucinazione» dissi con gli occhi che si stavano richiudendo contro ogni mio comando.
«Forse ti hanno dato qualcosa. Ma non credo sia qualcosa di così pesante da farti..beh ci siamo capiti» la sua voce divenne sempre più sfumata, quasi da non riuscirla più a sentire.
Gli occhi si chiusero e la testa placò leggermente il suo martellarmi, o almeno così mi sembrava.
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Primo capitolo yeee. Allora. Notizia.
Nel frattempo che pubblico questo in intervalli di una settimana, pibblico regolarmente I Need You. Inoltre arrivati a un certo punto mi fermerò per ricontrollarla.
Non credo che cambierà qualcosa ma in tal caso vi avverto su uno di questi capitoli.
Grazie per la vostra infinita pazienza.
COME SEMPRE LASCIATE VOTI E COMMENTI E FATEMI SAPERE COSA NE PENSATE.
Mydisasterisyou
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