Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo 5 - Niente panico -


Nella sala principale, a ridosso delle mura laterali, sono state imbandite due lunghe tavolate, così che al centro ci possa essere abbastanza spazio per permettere agli ospiti di danzare.
Sul fondo si erge un piccolo palchetto di legno grezzo, coperto da uno spesso strato di stoffa verde, sul quale sono stati posti tre troni. Quello centrale è placcato in oro, sovrastato da una rappresentazione di un cervo, e contornato da sagome di foglie e fiori di loto, che scendono, aggrovigliandosi intorno ai braccioli, dando l'impressione che delle piante rampicanti d'oro, ne abbiano preso pieno possesso. La seduta è rivestita in velluto rosso, che richiama il colore di base dei due troni laterali, che, al confronto con il primo, paiono quasi delle comuni sedie da salotto.
«Tutti gli occhi sono puntati su di voi, Signorina.»
La voce di Cerelia è tanto ammirata quanto orgogliosa. Mi cammina al lato, sorridendo gentilmente a chiunque incroci il suo sguardo, o più spesso, il mio. Lei sorride e basta. Si gode il momento, come qualsiasi altra ragazza a corte.
E' ironico, dovrei essere io quella felice...
«Mi chiedo se vedano in me una donna, o un cavallo su cui puntare la prossima corsa.»
Le rivolgo uno sguardo accusatorio. Il suo sorriso sbiadisce un tantino.
Dopo essere andata via, insieme alle altre ragazze, deve essersi andata a dare un tono, consapevole di essere la mia accompagnatrice per la serata. Ha legato i capelli in un grazioso chignon, nel quale vi sono appuntate un paio di margherite di campo; una le è caduta sulla veste verde menta, incastrandosi nella catenina d'argento grezzo che le circonda la vita.
«Non dite così, Morana. Non tutti gli uomini sono interessati al potere, e non tutte le donne sono destinate ad essere spose.» Le mani appoggiate al grembo sono chiuse intorno ad un piccolo ventaglio di pizzo ricamato.
Sopprimo la voglia di strapparglielo dalle mani e sventolarmi, in cerca d'aria. Questo posto è già diventato fin troppo angusto e affollato per i miei gusti.
«Non riesco a capire se questo dovrebbe confortarmi o mi farmi sentire peggio.»
Sussurro, prima di rivolgere un sorriso discreto a quella che ricordo essere Lady Merka.
Non appena i nostri sguardi si incrociano, lei mi rivolge un regale cenno di saluto, mentre suo figlio Alaric, in piedi accanto a lei, quasi non sputa la mezza tartina che sta masticando, per inchinarsi al mio passaggio. Sto attenta a non alzare gli occhi al cielo, mentre li supero.
«Tutto questo verde mi provoca la nausea.» Sono immersa nelle onde di un mare verdastro, e mentre le persone si muovono intorno a me, dandomi il voltastomaco, io riesco solo e soltanto a pensare che uno di loro potrebbe tentare di uccidere mio padre, o un altro membro della mia famiglia, da un momento all'altro.
«Io lo trovo stupendo.» Cerelia rallenta il passo, guardandosi intorno, con gli occhi grandi e le labbra semiaperte. Almeno lei si diverte.
«Milady.» Qualcuno mi tocca la spalla, facendomi istintivamente portare la mano all'altezza della giarrettiera, nella quale è appuntato il pugnale. «Stasera siete addirittura più bella del solito.» Un affascinante e pomposo moro dal sorriso smagliante si erge su di me, come un orso pronto ad attaccare la propria preda, non per fame, ma per puro diletto.
«Maël Weylin.» Faccio per allontanarmi, ma lui non me lo permette, afferrando la mia mano, e baciandola, così da non lasciarmi via di fuga.
«Pare proprio che il verde sia il vostro colore.» Mi affretto, quindi, a dire, tentando di nascondere il mio disgusto.
Indossa un insipido completo verde mela, che lo fa sembrare lo stelo oblungo di un fiore appassito. Cerelia, di nuovo al mio fianco, gli scocca un'occhiata incerta.
«Vi ringrazio, Signorina.» Weylin continua a tenere la mia mano nella sua, mentre il suo viso si distende in un sorriso luminoso. Vorrei prenderlo a pugni, fino a farlo sparire.
«Sono lieta di rivedervi. E' passato del tempo, dall'ultima volta.» Dio, come vorrei che ne fosse passato di più. Persino Ezio mi è più simpatico di quest'uomo. Faccio, comunque appello a tutta la pazienza che le lezioni di etichetta mi hanno fatto acquisire, attingendo alle ore riempite dall'arte di fingermi educata verso il prossimo, per mostrare il meglio di me stessa...
Una bella barzelletta, per chi come me, passa il resto del pomeriggio a sporcarsi le mani di terra e sangue in una radura piena di armi.
«Talmente lieta, da correre via come un cerbiatto ferito al primo nostro sguardo.» Mi fissa dall'alto, ostentando la sua postura da principino. «Mi considerate una così cattiva compagnia per una serata come questa?» Con un gesto della mano poderosa, abbraccia l'intera sala, lasciando finalmente la presa sulla mia. Mi affretto a passarla sulle gonne del mio abito, cercando di togliere ogni traccia del suo contatto. Lui pare non notarlo, ma Cerelia abbozza una risata. Pare che sia più attenta di quanto non lo sia Weylin.
«Non dite simili cattiverie, mio Signore. Nutro profonda stima nei vostri confronti.» Sorrido candidamente. «Ma se rimanessi con voi a godere di queste piacevoli chiacchiere, verrei meno ai miei doveri di buona padrona di casa.» Cerelia fa un passo avanti. «Cosa penserebbero gli altri ospiti di me, se concentrassi la mia attenzione solo su di voi?»  Abbasso le spalle e mi nascondo leggermente dietro ad una mano, prima di afferrare fulminea il ventaglio dalle mani della mia ancella, e appoggiarlo all'orecchio sinistro.
«Certo. Avete ragione.» Ora sembra in imbarazzo.
«Anche le vostre sorelle sono qui?» Guardo oltre la sua spalla, alla ricerca di qualcosa su cui deviare l'attenzione, così da potermi defilare.
«Purtroppo no, Dhana è momentaneamente ospite a Chinra. Anche Lyssa la raggiungerà a breve, ma mi ha pregato di farvi arrivare i suoi più sinceri saluti.»  Per un attimo ho l'impressione che sia diventato più alto nel giro di una frazione di secondo, poi, però, mi accorgo che si sta dondolando sui talloni. Faccio scivolare il ventaglio dall'orecchio alla guancia, mantenendolo su di essa.
«Chinra? Le vostre sorelle sono ospiti del Re?» Chiedo, incuriosita.
«Non credete sia eccezionale? Pare proprio che la nipote più grande del Monarca straveda per loro.» Si passa una mano tra i capelli chiari, dando bella mostra dell'anello di famiglia, intarsiato di piccoli diamantini.
Se c'è una cosa di cui i nobili vanno pazzi, quella è il vantarsi delle proprie conoscenze, soprattutto se queste hanno anche lontanamente a che fare con la corona. Qualcuno dovrebbe spiegare, però, a Weilyn che il suo è un gioco che si può tranquillamente giocare in due.
«Questo non può che rallegrarmi. Layla è davvero una ragazza a modo, merita una dolce compagnia, come quella delle vostre sorelle minori.» 
«Anche voi conoscete la figlia del Maël Nevan? La nipote del monarca?» Il suo dondolio cessa di colpo, ed io posso tornare a guardarlo negli occhi, senza avere le vertigini.
«Oh. Non ne eravate a conoscenza? Twyla, la nipote mezzana del Monarca, è di salute cagionevole. Non è raro che suo padre la porti qui a passare le sue giornate.» Mi stringo nelle spalle. «Sembra che l'atmosfera del bosco di Nezia riesca a dare un po' di sollievo alle sue sofferenze.» Picchietto il ventaglio sulla pelle, come per riflettere, poi continuo. «Per non parlare della sorella più piccola, Varla. Ha la stessa età di mio fratello, così di tanto in tanto giocano insieme a palazzo. Sono delle ragazze stupende. Sono lieta che abbiano la possibilità di conoscere le vostre sorelle.» Weylin prova a sorridere, cercando di portare nuovamente la situazione a suo vantaggio, ma non appena apre bocca, viene bruscamente interrotto.
«Chiedo scusa Signorina, ma pare che la vostra presenza sia richiesta altrove.»
Cerelia si intromette nella conversazione, inchinandosi profondamente davanti a noi, con una mano sul petto. Un'attrice davvero capace.
«Davvero un pessimo tempismo.» Scuoto la testa, rammaricata, ricacciandole il ventaglio tra le mani. «Vi chiedo scusa, Maël. Sembra che dovremo rimandare la nostra conversazione ad un momento meno burrascoso.»
Le sue braccia scattano sui fianchi, come un soldato richiamato all'ordine.
«Allora, con il vostro permesso, andrò ad unirmi alle danze.» Mi rivolge un secondo e più rispettoso inchino, al quale rispondo con un cenno del capo, mentre mi allontano.
«Weylin Ambros, figlio maggiore del Narchin Torin, nonché Maël di Akrasia. Non ho ragione?» Cerelia si fa scudo con il ventaglio, per assicurarsi che nessuno a parte me riesca a sentirla.
Catalogare le persone che incontriamo agli eventi mondani è diventata la sua prima fonte di diletto. Praticamente conosce più dettagli di me su ognuno di loro. E' una qualità inquietante, e anche particolarmente utile, in qualche caso.
«Sì, il Maël.» Ripeto, distratta dai miei stessi pensieri.
Anche io sono una Maël, eppure è come se io e Weylin vivessimo su due mondi diversi, distanti ed incompatibili l'uno con l'altro.
Siamo ai vertici della società nobiliare; ciò che di più simile a dei principi, possa esistere nel nuovo mondo: destinati ad essere il futuro del nostro territorio, cresciuti con obiettivi e caratteri ben definiti. Allora perché continuo a sentirmi così vuota?
«Certe volte, mentre vi guardo, ringrazio Dio di essere solo la vostra ancella e non un membro della nobiltà.» Cerelia annoda con grazia il nastrino verde che mi regge i capelli, e che si è leggermente allentato. «La vita a palazzo potrà anche essere meravigliosa, ma se penso a tutta la falsità che avete intorno, mi vengono i brividi.» Confessa.
Falsità. Forse è questo a rendermi irrequieta.
Vivo in un mondo costruito con mattoncini di bugie, cementati dalle apparenze della società, e intonacati con un po' di bellezza e lusso, che lo rendono agli occhi degli altri un bel posto dove vivere spensierati.
Forse io voglio solo vivere in una casa fatta di mattoni veri, nati dall'argilla e dal sudore.
«Mi dispiace Signorina. Non volevo rendere cupo il vostro umore.» Mi sono zittita, e Cerelia, ovviamente, se ne è resa conto.
«Lascia perdere. Sono abituata alla tua sfacciata sincerità.» Ora mi guarda, mortificata.
«Ana!» La voce di mio fratello mi raggiunge, come una piacevole brezza dell'afa del sole estivo. Non faccio in tempo a voltarmi, che mi è già addosso. Le braccia lunghe si incrociano sulla mia nuca, mentre rimane con i piedi a penzoloni. «Sei bellissima!» Il suo sorriso gommoso accende una piccola luce dentro di me. Sorrido.
«Di certo non per merito tuo, Evander. Hai intenzione di rovinare il mio abito, per caso?» So che tutti ci stanno guardando, in attesa di avere qualcosa da ridire sul nostro comportamento, così ricambio brevemente l'abbraccio, prima di allontanarlo. Non ho la minima voglia di subire uno dei richiami di nostro padre. Questa serata non è già il massimo di per sé.
«Saresti la più bella della sala anche con il vestito sgualcito.» Si esibisce in una tenera piroetta, per fare in modo che io lo guardi: indossa un paio di pantaloni larghi, di un grigio tenue, sopra i quali sfoggia fieramente un maglione verde petrolio, riccamente decorato di piccoli fiorellini dorati.
«Non sono bellissimo anche io?» Trattengo una smorfia.
«Sì, se la tua intenzione è quella di accecare metà degli invitati. Le tue scarpe risplendono tanto da far svenire chiunque le guardi.» Sono di un terribile colore oro brillante.
«La tua è tutta invidia.» Incrocia le braccia al petto, offeso.
«Forse potresti trovarne un paio della mia misura.» Gli scompiglio i capelli, prendendolo in giro.
«Non credo che tu ne sia degna.» Scoppio a ridere, ed il suono della mia risata fa eco nel silenzio improvviso della sala. Mi guardo intorno. Tutti sembrano essersi fermati nel tempo, con gli occhi puntati verso l'ingresso.
Mi volto anche io, ed è così che lo vedo. Un capannello di non più di mezza dozzina di individui, che cammina tranquillamente in mezzo alla sala. Una macchia variopinta che confonde la mia percezione, facendomi vacillare. Ed è come se qualcuno avesse appena gettato un secchio pieno di colori, sulla tela completamente verde che era fino ad un attimo fa la mia visuale.
Nessuno di loro indossa il colore della natura che stiamo omaggiando, eppure trovo che il loro vestiario sia persino più appropriato. Un vero e proprio inno alla vita, pieno di colori dalle diverse sfumature: indaco, cremisi, turchese e poi...
Bianco. Un bianco così puro da lasciarmi senza fiato mentre lo guardo.
E' un semplice completo, arricchito di dettagli in argento. Lo stesso materiale degli anelli che indossa su quasi tutte le dita, e della catena che gli pende dal passante dei pantaloni. Da qui non riesco a vederla nel dettaglio, ma è chiaro che ci sia un ciondolo alla fine, tanto grande da ondeggiare ad ogni suo passo. Alzo lo sguardo per vedergli il volto, curiosa.
Ha i capelli scuri alla base, che si schiariscono sulle punte, rasentando lo stesso bianco del vestiario. Sono abbastanza lunghi da coprire la punta delle sue orecchie, gettando delle ombre sul suo viso, che insieme alla barbetta curata, lo rendono simile all'illustrazione inchiostrata di un libro di favole.
Il protagonista perfetto, per una di quelle storie che mio fratello adora leggere prima di andare a dormire, ricche di avventure e mistero. Intrigante, e terribilmente sospetto.
Lo sto ancora fissando, quando, per un attimo, i suoi occhi neri come la pece si posano su di me. Emana regalità, forza, potere. Un mix micidiale di qualità.
Vorrei far finta di guardare altrove, ma il mio orgoglio si oppone. Non sto facendo nulla di male.
Lascio, quindi, che sia lui il primo a distogliere lo sguardo, prima di tornare a respirare regolarmente.
«State bene, Signorina?» Cerelia appoggia una mano sulla mia spalla, usando l'altra per sventolarmi lievemente il volto.
«Ben–– Tossisco. «Sto benissimo.»
E invece no. Non conosco queste persone, e oggi non è propriamente la giornata giusta per farmi delle nuove amicizie. Potrebbero essere loro ad aver minacciato mio padre. 

«Da quale regione pensi che arrivino?» Evander saltella agilmente sul posto, cercando di squadrare meglio i soggetti del proprio interesse.
Se non fossi vincolata dalla buona educazione, e non fossi certa che metà della sala ha gli occhi su di me, lo imiterei di certo.
«Non lo so, ma a quanto pare nessuno ha spiegato loro le tradizioni di questo posto.» Mi limito a seguirli con lo sguardo, mentre il ragazzo, insieme agli altri colorati, si ferma poco più di due metri dal palchetto in fondo alla sala. Adesso tutti hanno preso a bisbigliare.
«Nostro padre è qui.»
Evander smette di saltellare, posizionandosi al mio fianco, mentre un suono di trombe invade l'aria. Trattengo il fiato, cercando di tenere il braccio più vicino possibile alla figura di mio fratello. Sono pronta a portarlo via in qualsiasi momento.
«Sembra così serio, questa sera.» Cerelia fa attenzione a non perdere l'equilibrio, mentre si sforza per trovare una posizione che le permetta di avere una visuale migliore.
Non deve impegnarsi troppo, perché, finita la sfilata tra la folla, mio padre si siede sul trono, e ci fa cenno di raggiungerlo. La folla, che fino a questo momento circondava le nostre figure, si apre, formando un corridoio nel quale passiamo, per raggiungere nostro padre.
Cerelia si ricompone, scuotendo le sue vesti, per poi seguirmi.
«La Maël Morana è davvero stupenda.» Una ragazzina dagli occhi luminosi tira la manica della giacca di sua madre, sorridendomi amorevole.
«Non mi sorprende affatto. Sono certa che chiunque lo sarebbe, con un vestito del genere addosso.» Quella che deve essere sua sorella maggiore, le da una gomitata nel fianco. Invidiosa.
«Tu non saresti tanto bella neppure con un sacco di patate che ti copre la faccia.» E' il commento della più piccola. Quasi non scoppio a ridere, passando accanto a loro.
Alcuni ragazzi che non riconosco si inchinano al mio passaggio. Provo a sorridere.
«Anche Drystan è qui, Signorina.» Cerelia indica con il mento il ragazzo, mentre sussurra al mio orecchio, coprendosi le labbra con il ventaglio. Discrezione ed indiscrezione racchiusi nella stessa persona. Davvero da brividi.
Mi volto comunque a guardare, senza fermarmi.
Drystan osserva la sala, immobile accanto alla porta di ingresso, o meglio, osserva me.
Ricambio la sua occhiata, sperando che capisca cosa sto tentando di comunicare: ricordati i miei ordini. Lui fa un cenno del capo, come se potesse davvero ascoltare i miei pensieri, così mi rilasso.

«Padre.» Mi inchino per prima, avvicinandomi al palchetto in legno. Mio fratello fa lo stesso.

«Evander, lascia perdere l'etichetta e vieni a sedere accanto a me.» Mio padre scende dagli scalini in pendenza e afferra mio fratello per la spalla, trascinandolo con sé, per poi lasciarmi da sola ai piedi del trono, ancora piegata nel mio inchino.
Riesco a vedere il ciondolo di mia madre pendermi dal petto e oscillare leggermente nel vuoto.
«Forza, Morana, affrettati a raggiungerci.» 
Se fossi una persona diversa, mi sentirei oltraggiata dall'atteggiamento che il Narchin mi riserva, ma a me non importa affatto. Non mi importa che il mio stesso padre sia così concentrato su Evander da ignorarmi, anzi, la cosa mi rende entusiasta.
Ed è persino meglio di quanto mi potessi aspettare, oggi. 
«Dovreste aiutare anche lei a salire, Padre»
Evander, al contrario, si innervosisce, fulminando l'uomo con i suoi occhi glaciali.
«Non temere, figliolo, tua sorella sa cavarsela da sola.» Non mi guarda neppure.
«Ne sono consapevole, Padre.» Mio fratello viene comunque verso di me, scortandomi verso il piccolo trono sulla sinistra, prima di tornare a sedere sul suo, sfoggiando il sorriso più sincero che sia in grado mostrare. Per il popolo, non per nostro padre.
Se il Narchin trova il gesto fastidioso, non lo da a vedere; al contrario, attende pazientemente che entrambi siamo comodi al suo fianco, prima di rivolgersi ai nostri invitati, raccolti in silenzio.
«Benvenuti, miei cari ospiti delle più disparate regioni di Vlatka! Sono contento che abbiate accettato il mio invito, e siate venuti fin qui, per condividere con noi tutti questo momento che racchiude la tradizione e l'amore per nostra terra.» Alza le mani al cielo. «Oggi celebriamo l'inizio della stagione della caccia.» Aguzzo la vista, in cerca di qualsiasi cosa possa ledere alla nostra incolumità. Nulla. Tutti pendono dalle labbra di mio padre, ma nei suoi occhi c'è diffidenza. Forse anche lui si sta chiedendo chi sia il nostro nemico. Anche lui si sta struggendo nel dubbio che uno dei nostri ospiti sta per fare del male a lui, e alla sua famiglia. «Vi offro la mia ospitalità, il mio cibo, e il mio rispetto.» Si punta una mano sul cuore. «Spero voi possiate beneficiare di tutto questo, e pregare con noi, affinché Madre Natura sia generosa, e ci conceda una stagione ricca di prosperità.» Non è di certo un discorso che spicca di saggezza e lungimiranza, ma il popolo presente pare apprezzare, nello stesso modo in cui io smetto di prestare attenzione.
La voce di mio padre si trasforma in un ronzio discontinuo, mentre osservo le sue labbra pallide continuare a muoversi, accompagnate dalle mani che creano onde sinuose nell'aria. Le maniche ampie della camicia che indossa, svolazzano intorno alle braccia, creando una coreografia immaginaria e caotica.
Quanto ci metterà quel verde a macchiarsi di sangue?
Rivolgo nuovamente i miei occhi verso le porte d'ingresso.
Drystan è ancora lì, immobile come una scultura, con la mano appoggiata all'elsa della spada.
«Non voglio più tediare le vostre orecchie, con le mie noiose parole di benvenuto.»
 Mio padre batte le mani. Deve essere la fine del monologo.
«Dichiaro ufficialmente aperte le danze!»
Un' esplosione di suoni e allegria si scatena nell'udire l'ultima e poco significativa espressione.
Nessuno ha ancora attentato alla nostra vita.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro